NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 1 aprile 2011

Un’ipocrisia cancellare Casa Savoia


articolo di sabato 19 marzo 2011
di Redazione di www.ilgiornale.it
C’erano anche loro al Pantheon, defilati, come parenti scomodi, da nascondere, mentre l’Italia unità ricordava il loro trisavolo. Le cronache raccontano che gli ultimi Savoia hanno deposto una corona d’alloro davanti alla tomba di Vittorio Emanuele II. Ma sono arrivati dopo, quando la cerimonia scemava, Napolitano non ha avuto neppure il tempo di stringergli la mano. È così che gli eredi del primo Re d’Italia si sono ritrovati a fare la parte dei figuranti. Comparse. Solo perché non se ne poteva fare a meno. È vero che le cronache di questi tempi non li hanno aiutati. Vittorio Emanuele, il re senza corona e senza scorta, si è lasciato sfuggire una confessione che fa male. Ma un po’, senza retorica e senza nostalgia, in questo centocinquantenario della patria l’assenza della monarchia si è sentita. L’imbarazzo ha generato un fotoritocco mentale. I Savoia spostati più in là, dietro le colonne, dove si intravedono, ma quasi non sono riconoscibili. L’effetto ricorda le foto sbiadite della rivoluzione sovietica, dove ogni tanto veniva sbianchettato qualcuno. I Savoia non sono vittime, ma resta quel sapore un po’ falso. Nel bene o nel male gli eredi del re piemontese non si possono cancellare con un tratto di penna. Stanno lì, nella nostra storia.
Il Risorgimento è stato raccontato, in questi mesi, in tutti modi, pronipoti e consanguinei dei padri della patria rivelavano segreti di famiglia e ricordi lontani e più o meno dimenticati. Ai Savoia quasi nessuno ha avuto il coraggio di chiedere qualcosa. Emanuele Filiberto si è limitato a ricordare che anche lui ora si sente veramente italiano. Un uomo in cerca di cittadinanza. Questa grande festa patriottica ha riunito un po’ tutti, i vivi e i morti, i rossi e i neri, i sudisti e i papalini, i vincitori e gli sconfitti, i rivoluzionari e i codini. Perfino i lùmbard alla fine non hanno snobbato fino in fondo l’unità d’Italia. Hanno sottolineato la loro identità, facendo più colore che veri boicottaggi. Sulla scena c’erano i rappresentanti del Papa, che pure in quel epopea risorgimentale stava tra quelli che l’unità l’ha subita e, almeno per Pio IX, neppure perdonata. La Chiesa che conosce i tempi ha abbracciato il tricolore. I Savoia volevano farlo, ma questo Paese non se l’è sentita di stringergli la mano. E così siamo tornati al vecchio quesito risorgimentale: si può fare (in questo caso festeggiare) l’unità d’Italia senza i Savoia? 
da http://www.ilgiornale.it/interni/il_commento_unipocrisia_cancellare_casa_savoia/19-03-2011/articolostampa-id=512344-page=1-comments=1

1 commento:

  1. Dal 20 marzo, tutto è tornato come prima... i Savoia nella nebbia, la repubblica più forte che mai. Siamo rimasti 4 gatti, non ci arrenderemo, ma quale futuro abbiamo ?
    Dico la mia con tristezza; al Phanteon i Sovrani mancanti non ci arriveranno mai, ma forse è meglio così, perchè in terra straniera mantengono il loro prestigio, a Roma dovrebbero sopportare l'onta di ricevere la visita di un presidente ogni 50 anni !

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