NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 23 febbraio 2017

5 giugno 1944 – 9 maggio 1946: due anni difficili – La Luogotenenza del Principe Umberto - seconda parte

DA BONOMI A DE GASPERI ED IN MEZZO PARRI

Se questi  eventi  militari e  diplomatici attestavano la  crescita del  prestigio del  Luogotenente, non  altrettanto  avveniva, come  già  detto, in sede  governativa  dove  venivano  proposte  provvedimenti  e  leggi  anche  con  effetti  retroattivi, quali  quelle  sulla  “epurazione”, che  colpiva  fra  gli  altri  quasi  tutti  i  Senatori  del  Regno, sui  “profitti  di  regime”, sull’Alta  Corte  di  Giustizia  e  successivamente  la  creazione  di  Corti  d’assise  straordinarie, che  il  Luogotenente, pur  non  condividendole,  non  poteva  non sanzionare. Vi  era  poi  una  continua  conflittualità  anche  all’interno  del  governo  tra  azionisti  e  socialisti  da  una  parte  e  liberali  e  democristiani  dall’altra  per  cui  Bonomi  dovette  presentare, il  26  novembre  1944, le  dimissioni  al  Principe, che  così  iniziò  le  consultazioni  ripristinando  la  prassi  del  Regno  del  Padre. Questa  prima  crisi  di  governo  ed  il  suo  svolgimento  è  significativo  perché  da  un  lato  rompeva  il  monopolio  e  la  monoliticità  del  CLN  e  dall’altro  ridava  alla  Corona  il suo  ruolo  di  mediazione. Bonomi  ebbe  il  reincarico  di  formare  il  governo  al  quale, incredibile  a  dirsi, non  parteciparono  azionisti  e  socialisti, per cui  vi  sarebbe  stata  una  svolta  al  centrodestra, se  i  comunisti, con  l’ormai  conosciuta  abilità  manovriera, non  avessero  invece  rinnovato  la  loro  partecipazione  governativa, raggiungendo  con  Togliatti, ministro  senza  portafoglio, la  Vice  Presidenza  del  Consiglio. Così  il  12  dicembre  1944  iniziava  il  secondo  governo  Bonomi, con  la  cerimonia  del  giuramento  al  Quirinale di  fronte  al  Principe, in  divisa, mente  i  ministri  erano  correttamente  vestiti  di  scuro. Il  testo  del  giuramento, era  ormai  quello  modificato, che  riportiamo: “Giuro  sul  mio  onore  di  esercitare  la  mia  funzione  nell’interesse  supremo  della  nazione  e  di  non  compiere  fino  alla  convocazione  dell’Assemblea  Costituente  atti  che  comunque  pregiudichino  la  soluzione  della  questione  istituzionale.” Testo  che  i  ministri  sottoscrissero, senza  però  prima  leggerlo, il  che  non  piacque  al  ministro  Lucifero  ed  anche  al  Luogotenente che  nel  suo  intimo  era  amareggiato  di  questi  sgarbi  minori, rispetto  a  quelli  maggiori  che  doveva  egualmente  accettare, con  il  suo  perfetto  autocontrollo. Per  cui  in  tutto  il  diario  tenuto  da  Lucifero, solo  una  volta, nel  maggio  successivo, si  legge  uno  sfogo  del  Principe:  “non  è  divertente  quello  che  faccio   se  non  fosse  per  compiere  un  dovere  per  il  paese”,  parole  che  confermano  l’altissimo  senso  del  “servizio”  che  ha  contraddistinto  tutta  la  sua  vita, ma  anche  quella  amarezza che  si  rivelava  nel  suo  aspetto  fisico,  precocemente  invecchiato, malgrado  avesse  appena  quarant'anni.   
In  queste  trattative  per  un  nuovo  governo, da  parte  di  Lucifero  e  dello  stesso  Luogotenente, circostanza  che  si  ripeté  anche  nelle  successive crisi  governative, ci  fu  il  tentativo  di  inserire  nella  compagine  ministeriali  alcuni  “grandi  vecchi” del  periodo  prefascista, ma su  questo  punto  la  volontà  monopolistica  del  CLN  fu  intransigente, come  pure  lo  fu  nei  confronti  delle  altre  formazioni  politiche  al  di  fuori  del  sei  partiti  e  di  questa  attitudine   prevaricatrice  fu  successivamente  prova  la  composizione  della  Consulta  Nazionale  di  cui  parleremo  più  avanti. E’  invece da  sottolineare  che  in  questo  secondo  ministero  Bonomi  appare  in  un  ruolo  importante, di  Ministro  degli  Esteri, il  leader  della  Democrazia  Cristiana, Alcide  De  Gasperi, che  nel  precedente  governo  era  stato  uno  dei  ministri  senza  portafoglio, il  che  lo  porta  a  frequente  contatto  con  il Ministro  della  Real  Casa  e  con  il  Principe  per  la  firma  dei  decreti  e  per  la scelta  dei  nostri  ambasciatori  nelle  principali  capitali  estere. E  di  questa  collaborazione  sono  significativi  diversi  episodi  come  la  firma  di  alcuni  decreti  il giorno  di  Pasqua, 1°  aprile  1945, dimostrazione  del  reciproco  alto  senso  del  dovere  che  vedeva  Principe  e  Ministro  al  lavoro  in un giorno  festivo, e  quando, sempre  nell’aprile  del ’45, De  Gasperi  preoccupato  per  la  sorte  di  Trieste, prega  il  Luogotenente  di  aiutarlo  intervenendo  sul  Maresciallo  Alexander, a  conferma  del  prestigio  che  il  Principe  Umberto  aveva  acquisito  presso  i  comandanti  angloamericani, per  cui il  Principe  si  recò  infatti  a  Caserta, il  22  maggio, a  parlare  con  Alexander, che  lo  trattenne  anche  a  colazione, e  sempre  De  Gasperi, dopo  un  lungo  colloquio  parla  di  averlo  trovato  talmente  preparato  su  tutti  gli  argomenti  trattati da  esserne  rimasto  colpito, mentre  la  stessa  impressione  non  aveva  avuto  in  un  primo  colloquio, mesi  prima  a Napoli. E  di  questa  competenza  e  capacità  del  Principe  sono  ulteriori  testimonianze  le  dichiarazioni  di  Benedetto  Croce, quale  questa: “Avendo  avuto  occasione  di  vedere  più volte  il  Principe  per  consultazioni  politiche  nel  1945  e nei  primi  mesi  del  1946, notai  la  sempre  più  progredente  sua  formazione  politica, l’ascoltare attento, il domandare  serio, la correttezza  costituzionale, il  sentimento  di  responsabilità  personale.”,  e , incredibile  a  dirsi, del  conte  Sforza, che  pur  divenuto  repubblicano, si  avvicinava  al  Principe, che, bontà  sua, : ”mi  pare  proprio  a  posto. Molto  meglio  di  quanto  pensassi”, chiedendo  ed  ottenendo  colloqui  riservati o  partecipando  il  9  maggio  del  1945, nella  Cappella  Paolina, al  Quirinale, alla  cerimonia  in  suffragio  della  povera  Principessa  Mafalda, la  comunicazione  ufficiale  della  cui  tragica  morte  nel  lager  di  Buchenwald  era  pervenuta  il  primo  maggio, ed  il  Principe  si  era  recato  immediatamente  a  Napoli, il  2  maggio, a  recare  la  triste  notizia  ai  Genitori.
Nella  ripresa  della  normale  vita  governativa  e  del  completamento  della  liberazione  della  penisola  vi  erano  anche  occasioni  ufficiali  in  cui  il  Luogotenente  intervenne  come  il  4  novembre  1944, all’Altare  della  Patria, senza  però  poter  deporre  una  corona, ma  solo un  fascio  d’alloro  con  un nastro  azzurro, o  il  24  marzo  1945   a  Santa  Maria  degli  Angeli, alla  cerimonia  in  memoria  dei  martiri  delle  Fosse  Ardeatine, dove  alcune  donne  cominciarono  ad  urlare  contro  la sua  presenza  senza  che  nessuno  intervenisse  ed  il  successivo  13  maggio  1945  sempre a  Santa  Maria  degli  Angeli, per  il  Te  Deum  di  ringraziamento  per  la  fine  della  guerra, officiato  da  Monsignore  Ferrero  di  Cavallerleone, quando  non  gli  venne  portato  da  baciare  il  Vangelo  ed  impartita  la  benedizione  usuale, consuetudini   alle  quali  il  Principe, cattolico  praticante, era  legato  particolarmente.
Ritornando  alla  situazione  politica, la liberazione  di  tutta l’ Italia  del  Nord, dove  da  tempo  si  era  costituito  il  CLNAI, il  comitato  di  liberazione  dell’alta  Italia, di  soli  cinque  partiti, perché  la  Democrazia  del  Lavoro, era  al  Nord  praticamente  inesistente,   il  predetto  comitato  riteneva  non  essere  più  possibile  il  mantenimento  del  governo  Bonomi, almeno  nella  composizione  di  allora e  pretendeva  un  totale  cambiamento,  il  cosiddetto  “vento  del   Nord”, per  cui  dopo  diversi  infruttuosi  incontri  di  Bonomi  con  i  rappresentanti  del  CLNAI,  il  12  giugno  1945, lo  stesso  presentava  la  lettera  di  dimissioni  al  Luogotenente. Il  successivo  13  giugno  si  apriva  così  un  nuovo  ciclo  di  consultazioni, cominciando  dai  Presidenti  “formali”  del  Senato  e  della  Camera, poi  in  ordine  alfabetico  rappresentanti  dei  partiti  del  CLN, che  accettano  tutti  di  salire  al  Quirinale, tranne  il  rappresentante  del  Partito  d’Azione, ed  anche  successivamente   Selvaggi   per  il  Partito  Democratico  ed  il  senatore  Bergamini  per  la  Concentrazione  Democratico-liberale. Seguivano  i  Collari  dell’Annunziata, il  grande  ammiraglio  Thaon  di  Revel, e  l’ineffabile  “conte” Sforza,  nonché  il  Maresciallo  Badoglio, quale  ex  presidente  del  consiglio. Poi  ancora  gli  Alti  Commissari  per  la  Sicilia, Aldisio, e  per  la  Sardegna, Pinna, ed i  Commissari  per  le Associazione  Reduci, Gasparotto, e  la  Medaglia d’Oro  Cabruna  per  l’A.N.M.I.G. (Associazione  Nazionale  Mutilati e  invalidi di  guerra).  In  realtà  l’unica  realtà  politica  che, purtroppo, contava  era  il CLN, ma  questa  larghezza  di  interpellati  dava  anche  all’opinione  pubblica  la  sensazione che  il  Quirinale  non  fosse  una  mera  facciata, dietro  la  quale   esistesse  il  nulla. Anche  Parri  viene invitato, quale  esponente  della  Resistenza, ma  declina  temporaneamente  l’invito  fino  alla  domenica  17  giugno   quando  sale  al  Quirinale  per  ricevere  l’incarico  di  formare il  nuovo  governo, essendo  stato  indicato  il  suo  nome dai partiti  del  CLN. Ci  siamo  soffermati  su  queste  consultazioni  e  su  questo  incarico  perché   con  il  governo  Parri   avveniva  una  svolta  a  sinistra ed  una  accentuazione  repubblicana, proprio  a  cominciare  dallo  stesso  presidente  del  consiglio, esponente  del  partito  d’azione. Effettivamente  la  Democrazia  Cristiana, pur  mantenendo  gli  Esteri, con  De Gasperi, arretrava  come  qualità  di  ministeri  perdendo  il  ministero  della  giustizia  che  andava  al  PCI, nella  persona  di  Togliatti. Questa  assegnazione  rompeva  una  sia  pure  breve  tradizione  dei  governi  Badoglio  e  Bonomi   in  cui  il  Ministero  di  Grazia  e  Giustizia era  stato  retto  da  liberali  (Arangio  Ruiz ), e poi  dai  democristiani (Tupini). Nel  governo  Parri  faceva  anche il  suo  debutto  ai  LL.PP., un  ingegnere  socialista, Romita. Il Ministero  degli  Interni  era  assunto  dallo  stesso  Parri, come  era  avvenuto  in  precedenza  con  Bonomi. Per  questo  fondamentale  ministero, vi  erano  state  anche  nelle  precedenti  trattative  pressanti  richieste  socialiste, ma  i  liberali  avevano  replicato  che  non  avrebbero  mai  accettato  un  socialista  agli  interni  e  lo  stesso  aveva  risposto  la  democrazia  cristiana, il  che  rende  ancora  più  strano  quanto  avvenne  successivamente, alla  caduta  del  governo  Parri, che  sarebbe  durato  dal 21  giugno, data  del  giuramento, al  10  dicembre  1945.

Cerimonia  del  giuramento  analoga  alla  precedente, ma  questa  volta  i  ministri  prima  di  firmare   leggono  il  testo, sia  pure  a  bassa  voce, per  poi  non  tenerne  conto, come  i  loro  predecessori  nei  loro  discorsi  di  parte  chiaramente  repubblicana! Parri, modesto  di  persona, si  rivelò  altrettanto  modesto  come  presidente  del  consiglio, dando  così  campo  libero  a  Nenni, Ministro  per  la  Costituente, ed  allo  stesso  Togliatti, che  iniziava  a  conoscere  e  penetrare nell’ambiente  della  Magistratura, sapendo  già  il  ruolo  che  avrebbe  dovuto  svolgere  in  occasione  delle  elezioni  per  la  Costituente, alle  quali  si  aggiunse  poi  anche  il  referendum  istituzionale. Nel  frattempo  si  era   Inoltre  messa  in cantiere, con  il  Decreto del  30  aprile  1945, una  assemblea  “non elettiva” , da  chiamarsi  Consulta, inizialmente  di  304  componenti, di  cui  60  ex  parlamentari, ante  1925, in  grande  maggioranza  di  sinistra, 156  rappresentanti  dei  partiti  del  CLN, in  quote  paritarie, e, bontà  loro, un  numero  nettamente  minore, di 20 rappresentanti  dei  partiti e  movimenti  fuori  dal  Comitato, tra  i  quali  il  Partito  Democratico  Italiano, e   46  esponenti  sindacali, più   12  per  combattenti  e  reduci  ed  infine  10 per  associazioni  culturali.

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