NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 21 agosto 2016

No alla riforma degli strafalcioni e degli inganni!

L'occasione buona per dire come la pensiamo circa il referendum sulla riforma costituzionale. Ci torneremo su.


Nella biografia  del più grande romanziere della lingua italiana dell’800, Alessandro Manzoni, si legge che lo scrittore fosse profondamente insoddisfatto della sua opera dal punto di vista linguistico. Decise perciò di trasferirsi per un certo periodo a Firenze, ove intrattenne rapporti con i migliori linguisti dell’epoca, per tradurre il suo romanzo, ricco di espressioni milanesi, in fiorentino, da cui la famosa frase “risciacquare i panni in Arno”, di modo che fosse scritto in una lingua più vicina a quella parlata e potesse essere compreso da un pubblico il più vasto possibile senza distinzione di ceto e di livello di istruzione.
Nel 1947 l’Assemblea costituente, dopo aver approvato il testo della Costituzione repubblicana, affidò ad un gruppo di esperti letterati il compito di purificarne il testo dagli errori sintattici, dai termini burocratici e dalla verbosità novecentesca, in modo da avere una Carta fondamentale dei diritti e dei doveri chiara e comprensibile a tutti, senza bisogno di interpretazioni di tecnici del cavillo.
Queste due importanti lezioni sembrano essere sfuggite al terzetto responsabile della stesura della cosiddetta riforma costituzionale che tra qualche mese sarà sottoposta a referendum confermativo.
Ogni cittadino sano di mente ha il diritto-dovere di "schierarsi" sulle regole fondamentali della repubblica e dare una lezione di senso civico e di coraggio a quei conigli che siedono nei sacri palazzi che, pur di salvare lo scranno, i privilegi, e le prebende, hanno votato una pessima riforma.
Il trio dei toscani (ma guarda un po’ che scherzo della sorte!) Renzi, Boschi, Verdini, che avrebbe dovuto possedere per dono di natura la capacità di esprimersi in italiano corretto è inciampato in errori sintattici che vengono irrimediabilmente marcati con la matita blu e in ragionamenti contorti da leguleio di provincia.
Possibile? Purtroppo con l’aggravante che deputati e senatori, molti dei quali vantano, almeno sulla base dei loro curriculum, titoli accademici di tutto rispetto, hanno svolto un ruolo subalterno e servile, tradendo lo spirito della Costituzione della repubblica parlamentare senza il minimo sussulto di dignità.
Se affermo che la riforma è scritta male, non intendo limitarmi ad un raffronto con quella elaborata 70 anni fa dai padri costituenti, ma sottolineare che è scritta proprio male come non farebbe nemmeno un alunno di scuola media.
C'è un refuso, inammissibile per un giornalino parrocchiale ma che sancito nella Carta costituzionale fa accapponare la pelle. Leggere per credere, addirittura nel primo articolo dedicato al Senato! Roba forte da rimanerne sbigottiti:
“Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea”.
Gli scrivani fiorentini, meglio dire gli scribacchini, con il loro linguaggio sciatto, sintomo di un malessere inconsapevole, hanno scritto per due volte nello stesso comma ben 14 parole di fila, a distanza di due righe: esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica.
Un altro esempio di contorsionismo verbale, intellettuale e politico? Basta confrontare il vecchio testo dell’art. 70 sulla potestà legislativa di 9 parole (“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”) con quello, redatto con la stessa puntigliosità di un regolamento condominiale, imposto dal governo ad un parlamento di imbelli che lo ha approvato quattro volte.
Il nuovo art. 70 è di ben 440 parole e mi scuso in anticipo con il lettore se gli infliggo la pena di leggerlo perché si convinca che così com’è la riforma va buttata al macero, scrivendo NO sulla scheda del referendum. Viceversa se onestamente dichiara di afferrarne il senso e valutarne per intero le aberranti conseguenze applicative della variegata casistica di formazione delle leggi, senza servirsi della traduzione di un esperto in arzigogoli e pandette mi converto al SI.
Questo il testo dell’art. 70 sottoposto ora alla conferma popolare:
«Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli:
57, sesto comma; 80, secondo periodo; 114, terzo comma; 116, terzo comma; 117, quinto e nono comma; 119, sesto comma; 120, secondo comma; 122, primo comma; e 132, secondo comma.
Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.
Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati.
Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata.
L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione.
Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti.
I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione.
I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti.
Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati».
I presidenti delle Camere che qui vengono chiamati ad un ruolo taumaturgico non hanno nulla da dire per aver soppresso con ogni tipo di forzatura ed abuso di tagliole, di ghigliottine e di canguri  la voce dell’opposizione ed avallato un simile obbrobrio? E’ gravissimo che a un Parlamento eletto con una legge giudicata incostituzionale dalla Corte Costituzionale sia stato concesso di sconvolgere il patto che sorregge da 70 anni la vita politica e sociale del nostro paese per di più non su sua iniziativa, come vorrebbe il buon senso quando si tratta di scrivere le regole, ma su diktat del primo ministro. Le buone leggi si scrivono quando la politica non fa tutto da sola.
Il governo ha ripetuto all’infinito che il Paese è arretrato, impantanato, senza crescita, con i parametri economici negativi ed il debito pubblico galoppante (al 30 giugno record di 2.248 miliardi di euro con un + 70 miliardi rispetto al mese precedente) perché il sistema è fondato sul bicameralismo. Mai inganno più colossale è stato ordito contro la credulità popolare. Il partito democratico, da Renzi in giù attraverso la Boschi, Serracchiani, Verini, Zanda, Rosato, Finocchiaro ecc. senza temere il ridicolo, è arrivato a promettere per bocca dell’ineffabile ministra Mariaele che con il nuovo articolo 70 si aumenterà il PIL e si potrà sconfiggere il terrorismo. La Boschi non solo dimostra di aver perso la consapevolezza dei problemi che ha di fronte ma addossando ad una questione di tecnica parlamentare i guai del paese e del mondo offende l’intelligenza di un popolo intero.
Non se ne può più di sentire ripetere la cantilena che distorce e falsifica la realtà, del “cambiamo la costituzione perché l'Italia ha bisogno di decisioni rapide e non è tollerabile avere due Camere legislative che fanno le stesse cose mentre il parlamento dovrebbe legiferare più velocemente” come se fosse una fabbrica di bulloni la cui produttività si misura in base ai pezzi prodotti. Non dicono che i provvedimenti presi più velocemente sono stati anche i peggiori: il decreto Fornero fu convertito in quindici giorni lasciando sul lastrico centinaia di migliaia di persone; le norme ad personam di Berlusconi furono approvate come fulmini a ciel sereno, salvo poi vederseli bocciare dalla Corte Costituzionale; il Porcellum fu promulgato in due mesi, ecc.
I nuovi costituenti da strapazzo hanno scambiato la quantità con la qualità. A loro non importa che le leggi siano ben fatte, quello che interessa è che si facciano secondo i voleri del boss, come è accaduto per la legge elettorale. Dicevano che l'italicum era la migliore legge elettorale possibile perché avrebbe permesso di conoscere il vincitore delle elezioni appena fatto lo spoglio.
Renzi ha ripetuto infinite volte che il telegiornale a spoglio ultimato deve annunciare al popolo chi ha vinto, come se fosse un’olimpiade, disorientando il popolo per concentrarne l’attenzione solo sulla sera delle elezioni, più che sull’arte del buon governo, sul suo progetto culturale,  di welfare, di riduzione della forbice di povertà, di crescita. Ora però si sono accorti, con in testa  il peggiore presidente della repubblica, e perciò rieletto, che con quella legge potrebbe vincere il M5S ed allora non va più bene. Bisogna cambiarla perché il sistema è diventato tripolare. Non deve vincere il migliore, ma solo quello che fa comodo.
Ma la legge elettorale non fu approvata con il voto di fiducia? Ed allora il governo e i parlamentari ne traggano le conclusioni: se la legge non va più bene il primo si dimetta e gli altri abbiano la decenza di tacere.
Le riforme devono valere nel tempo e non rispondere all'esigenza politica del momento di questo o quel partito, debbono migliorare la qualità della vita dei cittadini, allargare a loro favore il campo dei diritti, alleviare la povertà, ridurre le enormi differenze socio economiche. Se non sono ispirate a questi obiettivi si tratta di truffa e di propaganda di regime.
Andando al sodo il vero intento del premier e della sua musa ispiratrice è chiaramente quello di un premierato assoluto che abbia in pugno non solo l’esecutivo ma anche il potere legislativo con una Camera fatta per il 70% di deputati nominati, scelti tra i fedelissimi e con il Senato ridotto a un terzo dei componenti (da 315 a 100) nominati dai consigli regionali, specie di dopolavoro, seppur dotato di orpelli e immunità e che riduca a un ruolo subalterno gli organi di garanzia: Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, Csm.
L’eccessivo ampliamento dei poteri del Presidente del Consiglio che è anche segretario del PD, è il risultato della combinazione di questa riforma costituzionale con la nuova legge elettorale che assegna un abnorme premio di maggioranza al primo partito (fosse anche portatore di solo il 25% dei consensi al primo turno).
In nessun paese democratico il primo ministro oserebbe imporre il cambiamento in un sol colpo di ben 49 articoli della costituzione, anziché attuarne sul serio i principi tutt’ora negati a milioni di italiani e compensare con le buone pratiche politiche gli eventuali difetti del sistema. Ad esempio chi ha mai sentito Renzi, la Boschi o i loro coristi, parlare  dell’attuazione dell’art. 36: “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.?
C’è da provare un senso di pena per la modestia intellettuale di chi adduce come motivo principale della riforma la riduzione dei costi della politica. Lo si fa per impressionare a buon mercato un’opinione pubblica disorientata dalla crisi, scadendo in un populismo sguaiato e mendace, dimenticando gli sprechi quotidiani, il voluto fallimento della spending review, per non toccare gli interessi consolidati delle banche, delle assicurazioni, delle multinazionali del gioco, del petrolio, del tabacco, la Confindustria, i sindacati gialli ecc.
Cerchiamo dunque di riassumere il decalogo delle bugie ingannatrici della buona fede popolare per sventare lo stravolgimento della nostra Repubblica:
La riforma supera il bicameralismo? NO, anzi lo rende più confuso come ampiamente dimostrato dal nuovo art. 70.
La riforma cancella il Senato? NO, lo trasforma in un dopolavoro per sindaci e consiglieri regionali ai quali viene tolta la potestà di dare la fiducia al Governo, ma viene regalata l’immunità.
La riforma è chiara e scritta bene? NO, contiene errori, è confusa, pasticciata e di difficile comprensione oltreché fonte di contenzioso tra le Camere.
La riforma garantisce la governabilità e la democrazia? NO, scompare l’equilibrio tra poteri dello Stato, si riduce l’area dei diritti del cittadino che non elegge più il proprio parlamentare.
La riforma è fatta a norma di legge? NO, è illegittima perché elaborata e imposta dal governo e approvata con ricatti e voti di fiducia da un parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale.
La riforma rispetta la volontà popolare? NO, la espropria riducendone il potere di partecipazione diretta (le firme necessarie per leggi di iniziativa popolare passano da 50.000 a 150.000).
La riforma taglia i costi della politica di mezzo miliardo di euro come dice il premier, imitato pappagallescamente dai suoi gazzettieri? NO, il risparmio sugli stipendi dalla riduzione dei senatori, secondo i calcoli della Corte dei Conti è di soli 46 milioni di euro quanti se ne spendono ogni anno per il leasing del super aereo del Presidente del Consiglio e sei volte di meno di quanto il Governo ha sprecato rifiutando l’accorpamento del referendum anti trivelle con le elezioni comunali.
La riforma contribuisce all’aumento del Pil? NO, perché solo il lavoro, la produzione, gli investimenti pubblici e i consumi possono spingere in alto il Pil che non è una variabile indipendente della politica.
La riforma accelera l’attività della pubblica amministrazione? NO, perché non ha nessuna ricaduta sulla macchina amministrativa. Vinte le elezioni europee Renzi aveva promesso che entro il 21 settembre 2014 avrebbe estinto il debito dello Stato nei confronti dei fornitori di beni e servizi ammontante a 90 miliardi. Ad oggi, dopo due anni, il debito dello Stato verso i privati è ancora di 61 miliardi mentre il ritardo nei pagamenti è sceso appena del 9% passando da 144 a 131 giorni (la media UE è di 45 giorni, in Gran Bretagna di 30 e in Germania addirittura di 15).
La bocciatura della riforma significa lo sconquasso? NO, bisogna rigettare lo spauracchio del TINA (there is no alternative) e sapere sin d’ora che se con l’autunno e l’inverno arriveranno ulteriori sacrifici sarà solo per le cambiali in bianco delle clausole di salvaguardia per 15 miliardi di euro che Renzi ha firmato con l’Europa.
Se i parlamentari non hanno saputo mantenere la schiena dritta di fronte all’arroganza del premier, lo faranno col referendum i cittadini che non temono rappresaglie e che hanno preso coscienza dei loro diritti.
Sarà possibile modificare la Carta, ma occorrerà da una parte l’umiltà di ascoltare i consigli dei “gufi” e dei “professoroni” per produrre un testo migliore di quello dei padri costituenti e dall’altra la lungimiranza di lasciare ai figli una società più giusta, più equa, più sana.


Torquato Cardilli

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