NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 13 gennaio 2016

Albino, cavallo eroe in Russia

di Emilio Del Bel Belluz  

In questi tempi così difficili ed incomprensibili, sento il bisogno di tornare alle letture che facevo un tempo. Ho ripreso in mano i libri di lettura delle elementari e per fare questo mi sono tolto cinquant'anni di dosso. Narravano degli episodi di vita vissuta e di storie che potevano essere raccontate dai nonni ai nipoti davanti al caminetto accesso.
Allora era un mondo diverso dove trionfavano i buoni sentimenti. In quegli anni non avendo più i nonni c’era un prozio paterno Gaetano  che mi raccontava spesso degli episodi di guerra, cercandoli nei suoi ricordi.
Alla mattina era solito leggere i giornali e un giorno mi parlò del cavallo più famoso d’Italia: Albino. In questi giorni ho preso in mano un libro delle elementari e vi ho trovato scritto la sua storia e una immagine in cui si vedeva il cavallo Albino vicino al suo cavaliere in divisa e alla bandiera Sabauda. Nell’agosto del 1942, in Russia, gli italiani stavano combattendo assieme all’alleato Germanico una guerra molto difficile.
I tedeschi che all’inizio avanzavano molto facilmente abbattendo ogni ostacolo, e travolgendo tutto, poi si arrestarono, non riuscivano a far un solo passo in avanti e a complicare tutto vi era il generale inverno, lo stesso generale che aveva fermato Napoleone.
Nel libro trovai questo episodio dove si narrava dell’ultimo assalto del reggimento “Savoia Cavalleria” avvenuto il 24 agosto del 1942.  
In quei giorni infuriava la terribile battaglia del Don, i Russi avevano circondato con tre battaglioni riforniti con duecento mitragliatrici, gli italiani. Non rimaneva che una sola possibilità : quella di rompere questo accerchiamento e fu quello che si verificò.
I supersiti che riuscirono a rientrare in Italia, non avrebbero mai cancellato dalla loro memoria quella data.  Al comando del colonnello Bettoni, i soldati del Savoia Cavalleria, si mossero all’attacco. L’impresa si presentava con una difficoltà assoluta, il pericolo proveniva dallo schieramento di quelle duecento mitragliatrici pronte  a fare fuoco sugli italiani.
Le parole dell’autore del racconto meritano di essere trascritte con precisione : “ Ma la carica continuava … l’alfiere, il giovane sottotenente cadde; la bandiera era in pericolo. Il sergente maggiore Fantini accorse e afferrò il glorioso stendardo del “ Savoia Cavalleria”.
Egli cavalcava Albino, un bel cavallo maremmano che si era già distinto in battaglia. – Avanti Albino! – incitò il cavaliere – Dobbiamo portarla alla vittoria. – E, senza esitare, si slanciò davanti a tutti. A un tratto, una raffica di mitragliatrice colpì Fantini in pieno petto. Il giovane cadde riverso tra i girasoli, ma la bandiera rimase infilata nel porta lancia e continuò a sventolare in alto, sulla groppa di Albino. Il cavallo, benché ferito a un occhio, proseguì da solo la sua corsa.
Gli altri cavalleggeri lo seguirono ed egli li guidò  verso le posizioni nemiche.  Il vecchio prozio Gaetano si commuoveva nel ricordare questo episodio. Il prozio era stato un combattente della Grande Guerra, e non dimenticava quello che aveva vissuto nei campi di battaglia. Quando parlava era affilato come la baionetta degli Arditi. 
L’episodio di quel giovane cavalleggero che aveva raccolto la bandiera gli era entrato nel cuore come se fosse stato tra quei soldati. Il Savoia Cavalleria  con il suo eroico attacco era riuscito ad aprirsi un varco molto importante.
Non era stato facile vincere il fuoco delle mitragliatrici, e quei soldati schierati in modo compatto, ma aveva prevalso l’onore a quella bandiera con lo stemma Sabaudo. La figura del cavallo Albino commuoveva particolarmente lo zio.
Albino, dopo la battaglia cercò il suo cavaliere in un campo di girasoli. Vagò finche non lo trovò, quando rinvenne il corpo  gli fece la guardia come ad un soldato, come ad un amico. Furono migliaia coloro che non ritornarono  dalla Russia, e che riposano in quei campi di girasoli.
Quello che fece impazzire di dolore molte donne, molte madri e spose italiane era il fatto di non poter piangere sulla tomba dei propri famigliari.
Qualche politico comunista e il mio riferimento è a Togliatti, avrebbe potuto spendere qualche parola con Stalin per far tornare quei soldati prigionieri dei Russi, oltre a facilitarne il rientro delle salame dei nostri eroici alpini. Non ne fece parola ma dimostrò totale disprezzo per quei soldati.  Dopo quella epica battaglia legata ai Savoia Cavalleria di Albino non si seppe più nulla. “ Nella confusione, Albino si perse nella steppa immensa e fu dichiarato disperso, ma, non si sa come riuscì ugualmente a rientrare in patria con gli ultimi superstiti.
In Italia non incontrò nessuno che lo conoscesse: fu venduto a un fattore di Sommacampagna come un cavallo qualunque, lui, il migliore e il più valoroso cavallo del  “Savoia Cavalleria “! Finalmente, un giorno dell’estate del 1945, il capitano De Leone, ufficiale in congedo del Savoia Cavalleria, incontrò, lungo una strada del Veneto, un cavallo che trainava un carretto di verdura e lo riconobbe: era proprio Albino, cieco da un occhio e con una macchia in fronte.

La storia dell’eroe Albino ebbe un lieto fine, il cavallo venne ripreso nell’esercito. Accolto in una stalla, fu posto assieme all’asino Mariolino, un piccolo asino che gli tenne compagnia fino alla morte. Albino morì nell’ottobre del 1960, a 18 anni dalla gloriosa carica del “ Savoia Cavalleria”. Mariolino successivamente rifiutò la biada e la crusca, non volle più mangiare e forse non sarà riuscito a sopravvivere al dolore di aver perduto il suo grande e famoso amico.

2 commenti:

  1. Una bella storia, suggestiva ma imprecisa :
    - Lo Stendardo di Savoia non fu mai in pericolo di cattura, perchè rimase al sicuro all'interno del "quadrato", accanto al Comandante, colonnello Bettoni;

    - L'Alfiere, Tenente Emanuele Genzardi, non morì durante la Carica;
    La narrazione è stata senz'altro viziata dalla visione del film "Carica Eroica", di F. De Robertis, 1952
    Ci si confonde anche con le modalità con cui il reggimento Cavalleggeri di Alessandria (14) caricò i partigiani titini nel settembre 1942 :
    Mentre "Savoia" condussse un attacco frontale con uno squadrone (il 4°) appiedato, permettendo quindi al 2° ed al 3° montati di caricare sul fianco (Comandante, Stendardo, Squadrone Comando e 1° squadrone rimasero in quadrato), l'attacco condotto da "Alessandria" a Poloj fu una carica del reggimento completo (Comandante e Stendardo -che andò più volte perso di mano- in testa).

    Dario T.
    (responsabile della sez. dedicata a Savoia Cavalleria del Gruppo di rievocazione storica "Soldati al Fronte" )

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  2. Gentilissimo Signor Dario, la ringraziamo per le precisazioni.
    Non ce ne faccia mancare in futuro!

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