È
di questi giorni la notizia, e da fonte certa, che si stia organizzando il
rientro in Italia delle spoglie mortali del Re Umberto II di Savoia, deceduto a
Ginevra il 18 marzo 1983, e anche di quelle della Regina Marie Josè, deceduta,
sempre a Ginevra, il 27 gennaio 2001, ed entrambi sepolti nella Reale Abbazia
di Hautecombe, in quella Savoia ove, oltre mille anni fa, Umberto Biancamano,
il Capostipite del Casato, si affacciò sulla Storia dell’umanità.
Naturalmente
questo “real rientro”, dopo quasi ottant’anni (almeno per il Re
Umberto), sarà di notte, senza dare troppo all’occhio, e probabilmente nel
Santuario Regina Montis Regalis di Vicoforte, in provincia di Cuneo, ove già
riposano le spoglie mortali del Vittorio Emanuele III e della Regina Elena.
Secondo
le sue precise volontà, il Re Umberto aveva stabilito che se fosse morto a
Cascais, sarebbe andato nel cimitero dei poveri, se fuori il Portogallo, nella
Abbazia di Hautecombe, se in Italia, nel Pantheon di Roma, sacrosanta ultima
dimora dei Re d’Italia.
Invece
ancora una volta, anche dopo la morte, e trentotto anni di esilio, le sue
volontà e la sua fermezza di Re non abdicatario non saranno probabilmente
rispettati.
Basti
analizzare il suo contegno e la sua signorilità in appunto trentotto anni di
esilio volontario.
Naturalmente sorgeranno polemiche, anche fra monarchici, per
chi non accetterà questa sepoltura, e sicuramente non va accettata.
Diamo però ragione a quella Signora che si chiama Storia.
Non mi permetto di sottolineare la pochezza di certi
commenti di alcune sedicenti Associazioni e/o Comunità in quanto tali commenti
non furono neanche accennati nel 1957 quando furono inumate le spoglie mortali
di Benito Mussolini in quel di Predappio.
E neanche commento le critiche becere che la traslazione avverrà
con un volo di Stato (attualmente usato anche per andare a vedere una partita
di calcio da certi politici).
Quindi continuiamo ad onorare la memoria dei nostri
Sovrani, ma rispettiamo le loro volontà.
Di Re Umberto ricordiamo sempre il nobile Proclama con
cui il 13 giugno 1946, lasciò l’Italia, in cui, tra l’altro, scrisse:
“(…)
Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi ed
al potere
indipendente e sovrano della Magistratura, il Governo ha compiuto un gesto rivoluzionario
assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario poteri che non gli spettano e mi
ha posto nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire
violenza.”.
Il Re, non abdicatario (se
lo avesse fatto avrebbe dovuto riconoscere il sopruso di cui era stato fatto
bersaglio), lasciando la Patria si sacrificò per il bene della medesima. Ma,
pur protestando, sciolse dal giuramento di fedeltà quanti lo avevano prestato
ma “non da quello verso la Patria”.
Ed il pensiero religioso
che fu trovato a Cascais il 22 marzo 1983, quattro giorni dopo la sua morte:
“(…)
poco importa a me d’esser giudicato da un tribunale di uomini… ne’ mi giudico
da me stesso poiché non ho coscienza di aver commesso alcunché; ma non per
questo sono giustificato: mio Giudice è il Signore”.
“Io mi avanzo pieno di speranza alle Tue soglie del Tuo
divino Santuario la cui fulgida luce ravvisai sul sentiero misurato dai miei
passi mortali.
Alla Tua chiamata, o Signore, io vengo
tranquillo”.
Questo
è il suo esempio, questa è la sua Fede, e porteremo nel cuore sempre la nobile
figura del Re Umberto II di Savoia.
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