NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 27 agosto 2017

Chi usa la memoria per cercare consenso

Non è davvero nostro costume condividere i post di un giornale quale "repubblica", che ci risulta odioso per decine di motivi di cui il nome è solo l'ultimo.
Ciononostante in questa occasione, come in altre rare, ci sentiamo di poterlo fare. Perché se di un certo modo ignobile di cambiare la storia si accorgono persino loro allora forse la misura è colma.
L'ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860 

Tira una brutta aria antiunitaria nelle istituzioni locali del paese, Regioni e Comuni del Mezzogiorno in particolare. Il 4 luglio il consiglio regionale della Puglia approva quasi all’unanimità, con pochissimi dissensi trasversali e col favore di partiti di destra, di centro e di sinistra, una mozione presentata dal M5S per ricordare “le vittime meridionali dell’Unità d’Italia, i paesi rasi al suolo” e promuovere convegni ed eventi “atti a rammentare i fatti in oggetto, coinvolgendo anche istituti scolastici di ogni ordine e grado”.

È solo l’ultimo atto, per ora, di un’impressionante sequenza iniziata il 13 febbraio. In quel giorno il M5S deposita presso il consiglio regionale della Campania la mozione per le vittime dell’Unità. Il documento prevede l’istituzione di una “giornata della memoria” nell’anniversario della resa di Francesco II a Gaeta (13 febbraio 1861) per ricordare i meridionali morti nel processo di annessione e “ristabilire una verità assente nei manuali scolastici”. La mozione è sostanzialmente la stessa che, tra febbraio e marzo, farà capolino in altre istituzioni regionali come Abruzzo, Molise, Basilicata, Sicilia e in molti Comuni. Nello stesso periodo Sergio Puglia del M5S presenta analoga proposta al Senato della Repubblica: nel suo intervento sostiene che al Sud i piemontesi si sono comportati nientemeno «come i nazisti a Marzabotto» e nello stesso calderone, a supporto della sua tesi, mette insieme i nomi di Gramsci, Montanelli e Aprile.

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