Caporetto fu un vero e proprio disastro, che non poteva non avere conseguenze non solo a livello interno, militare ed istituzionale, ma anche internazionale. Sei giorni dopo la "rotta" cadde il governo e all'allora presidente del Consiglio, Boselli, subentrò Vittorio Emanuele Orlando, già ministro dell'interno. Puntuale arrivò il siluramento di Cadorna, ormai inviso non solo agli ambienti politico-militari italiani, ma anche agli alleati franco-inglesi che al convegno di Rapallo del 5 novembre, ne imposero la sostituzione, come condizione preliminare all'invio sul Piave delle loro otto (quattro francesi e quattro inglesi) divisioni di rinforzo. In quella sede, ci preme sottolinearlo, il premier inglese Lloyd George, evidentemente ben informato, sconfessò senza mezzi termini la tesi cadorniana dello "sciopero militare", spendendo parole di elogio nei confronti del soldato italiano. Tre giorni dopo, a Peschiera, toccò al Re in persona rassicurare gli alleati sulle capacità di recupero e di tenuta dell'Italia.
Quel giorno Vittorio Emanuele III, cui non faceva difetto la cultura, fu all'altezza delle migliori tradizioni di Casa Savoia. Senza avvalersi di interprete parlò in inglese, traducendo poi in francese, alle delegazioni presenti, comunicando l'avvenuta sostituzione di Cadorna con il generale Armando Diaz. Il sovrano fece una panoramica delle cause della sconfitta, includendovi la stanchezza del soldato italiano, passando però sotto silenzio la circostanza della preventiva conoscenza dei piani offensivi nemici da parte di Cadorna e sottoposti. Alla fine del suo intervento Vittorio Emanuele tradusse il detto secondo cui «in guerra si va con bastone per darle e con un sacco per prenderle», in ciò schematizzando il prima e dopo Caporetto e suscitando l'ilarità dei presenti. In una parola il Re convinse tutti, specie gli inglesi più diffidenti dei vicini d'Oltralpe.
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