NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 11 settembre 2014

Scrisse Galeazzo Ciano a Re Vittorio Emanuele III...



Le polemiche che ad ogni 8 settembre si riaccendono in questa enorme piazza virtuale che è il web ci inducono alla ripubblicazione di una lettera di fondamentale importanza che scrisse il conte Galeazzo Ciano, già Ministro degli esteri, già Ambasciatore presso la Santa Sede, genero di Benito Mussolini per averne sposato la prima figlia, la prediletta, Edda.


I pochissimi che hanno letto il suo diario si rendono perfettamente conto di quanto il Re, impiegando tutto il suo prestigio ed i residui poteri che non gli erano stati esautorati, abbia cercato nel corso degli anni di contenere le iniziative del suo primo ministro sempre più megalomane e convinto che la fortuna non lo avrebbe mai abbandonato. Cosa che non avvenne, secondo le lucidissime previsioni del Re. 

Galeazzo Ciano fu fucilato insieme agli altri gerarchi del Gran Consiglio che avevano votato contro Mussolini nella notte del 25 Luglio e che erano stati catturati dai tedeschi o dai repubblichini, De Bono, Gottardi, Marinelli e Pareschi.

Ciano, ormai consapevole della fine che lo attende, nel momento della suprema verità, indirizza al Re Vittorio Emanuele III la lettera che segue perché la Storia sappia come sono andate le cose circa la tragedia che coinvolse la Nazione tra il 1940 - 45.
E' bene, a nostro modestissimo giudizio, che questa lettera si conosca e vi si dia il massimo della pubblicità tutte le volte che si parla del nostro Re nei termini che purtroppo sappiamo.


Maestà,
mi voglia permettere, giunto all'ora estrema della mia vita di rivolgere un pensiero devoto alla Maestà Vostra. Adesso, da tre mesi, sono nel carcere di Verona, sempre affidato alla martoriante custodia delle SS., e attendo un giudizio che non è altro che un premeditato assassinio. 
Né sulla monarchia, né sul popolo, né sullo stesso governo può cadere la minima colpa del dolore che attanaglia oggi la Patria.
Un uomo, un uomo solo, per torbide ambizioni personali, per sete di gloria militare, usando le sue autentiche parole, ha premeditatamente condotto il Paese nel baratro.

Ho disposto che non appena possibile, dopo la mia morte, vengano resi pubblici un mio diario e una documentazione che getteranno molta luce di verità su tanti fatti sconosciuti.
Credo così di rendere un estremo servigio.
Galeazzo Ciano

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