Le considerazioni nebulose di Stella, Roth e la “patria ritrovata”
La coincidenza del centenario
della morte dell’imperatore Francesco Giuseppe (21 novembre 1916) e la vittoria
elettorale del verde Alexander Van der Bellen alle presidenziali austriache ha
dato spunto a Gian Antonio Stella di svolgere alcune riflessioni sul sentimento
patriottico («Corriere della Sera», 7 dicembre 2016, p. 53). Esse prendono
avvio dal capolavoro Il busto dell’Imperatore dello scrittore ebreo Joseph
Roth, nato a Schwabendorf nei pressi di Brody il 2 settembre 1894 e morto a
Parigi il 27 maggio 1939. Dopo aver tratto da «la Repubblica» del 6 agosto 2011
la notizia relativa alla sua lapide («scrittore austriaco, morto in esilio», il
giornalista del quotidiano milanese si lascia andare ad alcune considerazioni
nebulose sul protagonista, il conte Franz Xaver Morstin, che – come si legge
nella recensione pubblicata da «la Repubblica» – discende da una famiglia di
origine italiana e descrive con nostalgia il mondo elegiaco dell’Impero
austro-ungarico e il suo «complesso sistema di popoli e di razze».
Quale sia il nesso tra Van der Bellen, il protagonista del romanzo Il busto dell’Imperatore e Francesco Giuseppe I è noto solo al giornalista, che trova chiarezza alle sue considerazioni su Wikipedia per la molteplicità di nomi utilizzati per definire lo statista austro-ungarico. Sembra che egli accetti i giudizi del protagonista, senza tenere presente il percorso esistenziale di Roth, il quale verso il 1925 abbandona la sua fede socialista, difende la monarchia ed esalta la tradizione ruotante intorno ai valori religiosi e patriottici. Le sue scarse simpatie per il socialismo, dettate da una particolare sensibilità verso i più bisognosi, vengono meno durante il suo soggiorno in Russia, dove vi si recherà nel 1926 come inviato del «Frankfurter Zeitung».
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