In questi tempi così difficili ed
incomprensibili, sento il bisogno di tornare alle letture che facevo un tempo.
Ho ripreso in mano i libri di lettura delle elementari e per fare questo mi
sono tolto cinquant'anni di dosso. Narravano degli episodi di vita vissuta e di
storie che potevano essere raccontate dai nonni ai nipoti davanti al caminetto
accesso.
Allora era un mondo diverso dove
trionfavano i buoni sentimenti. In quegli anni non avendo più i nonni c’era un
prozio paterno Gaetano che mi raccontava
spesso degli episodi di guerra, cercandoli nei suoi ricordi.
Alla mattina era solito leggere i
giornali e un giorno mi parlò del cavallo più famoso d’Italia: Albino. In
questi giorni ho preso in mano un libro delle elementari e vi ho trovato
scritto la sua storia e una immagine in cui si vedeva il cavallo Albino vicino
al suo cavaliere in divisa e alla bandiera Sabauda. Nell’agosto del 1942, in
Russia, gli italiani stavano combattendo assieme all’alleato Germanico una
guerra molto difficile.
I tedeschi che all’inizio
avanzavano molto facilmente abbattendo ogni ostacolo, e travolgendo tutto, poi
si arrestarono, non riuscivano a far un solo passo in avanti e a complicare
tutto vi era il generale inverno, lo stesso generale che aveva fermato
Napoleone.
Nel libro trovai questo episodio
dove si narrava dell’ultimo assalto del reggimento “Savoia Cavalleria” avvenuto
il 24 agosto del 1942.
In quei giorni
infuriava la terribile battaglia del Don, i Russi avevano circondato con tre
battaglioni riforniti con duecento mitragliatrici, gli italiani. Non rimaneva
che una sola possibilità : quella di rompere questo accerchiamento e fu quello
che si verificò.
I supersiti che riuscirono a
rientrare in Italia, non avrebbero mai cancellato dalla loro memoria quella
data. Al comando del colonnello Bettoni,
i soldati del Savoia Cavalleria, si mossero all’attacco. L’impresa si
presentava con una difficoltà assoluta, il pericolo proveniva dallo
schieramento di quelle duecento mitragliatrici pronte a fare fuoco sugli italiani.
Le parole dell’autore del
racconto meritano di essere trascritte con precisione : “ Ma la carica
continuava … l’alfiere, il giovane sottotenente cadde; la bandiera era in
pericolo. Il sergente maggiore Fantini accorse e afferrò il glorioso stendardo
del “ Savoia Cavalleria”.
Egli cavalcava Albino, un bel
cavallo maremmano che si era già distinto in battaglia. – Avanti Albino! –
incitò il cavaliere – Dobbiamo portarla alla vittoria. – E, senza esitare, si
slanciò davanti a tutti. A un tratto, una raffica di mitragliatrice colpì
Fantini in pieno petto. Il giovane cadde riverso tra i girasoli, ma la bandiera
rimase infilata nel porta lancia e continuò a sventolare in alto, sulla groppa
di Albino. Il cavallo, benché ferito a un occhio, proseguì da solo la sua corsa.
Gli altri cavalleggeri lo
seguirono ed egli li guidò verso le
posizioni nemiche. Il vecchio prozio
Gaetano si commuoveva nel ricordare questo episodio. Il prozio era stato un combattente
della Grande Guerra, e non dimenticava quello che aveva vissuto nei campi di
battaglia. Quando parlava era affilato come la baionetta degli Arditi.
L’episodio di quel giovane cavalleggero che aveva raccolto la bandiera gli era
entrato nel cuore come se fosse stato tra quei soldati. Il Savoia Cavalleria con il suo eroico attacco era riuscito ad
aprirsi un varco molto importante.
Non era stato facile vincere il
fuoco delle mitragliatrici, e quei soldati schierati in modo compatto, ma aveva
prevalso l’onore a quella bandiera con lo stemma Sabaudo. La figura del cavallo
Albino commuoveva particolarmente lo zio.
Albino, dopo la battaglia cercò
il suo cavaliere in un campo di girasoli. Vagò finche non lo trovò, quando
rinvenne il corpo gli fece la guardia
come ad un soldato, come ad un amico. Furono migliaia coloro che non ritornarono dalla Russia, e che riposano in quei campi di
girasoli.
Quello che fece impazzire di
dolore molte donne, molte madri e spose italiane era il fatto di non poter
piangere sulla tomba dei propri famigliari.
Qualche politico comunista e il
mio riferimento è a Togliatti, avrebbe potuto spendere qualche parola con
Stalin per far tornare quei soldati prigionieri dei Russi, oltre a facilitarne
il rientro delle salame dei nostri eroici alpini. Non ne fece parola ma
dimostrò totale disprezzo per quei soldati.
Dopo quella epica battaglia legata ai Savoia Cavalleria di Albino non si
seppe più nulla. “ Nella confusione, Albino si perse nella steppa immensa e fu
dichiarato disperso, ma, non si sa come riuscì ugualmente a rientrare in patria
con gli ultimi superstiti.
In Italia non incontrò nessuno
che lo conoscesse: fu venduto a un fattore di Sommacampagna come un cavallo
qualunque, lui, il migliore e il più valoroso cavallo del “Savoia Cavalleria “! Finalmente, un giorno
dell’estate del 1945, il capitano De Leone, ufficiale in congedo del Savoia
Cavalleria, incontrò, lungo una strada del Veneto, un cavallo che trainava un
carretto di verdura e lo riconobbe: era proprio Albino, cieco da un occhio e
con una macchia in fronte.
La storia dell’eroe Albino ebbe
un lieto fine, il cavallo venne ripreso nell’esercito. Accolto in una stalla,
fu posto assieme all’asino Mariolino, un piccolo asino che gli tenne compagnia
fino alla morte. Albino morì nell’ottobre del 1960, a 18 anni dalla gloriosa
carica del “ Savoia Cavalleria”. Mariolino successivamente rifiutò la biada e
la crusca, non volle più mangiare e forse non sarà riuscito a sopravvivere al
dolore di aver perduto il suo grande e famoso amico.
Una bella storia, suggestiva ma imprecisa :
RispondiElimina- Lo Stendardo di Savoia non fu mai in pericolo di cattura, perchè rimase al sicuro all'interno del "quadrato", accanto al Comandante, colonnello Bettoni;
- L'Alfiere, Tenente Emanuele Genzardi, non morì durante la Carica;
La narrazione è stata senz'altro viziata dalla visione del film "Carica Eroica", di F. De Robertis, 1952
Ci si confonde anche con le modalità con cui il reggimento Cavalleggeri di Alessandria (14) caricò i partigiani titini nel settembre 1942 :
Mentre "Savoia" condussse un attacco frontale con uno squadrone (il 4°) appiedato, permettendo quindi al 2° ed al 3° montati di caricare sul fianco (Comandante, Stendardo, Squadrone Comando e 1° squadrone rimasero in quadrato), l'attacco condotto da "Alessandria" a Poloj fu una carica del reggimento completo (Comandante e Stendardo -che andò più volte perso di mano- in testa).
Dario T.
(responsabile della sez. dedicata a Savoia Cavalleria del Gruppo di rievocazione storica "Soldati al Fronte" )
Gentilissimo Signor Dario, la ringraziamo per le precisazioni.
RispondiEliminaNon ce ne faccia mancare in futuro!