NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 9 giugno 2021

Della Monarchia: dal sentimento alla ragione. Dal passato al futuro. I parte

 


dell' On.le Avv. Enzo Trantino

Testo stenografico della conferenza tenuta al Capranica il 21 gennaio 1996

per il Circolo Rex

 

Ministro Fisichella, Presidente Selva, Direttore Malgieri, Avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, presidente di uno dei più prestigiosi circoli che la Capitale oggi possa vantare, signore e signori, Guardie d'Onore, monarchici tutti, io vengo per continua­re un discorso, forse per dire qualcosa di nuovo, ma un nuovo che nasce da antiche emozioni, da collaudati sentimenti.

Mi permetto di dire che oggi io trovo l'occasione per poter rivol­germi a voi come ci si può rivolgere a un comitato di creditori, cre­ditori di storia, creditori di verità, perché questo voi e noi siamo. lo vi provoco culturalmente con una prima domanda: perché nella vecchia Europa ancora oggi punto di riferimento culturale e faro nel mondo, nonostante le Americhe ed il Sol Levante, ben sette stati, Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia, più altri tre di modesta consistenza territoriale ma non per questo meno importanti, anzi economicamente prota­gonisti (Monaco, Lussemburgo e Liechtenstein) conservano l'or­dinamento monarchico?

La domanda esige una risposta tanto razionale quanto imme­diata: perché in questi Stati le istituzioni sono stabili! A pensar bene, la chiave di lettura di questo intreccio che sembra inestrica­bile e che sta cadendo nel grottesco della crisi di oggi, è la man­canza di stabilità.

lo non dimenticherò mai, e Gennaro Malgieri è testimone, la lezione che ci ha dato il Ministro degli Esteri Cinese. Quando gli abbiamo chiesto perché mai il presidente Khol che aveva preceduto la visita dell'on. Fini aveva al seguito 144 imprenditori con i quali si erano stabiliti contratti e negozi di affari per gli anni venturi? Così ha risposto: 'Sebbene l'Italia abbia con noi rapporti che si possono definire ultrasecolari, alcuni millenari, voi avete una cre­dibilità istituzionale tarlata, per dirla in breve. Infatti io so di parla- re oggi con Khol, tra un anno con Khol, fra quattro anni con Khol, fra cinque anni con Khol. Con voi so che c'è oggi un Presidente del Consiglio di un Governo in crisi, non so chi ci sarà domani, non so chi ci sarà dopodomani. La stabilità è costruzione dell'im­magine di un paese".

Noi siamo tutti volti a fare il confronto tra Monarchia e Repubblica non sulle ali del sentimento, perché fare l'intervento emozionale strappalacrime è facile ma inutile. Oggi i giovani. soprattutto i giovani, vogliono risposte ai duri "perché" che ci pun­tano contro. Ecco allora che un primo dato storico consiste nella considerazione che le Monarchie quando cadono privilegiano le grandi cause. Pensate un po' alle Monarchie dell'Est europeo. cadute per la inconciliabilità col marxismo: Russia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Jugoslavia: mentre tre grandi monarchie pagarono la sfortuna delle armi: Austria, Germania Asburgica, Italia; la Francia annegò la Monarchia nel sangue di una rivoluzio­ne, ma riuscì, come sanno fare i francesi col loro senso dello Stato, a costruire un Presidente della Repubblica ... monarchico. Sicché restano Grecia e Portogallo, caduti solo per colpo di Stato. Ma una prima proposizione importante si affaccia agli esegeti di storia vera quando vogliamo considerare che marxismo e nazi­smo irrompono sulla scena dalle macerie di due imperi, perché cade l'impero russo, cade l'impero asburgico, entrano in scena due filosofie perverse, marxismo e nazismo, a riprova modesta delle cose che abbiamo detto.

Quindi, partiamo sicuramente con una contiguità alla stona senza voler essere storici per non averne le qualità, se osiamo dire, come stiamo dicendo, che nel caso di specie, la Monarchia è prova assoluta di libertà come valore concreto.

 

Voi pensate che nel Giappone la Monarchia è sopravvissuta persino all'atomica e il Giappone ha saputo dare con la sua gran­de e raffinata cultura, con la delicatezza dei suoi sentimenti' un quadro che suscita in me tutte te volte in cui mi sovviene alla memoria, una grande ondata emozionate, quando, persa la guer­ra, il popolo giapponese si riunì nella notte davanti alla Reggia in ginocchio per chiedere scusa al proprio Imperatore d'aver perdu­to la guerra! ...

Qui noi, dimenticando un passato, abbiamo considerato la Monarchia unico capro espiatorio di una guerra non vinta più che persa. Ecco perché le Monarchie hanno questo radicamento nel sangue della gente: e allora, se la Spagna riesce con Juan Carlos a traghettare una dittatura nella democrazia, allora il postulato che ci siamo permessi di affrontare prioritariamente noi, trova una prima spiegazione, cioè la prova del riscontro, che la Monarchia è libertà nella tradizione. Ecco il quesito: se risponde a concretezza la preminenza del sistema monarchico, cosa ci interessa da vici­no per il ritorno alla Monarchia?

Sorge una attualità nel momento del dibattito generale sulla forma istituzionale. lo mi permetto immediatamente, non per privi­legiarli sugli altri, ma perché protagonisti nel dibattito, Fisichella per quel prezioso libro sulla Monarchia, Selva perché Presidente di quella Commissione che ha all'esame proprio l'abrogazione della tredicesima disposizione, il Direttore Malgieri perché raffina­to uomo di cultura, mi permetto offrire oggi, a loro e a voi il picco­lo dono di un'intuizione, con la debolezza intima di un brivido (perché gli intellettuali abbiamo questo limite o questa forza, fate voi: davanti alla ricerca felice, riuscita, si prova l'eccitazione intel­lettuale del punto fermo).

C'è un modo per uscire dall'attuale crisi istituzionale? Stranamente questa modesta indicazione, antica e nuova, viene da una sala di cinema romano, ed è lo Statuto Albertino!

Se voi rileggete lo Statuto Albertino, e confesso che per averlo considerato patrimonio acquisito ho trovato novità anch'io nel leggerlo dopo tanti anni, nei passi salienti resterete coinvolti, nell'ar­dore dell'esposizione, dal rinvenire le chiavi della crisi, cioè della soluzione della crisi: “Il Capo dello Stato nomina e revoca i ministri i quali soggiacciono a loro volta la Legge votata dai rappresentanti del popolo e da benemeriti nominati dal Re; Camere composte dunque con criteri diversi per nomina, per estrazione, per durata, sì da evitare l'inutile e dispendioso bicameralismo per­fetto; alla nomina diretta può eventualmente sostituirsi o combi­narsi la rappresentanza delle categorie produttive".

Se si pensa che un simile sistema rileva, nella sua essenza, efficienza ordinata a cui deve protendere ogni Stato, a differenza di un disegno, l'attuale, dove i poteri si annullano a vicenda, per­ché questo fu lo scopo recondito dei costituenti del dopoguerra; se si pensa ad un modello dove un capo duraturo coordina i tre poteri, garantendo la sanzione della Legge, la scelta del Governo, la supremazia sulla Magistratura, indipendente ma non dalle regole: non si vede come tale modello non possa rientrare a buon diritto, come occasione imitativa e affinabile, tra le possibili forme istituzionali di un nuovo Stato. Non solo, ma a ciò si aggiunge un particolare di estrema importanza che le tendenze federalistiche attuali, oggi pane di ogni condimento (non si può parlare di nulla, neppure dei problemi domestici, se non entra subito il federali­smo, perché oggi è diventato un vizio ed una moda, come ieri era l'antifascismo; oggi l’istituto che ha sostituito l'antifascismo è il federalismo, annullando con gli eccessi fanatici e strumentali, i contenuti opportuni e positivi). Persino un problema di infedeltà coniugale “l'ubriaco di Mantova" vuole risolverlo con il "suo" fede­ralismo, che, essendo un istituto importante, si sporca nel momento in cui viene propugnato da un uomo le cui idee non nascono né dal cuore né dalla testa, ma dal sistema biliare ... e vengono quindi vomitate dalla bocca. Mi rivolgo alle scritture: 'Gesù, fate luce"...

Nell'ordinamento composto da tre Stati previsto dallo Statuto Albertino, che dovrebbe sostituire Io Stato Regionale, l’istituzione monarchica non contrasta affatto, ma anzi è garanzia di un nome al vertice e di coordinamento anti disgregativo per un eventuale Stato federale e ci conforta l'esempio del passalo: la Monarchia Asburgica o l'impero tedesco, o l’esempio del presente: la Monarchia belga, la Monarchia belga che esalta le federazioni e quindi il federalismo, assicurando l'unità della Patria.

Ecco perché Ammiraglio Cocco, ecco perché Sergio Boschiero. noi siamo attuali e futuribili, perché lo Statuto Albertino a distanza ormai di oltre un secolo, può trovare risposte a quelli che oggi cercano i nuovi Diogene: un nuovo assetto istituzionale che ha soltanto l'esigenza del lucidare l'antica argenteria per essere sempre presentabile nel momento in cui noi abbiamo bisogno, e ne abbiamo tanto bisogno, di fare bella figura.

Ma si torni all'analisi dello Statuto: il potere legislativo esercita­to collettivamente dal Re, dalla Camera dei Deputati eletta dal popolo e dal Senato di nomina Regia: il Re ha insieme a ciascun cittadino il potere di proporre le leggi, oltre ovviamente ad ogni rappresentante parlamentare: ha inoltre il potere di sanzione sulla legge approvata dall'assemblea, (è in sostanza il diritto di veto che negli Stati Uniti può esprimere il Presidente, anche se in quel Paese può essere vanificato, come contrappeso istituzionale, dal voto del Congresso a maggioranza qualificata di 2/3). Previsti e diversificati (non inutile doppione) i due "rami" del Parlamento: senatori ultraquarantenni, come adesso, ma di nomina regia, nominali a vita, donde il non previsto potere di scioglimento del­l'assemblea da parte del Re, come viceversa avviene per la Camera dei Deputati, è una garanzia di stabilità e permanenza contrapposta all'altra Camera, con la scelta tra predeterminate e tassative categorie che garantiscono l'esperienza del settore pub­blico e le competenze "alte": i Deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio, i Ministri di Stato, i Ministri Segretari di Stato, gli Ambasciatori, i primi Presidenti e i Presidenti della Suprema Corte di Cassazione, i primi Presidenti delta Corte d'Appello. l'Avvocato Generale presso la Suprema Corte, Il Procuratore

 

Generale dopo cinque anni di funzioni, i Presidenti delle Magistrature d'Appello dopo tre anni di funzione, i Consiglieri di Cassazione e della Corte dei Conti dopo cinque anni di funzione, gli Ufficiali Generali delle Forze Armate, i Consiglieri di Stato dopo cinque anni di funzione, i membri dell'Accademia della Scienza dopo sette anni di nomina, i membri del Consiglio Superiore dell'Istruzione Pubblica dopo sette anni di esercizio, coloro che con servizio e meriti eminenti hanno illustrato la Patria.

Una prima, immediata riflessione: tra le categorie di persone che vengono scelte per il Senato non rinverrete una sola devian­za di natura, usiamo una espressione moderna, "clientelare"; non un 'prelievo" da parte di famiglie importanti, che possono contrab­bandare sempre una nomina regia dicendo "lo consente lo Statuto". A ben vedere qui c'è la corporazione delle arti, delle scienze, delle lettere, gli uomini che onorano e illustrano un Paese, c'è una selezione meritocratica che noi abbiamo dovuto rispolverare con un secolo di ritardo, nel momento in cui è ritorna­to, almeno come progetto, il valore della meritocrazia, quando lo Statuto Albertino fissava dei paletti perché il Sovrano non era libero di nominare chi volesse, ma doveva dar conto della nomina regia che prelevava personale istituzionale da categorie che rap­presentavano l'illustrazione della Patria, il più alto vertice, l'aristo­crazia dei valori, o per usare la dottrina di Umberto II: "la gerar­chia dei valori"! Il Re cerca valori e non salotti, lobbies o famiglie, cerca morale e fosforo e non araldica o censo, e questi uomini, per la loro funzione e non per il loro nome, essendo fondamento del Regno, onorano la Patria ed hanno il diritto ad essere prescelti sugli altri. C'è l'antica saggezza, c'è il sale della terra, c'è la scienza dei valori, c'è tutto nello Statuto Albertino: aggiornandolo ed attualizzandolo come avviene per ogni cosa scritta dagli uomini: si può trovare ancora una risposta. Passando al potere esecutivo: questo appartiene al Re e ai ministri, nel senso che il Re nomina e revoca i suoi ministri, articolo65, donde derivò consuetudini contrarie al senso letterale della norma che fece sì che

 

 

 

il Capo del Governo nominato si presentasse coi ministri alle Camere per ottenerne la fiducia. Il costrutto è peculiare soprattutto perché comprime gli eccessi del presidenzialismo all'americana, una netta e distinta separazione che il Presidente è Capo del Governo senza che abbia ingerenze di proposta per legiferare, ed al contempo i Ministri che rispondono solo ed esclusivamente nei suoi confronti sono quindi sostanzialmente irresponsabili.

Nello Statuto Albertino è invece previsto espressamente che i Ministri siano responsabili non solo e non tanto dinanzi al Re, nei cui confronti hanno prestato il giuramento, ma dinanzi lo Stato, il popolo in generale. Possono infatti venir messi in stato d'accusa dalla Camera dei Deputali davanti al Senato, costituita apposita­mente in Alta Corte di Giustizia, competente in generale per i cri­mini di alto tradimento ed attentato alla sicurezza nazionale da chiunque commessi. Ecco allora che, tirate le somme, non vi è chi non veda un sistema agile e moderno che supera in garanzie il sistema americano e non ha nulla da invidiare al francese, definito sorta di Monarchia ... repubblicana per la particolare posizio­ne del Presidente. Non vi è la separazione assoluta dei poteri si come nel sistema presidenziale puro, mentre non manca una sicura distribuzione degli stessi nella soprintendenza generale del Capo dello Stato, appunto il Re.

V'è una interegenza di poteri che non si annullano ma si com­pendiano e non vi sono confini ambigui tra un potere ed un altro. Il Parlamento, ad esempio, pur nella non sussistenza del regime parlamentare del rapporto fiduciario, fa politica perché fa le leggi e con le leggi si tracciano gli indirizzi dello Stato, si danno i poteri dell'amministrazione, non solo vincolandola con la legge finanzia­ria, si stabilisce ciò che può essere e non essere fatta Non avvie­ne ciò in America, che trattandosi di Stato Federale, le leggi di immediata efficacia nei confronti dei consociati sono quelli dei singoli Stati, né può il congresso imprimere una linea politica ad un Governo totalmente autonomo e distaccato da essi.

Si è senno che il sistema intanto è attuale, e ciò non può essere controverso, in quanto ben si attaglia ad un modello repubblicano con elezione diretta del popolo. Ma la modernità di un modello rappresentativo monarchico non cessa di esistere se si tiene conto:

a)  che resta sopra le parti ed essenzialmente persona superpartes, laddove il Presidente altro non è se non l'espressione di una fazione in un dato periodo storico, ancor meno: in un dato periodo cronologico;

b)  ha, in quanto carica vitalizia, il carattere della stabilità ed e per Questo garanzia di normalità nella conduzione della Nazione e, soprattutto, è svincolato dall'esecutivo e perciò libero da ogni ricatto di parte.

Valutate nel laboratorio delle vostre riflessioni le proposizioni che ho avuto l'onore di sottoporvi e che rappresentano non scien­ze archiviata, ma, tranne dettagli e lucidature, attualizzazione di un sistema di normazione istituzionale. Ma io mi chiedo: se la Monarchia fosse stata oppressiva, come si spiega la nostalgia dei popoli die l'hanno persa? E siccome io non devo affidarmi, ho fatto questo impegno solenne, a nessuna prosa sentimentale, mi Permetto affidarmi al diario di queste consistenze, tratto proprio dai costituzionalisti, i più seri, i più impegnati.

Dutavier: (francese), ed e un tema questo che è stato riproposto proprio da Fisichella nel momento in cui ha tracciato la panoramica generale, globale, sull'importanza della Monarchia e sulle risposte che la Monarchia dà alle attese di un popolo.

Seguite: i popoli dell’Est europeo si ribellano invocando i loro Sovrani in esilio e chiedendo a gran voce il ripristino della libertà religiosa, i due baluardi a difesa della dignità dell’uomo. Così la principessa Maria Luisa di Bulgaria, figlia di Re Boris, morto in circostanze drammatiche, e della regina Giovanna di Savoia, appena giunta per una visita privata in terra bulgara, trova ad attenderla mezzo milione di persone che l’acclamano in un tripudio di gioia con un tappeto di fiori lungo ben sette chilometri. Un trionfo da Regina, dopo quarantotto anni di esilio mentre Simeone di Bulgaria è libero di vedere la sua patria. Re Michele di Romania dopo la caduta della feroce di Ceausescu improvvisamente e diventato un punto fermo di riferimento per i rumeni e per la Romania, sulla via di una lenta democratizzazione. L'Ungheria onora gli Asburgo e riscopre l’apporto dato alla civiltà slava, se è vero, come è vero che i simboli del glorioso impero austroungarico sono stati rimessi nella bandiera nazionale. La Cecoslovacchia e la Polonia, riscoprono gli antichi valori spirituali, morali e civili che hanno reso felice nel passato una realtà nazionale a reggimento monarchico.

Il Montenegro, tanto caro agli italiani perché ha dato i natali alla Regina Elena, Regina della carità e della dignità, riscopre i propri Sovrani in una vampata di orgoglio e di dignità di popolo e acco­glie le spoglie mortali con onori storici. I croati e gli sloveni e tutti i popoli della variegata Repubblica di Jugoslavia, si ribellano invo­cando il Re Alessandro di Jugoslavia in esilio a Londra, elevata a punto di riferimento per gli sviluppi politici e futuri. I sostenitori della Monarchia Asburgica si stanno molto attivando, perché capaci di grandi slanci di fronte a ripensamenti (non e dato sottovalutare il ritorno trionfale della salma dell'ultima Imperatrice Zita, consorte vedova dell'ultimo Imperatore Carlo).

In molli laend della Germania, e in forte ripresa l’idea della restaurazione monarchica e nella repubblicana Francia gli ultimi sondaggi danno grossi punti a favore della possibile restaurazio­ne monarchica, il che non ha bisogno di commenti; infine, la Russia, la ex-Unione Sovietica, che si esalta in una crescente ansia dl ritorno ai tradizionali valori ovili e spirituali di quel grande

popolo, l'altare e il trono.

Avevate ragione, cari Valore e Previtera, quando vi impegnava­te in queste ricerche. Avevate ragione perché sono ricerche oggi confortate dal controllo della storia, tanto che possiamo noi dire che la monarchia è anzitutto, e cominciamo ad approdare alle realtà propositive, sintesi di valori di stabilità istituzionale.

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La presenza del Commonwealth è la conferma di quanto noi sostenuto. La Monarchia opera il miracolo di unire popoli, razze, idiomi, tradizioni diverse e spesso posti in nome di una sola realtà viva. Il Sovrano, simbolo comune di affiatamento nazionale, di comuni tentativi per superare i particolarismi locali.

Tra tanti è possibile parlare della Nazione americana, quando apprendiamo che la divisione alla fine porta persino alla separatezza tra varie legislazioni. Il Re è il Re di tutti, dei presenti perché come persona fisica nella contingenza del presente vissuto, come parte integrante della dinastia e come Sovrano, cioè come istituzione senza tempo, seppure incarnata nel tempo. II Re della generazione passata perché legato alle generazioni trascorse a mezzo della successione dinastica; dinastia, Re Patria e popolo sono cosi un tutt'uno, pur nel fluire del tempo e degli eventi; è realizzazione che continua il cammino della storia delle radici di una Comunità nazionale.

Un filosofo del diritto, il mio maestro, un costituzionalista che sicuramente resterà non solo nella memoria, ma nel futuro delle generazioni italiane, parlo del grande Orazio Condorelli, quando ci insegnava ad amare la Patria, ammoniva: "La Patria ed il Re sono un tutt'uno; ma la Patria si serve anche quando si perde il Re, perché il Re questo vuole, perché la Patria è casa di storia e di memorie"!

 

E allora la Monarchia diventa anzitutto stile: immaginatevi un Re che esterni nelle occasioni che gli sono o non gli sono consentite, che soprattutto cerchi visite all'estero, incredibile ma così, per parlare delle miserie interne e dare un'impressione penosissima, soprattutto ai nostri connazionali all'estero, non chiamateli emigranti, sono sessantacinque milioni e rappresentano l'altra Italia - immaginate un Re che in visita istituzionale parli delle miserie interne, delle beghe, delle diatribe della Patria, quando sappiamo che arrivano in Italia Presidenti di Repubblica ... monarchici, e voi sapete a chi mi riferisco, che hanno la forza di passare su quello che è stata la rivoluzione tentata dalle sinistre nel proprio Stato, parlo della Francia, dove le sinistre hanno voluto dimostrare che il voto non serve a nulla fino a quando c’è la volontà delle sinistre di immobilizzare eversivamente la democrazia e ci vuole la grande forza di un Capo di Stato per resistere persino alle barricate ed arrivare in un'Italia che si era permessa in esternazione di parlar male di questo Stato, e dire: lo vengo a rendere onore al Santo Padre, non cer­tamente vengo in visita al governo degli insulti"...

E perché questi statisti? Perché il senso dello Stato non si compra alla Standa, non si improvvisa, non lo insegnano i Partiti. O si ha o non si ha. È come la nobiltà dell'animo: o c’è o non c'è. È come l'onestà: può essere affinato ed è affinato con l'educazio­ne, con l'esperienza, col Governo dei problemi. Non può succedere mai che improvvisandosi statisti tali si resta, perché al primo impatto si sfascia l'immagine precaria. Organizziamo una rifles­sione: l'ingegneria costituzionale non deve inventare solo progetti possibili, e torno di nuovo a Fisichella. Deve anche autorizzare istituti fondamentali e perenni. Ma voi pensate, nell'epoca dei diritti diffusi, Avv. Caroleo, quando persino le organizzazioni, le più variegate, possono costituirsi parte civili in processi particolari di ambiente o di violenza e così via, nell'epoca dei diritti diffusi noi ci siamo ingegnati (!) a sopprimere il diritto fondamentale, vale a dire quello dell'esercizio della democrazia, con l'art. 139 della Costituzione, che non rende soggetta a revisione costituzionale una forma che si dice scelta dal popolo!

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