Roma. 18 marzo 1983
"Oggi, a Ginevra alle ore
15.35 il Re Umberto si è Spento. La sua ultima parola percepita è stata:
'Italia'. Pìù grande del dolore per la morte di Umberto II deve essere il rimorso di quanti hanno privato
l'Italia di questo Re".
Falcone Lucifero.
Ho voluto scrivere questo
libretto per ricordare i miei lunghi anni di collaborazione con il Ministro
Falcone Lucifero. E con lui il Re della nostra vita. Umberto II.
Il Re che, come scrisse Luigi
Einaudi, fin dal primo giorno della luogotenenza è stato un esempio di coscienza del dovere, di spirito democratico,
di correttezza costituzionale.
Il Re che, dichiarò Ferruccio
Parri, “ In coscienza devo riconoscere sarebbe il migliore dei Re.”
Il Re al quale, come scrisse
Indro Montanelli, “Anche i più arrabbiati repubblicani riconobbero l’equilibrio, la correttezza, la lealtà,.
Rimase Re dalla testa ai piedi, e lo è stato fino all’ultimo, anche di fronte
alla morte.Secondo me vecchio mai pentito
monarchico avrebbe potuto essere il migliore Sovrano di Casa Savoia."
Il Re che, come scrisse Luigi
Barzini, “ Non chiedeva mai cosa fosse vantaggioso per la causa monarchica, per
la Corona, per lui, ma solo quale fosse il suo dovere di fronte alla legge, che
cosa fosse più utile all’Italia.”.
Il Re che, come scrisse SiIvio Bertoldi, mostrava fermezza e dignità,
sosteneva abilmente il suo ruolo. Riusciva a coagulare intorno alla Corona,
oltre alle naturali convergenze dei monarchici, i sentimenti di tanti italiani.
Aveva affrontato con calma ed equilibrio la crisi seguita alle dimissioni di
Parri, senza lasciarsi intimorire dalla faziosità delle sinistre e dalle loro
manifestazioni di piazza”.
Geno Pampaloni così lo ricordò il
giorno della Sua scomparsa: “E’ stato un uomo , silenzioso, riservato, non
toccato dal morbo ormai intollerabile della intervistomania, dell'esibizionismo
e della chiacchiera. Conduceva una vita modesta, era fedele al suo ruolo, con
stile, coerenza e senza iattanza. E’ morto da Re; sempre lacerato dalla
nostalgia per la sua terra, non ha mai sottoscritto, neppure nei giorni stremati
dalla malattia che lo indeboliva, una qualsiasi parola di abdicazione o di
resa. In sostanza era una persona per bene che ha dimostrato, nel giugno del
'46 e e nei trentasette anni trascorsi d’allora, di anteporre il bene della
Nazione a quello della Dinastia. Non era uomo di potere , e anzi, la sua signorile
mitezza appariva improntata al contrario della sete di potere. La memoria che
lascia è una memoria di pulizia, resa più umana e familiare dalla lunga
malinconia dell’esilio”.
Questo è il Re che abbiamo amato
e servito, consapevoli, in Lui, di amare e servire l’Italia. Come ha fatto Falcone
Lucifero.
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