Le elezioni
di “metà mandato”, tenutesi negli
Stati Uniti d’ America , martedì 5
novembre, per rinnovare un
terzo del Senato e
l’intera Camera, hanno visto
i riflettori della
stampa e delle televisioni puntati
su questo evento
e sul significato
di questo voto
popolare.
Ora, a prescindere
dal risultato, che ha
visto ribaltata la
maggioranza dai democratici
ai repubblicani,si è
molto parlato e
scritto sull’importanza che
il Senato degli
USA, composto di soli
cento senatori, due per
ogni stato, quale che sia
il suo numero di
abitanti, su una popolazione
complessiva di oltre
trecento milioni, ha nella vita
politica e nell’attività del
Governo Federale, ed i
limiti che questa
istituzione può porre
allo stesso Presidente, specialmente quando
non appartenga al
partito che detiene
la maggioranza nel
Congresso.
L’esame
approfondito, e non formale, e
l’ approvazione di nomine
delicatissime, proposte dal Presidente, quale ad
esempio quelle dei
candidati alla carica
vitalizia di Giudice
della Corte Suprema
degli USA, sono la
conferma del ruolo
fondamentale che il
Senato svolge, ben diverso
da quello modesto
della seconda Camera
come è in Francia
ed in Germania, e da quello, che
sull’esempio franco-tedesco, si
vuole ora dare
anche all’Italia.
Se, tornando ai
nostri casi, si volevano
evitare i lacci
ed i lacciuoli del
“bicameralismo perfetto”, si poteva
guardare oltre l’ Oceano
Atlantico, per verificare quanto
di questa esperienza
più che bicentenaria
fosse da recepire, lasciando ad
esempio proprio al
nostro Senato, anche per
l’età maggiore per
eletti ed elettori, il
ruolo fondamentale di
salvaguardia delle Istituzioni
e di garanzia di
buon funzionamento, con il
voto di fiducia
al Governo e
l’approvazione della legge
finanziaria o di leggi costituzionali e
trattati internazionali, e togliendogli
l’onere della discussione
ed approvazione delle
ormai centinaia di decreti e decretini che vengono
sfornati quotidianamente dal
governo, costituendo così una riserva
di saggezza, se ancora
ha valore questo
termine, e di equilibrio, come in
fondo era stato
delineato nella costituzione
entrata in vigore nel
1948, che prevedeva una
diversa durata del Senato
rispetto alla Camera
dei Deputati, per limitare
effetti sconvolgenti di un risultato
elettorale per la
Camera molto diverso
da quello precedente, norma che
proprio perché saggia
fu modificata dopo
breve tempo.
Ritornando ora
agli Stati Uniti
si è definito “anatra
zoppa” il Presidente democratico, che
negli ultimi due
anni del suo mandato, dovrà combattere
su ogni provvedimento
della sua amministrazione, con una
maggioranza parlamentare del
partito repubblicano, ma
questo era già
avvenuto in Francia più
volte, dimostrando che i
presidenti delle repubbliche
sono, malgrado le formali
dichiarazioni contrarie,
come quelle ora
di Obama , sempre uomini
di parte, per lo
più eletti con
maggioranze minime di
voti popolari, ultimissimo esempio
in Brasile, con un
51,4% rispetto ad
un 48,6%, spaccando quasi
a metà il
paese, il che, in Stati
di collaudata liberaldemocrazia come
negli USA non
compromette lo spirito nazionale
ed i relativi
valori condivisi da
tutto il popolo, divisioni che
sono quanto mai pericolose
in paesi con
valori e tradizioni
nazionali non egualmente assimilate, o che si
è cercato scientemente
di distruggere.
Domenico Giglio
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