XII - PROSPETTIVE DI UNA MONARCHIA
DEMOCRATICA:
UMBERTO II
Scrivevo all'inizio che questa trattazione
mirava a porre in luce se la Monarchia sabauda, durante il millennio della sua
vita e specialmente dalla proclamazione del Regno d'Italia, fosse stata, come
troppi ancora oggi la ritengono, un istituto puramente simbolico, almeno da
quando passò alle forme costituzionali, o, peggio, un coefficiente di
conservazione e di arresto del progresso politico e sociale. Giunti alla
conclusione, ben possiamo affermare che solo una polemica tanto falsa quanto
dannosa agli interessi, della Patria, e un'ignoranza così assurda da
sconfinare nella malafede possono ancora deporre a favore della tesi di una
Monarchia inutile o reazionaria. A parte l'esempio di incessante progresso
offertoci, proprio in questi tempi, dalle Monarchie democratiche straniere,
Stati modello nel nostro mondo tentato quotidianamente dai mali terribili
dell'autoritarismo e del totalitarismo, in cui -spesso degenerano le
repubbliche democratiche, l'esame attento della nostra storia nazionale, delle
nostre conquiste sociali, basterebbe da se a conferire sicuro fondamento alla
tesi della Monarchia sabauda fattore di progresso politico e sociale (38).
L'attuale Sovrano. Umberto II, figlio del
grande e sfortunato Vittorio Emanuele III. uomo di poche parole ma dal sentire
profondamente umana, e di Elena di Savoia, che portò in Italia l'anima un po'
rude ma tanto buona della sua gente, tanto da divenire, per unanime
riconoscimento. la Regina della bontà e della carità, sembra impersonificare,
con semplicità e chiarezza, quel desiderio di onestà e di lavoro, di
solidarietà tra tutti gli italiani e specialmente verso i più umili,
quell'amore della libertà e della giustizia sociale, che ispirarono l'azione e il
pensiero dei migliori fra i nostri padri. Questi sentimenti egli ha espresso
nei suoi messaggi ai monarchici e agli italiani; rileggiamone assieme alcuni
brani.
« . . . libertà e giustizia sociale. A
questi ideali ho ispirato e dedicato la mia azione di Luogotenente e di Re; a
questi scopi ha spesso richiamato gli amici monarchici di ogni corrente
politica, giacché nel felice equilibrio e contemperamento di queste due alte
aspirazioni del nostro tempo io fermamente credo e ritengo che esse siano
conciliabili e ancora oggi indichino il non superato cammino che deve
percorrere l'umanità nella sua progressiva ascesa ... »
Nella tristezza dell'esilio mi è
particolarmente gravosa la lontananza da voi, giovani tutti d'ogni partito e
d'ogni ideale, primavera e speranza della Patria; da voi, giovani che soffrite
l'umiliante vana ricerca d'una occupazione, d'un lavoro, che vi deve essere a
qualunque costo e con qualsiasi sacrificio garantito » (39).
« . . . Ecco quel che manca oggi e che
rende vani tanti sacrifici e tanti lodevoli tentativi entro e fuori del nostro
Paese: la certezza.
Certezza che la Nazione non perderà le sue
libere istituzioni e non sarà travolta da conati di dittature, sempre
condannabili: è quella certezza soltanto che potrà far riprendere alle forze
della produzione quel continuo cammino che porta il capitale a creare nuovo
lavoro; lavoro ben rimunerato, garantito dalle leggi e inserito
nell'organizzazione giuridica dello Stato, attraverso il riconoscimento dei
sindacati . . .
Solo allora potranno essere risolti i
problemi che più ci angosciano, prima che come Italiani e come Cristiani,
addirittura come uomini; la casa per i senza tetto, il lavoro per i disoccupati
e ogni più larga assistenza ai bisognosi » (40).
« In un paese libero la lotta politica è
condizione naturale di vita: piena legittimità hanno dunque tutti i partiti.
Ogni uomo giustamente aspira alla sicurezza del lavoro e ad una remunerazione
eh,e consenta a lui e ai suoi un'esistenza migliore: piena legittimità hanno
dunque le organizzazioni sindacali. Ma la lotta politica e la lotta sindacale
non devono essere causa di odio di partito o di classe. E questo abbiano
presente tanto coloro che le penose difficoltà della vita potrebbero spingere a
credere nella violenza, quanto coloro che per egoismo potrebbero, valendosi di
cultura e ricchezza, ostacolare l'ascesa dei meno fortunati. La giustizia
sociale è insieme un dovere umano e condizione inderogabile per la salvezza
delle stesse libertà politiche e civili.
Sono questi i principi ai quali si
ispirarono gli uomini che sotto la guida dei miei Avi riunirono gli antichi
Stati in un grande Regno libero e indipendente nei suoi naturali confini. Se
gli Italiani in qualunque vicenda ne seguiranno l'esempio, non sarà lontana la
realizzazione dell'ideale cui ho dedicato la mia vita: un'Italia forte e rispettata
all'estero, libera, operosa e socialmente pacificata allo interno, fedele alle
tradizioni del suo glorioso passato, protesa verso un sempre più luminoso
avvenire » (41).
Amor patrio e interesse ai problemi più
assillanti del nostro tempo ispirano il messaggio del Principe ereditario
Vittorio Emanuele di Savoia, indirizzato il 16 marzo 1959 al Fronte Monarchico
Giovanile dell'U.M.I.; eccome la parte centrale e quella conclusiva:
« So che intendete affrontare, con
profondo senso di responsabilità, quei problemi determinanti per l'avvenire dei
giovani che, nelle scuole e nelle officine, nei campi e nei cantieri, forgiano
il loro futuro e quello del Paese, e sta a voi indicare come debbano
risolverli, contemperando le opposte esigenze con spirito di comprensione e di
solidarietà e anteponendo sempre ad ogni particolare interesse quello supremo
della Nazione.
Non dimentichiamo però, come, ancor oggi,
troppi sono coloro che all'incerto domani debbono guardare con viva
inquietudine per la mancanza di una stabile occupazione e di sicure condizioni
di vita e sia vostro il proposito di lavorare con operante solidarietà alla
ricerca di un definitivo rimedio.
La vostra azione tenda infine a ravvivare
nelle nuove generazioni il senso dello Stato ed il culto del dovere, dell'abnegazione e del sacrificio giacché
queste virtù, che permisero ai nostri maggiori di costruirci una Patria, sono
le sole che, come ha più volte ricordato il mio amato Genitore, possono
aiutarci a farla risorgere ».
Potranno un giorno, speriamo non lontano,
Re Umberto II ed i suoi successori continuare, in Italia e per l'Italia, la
tradizione di amore, di libertà e di progresso di Casa Savoia?
Noi, a differenza di altri italiani ancora
immersi nella atmosfera dei rancori e del conformismo, abbiamo piena coscienza
della funzione che potrebbe esercitare la Monarchia sabauda. A tale scopo,
occorre aiutare al più presto la formazione di una vasta, vastissima corrente
di opinione che veda nella Monarchia un rimedio sicuro ai mali attuali: la via
della rinascita morale e civile d'Italia altra non può essere che quella di un
Regno che concili alle tradizionali istituzioni libere del Paese, Corona e
Parlamento, l'adesione degli strati popolari, che dia la garanzia di creare,
dove ha fallito la repubblica, uno Stato democratico di tutti gli italiani.
un'Italia « fedele alle tradizioni del suo glorioso passato, protesa verso un
sempre più luminoso avvenire ».
(38) Dati precisi a favore della socialità
della Monarchia sabauda reca
l"ultima pubblicazione di MARIO VIANA, con prefazione di Piero Operti: «
Il Re costava meno», Casa Editrice Superga, Torino, 1960.
(39) « Messaggi di Umberto II dall'esilio
- 1946-1956 a cura dell'Unione Monarchia Italiana: «Ai giovani dell'Unione
Monarchica Italiana», pagine 33, 34.
(40) « Messaggi di Umberto II... »: « Ai
Monarchici Italiani per la VI Assemblea nazionale dell'U.M.I. », pagg. 35, 36.
(41)
«Messaggi di Umberto II... » : « Agli italiani nel decimo anniversario
dell’esilio », pag. 72.
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