Margherita, la regina che «Senza darsene l'aria e non essendo nella sala l’apparenza del trono, troneggiava... davvero in mezzo alla sala», la donna che riuscì con un solo colloquio a convertire alla monarchia Giosuè Carducci, fino allora mazziniano fervente. Margherita di Savoia, che aveva un'importanza politica ben rilevante nella storia dell' Italia di quel tempo e che riusciva con un sorriso, apparendo ad una festa o riunendo nei suoi saloni letterati e personalità, a rafforzare le basi della monarchia, a sedurre con le sue grazie persino gli avversari più accesi.
Di fronte a lei compariva Elena, che secondo il Farini «non
aveva il decantato splendore né la robustezza fisica di cui si faceva conto» e
che all'allora ministro degli Esteri Visconti Venosta ispirava addirittura
questa considerazione: «Quando si ha la pretesa di una moglie che si converta
ancora prima delle nozze (allusione alla conversione al cattolicesimo imposta
da Margherita come conditio si ne qua non)
bisogna accontentarsi di poca roba».
I festeggiamenti per il matrimonio non furono certo
straordinariamente sontuosi, e parecchi trovarono da ridire. I monarchici
rimproverarono la troppa modestia, i repubblicani trovarono che si era speso
anche troppo.
Di fronte alla regina Margherita, sempre, più attiva, a re
Umberto che continuava a far parlare le cronache scandalistiche per le sue
avventure galanti, si opponeva la figura dei due giovani, principi, che dopo le
nozze si ritirarono a vivere la vita più appartata e modesta, lontana dalla
vita mondana, dalla politica, parteciparono in tre anni ad una decina di cerimonie,
a qualche rivista. Nient'altro. E la vita privata non sarebbe più mutata per
quarantanove anni di regno e poi fino a quella sera del dicembre 1947 ad
Alessandria d'Egitto.
Nel lungo e turbolento periodo del loro regno, soltanto su
questo matrimonio, sulla sua riuscita sentimentale, non si sarebbe mai fatta
della maldicenza.
Mostrarono fin da allora i loro gusti comuni per una vita
raccolta e borghese. Non si può non riconoscere che la “novità” -nelle
abitudini dei sovrani non era soltanto dettata da un desiderio di assenteismo
di comodo, o dall'incapacità di fare altrimenti, né era soltanto una conseguenza
del fisico infelice di Vittorio Emanuele e delle comuni timidezze. Era implicito,
nel sistema di vita che il re s'imponeva (e alcuni fatti lasciano pensare
veramente che Elena ne sia stata la prima ispiratrice) un giudizio politico
Come Umberto e Margherita avevano cercato la popolarità partecipando ad una vita esteriore, avevano voluto incarnare il simbolo di una regalità fastosa, gli eredi al trono intuirono che il mondo stava prendendo un diverso
indirizzo e anticiparono l'inizio del progresso sociale cercando di abituare i
sudditi ad una monarchia borghese onesta e parsimoniosa. Al re libertino e alla
regina eclettica e di prestigio, volevano far seguire l'epoca di Un re e di una
regina con la testa sulle spalle.
Dal regicidio di Monza per dodici anni, la fedeltà del nuovo
re ai suoi principi sembrò dare finalmente all'Italia il periodo di calma e di
prosperità che si attendeva da tempo. E non mancò di coraggio. Scelse la via dì
sinistra, quando sarebbe stato moto più facile e comodo affidarsi ad una politica
conservatrice. Respinse senza esitazioni la tesi reazionaria, aderendo a quella
di Fioretti che allora - non bisogna dimenticarlo era considerato ancora un pericoloso
avventuriero Vittorio Emanuele impostò il suo regno. Voleva essere un re
antieroico che rispettava le libertà costituzionali. Il felice incontro di un
re e di un ministro portò a quel periodo felice che durò parecchi anni.
La regina Elena in tutto questo tempo, e poi per sempre,
rimane nell'ombra. Si sente madre più che regina. Prima nascono due bambine
Jolanda e Mafalda, poi, nel 1904 Umberto, a Racconigi. Poi altre due figlie.
Giovanna e Maria. La regina partecipa col re alle visite d'obbligo ai sovrani
d'Europa; riceve, quando le visite vengono restituite. Ma soprattutto si occupa
dei figli, si sveglia, tutte le mattine alle cinque e mezzo, si occupa della
casa.
La vita familiare del re assomiglia in tutti i sensi al
modello della società piccolo borghese. Si racconta l'aneddoto di un ospite in
visita a Racconigi che, introdotto in un salone fu sorpreso dall'improvviso
apparire del re in maniche di camicia: spalancando la porta Sua Maestà domandò in perfetto Piemontese «Elena, dove sono le mie bretelle? ».
La loro vita continuò semplice Anche quando da Napoli si
trasferirono a Villa, Savoia sulla via SaIaria, tutti i visitatori notavano con
stupore la semplicità di gusti dei padroni di casa (che sembravano ancora più meschini
a confronto col lusso fastoso in cui viveva il duca d'Aosta sempre in movimento
fra una caccia alla volpe, un ricevimento, un ballo e un banchetto).
In casa di Elena i pasti erano frugali. semplici i mobili o
l'arredamento. La regina preparava da sé la propria colazione, abituò le
principesse bambine a rifarsi il letto da sole. Soltanto nella sua modesta
intimità mostrava di trovarsi a proprio agio. Come del resto, il re.
Il destino preparava invece a questo monarca antieroico un
ben diverso avvenire.
Gli avvenimenti della storia si susseguono. Di Elena, nella
vita pubblica, non c'è traccia e il segreto di cui Vittorio Emanuele ha sempre voluto
circondare la sua vita privata non permise a nessun aneddoto di uscire dai
portoni di villa Savoia.
«Elena è la regina chioccia», così la definì un suo
ammiratore.
Non c'era ironia, nella definizione. Elena resta la regina
attaccata ai figli, sana, robusta, che va in cucina a preparare il dolce.
Soltanto dopo il 1920 accetta di adeguarsi un poco alla nuova moda, muta
l'arredamento della sua casa, veste con più eleganza sotto l'influenza di un
duca Visconti di Modrone suo consigliere Ma continua a vivere ritirata ed esce
di casa soltanto per occuparsi d'istituzioni benefiche e della Croce Rossa.
Oggi si può quasi affermare che non ebbe mai influenze politiche nella storia
d'Italia, non gioca un ruolo, ma la sua storia umana non è priva di significato.
Forse un giorno maggiori particolari
sulla sua vera identità, quella che tutti ignoriamo ci daranno la vera
chiave della sua personalità. Nella triste tragica storia dell'ultimo re
d'Italia comunque, ella rappresenta l'unico raggio di luce la sua sola grande
conquista. Una vittoria che nessun re può ottenere con tutta la potenza dei suoi eserciti e che
rende re i comuni mortali che la conquistano.
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