NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 13 aprile 2013

La Monarchia e il Fascismo - secondo capitolo - II

Giolitti torna al potere coi suoi avversari. La sanguinosa rivolta anarchico repubblicana di Ancona.


Manifesto anarchico che ricorda la rivolta
Torna al potere Giovanni Giolitti (1) designato alla Corona dalla volontà popolare. E' lo stesso Giornale d'Italia, l'organo personale di Sonnino che è stato per per 20 anni l'avversario spietato e sistematico, a designarlo come naturale successore. Contrariamente alle aspettative ed alle previsioni, il vecchio uomo di Stato compone un ministero nel quale chiama a farne parte esponenti delle fazioni contrarie. Interventisti e neutralisti non hanno più ragione di essere e devono sparire le asprezze e le intolleranze scatenatesi nel dopo guerra. Entra nel Ministero a rappresentare la corrente interventista che per tanti anni aveva avversato il Giolitti, l'on. Luigi Fera il quale sei mesi prima dichiarava: «Nessun contatto, nessun avvicinamento è possibile con quanti avversarono la guerra, non seppero intenderne la fatale necessità, ne ostacolarono l'esito vittorioso, ne denigrano o sminuiscono il risultato, cercano di speculare sul dolore e sul disagio che essa ha recato ». « Necessità per tutti i cittadini di sventare la manovra di un accerchiamento che il « bolscevismo dell'Annunziata », (2) il disfattismo nittiano tentano ancora sul corpo sano del nostro gran popolo, combattendo un'altra e più santa battaglia per la Patria ».

L'on. Meda. il capo dei cattolici ed esponente di quel P.P. che tanta avversione ha scatenato contro il liberalismo, entra come il più eminente esponente del Governo, dopo Giolitti, in un ministero schiettamente liberale, con qualche espressione di massoneria, nel quale con Benedetto Croce neutralista siedono esponenti dell'interventismo come Bonomi, Fera e Labriola.

La vita del nuovo ministero si delinea tuttavia molto difficile, poiché estrema sinistra ed estrema destra non disarmano e la confusione parlamentare è al colmo. Si era dimesso l'on. Orlando da Presidente della Camera ed alla seduta del 9 giugno non si trovava un vice presidente: assenti o... riluttanti i candidati. Vi è in costoro un senso di incertezza, i politicanti non hanno i nervi a posto, nemmeno il Corriere della Sera sa assumere una linea di conciliazione, limitandosi a chiedere una politica di energica reazione, e ciò gli procura un’attacco dell'Avanti!: « E l'autorità dello Stato? Finchè è stato necessario, il Corriere con la banda o le bande dei suoi pescicani, dei suoi profittatori dei suoi demagoghi di guerra, l'ha messa bellamente sotto i piedi del suo Albertini, del suo Barrere e del suo Cadorna; adesso che si tratta di invocarla contro i lavoratori, eccolo pronto a resuscitarla e a fare di essa una bandiera di guerra civile».
A pochi giorni dalla sua composizione un grave avvenimento mette il ministero in serio imbarazzo: nelle prime ore del 26 doveva partire da An     cona per l'Albania un battaglione di bersaglieri di rinforzo al piccolo presidio di Valona quando durante la notte dei soldati facinorosi incitando anche altri arrestavano l'ufficiale di picchetto poi armati si riunivano in cortile montando le mitragliatrici nei punti strategici della caserma Villarey nella quale lasciavano entrare elementi esterni che vi si asserragliavano coi soldati sparando dalle finestre. Immediatamente carabinieri e guardie regie accorsi, presa posizione contro gli ammutinati iniziano un vivo fuoco di fucileria.

Nel pomeriggio la sommossa divampa. Nei pressi di Borgaccio sobborgo di Ancona un treno carico di uomini donne e bambini in fuga è mitragliato. La insurrezione dura due giorni. Vi sono 24 morti fra soldati e rivoltosi e moltissimi feriti. Fra i morti è trovato all'ospedale un certo Schneider di Fiume capo del Partito Comunista di quella città che era in rapporto con gli anarchici di Ancona, il che comprova l'accordo del partito di Malatesta con agenti provocatori assoldati dalla Jugoslavia. La sera del 28 la città ritorna tranquilla e la popolazione acclama vivamente la forza pubblica che ha affrontato la rivolta degli anarchici mirante a un movimento rivoluzionario. Si sospende però l'invio di truppe in Albania ma i nostri soldati laggiù sono attaccati, in campi trincerati, dai ribelli, in attesa di soccorsi che non possono arrivare.

Questi fatti dolorosi sono la prova tangibile e sanguinosa di una profonda perturbazione dello spirito pubblico, perturbazione determinata soprattutto da una quotidiana predicazione irresponsabile di odi e distruzioni così dissennata ed anche in mala fede perché imperniata tutta sulla faziosità politica senza alcuna preoccupazione delle conseguenze nazionali, che non dà nemmeno ai predicatori il diritto di reagire quando gli eccessi avvengono e tanto meno quando la reazione dei cittadini incomincia ad accusare una certa stanchezza. Lo stato d'animo della piazza è un poco il riflesso della condotta dei politicanti alla Camera dove quando qualche oratore difende l'italianità di Fiume della Dalmazia e delle sponde adriatiche socialisti e repubblicani non lo lasciano proseguire: «Non deve parlare! Non deve parlare!» Guai poi a chi osa accennare ai torti jugoslavi contro di noi; sono invettive, tumulti, aggressioni. E se mai qualcuno dell'estrema sinistra viene interrotto quando parla, allora invocano la democrazia, la libertà di parola, il diritto di esporre la propria opinione e si protestano vittime della bieca reazione.
Giolitti dichiara che lo Stato deve essere forte per poter tutelare all'interno l'ordine e il rispetto alla legge e per difendersi dai nemici esterni; e poiché questa forza poggia sull'esercito, le sinistre intensificano ovunque una caccia selvaggia agli ufficiali. Gli aggrediti si difendono sparando, e lasciano talvolta morti e feriti sul terreno. Per reazione a Roma gli arditi assaltano la tipografia dell'Avanti! e qualche deputato viene malmenato. Alla Camera i tumulti si susseguono ai tumulti, lo Stato è sempre in una situazione precaria e Giolitti decide di abbandonare l'Albania: si sgombera Valona e teniamo solo l'isolotto di Saseno che la fronteggia. Socialisti e repubblicani si dichiarano orgogliosi di questa decisione che reputano un loro trionfo (3).

Nelle officine e nei servizi pubblici la situazione risente dello stato d'animo del paese. L'on. Montemartini, deputato socialista, solo perché nel gennaio precedente si era dichiarato contrario allo sciopero ferroviario è scacciato dal treno dal personale di servizio quando a Milano infierivano fatti sanguinosi durante le proteste per i fatti di Ancona; in quei giorni le dimostrazioni assunsero in Via Dante l'aspetto di una vera battaglia civile con morti e feriti. In Puglia continua la caccia ai proprietari culminante in alcuni assassini. E' lo scatenamento del socialismo anarchico ammantato dalla bandiera della Repubblica sociale dei repubblicani storici, e questa situazione incomincia ad influire sui nostri rapporti internazionali e lo Stato è in carenza. Non può essere forte all'esterno una nazione in dissolvimento all'interno. I fatti di Ancona rivelano chiaramente che la propaganda bolscevica e repubblicana incomincia ad investire la disciplina dell'esercito.

(1) Giolitti era caduto il 9 marzo 1911 dopo un voto sul progetto di legge per le spese dell'impresa libica, voto nel quale egli non aveva chiesto la fiducia e che gli dette una strapotente maggioranza: 361 voti contro 83 Improvvisamente i radicali - che pure erano al governo - decisero di togliergli il loro appoggio: essi pretendevano che Giolitti facesse una politica di favore per il loro partito distaccandosi dai liberali. Si dimisero i ministri ed i sottosegretari dissidenti e Giolitti presentava al Re le dimissioni malgrado potesse disporre di una grande maggioranza. Crisi extra parlamentare che - data l'impotenza dei radicali - sboccava nella soluzione Salandra con un ministero liberale confortato dall'appoggio della maggioranza giolittiana.

(2) Giolitti era stato soprannominato « bolscevico dell'Annunziata » perché decorato del Gran Collare omonimo e per avere assecondato il programma della Monarchia che tendeva all'assorbimento delle sinistre.

(3) Il 10 luglio Ala Camera Giolitti aveva dichiarato: «Più volte ho parlato dell'Albania, ed ho sempre detto che vogliamo l'indipendenza assoluta di quel paese. lo ho sempre sostenuto che l'indipendenza dell'Albania è un interesse italiano, e tornando a questo posto non ho fatto altro che riprendere una linea di condotta già da molti anni sostenuta con fervore ».

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