di Pasquale Pennisi
Sostanza
della crisi e sua origine
E'
questo, nella politica italiana, un momento strano per i suoi aspetti
contraddittori: apparentemente esso è completamente statico, ed il Gabinetto
Scelba - Saragat sembrerebbe dover durare relativamente a lungo, laddove dura
soltanto per forza di inerzia, cioè perchè nessun’altra soluzione è pronta per
sostituirlo; si qualifica, d'altro canto, questo momento, come estremamente
fluido, cioè aperto a tutte le possibilità di evoluzione e di mutamento, anche
alle più impensate, e per questa sua fluidità depongono la mobilità dei
risultati elettorali parziali, i movimenti sotterranei e le crisi nascoste
all'interno di quasi tutti i partiti e particolarmente di quello di maggioranza
relativa, la generica insoddisfazione dell'opinione pubblica. In realtà, siamo
in una situazione di crisi grave, ed assai complessa, e la complessità sua -
come le incertezze e le differenti apparenze delle quali ora si è detto -
derivano dalla molteplicità degli interessi, dei sentimenti, delle insoddisfazioni
e delle paure, dal loro intrecciarsi spesso confuso e irrazionale, dalla
mancanza di coraggio - comune quasi a tutti, almeno al di qua della linea di
demarcazione tra l'Estrema Sinistra e gli altri settori politici nel prendere
la situazione, come suol dirsi « di petto ».
«Prendere
di petto» la situazione, cioè riconoscere e denunciare la reale sostanza della crisi
di oggi significa riconoscere e denunciare lo scandimento di attualità di tutti
o quasi i miti ideologici così i quali dal 1948 in qua i partiti
politici giustificano e mascherano se stessi, mascherando in pari tempo la
situazione politica generale, e rendendola di più in più priva di
giustificazione; significa riconoscere e denunciare come dichiara la nostra
mozione - che il punto focale della situazione nazionale è attualmente costituito
non da problemi politici, ma dal problema economico-sociale, la cui gravità si
accresce progressivamente per l'accrescersi della distanza tra le poche grandi
ricchezze e la miseria estesa ed una vastissima aliquota della Comunità
nazionale. Cioè, a dirla spiccia: la crisi è dovuta al fatto che la situazione
politica è precipitata in una situazione - già attuale; ma ancor più gravemente
potenziale - di lotta di classe, e che, a trarnela, non bastano, ed anzi sono
di ostacolo, gli scaduti miti ideologici con i quali i partiti si mascherano e
mascherano, per loro interessi particolaristici, la realtà della situazione. Né
il riconoscere ed il denunciare che oggi la situazione politica è precipitata
in una situazione di lotta di classe significa essere classisti o accettare
comunque una impostazione marxista del problema Significa soltanto riconoscere
un dato di fatto, così come diagnosticare che un uomo è ammalato non significa
accettare una impostazione teoretica secondo la quale gli uomini, o quell'uomo,
debbano essere necessariamente malati. Ché anzi, avere la chiarezza ed il
coraggio della diagnosi è la prima cosa da fare per avere poi le possibilità
della cura e della guarigione. Perciò noi, antimarxisti per impegno morale e
per convinzione dottrinale, non esitiamo a riconoscere che oggi la situazione
politica italiana è di fatto una situazione di lotta di classe; perché bisogna
muovere dal riconoscimento e dalla denuncia di questo precipitare della situazione
per poternela trarre fuori.
Il
vuoto della Monarchia
Che
questo precipitare della situazione dovesse pressoché fatalmente avvenire noi
monarchici - o, almeno una parte di noi - lo avevamo presentito e previsto sin
dagli anni - ormai lontani, ed a torto dimenticati - della maggior vivacità
della polemica istituzionale, prima della battaglia elettorale per il
referendum.
Nè
una simile, triste, previsione era difficile da farsi poiché il togliere di mezzo dal giuoco delle forze politiche
e dei contrastanti interessi la
Monarchia per sostituirla con un Istituto del tutto
dipendente dalle maggioranze parlamentari e quindi dal giuoco dei partiti e dai
loro interessi, specialmente in un periodo di gravissimo
disagio economico e di impoverito vigore dello spirito nazionale per noi, e di
giganteschi appetiti ed interessi internazionali (così politici come economici)
altrui, non poteva condurre ad altro risultato.
Tolto
l'ago trascendente della bilancia costituzionale e il depositario storico e
morale della tradizione unitaria e nazionale - quale è la Monarchia - e tutto
lasciato senza possibilità di superiori ed imparziali mediazioni alla lotta e
agli interessi dei partiti - i quali sono, per loro natura, macchine dai costi
di produzione altissimi - era fatale che su di essi si ponessero e dietro di
essi si nascondessero, manovrandoli, i più cospicui e più oscuri interessi del
capitalismo internazionale.
A
questo siamo: da una parte le forze della rivoluzione marxistico - proletaria;
dall'altra le forze della reazione capitalistica rappresentate dal
Quadripartito, che proprio per questo è così facile da tener insieme e da
ricomporre ad ogni minaccia di sfaldamento, malgrado il suo permanente atto di
molteplice contraddittorietà ideologica e di avanzata consunzione politica. La
forze capitalistiche solidamente agganciate alle pattuglie dirigenziali
socialdemocratiche, liberali e storico - repubblicane, dominano ancora
dall'esterno e dall'interno il complesso corpus democristiano malgrado l'acuta
intelligenza di alcune delle sue punte e la crescente insofferenza di notevole
parte della sua base. Questa, originata dall'improvvisa e antistorica
instaurazione della Repubblica, la situazione politica italiana; questa la
gravissima crisi che pervade la
Comunità nazionale italiana.
In
mezzo c'è il vuoto: il vuoto dello spazio morale dove prima era la Monarchia e, con la Monarchia , il sentimento
comune e superiore della Patria e la coscienza operante della unità della
Nazione: quel sentimento e quella coscienza che fanno eguali ed uniti i
cittadini quali che siano le loro particolari e legittime posizioni ideologiche
o di classe; quello che vieta alla Maggioranza di identificare se stessa ed il
Governo con lo Stato e, peggio, con la Nazione , e che vieta all'Opposizione di identificare
necessariamente se stessa con la sovversione. Né a riempire questo vuoto basta
il sentimento dello Stato e la reintegrazione della sua autorità, che l’autorità
dello Stato - quando non poggi su quella operante coscienza dell'unitarietà
della Nazione di cui or ora si è detto - altro non è che strumento poliziesco e
fiscale della prepotenza delle forze che hanno avuto in sorte, dal gioco elettorale, non la responsabilità (che esse, senza quella coscienza unitaria
nazionale, non possono sentire) di esercitare la funzione di governo, ma il
privilegio di detenerla.
A
riempire questo vuoto della Patria, risuscitando in tutti - ma prima che in
ogni altro in noi stessi il sentimento unitario della Nazione al di sopra di
ogni discriminazione, siamo chiamati noi monarchici. Se non lo facessimo,
vanamente eserciteremmo la nostra azione politica, e la pretesa di interpretare
e di continuare la tradizione della Monarchia altro non sarebbe che velleitaria
illusione, o, peggio, maschera anch'essa di speculazione politica non
differente da quel che sono altre ideologie per altri partiti. Poiché questo
non vogliamo noi della Sinistra Sociale del P.N.M. prendiamo queste posizioni.
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