NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 15 agosto 2022

Amedeo di Savoia-Aosta, un nome e un eroe da non dimenticare



Di Francesco Di Bartolomei e Gabriele Gigliotti


 Con un po' di sollievo culturale chi scrive ha appreso che il Liceo Duca d'Aosta di Pistoia non cambierà nome. L'operazione  di "cancel culture"(o che almeno così traspariva a tutti gli effetti),pare non sia passata, generando sdegno in alcuni e plauso in altri. Questo scritto desidera solo porre una riflessione sulla figura "dell'eventuale" rimosso e sui motivi che ne nobilitano il nome aldilà della ragion di nascita. Naturalmente inquadrando il personaggio nel suo preciso contesto storico di cui fu un protagonista capace di coscienza critica. Amedeo di Savoia nacque nel 1898.Allievo del Collegio Militare della Nunziatella di Napoli, fin da subito espresse una caratteristica che lo distinse per tutta la vita, quella di non farsi chiamare con il titolo di "Altezza Reale" ma semplicemente "Amedeo" da parte dei propri compagni e collaboratori.

Alla soglia dei 19 anni partì volontario per il  fronte durante la Grande Guerra, arruolandosi come soldato semplice d'artiglieria. Prima linea del Carso. Il padre, Comandante della Terza Armata detta "Invicta", disse al generale che lo aveva come sottoposto solo una frase: "Questo è mio figlio nessun privilegio!". Durante le ostilità guadagnò una decorazione al valore e la promozione al grado di Capitano. 

Alla fine del conflitto seguì lo zio Luigi Amedeo(Ammiraglio e celebre esploratore apprezzato in tutto il mondo scientifico)nel momento in cui stava creando in Somalia il Villaggio Duca degli Abruzzi che fu per molti decenni una delle più grandi aziende agricole dell'Africa, dove centinaia di somali trovarono lavoro mentre ai loro figli veniva garantita un istruzione che comprendeva anche l'insegnamento della religione islamica, giacchè era il credo dei loro padri.

Successivamente Amedeo lavorò in Congo come operaio e manovale in un saponificio sotto falso nome.Rientrato in Italia riprese la vita militare e si laureò a Palermo nel 1924 in giurisprudenza con una tesi in diritto coloniale, in cui esprimeva alcuni suoi pensieri sostenendo apertamente che l'unica giustificazione al colonialismo in epoca moderna era l'effettivo miglioramento della qualità di vita degli indigeni e altresì dibatteva sulla necessità di estendere il diritto di cittadinanza italiana alle poplazioni locali. Sembra oggi ma il Duca si poneva questi problemi cento anni fa. Durante il suo servizio nella Regia Aeronautica(arma in cui era transitato) si segnalò per aver salvato il pilota di un velivolo incidentato in fiamme causandosi ustioni e per  uno stile di vita sobrio e moderno, caratterizzato da una profonda condivisione della quotidianità col personale, sia civile che militare, aldilà di grado e ruolo.

Fu anche presidente onorario della Triestina Calcio. Mantenne un'amicizia con l'anticonformista poeta romano Trilussa noto anche per posizioni non sempre favorevoli al fascismo. Arrivato al grado di Generale di Divisione Aerea venne nominato Vicerè d'Etiopia.Diverse furono le proposte che prima di allora gli vennero offerte per ruoli apicali durante il regime ma lui rimase sempre e solo un soldato al servizio dello stato non bramando cariche e potere.

Arrivato ad  Addis Abeba nel 1937  mitigò l'atteggiamento ostile dei locali, causato anche dalle repressioni del suo predecessore Il Maresciallo Graziani da cui prese le distanze in modo netto, promuovendo fra le altre cose la realizzazione in Africa Orientale di numerose opere pubbliche e sociali. Preoccupato per l'avvicinamento dell'Italia alla Germania nazista, dopo l'approvazione delle leggi razziali in Patria, sposò in colonia una linea diversa da quella governativa come era d'uso nelle terre d'oltremare.

Poco prima dell'infausta legislazione cercò infatti su antecedente richiesta dello stesso Mussolini di promuovere la creazione di un insediamento/stato ebraico in Etiopia e portò avanti tale progetto sino a quando Roma non fece decadere l'interesse.Attuò inoltre una capillare azione di contrasto della corruzione.

Ben lontano da alcuni pregiudizi europei circa la storia africana promosse studi sull'antica civiltà axumita, proteggendone le restanze archeologiche. Dopo l'ingresso dell'Italia in guerra le antichissime tribù degli ebrei etiopi, i Falascià, in virtù del trattamento umano che sempre avevano ricevuto dal principe sabaudo, decisero di combattere con lui, questo fu l'unico caso in tutta la seconda guerra mondiale di ebrei che si schierarono con l'asse.

Precedentemente allo scoppio del conflitto si recò a Roma da Mussolini per opporsi fermamente e senza mezzi termini all'ingresso dell'Italia in guerra. Nonostante ciò fece il suo dovere fino in fondo. Guidò per quasi un anno le truppe al suo comando, prima di arrendersi sull'Amba Alagi, contro un nemico nettamente superiore per uomini e mezzi che gli concesse l'onore delle armi, mentre in Patria gli veniva conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare.

All'atto della resa, scendendo dall'Amba Alagi, lo salutarono per un'ultima volta tutti i suoi soldati, italiani ed indigeni, battendogli le mani e chiamandolo per nome tra la meraviglia degli alti ufficiali britannici a cui se pur vincitori forse mai era stato tributato un onore del genere che nasceva dal cuore di chi era stato ai suoi comandi e che lo aveva visto condividere con loro stenti e privazioni.

Durante i mesi di prigionia si aggravarono progressivamente le sue condizioni di salute(malaria e tisi)a quel punto gli inglesi gli offrirono la possibilità di avere moglie e figlie accanto, ma lui rifiutò asserendo che non aveva mai voluto privilegi rispetto ai suoi uomini.

Si spense nel 1942,sorretto solo dalla sua fede religiosa e in quella nell'Italia. Fu sepolto nel cimitero dei prigionieri italiani a Nyeri in Kenya sotto una semplice croce di legno tra i suoi soldati. Fu uno dei due caduti di Casa Savoia nella seconda guerra mondiale, assieme alla Principessa Mafalda morta nel lager nazista di Buchenwald, a cui si aggiunsero sette deportati tra cui il nipote Amedeo, appena nato a quel tempo e scomparso di recente. Il figlio di quest'ultimo, il Principe Aimone di Savoia-Aosta pronipote dell'eroe,ha scritto di recente all'istituto in questione ed al sindaco un pacato ma fermo messaggio; prendendo spunto da quell'appello si è voluto condividere codesta riflessione.

Nei commenti di alcuni promotori dell'iniziativa di rimozione si è asserito che della personalità del Duca d'Aosta c'era solo un vago ricordo; orbene fin quando fu viva la generazione di coloro che lo avevano conosciuto questo ricordo non fu così nebuloso. Il Negus Hailè Selassiè, nemico dell'Italia fascista, volle ringraziare personalmente la vedova del Duca per come il marito aveva trattato il popolo etiope.Nel 1953 ai reduci di quella pagina di storia venne dedicato un film "La Pattuglia dell'Amba Alagi",parte della pellicola analizzava documentaristicamente l'azione del Duca. A Gorizia nel 1962 venne inaugurato 
dall'allora Presidente della Repubblica Antonio Segni un monumento a lui dedicato e disegnato da un grande uomo di pace  come l'Ingegnere e scrittore Paolo Caccia Dominioni (già reduce di El Alamein e protagonista indiscusso della resistenza lombarda).

Se poi la memoria del suo sacrificio si è gradualmente affievolita lo si deve probabilmente anche al generale decadimento della nostra cultura e non solo. Chi scrive però è convinto che se ad una gioventù ormai eccessivamente digitalizzata fosse proposta l'immagine di quest'uomo, pur nella sua complessità e nelle contraddizioni che possono averlo caratterizzato, questi ragazzi sicuramente guadagnerebbero qualcosa in un fattore che ultimamente sembra un po' mancare: quello umano.

Quanto infine alla questione, che si volesse cambiare il nome dell'istituto per intitolarlo ad una delle due grandi scienziate Rita Levi Montalcini o Margherita Hack, che tanto lustro portarono al nostro paese, rimanendo nel sovrano rispetto di chi dovrà decidere tali eventualità, con molta umiltà si fa serenamente presente che una città come Pistoia potrebbe tranquillamente trovare-o almeno si presume-spazi consoni da dedicare a queste esimie personalità in dei luoghi dove per adempiere ciò non si debba necessariamente cancellare la storia.

https://www.ilgiornaleditalia.it/news/cultura/394381/amedeo-di-savoia-aosta-un-nome-e-un-eroe-da-non-dimenticare.html


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