NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 20 dicembre 2020

Capitolo IX Carnera replica la Vittoria a Parigi

di Emilio Del Bel Belluz 

Carnera aveva ottenuto la sua prima vittoria per KO a Parigi e la stampa lo esaltava con lunghi articoli e grandi foto sui giornali. I cronisti avevano speso parole di lode nei suoi confronti ed affermarono che era nato un nuovo campione. Questo successo fu importante, perché Jeff gli organizzò un secondo incontro con il pugile Joe Thomas che picchiava forte, e per Carnera non sarebbe stata una passeggiata. La borsa in palio era di tremila franchi. L’incontro si sarebbe svolto sempre a Parigi il 25 settembre, non c’erano che due settimane di tempo per prepararsi. Carnera, dal canto suo, avrebbe boxato anche la sera stessa, al circo era abituato ad affrontare anche dieci avversari di fila. Il suo allenatore gli disse che la preparazione sarebbe stata dura e che aveva ancora molto da imparare. L’indomani partirono per Arcachon, 

Primo si era portato i guantoni dell’incontro, voleva fare un regalo. Alla stazione alcuni lo riconobbero e gli vennero vicino, Carnera anche se era un gigante si considerava una persona timida. Non era abituato a questo tipo di complimenti e nel suo cuore sperava che la sua vittoria non fosse un sogno. Il suo allenatore gli concesse un giorno di libertà e quando giunse nella casa della vedova che lo ospitava avrebbe voluto raccontarle del match, delle emozioni provate, ma la donna gli sorrise, e le bastò sapere che l’incontro era andato bene. I guantoni li portò nella sua stanza, si mise a letto, era stanco del viaggio. Non aveva visto nulla della bella Parigi, ma avrebbe avuto tempo in seguito. Prima di addormentarsi, come sempre faceva, pregò e pensò alla sua famiglia e alla maestra che forse dal cielo aveva visto il suo capolavoro. Il giorno dopo, decise di andare al bistrot, portò con sé i guantoni del match, gli piaceva regalarli alla giovane con cui conversava la mattina. Questa ragazza gli piaceva, era giovane e bella, ma forse era fidanzata con qualcuno. Da quando era in Francia aveva conosciuto delle ragazze, ma non era stato possibile approfondire la loro amicizia, a causa del suo lavoro: prima con il circo, che lo portava a girare centinaia di paesi, e ora con la boxe. 

Al bistrot fu accolto in modo trionfale, gli dissero che i giornali avevano pubblicato la sua foto, e che era già famoso. La giovane gli corse incontro quando lo vide entrare, lo abbracciò, e Carnera l’alzò verso il cielo come se fosse un fuscello, e volle donargli i guantoni del suo primo incontro. Quel giorno si fermò a lungo, facendo una colazione con sei brioches e dell’ottimo caffè, e si intrattenne a parlare molto con la giovane. Il padrone del locale non disse nulla, quei guantoni gli sarebbe piaciuto esporli. Nella vita ci sono dei momenti in cui si è felici, sono attimi che passano presto, e Carnera avrebbe voluto fermarli per sempre. La ragazza gli promise che nei prossimi giorni gli sarebbe piaciuto fare una passeggiata con lui. Il lavoro, quel giorno, non glielo permetteva, ma era felice ed orgogliosa del dono ricevuto. 

L’indomani doveva tornare in palestra, tra due settimane ci sarebbe stato l’altro match, e non poteva deludere il suo grande pubblico. Passò la giornata al cinema da solo, gli servì per allentare la tensione accumulata nell’incontro di boxe. Il cinema era una delle sue passioni, e quel giorno si godette un film davvero interessante, che gli fece ricordare il suo paese. Narrava la storia di una famiglia, il cui padre era dovuto partire per la guerra, lasciando a casa la moglie e i figli. Dall’orribile guerra faceva poi ritorno. Il film esaltava l’eroismo dei soldati, di coloro che immolarono la loro vita per la patria e per un futuro migliore. Ribadiva, inoltre, l’importanza della famiglia, quale fonte dei veri valori. A Primo gli mancava molto, infatti, erano anni che non rivedeva i suoi, anche se li portava sempre nel suo cuore. Sentiva nostalgia anche della gente del suo paese con la quale aveva condiviso gli anni della sua fanciullezza. La settimana passò velocemente, in palestra erano venute alcune persone ad assistere agli allenamenti, gente che aveva letto i giornali e sentiva parlare di un pugile che avrebbe fatto fortuna nella boxe. I suoi compagni di palestra avevano un atteggiamento referenziale nei suoi confronti, gli avevano chiesto di quell’incontro e delle emozioni che aveva provato. Alla mattina, Primo era in piedi alle cinque, correva spesso lungo il fiume, e ne respirava il suo profumo. Gli piaceva vedere la gente che andava al lavoro, le luci delle case che si accendevano ad una, ad una ed immaginava che in ognuna ci fosse una famiglia attorno al desco per la colazione. 

Una mattina, un vecchio lo aveva fermato per chiedergli qualche soldo, e Primo non gli aveva negato una parola, e del denaro. L’anziano raccontò che dormiva in una panchina, anche se in passato era stato ricco ed aveva combattuto nella armate bianche del Generale Wrangler, come ufficiale dello Zar Nicola II, che aveva sempre onorato. Dopo la sconfitta contro i rossi, s’era rifugiato a Parigi, come avevano fatto gran parte dei nobili russi. Da allora i due s’incontravano ogni mattina per una breve chiacchierata e Primo gli offriva sempre la colazione al bistrot cui era solito frequentare e dove si sentiva come in famiglia; con la ragazza non era riuscito a fare quella passeggiata, ma non gli importava, gli piaceva vederla e in qualche modo contraccambiare la sua amicizia. Primo aveva un grande cuore, e le persone che incontrava erano per lui importanti, ed anche quel vecchio lo divenne. La sua maestra gli aveva sempre detto che una vita diventa meravigliosa nel momento in cui puoi fare qualcosa per gli altri. Mancavano solo due giorni al combattimento, la voglia di tornare sul ring era tanta, e sperava di farcela. Il giorno prima della partenza, dopo l’allenamento in palestra con il suo allenatore , volle andare dal curato, con il quale aveva fatto amicizia e che vedeva la domenica alla messa. Il vecchio prete stava pregando con il suo breviario in mano, davanti all’immagine della Madonna. Carnera gli volle esporre il caso pietoso del vecchio ufficiale senza dimora. Il prete accettò del denaro che Primo gli diede per occuparsi di lui e si raccomandò di non dire nulla. Lasciando la chiesa, avvolta nel silenzio, chiese al curato di pregare per lui. L’indomani, assieme al suo allenatore, partì per Parigi, e riprovò l’emozione della prima volta. In treno Carnera lesse i giornali, si parlava ancora di lui, del gigante italiano che tornava a combattere nel match contro Joe Thomas, un incontro che avrebbe verificato la forza e il coraggio di Primo. Nell’articolo corredato da una bella foto si raccontava la sua storia, il suo arrivo in Francia per lavorare, prima come garzone in una segheria e poi come attrazione in un circo. 

La sera del suo secondo combattimento, Primo notò che nella sala c’erano molte bandiere italiane, che lo facevano sentire come se fosse a casa. Tanti italiani che risiedevano a Parigi erano venuti per incontrare il loro connazionale. Il match era iniziato da parte di Primo con una velocità di colpi davvero incredibile e l’avversario crollò al tappeto, alla seconda ripresa, mentre la folla esultava. Il gigante aveva vinto e convinto ancora una volta. Primo durante la proclamazione teneva la bandiera tra le mani e l’alzava per salutare gli italiani presenti. Quella sera, dopo il combattimento, la gente lo aspettava fuori per salutarlo, e chiedergli l’autografo. Qualcuno aveva una sua foto e gli chiedeva di firmarla. Carnera aveva mani grandi come badili, e la penna spariva quando l’impugnava. Si dimostrava piuttosto in difficoltà, non essendo abituato a essere festeggiato. Tanti furono gli italiani che volevano stringergli la mano, e abbracciarlo. Tra di loro vi erano anche delle ragazze italiane che facevano la fila per complimentarsi con lui, per dirgli che erano orgogliose del fatto che un loro compatriota avesse tanto successo. Carnera avrebbe voluto che ci fossero i suoi genitori a fargli compagnia e a condividere questa gioia e questo entusiasmo. Sentiva nel suo cuore la felicità di far partecipare a questo momento quei disperati che come lui avevano dovuto emigrare per sopravvivere. 

Era gente che aveva dovuto spendere dei soldi per vederlo combattere, alcuni di essi sventolavano la bandiera italiana, commuovendolo. Dopo il match andò in uno dei ristoranti più famosi di Parigi, assieme al suo allenatore e agli organizzatori. Sperava che i duri colpi inflitti al suo avversario non avessero avuto delle serie ripercussioni, anzi, si augurava d’incontrarlo nel ristorante, ma non lo scorse. Carnera pensava che sarebbe stato giusto onorare anche il perdente, un domani, molto probabilmente, sarebbe toccato anche a lui. In quel locale le persone sfoggiavano dei vestiti molto eleganti, e si stupì nel vedere tante donne che si accompagnavano con persone molto più anziane di loro. Quello era un mondo inusuale per lui, che l’avrebbe dimenticato la prima volta che avesse toccato il tappeto, come lo sconfitto della serata. Nella vita c’e un inizio e una fine, momenti di gloria e di sconfitte, l’importante era saper adattarsi ad entrambi. Uno scrittore scrisse:” Vittoria e sconfitta sono nelle mani del Signore, ma del tuo onore sei tu signore e re .” Quella sera al ristorante bevve molto champagne, non lo aveva mai assaggiato nella sua vita, era squisito, ma dava alla testa. Primo Carnera aveva un grande appetito e quella sera mangiò avidamente un’enorme bistecca, mai vista prima, portata con un vassoio. Si soffermò a parlare con dei giornalisti che gli chiesero, pure, se conosceva Mussolini. Rispose che non l’aveva mai incontrato di persona. La serata al ristorante durò fino alla mattina, gli sarebbe piaciuto andarsene, era stanco, sentiva qualche dolore alla mano, ma doveva rimanere al suo posto, la sua presenza era fondamentale. Vi erano degli uomini d’affari che volevano conoscerlo di persona, stringergli la mano. Carnera lasciò la sala per ritirarsi a dormire, era stanco, ma felice per tutto quello che stava accadendo. Nell’albergo gli avevano messo un letto grande, ma non era sufficientemente comodo. Il giorno dopo i giornali parlavano di questo incontro e del dominio assoluto di Carnera, era nata una nuova stella della boxe, un atleta che era alto come una quercia. I quotidiani parlavano dell’entusiasmo dei tifosi per questo spettacolare atleta e volevano rivederlo sul ring, al più presto. Il suo allenatore aveva già sottoscritto un nuovo contratto; il prossimo combattimento si sarebbe svolto il 30 ottobre 1928, con l’avversario l’italiano: Salvatore Ruggirello. 


L’indomani l’allenatore Paul Journée, lo svegliò, perché dovevano prendere il treno per Arcachon. Quella mattina fece una colazione talmente abbondante che non rimase nemmeno una brioche per il suo allenatore. In serata stava nella sua stanza presa in affitto dalla vedova, che lo aveva atteso come una madre.

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