Anni
fa, mentre passeggiavo sotto ai portici di Portobuffolè, uno dei borghi più
belli d’Italia sito in provincia di Treviso, passavo da una bancarella
all'altra presa dalla mia passione per le cartoline riguardanti la Reale Casa
Savoia. I mercatini dell'antiquariato allora erano un'abitudine domenicale che
raramente perdevo, all'epoca era più semplice trovare pezzi di tutto rispetto,
con prezzi che variavano a seconda della scena, dell'evento, che fosse
viaggiata o no, e anche le parole scritte davanti o sul retro facevano la
differenza. Alcune infatti sono la testimonianza di vite passate e sentimenti
che sembrano ancora emanare tutta la loro energia, altre attestano invece fatti
storici e visite che i Reali facevano presso ogni città d'Italia.
Una
domenica mi imbattei in qualcosa di diverso, quel pomeriggio fui folgorata da
due manifesti datati 1903 e che annunziavano l'uno l'arrivo di Re Vittorio
Emanuele III e della Regina Elena a Treviso e l'altro la loro partenza. Ovvio
che non me li feci sfuggire.
La
misura dei manifesti purtroppo imponeva qualche piega ma nulla, neanche lo
scorrere dei decenni, ha intaccato la ricchezza di linguaggio e la ricercatezza
di parole con le quali i Reali furono omaggiati dalle autorità locali.
L'arrivo
era indicato precisamente fin nell'orario, le 17:35 del 27 agosto 1903, e un
moto di profonda gratitudine annunciava con giubilo alla cittadinanza l'arrivo
dei Savoia nel capoluogo della Marca.
Vittorio
Emanuele III vi giungeva per sovraintendere le grandi manovre che all'epoca si
svolsero in Veneto.
La
loro venuta nella città veneta sembrava destare uno spirito patriottico,
parlava di avvenire e aspirazioni, parole alle quali ahimè attualmente non
facciamo più riferimento. E tutto poi finiva nella gioia di accogliere la
Regina Elena, vista come "luce di grazia e beltà" che coronava
nobilmente, sia d'aspetto che in sentimenti, questo soggiorno reale a Treviso.
Altresì
chiare sono le emozioni che traspaiono dal manifesto di commiato datato 7
settembre 1903, un fiume di riconoscenza immortala nel testo tutto l’affetto
con cui l'allora amministrazione comunale scrisse con enfasi i manifesti. Di
certo il Re aveva palesato la sua ammirazione per la città e la cittadinanza
tanto da lasciare in dono una somma destinata in beneficenza a Istituti "visitati
o segnalati per speciali ragioni".
La
gratitudine era reciproca, da come si evince leggendo lo storico documento, e
si intuisce quanto fossero condivisi questi sentimenti tra il Re e la Regina,
quest'ultima sempre pronta a porgere la mano verso il prossimo e lenire
sofferenze con la sua materna presenza.
Non
sappiamo di certo quali emozioni abbia suscitato nella coppia reale questo
soggiorno trevigiano, di certo la nobiltà d'animo della Regina Elena avrà
propiziato qualche visita alle persone più bisognose a cui Ella amava andare
incontro. Il suo cuore caritatevole emergeva ovunque, la sua sensibilità avrà
scorto il più invisibile degli uomini suggerendo al suo amato consorte questo
ennesimo slancio di generosità che in lei si materializzava come presenza, si
sentiva la mamma di tutti il suo popolo.
Il
lascito aveva una valenza economica sicuramente efficace, ma superiore era
l'immensa eredità che i cuori della coppia regale lasciarono sicuramente anche
a Treviso.
Piego
accuratamente i manifesti, un po' spiace riporli in un cassetto perché tra
quelle frasi che apparentemente appaiono di circostanza si cela un mondo a noi
oggi sconosciuto, uno spirito che parla di Patria e gratitudine e fa sentire
l'eco lontana di un’appartenenza alla comunità che attualmente si disperde in
un'apparente affermazione di Stato che risulta fioca rispetto all’essere Patria.
Etimo quasi ignoto quest’ultimo , la sua scomparsa contribuisce a far scordare
le nostre radici, la tradizione, il sentirsi appartenenti ad una comunità che
vorrebbe ritrovare sé stessa e il suo spirito, audace e allo stesso tempo
solidale. E mentre immagino questa copia regale attraversare elegantemente
piazza dei Signori penso alle sensazioni degli stessi, alla realtà toccata con
mano, alle necessità alle quali la Regina non si sottrasse, lasciando con il
consorte il tenero ricordo del suo passaggio. Come fosse una di quelle poesie
che lei vergava da ragazza con entusiasmo e stupore. La farfalla azzurra non
aveva smesso di volare e credo che le sue ali amino riempire l'aria della sua
Patria di ogni bene, proteggendo la sua amata gente. Ella sapeva unire l'amore
per la bellezza alla carità, e questa grazia sottile e sublime traspare anche
da questi manifesti che conservo come fossero parte di me, ricordandomi un
mondo vicino e lontano, scordato ma vivo, accantonato ma mai vinto.
Ecco,
mentre i miei occhi scorrono tra queste frasi, io immagino la raffinatezza di
un'anima nobile che ha solcato le vie di Treviso a braccetto del suo amato e
regale consorte, quando soffiava la brezza di ideali e di valori oramai sfumati
all’ombra di effimeri slogan senza anima né di forti principi. La Regina Elena li
incarnava tutti, con assoluta grazia e maestria, vivendo per amare. Questo la
rese nobile, illustre ed esempio di generosità e carità. Ecco, Ella rifulge anche
da questi due manifesti che ci riportano ad un passato che respira tra le
parole scelte con accuratezza, per incorniciare un evento che all'epoca
coinvolse la cittadinanza nella gioia di accogliere la coppia Reale e di
sentirsi uniti alla propria Patria.
Monia
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