NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 4 marzo 2022

La Monarchia dal 22 a domani - V parte


Dopo Feltre le cose precipitano travolte da due correnti: l'opera del Re e il Gran Consiglio. Conferma Monelli, quanto riportai da P. Silva: “Certo che il Re riceveva Ambrosio una o più volte alla settimana e ne ascoltava gli sfoghi e i progetti; personaggi dell’esercito del Partito Fascista, dei gruppi clandestini: per convinzione propria, pur lentamente maturata, pur covata a lungo nell'attesa di un   momento che gli paresse il più propizio, fra dubbi ed incertezze si indusse a dare la sua approvazione al progetto di Ambrosio (l'arresto di Mussolini)- fino a fissarne la data...; così scrivendo un giorno ad un personaggio che gli fu molto vicino in quel tempo e che fu testimone dei suoi atti ed esecutore dei suoi ordini — che pare si debba indentificare nel Ministro della Real Casa, Duca Acquarone — (1), gli disse queste precise parole: fin dal Gennaio 1943 io concretai definitivamente la decisione di porre fino al regime fascista e revocare il Capo del Governo Mussolini. L'attuazione di questo provvedimento, resa più difficile dallo stato di guerra, doveva essere minuziosamente preparata e condotta nel più assoluto segreto, mantenuto anche con le poche persone che vennero a parlarmi del malcontento del Paese. Lei è stato al corrente. delle mie decisioni e lei sa che soltanto queste del Gennaio 1943 portarono al 25 luglio successivo (2). 

La riservatezza del Re non ha consentito sino ad oggi di saperne di più, ma basta per scagionarlo di fronte a chi lo accusa di non aver mai dato soddisfazione a quanti gli andavano a rappresentare i nefasti del fascismo: taceva per la necessità del più assoluto segreto: Non era prudenza eccessiva data la estrema delicatezza del provvedimento e il pericolo di qualche benché involontarissima indiscrezione, per il sistema di spionaggio da parte dell'OVRA, come è apparso in seguito documentato. Scrive P. Silva: (3) Vero è che il Re volle tacere fino all'ultimo, ma questo. fu. un suo grande merito: in una città come Roma non vi è segreto il più geloso che non sia conosciuto da tutti entro una settimana dalla sua rivelazione alla persona più fidata».

Prosegue il Gen. Castellano: «Il convegno di Feltre aveva fatto perdere a Ambrosio ogni speranza sulla possibilità di un distacco per opera di Mussolini, cosa della maggior importanza, aveva coinciso colle decisione del Re. Era tale decisione derivata tic quel convegno? erano gli 'eventi militari? era la maturazione di una situazione non più sostenibile? non posso, non so dirlo». Credo poter rispondere a questi interrogativi con la spiegazione che un giorno un ex Ministro Piemontese, che godeva della fiducia dal Re, ebbe a confidare ad un amico suo: « Il Re era ben deciso a disfarsi di Mussolini e sganciare l'Italia dalla Germania, ma attendeva che le sorti della guerra fossero tali che non vi potesse essere anche la minima " speranza che la guerra, prolungandosi, potesse dar luogo ad una pace di compromesso»; pace di compromesso che avvenimenti imprevisti ed imprevedibili potevano per avventura rendere possibile; aggiungo io.

Quanto fosse saggia la riserva del Re di sperare sempre in una pace di compromesso, come quella che, a parte i grandi vantaggi che ne avrebbe. avuto l'Italia sarebbe stata la sola che, eliminati quei due avventurieri di Hitler e Mussolini e ridata la libertà ai popoli, avrebbe potuto dare la vera pace all'Europa, lo si vede ora che, appena finita la guerra, già se ne teme un'altra.

L'intervento del Re, adombrato già da Monelli e confermato da Silva è precisato dal Castellano (4): Acquarone mi chiamò e mi disse che il Re ha decise di sostituire Mussolini con il Maresciallo Badoglio; tale sostituzione sarebbe avvenuta in, un tempo molto breve, non oltre sei o sette giorni, data che indicò poi in un successivo colloquio «dal 26 in poi e più oltre ci è probabile che all'udienza di Lunedì 26 congedi Mussolini. Nel campo politico grande agitazione» prosegue il Gen. Castellano: «Prima del Convegno di Feltre alcuni maggiorenti fascisti chiesero. ed ottennero di essere ricevuti da Mussolini, al quale giunsero nuove critiche, si che l'indomani, intuito di essere ormai in disgrazia ed animati dal coraggio della disperazione, decisero di richiedere la riunione del Gran Consiglio» (2).

Scrive Grandi nel suo Memoriale «Mussolini tornò a Roma il 20 luglio e convocò il G. C. Era questa l’occasione che noi aspettavamo anche senza molto sperare...; preparai la mia risoluzione che chiedeva la restaurazione del Parlamento e delle nostre libertà costituzionali; imponeva a Mussolini di restituire al Re il Comando delle FF AA e la suprema iniziativa di decisione del Capo dello Stato. Dei 14 membri sondati, 12 l'accettarono».

Non è afferente al nostro scopo riportare le vicende di quella drammatica e tragica notte; basti ricordare — scrive Grandi — che in un momento in cui l’Assemblea ondeggiava Mussolini giocò d'audacia Montando: «Non ho mai avuto un amico, ma il Re è con me: Domando cosa sarà domani di coloro che si sono opposti a me questa notte. La fine rimase a mezz'aria; nessuna risposta: il volto di Mussolini si contrasse in un sorriso cattivo. Il Dittatore scrutò gli uomini del G. C., sentiva di averli ancora una volta in suo potere: i suoi occhi brillarono trionfanti; gli occhi del padrone... Deciso a tutto balzai in piedi, rifiutai di ritirare la mia risoluzione... non era un uomo in quella sala che non si rendesse conto che ormai si trattava di vita o di morte... Improvvisamente Mussolini, annunziò che il G. C. avrebbe votato sulla risoluzione. D'un tratto fu chiaro che l'incredibile era avvenuto; avevamo vinto... diciannove a favore, sette contro, uno astenuto... Ora occorreva indurre il Re ad agire. Bisognava fargli sapere che il G. C. aveva deposto Mussolini, ma che Mussolini era ancora il padrone dell'Esercito dello Stato, del Partito ed aveva la Germania alle spalle. Così immediatamente alle quattro del mattino io vidi il Ministro della Real Casa, che misi al corrente dell'accaduto, consegnandogli una copia della mia risoluzione, firmata da tutti coloro che avevano votato per essa. Riferisca al Re, gli dissi, che abbiamo rimesso nelle sue mani i mezzi costituzionali in modo che egli possa operare quale Capo dello Stato: non vi è un istante da perdere; possibile ogni momento un colpo di testa di Hitler». Aggiunge Grandi: «Non si poteva rovesciare il Dittatore che con mezzi costituzionali e solo una risoluzione del G. C. poteva conferire alla Monarchia il potere legale di agire».

E il Re ne fu sollecito e ben deciso: Mussolini che, chiamato, si era presentato, per provargli «che la risoluzione del G.. C. non era costituzionale» sicuro di restare al potere, si sentì senz'altro dire che non era più Primo Ministro. In base alle personali disposizioni del Ministro della Real Casa, Duca Acquarone (5), fu arrestato all'uscire 'di villa Savoia.

Come si vede, a rovesciare il Fascismo concorsero tre forze, se pure in parti disuguali intendimenti da parte dello - Stato Maggiore svoltosi con premure presso il Re: intervento negli ultimissimi giorni di alcuni capi del fascismo, che culminarono colla risoluzione del G. C.; azione regolatrice del Re dai primi del '43, con accorgimenti vari presso gli uni e gli altri, e . con uomini politici, sempre con la necessaria accortezza e non meno necessario segreto.

E la sua tattica, che l'aveva portato a scegliere il giorno 26, fu anticipata di 24 ore per il tempestivo ordine del giorno votato dal G. C., il quale gli aveva fornito quel fattore determinante che si accordava con la Costituzione, come Egli voleva.

E così finì la lotta tra Monarchia e Fascismo, con la vittoria della Monarchia; vittoria costituzionale, non è superfluo ripetere, perché se il Re ha rinunziato durante 20 anni all'alone di gloria di osare contro Mussolini e il Fascismo un atto di audacia, gli è che Egli, oltre a voler preservare il Paese dalle terribili conseguenze della guerra civile, volle anche restar fedele alle         norme della Monarchia costituzionale, presidio di regime democratico. Solo interpretando, le ascose aspirazioni della popolazione e fidando più in essa che nel Parlamento avrebbe potuto far leva sul Paese, ma non dobbiamo dimenticare che queste aspirazioni si mantenevano quanto mai ascose: Forse che non era per molti, questione, se non proprio dì vita materiale e morale, certo di tranquillità per sé e per la famiglia, l'essere inscritti al Fascio? Forse che la, grandissima generalità della popolazione non aveva, se non sempre all'occhiello il paraguai», quanto meno nel taschino per tirarlo fuori al momento opportuno?

In questa condizione incontestabile di cose, come  poteva il Re contare. sulla necessaria, viva, concorde cooperazione della popolazione per affrontare la guerra civile e affrontarla con buona speranza di successo?

Egli, che pur a Peschiera, nell'ormai lontano 1917 aveva potuto impressionare Lloyd George «per la forza d’animo che aveva mostrato in un momento in cui il Paese e la sua corona erano in gioco e non aveva dato segno di timore e depressione» (6), di fronte alla certezza della guerra civile non si sentì l'animo di affrontarla.

Gli si può dar torto, come parecchi fanno, se, accordandosi con quanto appariva dell'acquiescenza del Parlamento e della popolazione, stesse aspettando, pur guatandola con ogni sua forza, l'occasione per liberare il

Paese della tirannia mussoliniana, con minor pericolo e con minori danni, come infatti avvenne il 25 Luglio?

 

(1) Memoria difensiva all'Alta Corte di Giustizia per l'epurazione d’un Senatore.

(2) P. Monelli, OP. alt. pag.

(3) P. Silva op. cit., pag. 162

(4) G. Castellano, in come firmai l'armistizio di Cassibile pag. 57 e segg.

(5) Memoria difensiva del Senatore Acquarone all'Alta Corte di Giustizia.

(6) Enciclopedia Italiana VOL XXXV Vittorio Emanuele III

Nessun commento:

Posta un commento