NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 18 aprile 2017

Il Nobel alla Marina

Dalla rubrica del Corriere della Sera "Lo dico al Corriere"
14 aprile 2017

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Caro Aldo, 
il centro Pannunzio vorrebbe proporre la Marina militare italiana per il Premio Nobel per la Pace. Il salvataggio di vite umane che i nostri marinai hanno realizzato in questi anni fa pensare a quanto accadde cent’anni fa, tra il 1915 e il 1916, quando la Regia Marina protesse l’esodo dell’esercito serbo e trasse in salvo 115 mila profughi. Ieri e oggi, una grande lezione di civiltà e di grandi valori umanitari. 
Pier Franco Quaglieni Quaglieni@centropannunzio.it


Caro Pier Franco, 
Mi associo alla sua proposta. A maggior ragione perché il centro Pannunzio rappresenta un caposaldo della cultura liberale torinese, che con il suo rigore e la sua serietà è agli antipodi dei buonismi capaci di nuocere alla migliore delle cause. 
Gli uomini di mare conoscono e praticano l’imperativo di salvare vite umane, proprio perché sanno la nostra precarietà e la fragilità di fronte alla natura e alle condizioni avverse. Mi viene in mente un bellissimo film di qualche anno fa, «In solitario», passato in Italia quasi inosservato. Il protagonista è l’attore francese di «Quasi amici» François Cluzet, che stavolta interpreta un velista, Yann Kermadec, impegnato nella più importante regata al mondo, il Vandée Globe. Costretto a una tappa d’emergenza alle Canarie, Yann riprende l’oceano ma scopre che a bordo si è intrufolato un ragazzo, Mano Ixa, un sedicenne della Mauritania. Mano è afflitto da un’anemia, che lui crede sia una maledizione, e vuole andare in Francia per curarsi: ha visto una barca con il tricolore bianco rosso blu, e pensa sia diretta in patria. Quando apprende che invece la barca deve fare il giro del mondo, rimane stupefatto: «E perché?». 
Il film finisce bene. Il velista all’inizio vorrebbe liberarsi dell’intruso che rischia di farlo squalificare: il povero Mano è sul punto di essere abbandonato al largo del Brasile, poi in Nuova Zelanda. Ma Yann alla lunga si affeziona e rinuncia alla vittoria pur di non rinnegare il suo quasi amico. La realtà è ovviamente molto più complicata. Lo ripeto: nessun Paese può reggere i flussi migratori cui è sottoposta oggi l’Italia; la rotta del Mediterraneo va chiusa, il controllo dei mari va sottratto ai trafficanti, si devono aprire i corridoi umanitari per i profughi che ormai chiede pure Salvini. Ciò non toglie che se noi potessimo conoscere davvero le persone che arrivano, avremmo un approccio meno aspro di quello che misuro ogni giorno leggendo le lettere al Corriere.



«Sarebbe giusto assegnarlo alla nostra Marina»
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15 aprile 2017


Mi associo in maniera incondizionata alla proposta di assegnazione del Nobel per la pace alla Marina militare italiana fatta dal Centro Pannunzio sul Corriere di venerdì 14 aprile. Aggiungo però che non andrebbero dimenticate le popolazioni del nostro Sud che accolgono i migranti.
Maurizio Panciroli Pavia



Aderisco alla importante proposta del professor Franco Quaglieni per l’assegnazione del Nobel per la pace alla nostra Marina militare. 
Domenico Giglio Presidente del Circolo Cultura ed Educazione Politica «Rex» Roma

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