Questo che si è detto del diritto di proprietà privata potrebbe
ripetersi per molteplici altri casi, ed esempii e principii. Insomma: sino a
che la Destra politica non si persuaderà che il suo più pericoloso ed imminente
avversario non sta tanto sui banchi
della Sinistra estrema, ma sta sui banchi della Destra economico-sociale, sino
a che troppi nostri amici non mostreranno che nel chiamarci - sia pure
conservatori vogliamo e dobbiamo esserlo di principii morali e spirituali, di
idee-forza che possono benissimo incarnare la società di oggi purché non ci si
ostini a incarnarla nelle forme che andavano bene per le società di ieri e di avantieri,
sino a che non si ricerchino nuove forme adeguate alla nuova realtà, e non
mostreremo che non vogliamo essere conservatori di interessi o di fortune
materiali particolari, sino a che non si capirà che la conservazione può morire
strozzata ed asfissiata dalla reazione assai prima e più facilmente che non
sgozzata dalla rivoluzione, che la pericolosità di questa di tanto si accresce
di quanto la conservazione morale confonde le proprie sorti con quelle della
reazione economica e sociale, la Destra politica italiana non potrà avere né
una grande funzione nazionale né cospicue speranze di successo. Perciò la
Sinistra Sociale Monarchica - nell'occasione solenne, e forse più determinante
che non sembri, del Congresso Nazionale del PNM - rivolge a tutti gli amici del
Partito, ed a tutti i Monarchici italiani, come invito, ma anche come monito,
il motto di Cristoforo Colombo: «Andare all'Oriente per le vie di Occidente ».
E farlo, si può soggiungere, non con la velocità delle caravelle a vela, ma
ricordando che siamo in tempi che misurano la velocità con gli aerei a
reazione.
Allorché noi invitiamo uomini e partiti della Destra nazionale - e
sopra tutti, e prima di tutti, il PNM, il quale una tal coscienza dovrebbe
trovare immediata e viva nella sua stessa coscienza monarchica - ad aver
coscienza non soltanto della necessità, ma della Giustizia e dell'urgenza di un
movimento di Sinistra Sociale, di un loro completo distacco della Destra
Economica e dagli uomini e dalle forze della reazione sociale, noi proponiamo evidentemente
- non soltanto una atteggiamento tecnico su problemi determinati, anche se
vasti, di strutturazione economica o giuridica, ma un atteggiamento politico,
che di quell'atteggiamento tecnico può essere - a seconda che si voglia
giudicarne l'effetto o la causa. Effetto, probabilmente, all'inizio, per poi
divenire causa di una sempre più operante e generale coscienza politico-sociale
fondata sul principio unitario decida Comunità nazionale e sul suo progresso.
Non può essere che questa, del resto, la via per realizzare politicamente ciò
che noi monarchici affermammo come nostra nobilissima impresa di battaglia (i
discorsi di Alfredo Covelli fanno testimonianza su questo motto e su questa
impostazione) alla vigilia della campagna elettorale della primavera 1953 e
lungo il suo svolgimento: cioè, che noi vogliamo andare dalla pacificazione
nazionale - realizzata per conto nostro, con la campagna elettorale del 1951-1952
- alla pacificazione sociale. Ora è bene dir chiaro che - se le parole non sono
soltanto chiacchiere - questo importa un deciso schieramento a Sinistra, cioè
dalla parte dei ceti proletarii e medii, ogni volta che si tratta di risolvere
un problema economico o sociale, pur nella fedeltà a quei principii morali che
formano la sostanza della Destra politica, svincolandosi dalla stretta
assassina di quegli interessi economico-capitalistici che le si sono
abbarbicati intorno; ma è necessario aggiungere che - sempre se le parole non
sono soltanto chiacchiere - questo non basta, appunto perché l'atteggiamento
tecnico non può prescindere dall'atteggiamento politico, e l'uno e l'altro si
condizionano reciprocamente. Come, per realizzare la pacificazione nazionale,
noi - pur mantenendo ferme tutte le distinzioni e le contrapposizioni ideologiche
- superammo il vallo psicologico che ci separava dagli uomini del M.S.I., così
per realizzare, sulla base della pacificazione nazionale, quella pacificazione
sociale che ne è il proseguimento, il compimento e la garanzia, noi - pur
mantenendo ferme tutte le distinzioni e le contrapposizioni ideologiche -
dobbiamo superare il vallo psicologico che ancor oggi separa la maggior parte
di noi dagli nomini e dai partiti della Estrema Sinistra. Che questi siano « i
partiti della classe operaia » quasi per una specie di iniziazione carismatica
è una impostazione ideologica che noi non possiamo e non dobbiamo accettare; ma
che, di fatto, essi siano oggi i partiti verso i quali si orienta la maggior
parte della classe operaia, e verso i quali si orientano sempre più i ceti
medii economicamente depressi, è una constatazione obiettiva che non possiamo
non fare. E non si fa politica, come non si coltivano le scienze fisiche,
rifiutando la leale osservazione dei dati sperimentali. Non si può fare, nelle
attuali circostanze, una politica sociale vera ed efficace, oggi, in Italia,
rimanendo avvolti nei lacci di un anticomunismo pregiudiziale, preconcetto ed
intransigente.
Del resto, rimanendo avvolti in questi lacci, se dal lato sociale
rimarremo sempre esposti ai ricatti, e succubi della volontà, del Capitalismo
internazionale e reazionario, dal lato politico rimarremo . sempre esposti ai
ricatti del Quadripartito e succubi della sua volontà. Quel modo preconcetto,
pregiudiziale, totalitario, di concepire l’anticomunismo - cioè non come la
contrapposizione agli errori dell'ideologia comunista, sentita come un uomo che
abbia idee proprie sente d'opporsi alle idee a queste opposte, ma come la paura
folle del « pericolo comunista» sentita come i piccoli bambini sentono la paura
delle streghe e dei lupi mannari - fu la grande trovata elettorale dell'On. De Gasperi
nella campagna elettorale che lo condusse alla vittoria del 18 aprile 1948.
Bisogna forse scusarlo se nella legislatura che ne seguì malgrado la
maggioranza assoluta di cui disponeva, egli non fu capace di fare una grande
politica: prima ancora che le forze del Capitalismo internazionale lo irretissero,
proprio su quella formula, nei loro interessi, egli era psicologicamente
prigioniero di quella formula, che era formula da favolista, non da uomo
politico. E' una formula la quale, come tutte le formule pregiudiziali,
preconcette, intransigenti, impedisce per la sua natura di far politica: sulla
sua base non si fa né politica sociale, né politica interna, né politica
estera; soprattutto, nelle attuali condizioni dell’Italia, non si fa politica
nazionale, anche perché in un Paese nel quale ormai il 40 per cento del Corpo
Elettorale è orientato verso l'Estrema Sinistra - con quella formula si spacca
in due la Comunità nazionale, se ne compromette la unità. Sino a che anche la
maggior parte di noi vi rimarrà psicologicamente legata, anche noi non potremo
fare politica, e politica nazionale. Potremo fare polemica contro il Quadripartito,
ma saremo costretti a fare - sia pure succubi e ricattati - la politica del
Quadripartito, a nostro esclusivo danno, cioè a esclusivo danno delle nostre
idee e della nostra Causa. Le elezioni amministrative di Castellammare di
Stabia del 28 marzo 1954 sono là, con il loro brutale risultato, a
testimoniarne. E non ne sono il solo esempio recente.
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