DA BONOMI A DE GASPERI
ED IN MEZZO PARRI
Se questi eventi militari e
diplomatici attestavano la
crescita del prestigio del Luogotenente, non altrettanto
avveniva, come già detto, in sede governativa
dove venivano proposte
provvedimenti e leggi anche
con effetti retroattivi, quali quelle
sulla “epurazione”, che colpiva
fra gli altri
quasi tutti i
Senatori del Regno, sui
“profitti di regime”, sull’Alta Corte
di Giustizia e
successivamente la creazione
di Corti d’assise
straordinarie, che il Luogotenente, pur non
condividendole, non poteva
non sanzionare. Vi era poi
una continua conflittualità anche
all’interno del governo
tra azionisti e
socialisti da una
parte e liberali
e democristiani dall’altra
per cui Bonomi
dovette presentare, il 26
novembre 1944, le dimissioni
al Principe, che così
iniziò le consultazioni
ripristinando la prassi
del Regno del
Padre. Questa prima crisi
di governo ed
il suo svolgimento
è significativo perché
da un lato
rompeva il monopolio
e la monoliticità
del CLN e
dall’altro ridava alla
Corona il suo ruolo
di mediazione. Bonomi ebbe
il reincarico di
formare il governo
al quale, incredibile a
dirsi, non parteciparono azionisti
e socialisti, per cui vi
sarebbe stata una svolta al
centrodestra, se i comunisti, con l’ormai
conosciuta abilità manovriera, non avessero
invece rinnovato la
loro partecipazione governativa, raggiungendo con
Togliatti, ministro senza portafoglio, la Vice
Presidenza del Consiglio. Così il
12 dicembre 1944
iniziava il secondo governo
Bonomi, con la cerimonia
del giuramento al
Quirinale di fronte al
Principe, in divisa, mente i
ministri erano correttamente
vestiti di scuro. Il
testo del giuramento, era ormai
quello modificato, che riportiamo: “Giuro sul mio onore
di esercitare la mia funzione
nell’interesse supremo della
nazione e di
non compiere fino
alla convocazione dell’Assemblea Costituente
atti che comunque
pregiudichino la soluzione
della questione istituzionale.” Testo che
i ministri sottoscrissero, senza però
prima leggerlo, il che
non piacque al
ministro Lucifero ed
anche al Luogotenente che nel
suo intimo era
amareggiato di questi
sgarbi minori, rispetto a
quelli maggiori che
doveva egualmente accettare, con il
suo perfetto autocontrollo. Per cui
in tutto il
diario tenuto da
Lucifero, solo una volta, nel
maggio successivo, si legge
uno sfogo del
Principe: “non è
divertente quello che
faccio se non
fosse per compiere
un dovere per
il paese”, parole
che confermano l’altissimo
senso del “servizio”
che ha contraddistinto tutta
la sua vita, ma
anche quella amarezza che
si rivelava nel
suo aspetto fisico,
precocemente invecchiato,
malgrado avesse appena quarant'anni.
In queste trattative
per un nuovo
governo, da parte di
Lucifero e dello
stesso Luogotenente,
circostanza che si ripeté anche
nelle successive crisi governative, ci fu
il tentativo di inserire nella
compagine ministeriali alcuni
“grandi vecchi” del periodo
prefascista, ma su questo punto
la volontà monopolistica
del CLN fu
intransigente, come pure lo fu nei
confronti delle altre
formazioni politiche al
di fuori del
sei partiti e
di questa attitudine prevaricatrice fu
successivamente prova la
composizione della Consulta
Nazionale di cui
parleremo più avanti. E’
invece da sottolineare che
in questo secondo
ministero Bonomi appare
in un ruolo
importante, di Ministro degli
Esteri, il leader della
Democrazia Cristiana, Alcide De
Gasperi, che nel precedente
governo era stato
uno dei ministri
senza portafoglio, il che
lo porta a
frequente contatto con il
Ministro della Real
Casa e con
il Principe per
la firma dei
decreti e per la
scelta dei nostri
ambasciatori nelle principali
capitali estere. E di
questa collaborazione sono
significativi diversi episodi
come la firma
di alcuni decreti
il giorno di Pasqua, 1°
aprile 1945, dimostrazione del
reciproco alto senso
del dovere che
vedeva Principe e
Ministro al lavoro
in un giorno festivo, e quando, sempre nell’aprile
del ’45, De Gasperi preoccupato
per la sorte
di Trieste, prega il
Luogotenente di aiutarlo
intervenendo sul Maresciallo
Alexander, a conferma del
prestigio che il
Principe Umberto aveva
acquisito presso i
comandanti angloamericani,
per cui il Principe
si recò infatti
a Caserta, il 22
maggio, a parlare con
Alexander, che lo trattenne
anche a colazione, e
sempre De Gasperi, dopo
un lungo colloquio
parla di averlo
trovato talmente preparato
su tutti gli
argomenti trattati da esserne
rimasto colpito, mentre la
stessa impressione non
aveva avuto in
un primo colloquio, mesi prima
a Napoli. E di questa
competenza e capacità
del Principe sono
ulteriori testimonianze le
dichiarazioni di Benedetto
Croce, quale questa: “Avendo avuto
occasione di vedere
più volte il Principe
per consultazioni politiche
nel 1945 e nei
primi mesi del
1946, notai la sempre
più progredente sua
formazione politica, l’ascoltare
attento, il domandare serio, la
correttezza costituzionale, il sentimento
di responsabilità personale.”, e , incredibile a
dirsi, del conte Sforza, che
pur divenuto repubblicano, si avvicinava
al Principe, che, bontà sua, : ”mi
pare proprio a
posto. Molto meglio di
quanto pensassi”, chiedendo ed
ottenendo colloqui riservati o
partecipando il 9
maggio del 1945, nella
Cappella Paolina, al Quirinale, alla cerimonia
in suffragio della
povera Principessa Mafalda, la
comunicazione ufficiale della cui tragica
morte nel lager
di Buchenwald era
pervenuta il primo
maggio, ed il Principe
si era recato
immediatamente a Napoli, il
2 maggio, a recare
la triste notizia
ai Genitori.
Nella ripresa della
normale vita governativa
e del completamento
della liberazione della
penisola vi erano
anche occasioni ufficiali
in cui il
Luogotenente intervenne come
il 4 novembre
1944, all’Altare della Patria, senza
però poter deporre
una corona, ma solo un
fascio d’alloro con un
nastro azzurro, o il 24 marzo
1945 a Santa
Maria degli Angeli, alla
cerimonia in memoria
dei martiri delle
Fosse Ardeatine, dove alcune
donne cominciarono ad
urlare contro la sua
presenza senza che
nessuno intervenisse ed
il successivo 13
maggio 1945 sempre a
Santa Maria degli
Angeli, per il Te
Deum di ringraziamento per
la fine della
guerra, officiato da Monsignore
Ferrero di Cavallerleone, quando non
gli venne portato
da baciare il
Vangelo ed impartita
la benedizione usuale, consuetudini alle
quali il Principe, cattolico praticante, era legato
particolarmente.
Ritornando alla situazione
politica, la liberazione di tutta l’ Italia del
Nord, dove da tempo
si era costituito
il CLNAI, il comitato
di liberazione dell’alta
Italia, di soli cinque
partiti, perché la Democrazia
del Lavoro, era al
Nord praticamente inesistente,
il predetto comitato
riteneva non essere
più possibile il
mantenimento del governo
Bonomi, almeno nella composizione
di allora e pretendeva
un totale cambiamento,
il cosiddetto “vento
del Nord”, per cui
dopo diversi infruttuosi
incontri di Bonomi
con i rappresentanti del
CLNAI, il 12
giugno 1945, lo stesso
presentava la lettera
di dimissioni al
Luogotenente. Il successivo 13
giugno si apriva
così un nuovo
ciclo di consultazioni, cominciando dai Presidenti “formali” del
Senato e della
Camera, poi in ordine
alfabetico rappresentanti dei
partiti del CLN, che
accettano tutti di
salire al Quirinale, tranne il
rappresentante del Partito
d’Azione, ed anche successivamente Selvaggi
per il Partito
Democratico ed il
senatore Bergamini per la Concentrazione Democratico-liberale. Seguivano i
Collari dell’Annunziata, il grande
ammiraglio Thaon di
Revel, e l’ineffabile “conte” Sforza, nonché
il Maresciallo Badoglio, quale ex
presidente del consiglio. Poi ancora
gli Alti Commissari
per la Sicilia, Aldisio, e per
la Sardegna, Pinna, ed i Commissari
per le Associazione Reduci, Gasparotto, e la
Medaglia d’Oro Cabruna per
l’A.N.M.I.G. (Associazione
Nazionale Mutilati e invalidi di
guerra). In realtà
l’unica realtà politica
che, purtroppo, contava era il CLN, ma
questa larghezza di
interpellati dava anche
all’opinione pubblica la
sensazione che il Quirinale
non fosse una
mera facciata, dietro la
quale esistesse il
nulla. Anche Parri viene invitato, quale esponente
della Resistenza, ma declina
temporaneamente l’invito fino
alla domenica 17
giugno quando sale
al Quirinale per
ricevere l’incarico di
formare il nuovo governo, essendo stato
indicato il suo
nome dai partiti del CLN. Ci
siamo soffermati su
queste consultazioni e
su questo incarico
perché con il
governo Parri avveniva
una svolta a
sinistra ed una accentuazione
repubblicana, proprio a cominciare
dallo stesso presidente
del consiglio, esponente del
partito d’azione. Effettivamente la
Democrazia Cristiana, pur mantenendo
gli Esteri, con De Gasperi, arretrava come
qualità di ministeri
perdendo il ministero
della giustizia che
andava al PCI, nella
persona di Togliatti. Questa assegnazione
rompeva una sia
pure breve tradizione
dei governi Badoglio
e Bonomi in
cui il Ministero
di Grazia e Giustizia
era stato retto
da liberali (Arangio
Ruiz ), e poi dai democristiani (Tupini). Nel governo
Parri faceva anche il
suo debutto ai
LL.PP., un ingegnere socialista, Romita. Il Ministero degli
Interni era assunto
dallo stesso Parri, come
era avvenuto in
precedenza con Bonomi. Per
questo fondamentale ministero, vi
erano state anche
nelle precedenti trattative
pressanti richieste socialiste, ma i
liberali avevano replicato
che non avrebbero
mai accettato un socialista agli
interni e lo
stesso aveva risposto
la democrazia cristiana, il
che rende ancora
più strano quanto
avvenne successivamente,
alla caduta del
governo Parri, che sarebbe
durato dal 21 giugno, data
del giuramento, al 10
dicembre 1945.
Cerimonia del giuramento
analoga alla precedente, ma questa
volta i ministri
prima di firmare
leggono il testo, sia
pure a bassa
voce, per poi non
tenerne conto, come i
loro predecessori nei
loro discorsi di
parte chiaramente repubblicana! Parri, modesto di
persona, si rivelò altrettanto
modesto come presidente
del consiglio, dando così
campo libero a
Nenni, Ministro per la
Costituente, ed allo stesso
Togliatti, che iniziava a
conoscere e penetrare nell’ambiente della
Magistratura, sapendo già il
ruolo che avrebbe
dovuto svolgere in
occasione delle elezioni
per la Costituente, alle quali
si aggiunse poi
anche il referendum
istituzionale. Nel frattempo si
era Inoltre messa
in cantiere, con il Decreto del
30 aprile 1945, una
assemblea “non elettiva” ,
da chiamarsi Consulta, inizialmente di
304 componenti, di cui 60 ex
parlamentari, ante 1925, in grande
maggioranza di sinistra, 156
rappresentanti dei partiti
del CLN, in quote
paritarie, e, bontà loro, un numero
nettamente minore, di 20 rappresentanti dei
partiti e movimenti fuori
dal Comitato, tra i
quali il Partito
Democratico Italiano, e 46
esponenti sindacali, più 12 per combattenti
e reduci ed
infine 10 per associazioni
culturali.
Nessun commento:
Posta un commento