Il recente
esposto alla Magistratura
di un deputato
“grillino” sugli accordi
tra Renzi e
Berlusconi è, a mio
avviso, un clamoroso errore
e costituisce un
precedente pericoloso perché
rimette ad un
potere diverso da
quello esecutivo e
legislativo, e cioè al
potere giudiziario, la questione
di accordi più o meno
riservati, tra diverse forze
politiche, su problemi
costituzionali ed istituzionali , per i
quali si sarebbe
poi pronunciato il
Parlamento, che sia pure
con tutti i
suoi limiti ed
inadeguatezze, rappresenta la sovranità popolare, quella messa
a base della
Costituzione all’art. 1, con il
solo limite, peraltro da
tempo contestato e che
dovrebbe essere eliminato, dell’ art. 139
che sottrae a
questa sovranità la
eventuale modifica della
attuale forma istituzionale
dello Stato.
Ora che
la Magistratura, la cui
natura non è
elettiva, stia prendendosi,
in questi ultimi
anni , un potere
superiore agli altri
due, sopra elencati,
decidendo sulla politica
economica, su quella industriale, vedi il
caso dell’ILVA ed
altri analoghi, o chiamando
a deporre in
un processo penale
addirittura il Capo
dello Stato, che con
una disponibilità forse
eccessiva, ha accettato di
testimoniare, creando un pericoloso
precedente, è evidente agli
occhi di tutti, per
cui se ora
le viene richiesto
di indagare su
accordi e rapporti
esclusivamente politici,
che sono
sempre avvenuti in
tutte le epoche
ed in tutti
i paesi dove
esistono istituzioni rappresentative, è un fatto
di estrema gravità
e nella sua essenza
profondamente anti
democratico ed antiliberale.
Già poteri
economici e finanziari
cercano di sovrapporsi
al potere politico
ed ora anche
il potere giudiziario, per cui
viene legittimo chiedersi
perché votiamo? Alla Magistratura
ordinaria, lasciando fuori nel
suo autonomo e
fondamentale ruolo la
Magistratura contabile,
spettano altri compiti
e doveri che
nessuno discute o
nega, quando si tratti
di veri reati di
diverso genere, ma, ripeto, si
lascino fuori gli
accordi e le
trattative tra partiti, gruppi politici
e parlamentari, di carattere
elettivo, accordi che acquistano
il loro valore
ed hanno la
propria consacrazione e
legittimazione solo nel e con
il voto delle
Camere, dopo aver avuto il
mandato dal voto
popolare, anche se tramite leggi
elettorali discusse ed
oggi oggetto di riforma.
Domenico Giglio
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