NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 26 maggio 2012

La Monarchia Sabauda ed i problemi sociali - IV parte

IV - LA RIVOLUZIONE, FRANCESE E LA RESTAURAZIONE
di Vincenzo Pich


La rivoluzione francese venne come un turbine a sconvolgere tutta l'Europa; difficile affermare se essa abbia accelerato il corso di trasformazione della società europea, già avviato dall'illuminismo e dalle riforme dei Sovrani illuminati, oppure l'abbia arrestato, perché la Restaurazione rappresentò generalmente un ritorno al l'antico e, solo dopo alcuni decenni, sfociò nei mutamenti che un diverso sviluppo della storia poteva anche far maturare prima.



« Nello stesso tempo in cui molte città approfittarono della caduta del regime napoleonico per rimettere in vigore gli istituti più caratteristici del vecchio esclusivismo municipale, anche molti altri ceti privilegiati, e in particolare la  nobiltà terriera di alcune provincie del Piemonte e del Mezzogiorno d'Italia, che mal si adattavano alla perdita degli antichi diritti feudali interpretarono la restaurazione delle vecchie dinastie come il ritorno puro e semplice a sistemi di organizzazione sociale e di politica economica, che l'azione riformatrice della seconda metà del Settecento e le leggi del periodo napoleonico sui feudi e demani dell'Italia meridionale avevano cominciato a sgretolare od a trasformare.



Perciò il primo decennio della Restaurazione è anche in Italia, e anzi in Italia più che altrove, un periodo di gravi difficoltà economiche, di tentativi di ritorno all'antico, di arresto o almeno di grande lentezza nello sviluppo...



La parte del tutto prepondera:nte che spetta all'agricoltura nell'economia italiana resta pressoché immutata nel periodo della Restaurazione, durante il quale i progressi dell'industria, pur non mancando del tutto, sono estremamente ;lenti. La politica di Napoleone aveva lasciato l'industria in tutta l'Italia, e nella stessa Lombardia, più favorita delle altre regioni in uno stato di grave depressione... » (12)



Dopo, venticinque anni di guerre e dominazioni straniere, Torino era in condizioni molto difficili: grande la miseria del popolino; gravi gli effetti della crisi dei bozzolì (1817) per contadini, operai e borghesi; in aumento il numero dei mendicanti. A ciò si aggiunga che, se l'incremento della popolazione di Torino (1791: 94489 abitanti; 1799: 80752; 1802: 66366; 1813: 68900; 1816: 88287), rispetto alla diminuzione del periodo napoleonico, non rappresentava un' indice negativo, esso creava il problema dell'insufficienza edilizia e delle pigioni troppo alte. Il Re sentiva ì bisogni della popolazione e non tradiva la secolare :premura della sua Casa verso gli affanni dei più poveri: si distribuirono minestre e pani, si colpirono gli usurai e gli incettatori di grano, si promosse e facilitò la costruzione di nuove case nei quartieri di via Po e piazza Vittorio Emanuele, mentre si palesava la volontà di non appesantire il carico tributario nell'int,ento di sanare il disavanzo del bilancio (13).



Il Sovrano era spinto da sincero affetto per il suo popolo: non poteva dimenticare che solo una minoranza aveva parteggiato, per i francesi: ambienti di aristocrazia e borghesia irrequieta, avventurieri, gruppi di contadini agitatì contro l'autorità legittima da provocatori francesi, con il pretesto di rivendicazioni sociali.



Ma, sia sotto Vittorio Emanuele I che -durante il Regno del più severo e austero Carlo Felice, il Piemonte non riuscì a, sottrarsi a quel ristagnare, a quel ritornare indiseriminatamente, all'antico, a quel vivere tranquillo in sè, che erano state le caratteristiche fondamentali dei primi anni della Restaurazione. Se tale situazione era comprensibile all'indomani della caduta di Napoleone, dopo anni di vicende sconvolgenti, essa non poteva perdurare a lungo, se non con l'effetto di un declino irrimediabile. La Divina Provvidenza non permise che gli eventi seguissero la china sulla quale s'erano posti, e con Carlo Alberto, assai prima che il Sovrano accordasse lo Statuto ed aprisse la serie delle guerre -di indipendenza, indicando una sicura via di rinascita a tutti gli italiani, già le cose erano migliorate: i Savoia Carignano erano, destinati ad interpretare e a tradurre in atto quella sete di novità, quel bisogno di muoversi dalla mediocrità e dall'arretratezza, quel rinnovamento della società piemontese, che precedettero la realizzazione dell'unità e dell'indipendenza italiana, i grandi progressi politici, economici e sociali della seconda metà dell'800 e dei primi due decenni del nostro secolo.



(10) Carlo Emanuele IV, salito al trono alla morte del padre, il 16-10-1796.
(11) NICCOLO' RODOLICO- « Storia degli Italiani », Sansoni, Firenze, 1954, pag. 429.

(12) GINO LUZZATTO: «Storia economica dell'età moderna e contemporanea - Parte seconda: l'età contemporanca», CEDAM, Padova, 1948, pagine 235, 236, 238.
(13) FRANCESCO COGNASSO: « Storia di Torino », Martello, Milano, 1959, pagg. 442, 443, 444.

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