NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 13 dicembre 2020

Capitolo VIII Il primo combattimento a Parigi

 


di Emilio DEl Bel Belluz

 

Primo trascorreva gran parte della giornata in palestra, gli allenamenti duri e i pugni presi facendo i guanti con un peso massimo lasciavano il segno. Qualche volta era andato al tappeto, i pugni si danno, i pugni si prendono, ma quest’ultimi sono duri da assorbire. In quei mesi intensi aveva appreso molti insegnamenti della boxe. Gli piaceva Paul Journée: era una persona determinata, il suo volto era scolpito dai tanti pugni che aveva preso non solo sul ring, ma anche nella vita. Qualche volta, dopo gli allenamenti, mentre facevano due passi, gli aveva raccontato d’essere stato a combattere in Italia, contro un peso massimo molto importante: Erminio Spalla. Costui era poi diventato campione italiano ed europeo dei pesi massimi. L’Italia era piaciuta a Journée ed avrebbe desiderato farvi ritorno. Il mondo della boxe assomiglia a quello del circo, si va di paese in paese, facendo e disfacendo in continuazione le valige, sempre alla ricerca di momenti di gloria. Paul Journèe disse che il momento più bello per lui, fu la sfida al titolo dei pesi massimi francese. Nei giorni che seguirono Paul scrisse a Léon See di venire ad Arcachon per vedere il pugile, perché secondo lui era pronto per combattere. Léon See era un ebreo che aveva frequentato l’università di Oxford, e aveva una colonia di pugili a Saint-Germain, fuori Parigi: era considerata la più forte. Lèon See, non aveva voglia di spostarsi dal suo paese, ma fece uno sforzo. Un giorno arrivò alla stazione ferroviaria di Arcachon, e ad aspettarlo al binario c’erano Primo Carnera e Paul Journée. L’incontro non fu molto cordiale, anche se si conoscevano da anni. L’ex pugile dopo avergli presentato Carnera, lo aveva preso in disparte, dicendogli di avere fiducia in lui, era sicuro di avere tra le mani un gigante che avrebbe potuto scrivere il suo nome nel mondo dei pesi massimi. Il manager si mise un sigaro in bocca e continuò con il suo malumore. Primo si era reso conto che qualcosa non andava, ma non gli importava, se l’accordo non si fosse concluso, avrebbe fatto ritorno in Italia. Un lavoro come falegname l’avrebbe di sicuro travato. Quando Léon See vide il gigante di Sequals in palestra si accorse che davanti a sé aveva una scultura, un uomo possente, muscoloso, enorme che non ne aveva mai notato prima. Una massa di muscoli distribuita in quasi due metri, e quando lo vide fare i guanti con uno della palestra di Paul, si calmò. Non gli era dispiaciuto come si muoveva, ma si comprendeva molto bene che il giovane doveva continuare ad allenarsi, non era ancora pronto per salire sul ring. Doveva imparare ancora molti trucchi del mestiere. Dopo l’esibizione, l’impresario volle che si andasse a mangiare. Una volta seduti a tavola raccomandò al pugile di seguire il sogno del pugilato, e di allenarsi ancora più duramente. Per tre mesi Primo avrebbe dovuto solo frequentare la palestra, senza andare a lavorare nella segheria. Carnera mostrò la sua preoccupazione, i soldi erano importanti per lui: doveva aiutare la sua famiglia. Léon See prese dal portafoglio una somma di denaro pari allo stipendio di tre mesi in falegnameria e gliela consegnò. Sarebbe dovuto diventare ancora più forte e con più tecnica e solo allora sarebbe andato a Parigi per il suo primo incontro. Léon See disse a Carnera: “ Caro Primo pensaci su, ogni strada che si percorre nella vita è piena di sorprese, alcune anche belle, ma se vuoi raggiungere l’obbiettivo prefissato dovrai lavorare molto e non arrenderti alla prima sconfitta”. Carnera ascoltò con molta attenzione e, battendo un pugno sul tavolo, disse nella sua lingua che sarebbe stato all’altezza del compito e si sarebbe fatto onore. Quel giorno a tavola Primo aveva sbalordito Léon See per quello che aveva mangiato, sembrava non essere mai sazio, e quel pranzo era costato un capitale. L’allenatore accompagnò Léon al treno, e Primo li lasciò. La stazione era affollata di gente, tra cui molte coppie di fidanzati, e uno studente chino su un libro, con una matita rossa in mano. Léon appariva allegro, non si aspettava un gigante così grande, non disse nulla a Paul, ma era sicuro che qualcosa di buono sarebbe accaduto, ma bisognava lavorare senza tregua. Quei tre mesi sarebbero stati fondamentali. Allungò a Paul dei soldi, si raccomandò che Primo mangiasse carne in abbondanza. Léon See era un uomo furbo, da tanti anni nella boxe, conosceva il cuore dei pugili, sapeva cosa volesse dire arrivare al successo, ma bisognava costruire anche il personaggio, creare un nuovo Maciste affinché la gente lo considerasse un mito in cui immedesimarsi. Quando si salutarono, Léon gli regalò un sigaro molto costoso, ma Paul non fumava; l’avrebbe donato a qualche suo amico. Fuori della stazione incontrò un vecchio che gli aveva teso la mano, assieme a dei soldi, gli posò anche il sigaro rendendolo felice. La boxe è fatta di momenti che passano, bisogna saper sfruttare l’occasione e per questo bisognava crederci. Paul non era stato molto fortunato con la boxe, non aveva raggiunto il successo sperato, la gloria gli era stata lontana, si era nascosta, la gente però gli voleva bene. Grazie al mondo della boxe aveva trovato una donna da amare, erano nati dei figli e ora si aspettava di guadagnare del denaro per sistemarsi economicamente. Quando giunse a casa la moglie lo abbracciò, aveva notato la sua felicità, per le scale fischiettava una canzone popolare, di quelle che si cantavano alle sagre del paese. La moglie lo attendeva dal mattino, e si era preoccupata. Era una donna che lavorava molto per il bene della famiglia. La felicità di Journée era dovuta alla enorme opportunità che gli offriva Primo. Le settimane che seguirono furono davvero essenziali. Carnera si alzava alle cinque, si vestiva e andava a correre. In tutti i modi doveva ritrovare una forma perfetta e le sue prestazioni dovevano essere al massimo. Quando avrebbe dovuto combattere, doveva essere all’apice delle sue condizioni fisiche. Appena finito l’allenamento, si fermava in un bistrot frequentato da operai che andavano al lavoro, da gente umile, e da contadini che portavano i frutti della loro terra al mercato. La gente si era abituata a vedere quel gigante che stanco della corsa, si rifocillava con delle brioches appena tolte dal forno. A Primo piaceva parlare con le persone, e raccontava che doveva fare il suo esordio ufficiale nel mondo della boxe. Qualcuno conosceva per averlo visto assieme a Paul Journée. Carnera era felice perché in quel bistrot c’era una bella ragazza che spesso gli parlava. In quel posto si sentiva una celebrità, si augurava solo di vincere e di convincere. La boxe era tutto per lui, la giovane lo interrogava, gli chiedeva che gli parlasse dell’Italia, perché aveva una partente a Torino e le sarebbe piaciuto andarla a trovare. In quei tre mesi di duro allenamento, ogni mattina, era puntuale a consumare la sua colazione. Alcuni degli avventori scherzavano con lui, altri lo temevano, perché era talmente grande che faceva paura. Nelle palestre aveva fatto numerosi allenamenti con dei pugili che il suo allenatore aveva chiamato da fuori. Carnera li considerava come dei veri e propri incontri di boxe. La tecnica si stava affinando e il fisico da quando mangiava molte proteine si era sviluppato ulteriormente. Passava dalla casa, alla corsa per strada e alla palestra. Alla domenica andava alla Santa Messa in una chiesa poco distante da casa, lì aveva conosciuto il parroco che spesso si intratteneva a parlare con lui. In chiesa si metteva sempre in fondo, non avrebbe voluto nascondere nessuno. I tre mesi passarono, e Paul Journée chiamò al telefono Léon See per dirgli che il suo campione era pronto per salire sul ring. La condizione fisica era ottimale, bastava iniziare. A quell’avvenimento fu dato importanza e i giornali ne parlarono con degli articoli molto approfonditi. Per la seconda volta il pugile vide il suo nome sui giornali, la prima volta fu quando parlarono del combattimento con quei giovani che lo volevano picchiare. Con gioia ritagliò l’articolo che riportava una foto che aveva fatto durante gli allenamenti. Carnera svettava per la sua altezza e i guantoni che erano enormi. Nel suo cuore così genuino pensò che gli sarebbe piaciuto poter passare quella mattina al solito bistrot, e far vedere agli avventori quella pagina di giornale e, soprattutto, catturare l’interesse della ragazza, ma tutto ciò non era possibile. Infatti, si trovava già in viaggio per Parigi, la località dove avrebbe esordito. La data fissata era il 13 settembre 1928. Il suo procuratore, Léon See, si era accordato con l’organizzatore numero uno degli incontri pugilistici in Europa, Jeff Dickenson, e questi lo aveva ammesso in una riunione a Parigi. Al suo arrivo nella capitale francese, Primo assieme a Journée e a Léon See, era andato a trovarlo. Quando arrivò nel suo ufficio, il procuratore gli disse che aveva portato con sé un peso mosca, e questo pugile era molto bravo a combattere e meritava di ricevere un’ opportunità. Nel frattempo Carnera aspettava nell’ufficio della segretaria assieme a Journée. L’impiegata non aveva mai visto un uomo così possente e se lo mangiava con gli occhi. Quando entrò Carnera, Jeff che aveva trascorso molti anni nel mondo della boxe, non credeva che ci potessero essere atleti così alti e muscolosi. In quell’ incontro i due uomini d’affari avevano capito che avevano davanti una macchina da soldi che bisognava far partire. Il pugile, che era destinato combattere contro Carnera nel suo esordio, era un buon collaudatore che aveva fatto numerosi incontri nella categoria dei pesi massimi. Il match si sarebbe svolto nella Sala Wagraam; il pugile da affrontare era Léon Sébilo. La borsa per l’incontro era stata fissata in mille franchi, che erano un patrimonio per un pugile che incominciava la sua carriera, ma Jeff Dickenson aveva pattuito questa cifra che Primo pensava di mandare subito a sua madre. Da tempo non mandava soldi a casa, con suo grande dispiacere. La famiglia era sempre al primo posto nel suo grande cuore, la mamma, specialmente, per tutti i sacrifici che aveva fatto. La madre era l’angelo della famiglia, il fuoco che riscaldava il cuore in qualunque parte del mondo, uno si trovi. Carnera, la notte prima dell’incontro, si trovava in una bella camera d’albergo e rivedeva i momenti più belli degli anni trascorsi, come se assistesse ad un film. L’indomani, la sua nuova vita sarebbe incominciata come una piéce teatrale, e lui sarebbe stato l’attore principale. Nell’albergo erano confluiti alcuni giornalisti che volevano avere notizie su questo gigante italiano che esordiva al professionismo lontano dalla sua patria. Carnera rispondeva a tutte le domande, anche alle più cattive, ed ebbe modo di raccontare anche la sua dura esperienza di emigrante. Alcuni fotografi gli avevano fatto delle foto, assieme al suo avversario. Carnera si dimostrò felice e non preoccupato, tutto sarebbe stato nelle mani di Dio a cui sempre chiedeva aiuto che, finora, non glielo aveva mai negato. Un giornalista disse a voce bassa rivolto al suo allenatore, che sarebbe stato triste se perdesse, magari, per KO alla prima ripresa. Paul Journée gli rispose che questo sarebbe potuto accadere solo al suo avversario. Qualche ora più tardi Carnera entrava nel luogo del combattimento con un accappatoio, su cui il suo allenatore aveva fatto scrivere il suo nome e cognome. Anche questo aveva inorgoglito il campione, i guantoni erano già indossati, e salito sul ring, Carnera sventolava la sua bandiera italiana con lo stemma sabaudo, regalatagli dalla sua maestra, per dimostrare a tutti che non aveva dimenticato la sua patria. Nella sala c’erano altre due bandiere sventolate da un gruppo di italiani. Il cuore di Carnera sembrava che gli uscisse dal petto. Chiunque se si fosse avvicinato a lui lo avrebbe sentito, era il cuore di un combattente. L’arbitro fece avvicinare i pugili, Primo teneva ancora con sé la bandiera e dopo averli dato alcune raccomandazioni, li inviò ai rispettivi angoli. Il match sarebbe iniziato tra qualche minuto. Carnera baciò la bandiera e si fece il segno della croce, come era sua consuetudine fare prima di prendere delle decisioni. L’incontro ebbe inizio, Léon Sébilo venne liquidato da Carnera in soli due rounds, e ottenne, così, la sua prima vittoria. La gente della sala era soddisfatta, aveva visto un grande combattimento. Carnera riprese la bandiera italiana, la sventolò, la baciò, e salutò festante il pubblico. Qualcuno urlava il suo nome e questo suo primo incontro non lo dimenticò mai.

 

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