La conferenza del 29 gennaio 2017 è la prosecuzione della precedente conferenza, tenuta sempre al Circolo REX dal suo Presidente, Ingegnere Giglio, dal titolo "Il Regno d'Italia da Brindisi a Salerno", che si trova nel nostro blog.


L’INIZIO
Se il Maresciallo Badoglio,
giunto a Brindisi, disse di aver
ricominciato la sua
azione di governo” con
una matita ed
un pezzo di
carta”, non è che
la situazione in
cui si trovò
il Principe Umberto, l’8
giugno 1944, arrivato a Roma, al
Quirinale, fosse molto diversa. Gli
angloamericani arrivati a
Roma il 5
giugno, avevano dato il
consenso al ritorno nella
capitale del Principe, nominato nella
stessa data, Luogotenente
Generale del Re, (la
cui formula fu modificata
senza provvedimenti di
legge in “Regno”), con un Regio Decreto, nel
quale il Padre, lo
nominava a tale
carica, ritirandosi
definitivamente a vita
privata. Ed il Principe, arrivò praticamente
solo, in un Quirinale
vuoto, dovendo iniziare
subito il difficile
ruolo di Capo
dello Stato. Come da
prassi, il Maresciallo Badoglio, aveva infatti
presentato le dimissioni
del suo governo
ed era venuto
anche lui a
Roma per incontrare
gli esponenti romani
e nazionali del C.L.N. (Comitato Liberazione
Nazionale), usciti dai conventi
e monasteri dove
avevano vissuto nascosti
e protetti, nei nove
mesi dell’occupazione tedesca, per
trattare un allargamento
del governo. Invece si
sentì dare il
benservito, in quanto il
CLN, voleva tutto il
potere e presentava
la candidatura a
Presidente del Consiglio, di
un vecchio uomo
politico prefascista, Ivanoe Bonomi, che
aveva già ricoperto
tale carica nel 1921. Ed
il Luogotenente dovette
accettare questa indicazione, che era
una imposizione, in quanto, in
fondo, Bonomi, rappresentava
pur sempre un
uomo di stato, cresciuto ed
affermatosi, nello stato monarchico,
sotto il regno
di Suo Padre, dove
partendo da posizioni
socialiste, era approdato al
riformismo ed era stato
uno dei tre
parlamentari socialisti recatisi
al Quirinale nel
1912, per esprimere al
Re Vittorio Emanuele
III, le proprie
felicitazioni, per essere
scampato all’attentato dell’anarchico D’Alba,
e, per tale
colpa erano stati
espulsi dal partito
socialista. Così, con
decorrenza dal 18
giugno, veniva formato
un nuovo governo, composto dagli
esponenti dei sei partiti
componenti il CLN, e
precisamente il Partito d’Azione, il Partito
Comunista, il Partito Socialista, il Partito
Liberale, il Partito della
Democrazia Cristiana ed
il Partito della
Democrazia del Lavoro, al
quale apparteneva Bonomi. Conoscete le
vicende iniziali di
questo governo, non molto
gradito dagli angloamericani e
particolarmente da Churchill
che avrebbe preferito
una conferma di
Badoglio, per cui per
più di un
mese il governo
dovette riunirsi a
Salerno e poté
ritornare a Roma, come
il Luogotenente, a metà
di luglio. Abbiamo detto
della solitudine del
Principe, in quanto il
personale della sua
casa militare, non aveva
logicamente esperienza e
conoscenza politica, per cui era necessaria
una persona che
avesse queste caratteristiche, già
individuata nella persona
dell’avvocato Falcone Lucifero, ma
che, per un insieme
di motivi e
di ritardi poté
assumere la carica
di Ministro della
Real Casa, solo alla
fine di agosto, iniziando quella
collaborazione che durò per
tutta la vita
del Principe, poi Re . Né a Roma in
quei tre mesi, giugno, luglio, agosto, vi era
stato anche un
solo politico del
periodo prefascista che si fosse
avvicinato al Luogotenente, per consigliarlo
nella nuova veste
di Capo dello
Stato, così il Principe dovette
iniziare, senza alcun supporto, una
“corsa di ritorno”, e
dimostrare la sua
capacità di sostenere
con alta competenza
ed equilibrio il
suo ufficio, doti che
successivamente gli vennero
riconosciute anche da
avversari della Monarchia.
Senza scendere
in troppi dettagli
sulla vita di
Falcone Lucifero, la cui
figura meriterebbe una
analisi approfondita,
dobbiamo ricordare i
dati essenziali: nato nel
1898 da nobile
famiglia calabrese, che aveva
avuto diversi suoi
esponenti deputati al
Parlamento nel periodo
pre -fascista, volontario di guerra
in artiglieria da
montagna, laureato in legge, simpatizzante del
socialismo riformista,
consigliere comunale socialista
di Crotone, logicamente antifascista,
durante il ventennio
si era dedicato
con successo alla
professione forense e
nel settembre 1943, trovatosi nella
natia Calabria, per il suo
nome prestigioso era
stato nominato Prefetto
di Catanzaro, ad opera
degli “alleati”, con risultati
positivi, per cui il suo nome
era cominciato a
circolare, così che nel
Ministero Badoglio,
ricostituitosi nel febbraio
1944, dovette accettare la
carica di Ministro
dell’Agricoltura e Foreste tenuto
dall’11 febbraio al 22 aprile. Terminata questa
esperienza governativa dove
si distinse per energia, dimostrando notevoli doti
organizzative, entrato nella vita
politica ed amministrativa dello
Stato, fedele alle sue
istituzioni, veniva nominato Prefetto
di Bari, ed
al tempo stesso, proprio per
le qualità dimostrate
nei diversi compiti
svolti e per
il suo passato, si
pensò al suo
inserimento a fianco del
Luogotenente, come Ministro della
Real Casa, carica che
assunse, come già detto, alla
fine dell’agosto 1944. E
di questa sua
attività tenne un
importantissimo diario, che relativamente
al periodo dal 12 febbraio
1944 all’11 agosto
1946, è stato pubblicato, nel 2002, da
Mondadori, con il titolo
“ L’ ultimo Re”, con
una importante introduzione
dello storico Francesco Perfetti. Diario che è fondamentale
per seguire giornalmente l’opera del
Ministro, ma anche,
logicamente quella del
Principe Umberto, che,
finalmente aveva al suo
fianco persona esperta
di politica e
di diritto, e non
un cortigiano.
L’ assenza di
un autorevole ed esperto
consigliere ebbe infatti
la sua importanza
quando il governo
Bonomi, sottopose alla firma
del Luogotenente, il 25
giugno 1944, il Decreto
n.151, che modificava la
formula del giuramento
dei Ministri e prevedeva la
convocazione di una
“Assemblea Costituente”, da eleggersi, terminata la
guerra, alla quale affidare
la redazione di una nuova
costituzione e la
forma istituzionale dello stato, ed
abrogava il decreto
legge del governo
Badoglio, dell’agosto 1943,
logicamente firmato dal Re Vittorio
Emanuele III, dove invece
era stabilito che, dopo
quattro mesi dalla
fine della guerra, si
sarebbe proceduto alla
elezione della nuova
Camera dei Deputati
del Regno, decreto importantissimo e
fondamentale perché sanciva
il ritorno alle
istituzioni della democrazia
rappresentativa, riprendendo
la tradizione risalente
allo Statuto del
1848. Perché sottolineiamo questo
decreto Bonomi? Perché in
pratica, come sottolineato dai
costituzionalisti, Giuseppe Menotti
De Francesco, Magnifico Rettore
dell’Università di Milano, e
dal professore Emilio
Crosa, questo Decreto, con riferimenti
a leggi del
1939 (art. 18 legge 19/01/1939 n. 129) e 1943( R.D.L.
03/10/!943 n.2B) suscitava
notevoli perplessità sulla
sua stessa legittimità
e comportava difficoltà
di interpretazione per
le sue intrinseche
incongruenze, sì che da
molti commentatori si
disse, con troppa faciloneria
che in pratica
si era abolito
lo Statuto e
l’Italia, da quel momento, non
era più una
Monarchia anche se
non era ancora
repubblica.
D’altra parte il
Principe Umberto stava
faticosamente riprendendo le
sue funzioni costituzionali e non
aveva l’autorità necessaria
per opporsi al
governo ciellenista, né in
fondo l’aveva lo
stesso Bonomi, che non
aveva brillato per
energia nel lontano
1921 e certo
non l’aveva acquistata
negli anni successivi, anche se
tutti gli riconoscevano
oltre all’onestà, doti di
competenza , di equilibrio e
di moderazione, dote questa
che cozzava con
l’intransigenza e
l’estremismo specie degli
“azionisti”, presenti nel governo
con tre ministri. Oltre tutto
il Principe per la sua
nuova carica, non poteva
essere vicino più
frequentemente ai soldati che
risalivano combattendo l’Italia, come aveva
fatto, regnando ancora il
Padre, fino al 5 giugno, e
come avrebbe preferito
fare, perché nel suo
intimo era e
rimaneva sopra tutto
un “soldato”, come tutti
i Savoia, ed ai
militari aveva indirizzato
un messaggio all’atto
di assumere la
Luogotenenza del Regno.
A
questo proposito è
bene precisare, una volta
per tutte, che la
minore presenza tra
le truppe del Regio Esercito, dopo la
nomina a Luogotenente, del Principe
Umberto, era dovuta alle
nuove incombenze statutarie
che richiedevano la sua presenza
a Roma, anche se
non mancarono le
visite di cui
accenneremo in seguito. Egualmente dicasi
per chi accusa
il Principe di non
aver assunto il
comando effettivo delle
nostre unità, nomina “ bloccata”
dagli angloamericani, ai quali
stava bene il nostro
contributo di “cobelligeranti”, ma al
tempo stesso tendevano a
minimizzarlo, come quando chiamarono
“gruppi di combattimento”, quelle che
erano per numero
di soldati delle
vere “divisioni”, il cui insieme
avrebbe costituito non
solo un “Corpo
d’Armata”, ma una
vera “Armata Italiana
di Liberazione”! Ma
di questa costante
presenza del Principe
tra i soldati
la migliore testimonianza
è la lettera
che il Ministro
della Guerra , il democristiano
Stefano Jacini inviò, il
14 settembre 1945, accompagnando il
distintivo della vittoriosa
campagna di liberazione
1943-1945, “….alla quale
Vostra Altezza Reale ha
partecipato direttamente,
insieme al primo Raggruppamento Motorizzato, al Corpo
Italiano di Liberazione
e coi gruppi
di combattimento. Le
truppe che hanno
visto Vostra Altezza , sulla linea
di combattimento dal
Volturno a Bologna, saranno fiere
di vederLa fregiarsi
di questo umile
segno che ricorda
l’opera svolta per
la rinascita della
Patria“. Dobbiamo però
dare atto al
generale statunitense Mark
W. Clark, comandante della Quinta
Armata, di aver proposto
la concessione al
Principe della “Legion
of Merit”, bloccata
per motivi politici,
di aver accettato
con orgoglio di
ricevere dalle mani del Luogotenente la
Gran Croce dell’Ordine
dei Santi Maurizio
e Lazzaro e
di aver fatto
passare in rassegna
dal Principe reparti
statunitensi, il che, se pensiamo
alla realtà italiana
dell’epoca, a pochi mesi
dall’armistizio, costituiva il migliore e
maggiore riconoscimento al
contributo del Regio
Esercito e della
Monarchia alla liberazione
del territorio nazionale
e del prestigio
personale che aveva
saputo conquistarsi il
Principe. Eventi tutti che
furono volutamente ignorati
dalla stampa ciellenista
perché avrebbero risollevato
il nome della
Casa Savoia ed
avrebbero successivamente giovato
alla causa dell’Italia
in sede di trattato
di pace, dove invece
non fu fatto
alcuno “sconto” alla
neonata repubblica italiana, che
non valorizzò questi
argomenti, perché favorevoli alla
memoria della Monarchia, che, invece si
cercava in ogni
modo di cancellare, costante questa
cancellazione anche nel
periodo successivo, fino ai
nostri giorni.
Uno storico, non
certamente monarchico,
Gianni Oliva, giudica che
negli anni della luogotenenza, malgrado l’atteggiamento aprioristicamente repubblicano
dei partiti politici, esclusi liberali
ed in parte
i democristiani, “….Umberto rivela
una maturità inattesa.
Egli regna …lavora con
impegno e restituisce
al Quirinale dignità
di reggia, ostenta in ogni occasione il
suo lealismo costituzionale… Accoglie ministri
con animo tranquillo
ed imparziale, firma leggi
che certamente non
condivide…”, ed anche in
cose ben più
semplici, come sedersi in
automobile vicino all’autista,
dimostra la sua
maturità umana perché
capisce che arrivare
in città o località
quasi distrutte o
presso reparti militari, con
una macchina lussuosa
e con sussiego
sarebbe stata un’offesa
a chi forse
aveva perduto ogni
sua cosa. Così pure
dando la mano
a tutti, con una
sensibilità da vero
Signore, oggi diremmo democratica, che spesso
non avevano suoi
accompagnatori, come aveva fatto
il Re, suo Padre
nelle visite al
fronte durante la grande guerra
1915-1918. Ed all’ Oliva si
deve anche un
importante riconoscimento sull’ entità
dello sforzo bellico
del Regio Esercito, durante la
cobelligeranza, con oltre ben
350.000 uomini mobilitati
tra gruppi di
combattimento e divisioni
“ausiliarie”, che operavano
non solo nelle retrovie, ma
a ridosso del fronte, ed anche
Incisa di Camerana, nel
suo libro sulla
Luogotenenza, dedica al Regio
Esercito delle pagine bellissime di
riconoscimento del loro operato,
ricordando anche l’opera svolta dall’esercito per
stroncare il separatismo
siciliano nel 1945, che
si era reso minaccioso, anche con un suo
esercito, l’EVIS, e contro il
quale non potevano
bastare i pur
valorosi carabinieri.
LA VITA
QUOTIDIANA
Con la
presenza a fianco
di Lucifero il
Principe imposta una
giornata di lavoro
che parte dalle
prime ore del
mattina e termina
nelle tardissime ore
della sera per
potere ricevere quante
più persone ne
facessero richiesta, oltre agli
incontri ufficiali ed
istituzionali, e per potere
recarsi al fronte, a
visitare le nostre
truppe e le
città ed i
paesi liberati. Questo partendo
prestissimo in aereo, viaggi spesso
pericolosi , e tornando
in tempo per le
altre attività sopra
indicate, e per quello
che riguarda la
sua presenza tra
i militari vi è una
notevole testimonianza fotografica
venuta alla luce
dopo il referendum, in quanto
prima era rimasta
volutamente occultata,
sempre allo scopo
di far ignorare
agli italiani, fatti che
potevano giovare alla
causa monarchica.
Anticipando i tempi
ricorderemo ad esempio
il silenzio assoluto
della stampa sulla
presenza del Luogotenente, nel febbraio
1946, ad una
udienza papale in
occasione del Concistoro
nel quale Pio
XII aveva nominato
nuovi Cardinali ed
il successivo ricevimento
che, in loro onore, il
Principe con la
Principessa avevano dato
al Quirinale, presenti anche
tutti gli altri
Principi di Casa
Savoia dal Duca
d’ Aosta, Aimone, ai Duchi di
Genova, Bergamo e Pistoia,
ricevimento di cui
parlò brevemente, in una
pagina interna, solamente “L’Osservatore Romano“.
Ed a proposito
dei Principi di
Casa Savoia, alcuni di
questi, oltre tutto già
anziani, poterono tornare
a Roma solo
nel 1945, dopo la
Liberazione, per cui nel
1944 il Luogotenente
avrebbe potuto contare
solo sul quasi coetaneo, Aimone, Duca
d’Aosta, che aveva assunto
tale titolo a
seguito della morte
del fratello Amedeo, avvenuta il 3
marzo 1942, che però ai primi
dell’aprile 1945, avendo in
una cena privata
a Taranto, espresso una
battuta sui giudici
dell’Alta Corte, che stavano
processando il generale
Roatta, presente alla cena
la giornalista inglese
Silvia Sprigge, la suddetta
battuta fu dalla stessa, scorrettamente, inviata e
pubblicata sui giornali, come fosse
stata una vera
e propria dichiarazione
politica, con grande ipocrita scandalo della
stampa e del
governo ciellenista, il che mise
fuori giuoco il
Principe, che dovette lasciare
Taranto e ritirarsi
a Napoli, per alcuni mesi, dove viveva
la Duchessa d’Aosta
Madre.
In questo
periodo cominciano ad
organizzarsi dei movimenti
monarchici, con i quali
i rapporti sono
tenuti dal Ministro
Lucifero, per cui appare
un partito, il Partito
Democratico Italiano, di Enzo
Selvaggi e di
Roberto Lucifero, cugino del
Ministro, si presenta un
giovane professore Alfredo
Covelli, per una Concentrazione Democratica
Liberale, dove era pure
l’anziano senatore Bergamini,
e ad ottobre
del ’44 appare
un manifesto dell’Unione
Monarchica Italiana, sorta da
pochi mesi, che dà
spunto al ministro
di precisare quella
che era e
sarebbe stata la
linea tenuta, (ed anche
criticata), dal Luogotenente:
“Che la
Corona ed il
Ministero (della Real Casa) sono
estranei a ogni
iniziativa del genere,
giacché sono al di sopra
e al di
fuori di ogni
partito, ma non possiamo
che ben vedere
tutte le iniziative
che tendono alla
ricostruzione del paese, della
democrazia e della
libertà”.
Per le
visite del Principe, solo a
titolo indicativo e
non certo esaustivo, ricordiamo a
luglio del 1944
la visita a
Firenze, quando erano ancora
in corso dei combattimenti, poi ad
ottobre 1944 la
visita alle truppe
che si apprestavano
ad entrare in
linea, poi a novembre
la visita a Rimini liberata,
ed a Grosseto
colpita da un’alluvione, dopo essere
stato ad Avellino
per rassegna truppe. Nel
1945 a gennaio
è a Pisa, dove
erano truppe brasiliane, alle quali
si rivolge in
portoghese, con meraviglia del
loro comandante e
dei suoi accompagnatori ed a
Lucca ed Arezzo, per
recarsi il 25
febbraio ad Ascoli
Piceno dove era
la divisione “Nembo”, con
entusiasmo della popolazione, entusiasmo che
si rinnovò giorni
dopo a Taranto, dove
era andato a
ricevere la divisione
“Garibaldi”, che tornava dal
Montenegro. Ad aprile
del ’45 intensifica
la sua presenza
nelle zone appena
liberate, accolto dalle popolazioni
con lacrime ed
abbracci e in
località minori come
Santo Alberto, nel Comacchio, a
Cesena, dove pernottò su
una brandina, a Peratello
vicino Imola, e poi
a Ravenna e
Ferrara, con un atterraggio
fortunoso ed il
28 aprile, come già
a Montelungo, nel dicembre
1943, effettua un volo
di guerra, con reazione
della controaerea tedesca
che ancora combatteva, ed infine
si reca a
Bologna dove erano
entrate le nostre
truppe, accolto molto bene
dalla popolazione. Cito queste
località perché anche
i comunisti che
già vi spadroneggiavano ebbero
nei confronti del
Principe un atteggiamento
di rispetto ed
anche ammirazione. Lo stesse
accoglienze positive in
altre località del Nord, compreso Veneto
e Friuli, dove si
era recato a maggio, con
eccezione di Milano
dove né il
prefetto, il sindaco ed
il CLN locale
si erano recati
a salutarlo.
Di fronte
a questi avvenimenti
riguardanti la guerra
di liberazione, come sempre
taciuti o quasi
dai giornali, eccettuata la
battagliera “Italia Nuova”, organo del
Partito Democratico Italiano,
di cui
ricorderemo uno dei
più importanti collaboratori, Alberto Consiglio ,”Babeuf”, ed anche
in parte il
“Risorgimento Liberale“,
espressione del P.L.I., vi
era invece a
Roma nel governo
e negli ambienti ciellenisti,
con i
loro numerosi giornali, dalla “azionista”
Italia Libera, a l’Avanti”!, all’
Unità, al settimanale “Cantachiaro”, il
consueto atteggiamento critico, pronto ad
afferrare ogni occasione
per mettere in
cattiva luce l’operato
del Luogotenente, come ad esempio
protestando nel caso di una sua
intervista del 31 ottobre 1944
al “New York
Times” in cui aveva
parlato di un
“referendum”, e non della
sola Costituente per risolvere
il problema istituzionale, soluzione per il momento
rigettata, mentre poi fu
successivamente accolta, ed opponendosi
alla pubblicazione di
un suo messaggio agli italiani
dopo la liberazione. Invece i
giornalisti angloamericani modificavano
in senso favorevole al
Principe le loro
opinioni, come il Matthews
che scrisse : “Il Principe
Umberto ha come meta
una monarchia liberale
e democratica come
in Inghilterra, Svezia, Norvegia e
Danimarca.” e lo
Schiff del “Daily
Erald” che lo
giudicò “pieno di
tatto ed imparziale”. Giudizi questi
che si uniscono
a quello ben
noto di Churchill
che lo incontrò
a lungo nel
corso della sua
visita in Italia e
che in ogni
caso ripetiamo: “ La sua (del Principe Umberto)
potente ed attraente
personalità, la sua padronanza
dell’intera situazione militare
e politica erano
davvero motivo di
conforto ed io ne
trassi un senso
di fiducia più
vivo di quello
che avevo provato
durante i colloqui
con gli uomini
politici. Certo speravo che
avrebbe contribuito a
consolidare la Monarchia
in una Italia
libera, forte e unita.”
ed a quello, molto
meno conosciuto
dell’incaricato d’affari USA, David
Key che dice: “(Il
Principe Umberto) mi ha parlato
con acutezza dei
problemi italiani. Si ha che
fare con un uomo che
ha un elevato
senso della dignità
verso il quale
non esistono le
riserve che aveva
avanzato Roosevelt. Una monarchia
con Lui a
capo potrebbe costituire
un elemento stabilizzatore e d’ordine.”
Parlando di
uomini di stato
stranieri e di
diplomatici giova ricordare
che dopo il
riconoscimento da parte
dell’URSS del Governo
Badoglio, nel marzo 1944,
anche Gran Bretagna
ed USA, e altri
numerosi paesi avevano
compiuto lo stesso
passo per cui
via via i
loro ambasciatori venivano accreditati presso
il governo italiano, presentando le credenziali al
Luogotenente, in cerimonie formalmente
impeccabili che non
facevano pensare che l’Italia
era nazione sconfitta. Ad
esempio l’8 gennaio
1945, in occasione della
presentazione
dell‘Ambasciatore USA, Kirk ,
lo stesso dopo
la cerimonia si
intrattenne con il
Principe per una
mezzora, presentandogli poi tutti
i suoi collaboratori, o come
il successivo 4 giugno
in un ricevimento
al Grand Hotel, organizzato da
Myron Taylor, rappresentante USA presso il
Vaticano, l’ambasciatore Kirk, dopo un
brindisi al nuovo
presidente americano Truman, succeduto a
Roosevelt, mancato il 12 aprile,
ne propose un altro
per il Principe
Umberto, che aveva inviato a
Truman un messaggio
di saluto. Sempre Kirk, in
occasione di una
visita a Roma del
generalissimo americano, Eisenhover, il
13 settembre, organizzò una
colazione, alla quale invitò il
Luogotenente, consentendogli
un cordiale scambio
di idee con
quello che sarebbe
divenuto nel 1952, Presidente degli
Stati Uniti, incontro di
cui fu data
notizia sulla stampa. E
così pure in
altri ricevimenti e cerimonie dove
al posto d’onore è
quasi sempre Falcone
Lucifero, proprio in qualità
di Ministro della
Real Casa, e quindi rappresentante del Luogotenente, come, molto significativa, la presenza, il 19 dicembre 1945, alla Sinagoga di
Roma, per l’insediamento del nuovo Rabbino
Capo, il Prof. Grande Ufficiale
David Prato.
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