NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 3 agosto 2022

Le ragioni della Monarchia X


ATTUALITA' DELLA MONARCHIA TRADIZIONALE.


Giunti al termine dell'esposizione delle ragioni della Monarchia tradizionale, resta da rispondere alla obiezione, tanto più insidiosa quando essa viene dai conservatori ipocriti e privi di ideali superiori, sulla attualità di quanto descritto e quindi sul senso di una battaglia che, richiamandosi alla Tradizione, ne voglia restaurare valori ed isti tuti. È I' obiezione di chi fa notare, magari fingendo di rammaricar­sene, che "i tempi sono mutati". A costoro potremmo accontentarci di rispondere orgogliosamente con i versi di L. Thornas:"Le temps sera pour vous / l'éternité pour moi".

Per noi rispondono anche Donoso Cortés, il Principe di Canosa, Giambattista Vico, insegnandoci che senza divino soccorso, senza re­ligione, non può esservi civiltà. Vico, soprattutto, ci mostra che l'ade­sione anche totalitaria all'errore non lo rende legittimo; la storia è tracciata dall'intelletto divino, che ci lascia però il libero arbitrio, dalla negazione della Provvidenza e della libertà umana conseguono i di­sordini politici e civili, che sono la pena del disordine spirituale. "Da due o tre secoli a questa parte la città politica ha assunto nuovamente le caratteristiche della Bestia rifiutandosi di riconoscere Cristo e la sua Chiesa, è nuovamente persecutrice, sia apertamente che con siste­mi camuffati.". Era prevista nelle Scritture una "anti civiltà inimmaginabile perversa e apostata", ma è anche previsto che "portae inferi non praevalebunt" e "l'avvento di Gesù Cristo nella sua gloria verrà a coronare le lotte supreme e le supreme fedeltà della sua Chiesa militante" (41 ).

Che i tempi siano cosí oscuri ed il trionfo della Rivoluzione pressoché completo, quindi non ci sgomenta affatto, ma è anzi un ul-teiore segno della bontà della nostra battaglia, oltre che una fonte di merito ancor piú grande per noi che la combattiamo. Noi, che abbia­mo vegliato durante la lunga notte con la speranza di poterci incon­trare con quelli che verranno nel nuovo mattino (42).

La Rivoluzione avanza, ma, come Lucifero, il primo rivoluzionario (43), può solo distruggere, non costruire. Così con un processo inesorabile, come i Girondini furono distrutti dai Giacobini, Kerensky fu spazzato via da Lenin, il mondo moderno crolla autodistruggendosi. Nel campo del pensiero, ove la filosofia, ripudiata la meta­fisica, è ridotta a penoso balbettio sulla possibilità della sua stessa esi­stenza; mendicando un ruolo di coordinatrice dei risultati scientifici, gli stessi figli della Rivoluzione ne mettono in crisi i presupposti, così i "nuovi filosofi" denunciano il potere rivoluzionario e riscoprono confusamente la sacralità tradizionale, così i neo-pagani di "Nouvelle Ecole" in se stessi svelano fino in fondo le aberrazioni di chi vuole s' rifiutare i miti egualitari ma, prigioniero del suo rifiuto di Dio, ad essi sostituisce la manomissione della persona umana attraverso la biopolitica. Nel campo scientifico, ove la "civiltà" tecnologica è in crisi e sempre più è insistente la domanda se essa abbia portato più male che bene e se non stia avvicinandoci alla catastrofe definitiva. Tutta la Rivoluzione congiura a distruggere l'uomo fingendo di servirlo.

 

L'aborto, la droga, le perversioni di ogni genere sono i frutti di morte e di desolazione di questa falsa libertà. Distruggere o trasfor­mare radicalmente la natura umana in odio al Creatore, ecco il fine ultimo della Rivoluzione. Se avremo chiaro questo, avremo chiaro il senso della storia degli ultimi secoli. Il mondo attuale, nella sua globalità, è molto più comprensibile a chi lo legga attraverso una visione tradizionalista che ad uno abbagliato dagli ideali rivoluzionari.

Oggi la Rivoluzione si crede invincibile, ma i suoi figli ebbri di potere, che si sentono nati solo per la felicità, sono richiamati alla lo­ro condizione di creature dall'esistenza della morte, come ha scritto Alexander Solzenicyn: "Se l'uomo, come dichiara l'umanesimo, non fosse nato che per la felicità, non sarebbe neppure nato per la morte. Ma corporalmente votato alla morte, il suo compito su questa terra non ne diventa che più spirituale: non un rimpinzarsi di quotidianità, non la ricerca dei migliori mezzi di acquisto, poi di gioiosa spesa dei beni materiali, ma il compimento di un duro e permanente dovere, in modo che tutto il cammino della nostra vita diventi l'esperienza di una elevazione soprattutto spirituale. lasciare questa vita come crea­ture più elevate di quanto non vi siamo entrati. Ineluttabilmente, siamo indotti a rivedere la scala dei valori che sono diffusi tra gli uomini e a stupirci di tutto ciò che questa comporta oggi di erroneo...re (44).


"Siamo al punto di rottura, - dice ancora Solzenicyn, - ad una svolta paragonabile a quella tra Medioevo e Rinascimento, la libertà di fare il male ha ormai di troppo superato la libertà di fare il bene."

Affrettare, favorire, guidare questa svolta, ecco il compito dei contro-rivoluzionari monarchici, consapevoli che il ritorno dell'uni­verso della Tradizione è anche il ritorno delle monarchie.

Resta da sciogliere un falso dilemma di natura strategica: lavora­re in tempi lunghi o sperare nel "colpo" risolutore? Diceva don Sacchetti: "Cattolici, preghiamo Iddio che la rivoluzione muoia domani, ma poi lavoriamo com'essa dovesse vivere per sempre". La storia inse­gna che i "colpi" risolutori, se non hanno alle spalle una classe diri­gente contro-rivoluzionaria di ricambio, consentono prima o dopo la ripresa del processo rivoluzionario, o addirittura la facilitano. D'altra parte il crollo della Rivoluzione difficilmente sarà incruento e sarà certo necessario un periodo di "imbalsamazione" del corpo sociale per operare su di esso a fini restauratori. Questo è l'insegnamento dei pensatori contro-rivoluzionari. Ramiro de Maetzu scriveva: "Sotto la protezione del fascio, del Somatén, della dittatura o del servizio so­ciale volontario, deve prepararsi l'opera spirituale, attraverso la quale i popoli della terra ritroveranno nella religione, nella famiglia, nello Stato e nella proprietà i fondamenti stessi della civiltà" (46 ).


Charles Maurras afferma che occorre "costituire uno stato d'animo monarchico. E quando questo stato d'animo pubblico sarà forma­to, si scatenerà un colpo di forza per stabilire la monarchia" (46).

Ma ricordiamo sempre queste nobili parole di Francisco Elias de Tejada. "Le imprese non si misurano col successo. Dio non abbando­nerà i suoi. E nel peggiore dei casi, se ci nega di vedere il trionfo col metro del successo, pur sempre ci dona quella pace della coscienza del dovere compiuto, che si sintetizza nel motto per cui caddero i nostri predecessori. 'Senza cedere' ".

La mia speranza è solo che chi legge queste pagine ne tragga nuovo impulso a combattere per Dio, la Patria, il Re, nel nome e nel ricordo di chi lottò e mori sotto i simboli della Tradizione, dalle cro­ci sugli scudi dei guerrieri in Terrasanta, al Sacro Cuore dei nobili e dei contadini vandeani, nell'esempio di chi si batté per la controrivoluzione, dai requetes carlisti ai camelots du Roi.


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