NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 27 marzo 2022

La Monarchia dal 22 a domani - VIII parte

 


La mattina del 10, Ambrosio si reca dal Re, «visto che il Governo dorme», - e il Re esprime la decisione di prendere «subito» contatto con gli angloamericani - Indecisione tra Badoglio e Guariglia se mandare un militare o un diplomatico e alla fine si sceglie il Gen. Castellano, la cui missione «si limitava ad un approccio con la parte anglo-americana, ristretto al campo militare per fornire delle notizie militari e per riceverne , per concertare un piano di azione coniane tra le nostre forze e quelle degli alleati».

E così continuava ancora a mezzo agosto la prima manchevolezza di non avere lo stesso 25 Luglio iniziato pratiche, naturalmente segretissime, a Londra e Washington per far loro sapere che l'Italia, caduto il regime, intendeva sganciarsi senz'altro dalla Germania e trattare per unirsi agli Alleati, sfruttando la promessa tante volte ripetuta dagli Alleati stessi, che, caduto il Regime, l'Italia sarebbe stata trattata da amica. Si obiettano le difficoltà che l'Italia avrebbe incontrato per porsi in relazione con gli Alleati: pur non disconoscendole, parrebbe che esse non dovessero essere addirittura insormontabili, tanto più che in quei primi momenti i Tedeschi non erano ancora al parossismo della diffidenza come in seguito. E allora, colla Marina in piena efficienza, se fornita di combustibili; con l'aviazione ancora in forma, con l'esercito stesso, anche se sfiduciato, ancora regolarmente inquadrato, l'Italia, in un con la fiducia che il nuovo regime aveva ragione di inspirare, poteva sperare ben altro trattamento da parte degli Alleati. Invece venti giorni di inazione avevano potuto dare l'impressione di incertezza nel Governo.. tanto più dopo l'intermezzo di Tarvisio, e quindi ingenerare quella diffidenza che andò purtroppo sempre più aggravandosi.

Anzitutto il Gen. Castellano per prudenza non era stato munito di credenziali; (1) ed aveva un mandato semplicemente generico, quasi solo, informativo ed essenzialmente solo di carattere militare, ed infine gli era stato prescritto che l'Italia sarebbe stata pronta a unirsi contro i Tedeschi sol quando gli Alleati fossero sbarcati in Italia. E' francamente a stupire che con, questi semplici incarichi il Gen. Castellano sia riuscito ad ottenere anche quel pochissimo che ottenne, ma essenzialmente quanto Churchill e Rooswelt da Quebec promisero col telegramma, che fu poi concretato nel Promemoria comunicatogli a Lisbona il 10 dal Gen. Smith per incarico del Gen. Eisenhower col qua le «la misura in cui Le condizioni saranno modificale in favore dell’Italia  sarebbe dipesa dall’entità dell'apporto che sarebbe stato dato dal Governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra». (2).

A questa cobelligeranza tennero fede con tutte le loro forze dalla Marina a quel poco di truppa cui fu permesso di prendervi parte, al largo stuolo dei partigiani nel periodo repubblicano: questa cobelligeranza che idealmente si ricollega anche a quella non belligeranza    dei nove mesi del 1939-40, tanto rimproverata da Hitler al nostro Re, gli Alleati speriamo tengano alto conto, secondo il loro impegno, nel fissare i termini della Pace alla nostra povera Nazione.

       

       

Non atterrebbe al mio esposto seguire le fasi delle trattative per l'armistizio; ma non credo potermi esimere dal riassumerne i punti essenziali quali risultano dal citato libro del Gen. Castellano, completando essa la dolorosa storia della nostra guerra.

Il Gen. Castellano ritorna a Roma il 27, riferisce a Badoglio, sulle trattative e gli consegna le dure condizioni di armistizio nonché il citato telegramma di Quebec e conclude: «Il Maresciallo non parla e si, congeda senza esprimere il suo parere (2).   L'indomani 28 Badoglio, Ambrosio e Guariglia vanno dal Re» precisa il Gen. Castellano «il Sovrano alle 11 fa dire a Badoglio a mezzo di Acquarone, Prenda una decisione il capo del Governo e poi deciderà lui. In un a sala dei Quirinale si riuniscono Badoglio, Ambrosio Guariglia: dopo pochi minuti sono ricevuti dal Re che li trattiene per brevi istanti.... Dopo aver parlottato ancora qualche minuto con Ambrosio e Guariglia; il Maresciallo esce dal Quirinale. È di cattivo umore, va via senza salutare nessuno». Il Gen. Castellano non fa commenti, pur essendo probabile che dal Gen. Ambrosio abbia saputo come si sono passate le cose alla presenza del Sovrano: vale però la pena di notare questa scena perché ognuno ne tragga quelle argomentazioni che crede!

L'indomani 30 il Gen. Castellano riparte per la Sicilia per definire le clausole d'armistizio nella speranza di poterle migliorare, ma purtroppo si trova di fronte a nuove diffidenze a causa dell'invio a Lisbona del Gen. Zanussi ad opera del Gen. Carboni che aveva allora il comando della S.I.M., la cui azione quale Comandante il Corpo d'armata: l'8 e il 9 settembre ha ancora da essere chiarita.

È certo non si può dire chiara questa missione del Gen. Zanussi alla dipendenza di Roatta, capo di Stato Maggiore dell'esercito, mentre vi era Castellano incaricato dal Governo e a sua insaputa. A giudicare di queste - interferenze è ad augurarsi non tardi una serena ed autorevole inchiesta che fra accuse, difese e giudizi che potrebbero essere avventati e punti interrogativi (4) chiarisca le cose.

Basti qui accennare che indubbiamente l'intervento del Gen. Zanussi fu così poco compreso dagli Alleati che il Gen. Smith ebbe a confessare al Gen. Castellano che «il comportamento del Gen. Zanussi aveva subito messo in allarme i generali alleati... aggiungendo che nei successivi colloqui il contegno di Zanussi s'era fatto ancor più ambiguo... e li aveva insospettiti anche nei confronti di Castellano, perché, era evidente che dei due generali uno non era in buona fede...; le informazioni chieste e fornite dall'Ambasciatore presso la Santa Sede avevano chiarito che il vero rappresentante era Castellano e che pertanto la posizione di Zanussi diventava insostenibile, tanto che in un primo momento voleva farlo arrestare e fucilare» (5). Condotto in Sicilia le cose si erano chiarite, ma intanto le trattative avevano subito un arresto in mezzo alla più sconcertante diffidenza.

Non seguirò oltre le fasi della definizione e firma dall'armistizio che ci fu imposto, cui pur troppo fece seguito il gravissimo incidente della sua proclamazione anticipata da parte del Gen. Eisenhower. Nelle laboriose trattative per fissare a coordinare la pro clamazione dell'armistizio con il richiesto lancio di una divisione di paracadutisti a Roma, arrivo dal Tevere di chiatte di cannoni controcarro ed altre materiale bellico, nonché con lo sbarco di ingenti forze, gli Alleati non avevano mai voluto indicare, si diceva in omaggio alla necessità del segreto militare, la data dello sbarco di queste forze, "al ciò il Gen. Castellano aveva creduto poter supplire in base ad informazioni confidenziali coll'indicare al Gen. Ambrosio che esso potesse avvenire tra il 10 e il 15 settembre forse il 12. Su questo forse a, Roma basò i suoi provvedimenti, sì che quando la mattina dell'8 il Gen. Stong avvertì Castellano che quello era il giorno fissato per l'armistizio (6) a Roma non si era pronti. Fu chiesta e supplicata una dilazione per poter ricevere le forze alleate; la richiesta fu disgraziatamente male interpretata, per la solita diffidenza da Eisenhower, il quale senz'altro l'annunziò alla radio alle 18. Le cose furono chiarite poco dopo, tanto che Eisenhower non dubitò di confessare: «Può darsi che io abbia sbagliato, ad ogni modo adesso non possiamo tornare più indietro» (7). E così anche gli «sbagli» di chi diventava in quel punto nostro amico, congiurarono alla rovina della nostra Patria, che, non essendo la divisione paracadutisti potuta arrivare al Campo di aviazione e le chiatte sul Tevere venire in aiuto ai presidi della Capitale, questa si trovò ridotta alle sole forze Italiane, le quali non erano in, grado di difenderla Sal l'occupazione tedesca. Almeno gli Alleati tengano conto di questi «sbagli» che tanto ci costarono in rovine, perdite di uomini e durata dalla guerra!

Prima di procedere oltre, due parole sul cosiddetto «tradimento», per quanto alle accuse di quei primi giorni sia universalmente subentrata una più serena valutazione. In un opuscolo (8) pubblicato a cura del Gruppo Cavour durante il periodo clandestino, il Prof. E. Crosa ne tratta dal lato giuridico, sostenendo anzitutto che il trattato di alleanza colla Germania non essendo stato sentito dal popolo italiano perché «in contrasto con le sue tradizioni, coi suoi interessi, con la sua volontà», non è stato né giuridicamente dopo il 25 luglio, né moralmente violato, in quanto «il diritto internazionale nel riconoscere. la piena competenza dei governi per la stipulazione dei trattati, ne pretende la ratifica o dal Parlamento o dal popolo, ciò che non si può dire abbia avuto il trattato in questione dato lo stato di asservimento cui era soggetto il popolo italiano sotto il regime, tratto per di più volutamente in errore sulla realtà e scopo degli accordi. E conclude ricordando che «è canone di diritto internazionale - ed anche più - è un canone morale prima che giuridico che' ogni trattato duri rebus sic stantibus: ora le cose da noi erano tanto radicalmente mutate... da compromettere l'esistenza dello stesso Stato ».

 

  

(1)        Gen. Castellano: op. cit, pag. 83 e segg.

(2)        Gen. Castellano: op. cit, pag. 110

(3)        Gen. Castellani: op. cit, pag. 125e segg.

(4)        Corriere di informazioni 22-24 febbraio 1946.

(5)        Gen. Castellano: op. cit, pag. 175 e segg.

(6)        Gen. Castellano: op. cit, pag. 189 e segg.

(7)        Gen. Castellano: op. cit, pag. 187

(8)        «il Tradimento»: ripubblicalo a cura del Gruppo d'Unione «Camillo Cavour » quando l'Italia fu liberata.


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