NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 17 settembre 2017

La Voce del Messaggio Sovrano

di Ernesto Frattini

Spesso si parla ovunque della necessità che un Partito monarchico abbia un suo programma anche di carattere politico, economico e sociale per proporsi altri obiettivi oltre quello principale della Restaurazione monarchica e su questo siamo tutti perfettamente d’accordo. E’ infatti necessario per l’attualità stessa del problema istituzionale che alla soluzione ne siano connesse delle altre riguardanti dei punti di vita pratica che senza avere una grande importanza intrinseca, stiano però molto a cuore all’uomo della strada o possano talvolta avere dei riflessi di grande portata. Il punto sul quale nessuno è d’accordo è quello riguardante il modo di risolvere questi problemi e il metodo da adottare per il loro esame e la loro valutazione.
Molti sono ancora attaccati alle vecchie idee liberali in politica e liberiste in economia, altri desiderano formule socialmente più progredite che diano allo Stato una vita più moderna e snella, altri ancora si ispirano a concetti di esasperato nazionalismo o concepiscono una restaurazione solo nel quadro di una grande unione europea.
Fra tutti questi pareri opposti e completamente divergenti fra loro è talvolta difficile trovare la via giusta ed occorre allora tornare alle origini, a quelle che è la voce maestra di Colui che è il simbolo della unità della Patria, del Re.
Questa funzione ha appunto il monito sovrano che di tanto in tanto giunge ai monarchici italiani, per chiarire, per insegnare, per incitare, per indicare la via giusta, e fra questi moniti, particolare importanza ci sembra il Messaggio inviato da Umberto II ai monarchici italiani in occasione della VI Assemblea nazionale dell'Unione Monarchica Italiana( Cascais 1 maggio 1954, nota delolo staff ).  
La voce del Re è giunta in un momento di particolare tristezza e di grande sbandamento a portare una chiarificazione necessaria e un’indicazione indispensabile che è nostro dovere seguire e le sue parole anche oggi a sei mesi di distanza hanno la identica attualità e il medesimo valore, cosa questa che prova come esse siano valide non solo per un momento contingente della politica ma per tutta la durata della lotta che i monarchici italiani stanno conducendo.
Tutti i nostri problemi sono esaminati nel messaggio e per tutte le categorie di cittadini c’è un consiglio, un ammonimento, ima parola di speranza e di fede nell’avvenire come per ogni dubbio c’è una risposta e una soluzione, e fa questi interrogativi trova posto quello che oggi è il più imperioso e il più drammatico di tutti: il problema della vita. « Certezza che la Nazione non perderà le sue libere istituzioni e non sarà travolta da conati di dittature sempre condannabili: è questa certezza soltanto che potrà far riprendere alle forze della produzione quel continuo cammino che porta il capitale a creare nuovo lavoro; lavoro ben rimunerato, garantito dalle leggi e inserito nell'organizzazione giuridica dello Stato, attraverso il riconoscimento dei sindacati, che dà con l’accresciuto tenore di vita e l’aumento dei consumi, incremento alla produzione e nuovo lavoro. Riconoscimento dei sindacati e inserzione nell'organismo giuridico dello Stato, che non vietino però alle classi lavoratrici un’ordinata azione intesa ad ottenere giusti patti di lavoro, nel quadro delle comuni fortune della produzione». Queste le parole del Sovrano che esplicitamente inquadra i termini della questione annosa fra capitale e lavoro, questione che non può essere risolta che attraverso un accordo fra queste forze opposte eppure ugualmente indispensabili alla produzione e alla vita dello stato; tutte quelle divergenze che necessariamente sorgono, debbono essere composte per il comune interesse nel quadro dell’interesse nazionale e della concordia che deve sempre regnare fra i figli della stessa Patria.
Per chi accusa i monarchici di essere socialmente reazionari queste parole sono la dimostrazione che nel programma di un’Italia monarchica trovano primo posto quei postulati popolari che solo da una nazione unita sotto il simbolo regale potranno avere anche una soluzione reale ed efficiente, di fronte al disinteressamento liberista e agli estremismi delle sinistre la giusta soluzione può essere trovata appunto in questa collaborazione dal Sovrano auspicata.
E nel Messaggio altresì possiamo trovare le nobili parole rivolte a noi che abbiamo l’onore e il privilegio di essere i più fedeli alla causa dell’ Italia monarchica anche in quest’ora tanto triste e pur così rosea di speranze:« E voi monarchici, dovete essere d’esempio nella concordia e nel costume politico, nell’elevamento dalle basse diatribe quotidiane alla visione dei grandi problemi nazionali, nell’operare con assoluto continuo disinteresse».
E qui dobbiamo noi ispirarci per la nostra azione politica, per la condotta da tenere nelle contingenze della vita pubblica perché il nostro stile sia sempre superiore e inconfondibile, perché il nostro modo di agire sia veramente di degni servitori di un grande Sovrano e di una grande Dinastia; è necessario astrarsi dalle brutture quotidiane, dai maneggi della piccola politica, per sentire quell’afflato di amor di Patria che ci permetta di dire a fronte alta che la nostra battaglia è veramente condotta «per il bene inseparabile del Re e della Patria», per quei fini che il Re stesso addita nella chiusura dell’Augusto Messaggio: «Per la ricostruzione morale e materiale di un’Italia politicamente pacificata, socialmente progredita, unita nei suoi confini consacrati dal sacrificio, rispettata in un’Europa federata e in un mondo senza conflitti, di quell’Italia che è il desiderio ardente e il fermo proposito della nostra vita».
Queste sono le parole con cui il Re ha voluto terminare il suo scritto, quasi a suggellare questa solenne espressione della Sua volontà ed ora è a noi sapere interpretare e attuare questi desideri che per noi sono ordini e insegnamenti preziosi; in ogni contingenza dobbiamo attingere a questa fonte per andare avanti sulla nostra strada e raggiungere la nostra meta; la parola del Re ci sia luce, e di incitamento il grido di tutte le battaglie: Avanti Savoia!

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