NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 18 giugno 2014

I MONARCHICI ITALIANI DAL 1944 AD OGGI

di Domenico Giglio

Durante  il  periodo  del  Regno  e  quindi  della  Monarchia, non  aveva  alcuna  logica  l’ esistenza  di  un  partito  o  di  un  movimento  monarchico, aderendo  alla  istituzione  monarchica  la  grande  maggioranza  dei   parlamentari  dalla  Destra   al  Centro-Sinistra, con  l’eccezione  spiegabile  del  partito  repubblicano  mazziniano,  e  quella  meno  spiegabile  del  partito  socialista, nei  suoi  vari  tronconi, incapace  di  imboccare  la  strada  del  riformismo, salvo  casi  sporadici  seguiti  da  espulsione,  per  cui, al  massimo   esistevano  delle  associazioni, per  lo  più  locali, che  riaffermavano  la  fedeltà   alla  Casa  Savoia,  e  tutto  questo  oltre  tutto,  fino  al  consolidarsi  del  fascismo , come  regime  a  partito  unico, che  già  mal  tollerava, anche  dopo  la  Conciliazione  del  1929, l’ esistenza  e  l’attività  delle  organizzazioni   cattoliche, tenacemente  difese   dalla  Chiesa, tra  cui  quelle  universitarie, che  servirono  infatti  dopo  il  25  luglio  1943, a costituire , insieme  con  i  vecchi  quadri  del  Partito  Popolare,  l’ ossatura  della  Democrazia  Cristiana, il  nuovo  nome  assunto  al  posto  del  “popolare”.

Perciò   dopo  l’ 8  settembre  1943 , di  fronte  all’attacco  concentrico  alla  Monarchia  dal  Nord, repubblica   sociale, e  dal  Centro- Sud, comitato  di  liberazione  nazionale, composto  da  partiti  liberale, democratico  cristiano, democratico  del  lavoro, socialista, comunista   e  d’ azione, particolarmente  accanito  contro  il  Re  Vittorio  Emanuele  III, il  Principe  Umberto, con  fantomatici  dossier, e  tutta  Casa  Savoia, si  pensò  di  riunire  nel  Meridione, senza  coinvolgere  il  Sovrano,  i  sostenitori  del  mantenimento   dell’ istituzione  monarchica, con  iniziative  varie, alcune  combattentistiche  ed  altre  politiche  come  il  Partito  Democratico  Liberale, dell’onorevole   prefascista  (1919 -1926), ed  antifascista, Raffaele  De  Caro, dove  fece  le  sue  prime  esperienze   il  trentenne  professore  Alfredo  Covelli, ma  è  dopo  la  liberazione   di  Roma, nel  giugno 1944, che  nascono  sia  il  Partito  Democratico  italiano, ad  opera   di  Enzo  Selvaggi, anche  lui  giovane  di  trentuno  anni  ed  all’inizio  della  carriera  diplomatica, con  un  giornale  battagliero  “Italia  Nuova”, dove  scrivevano  il  marchese  Roberto   Lucifero, il  giornalista   e  scrittore  napoletano  Alberto  Consiglio, insieme  con  numerosi  giovani, sia  una  associazione  apartitica , l’Unione  Monarchica  Italiana, ( agosto  1944), anche  qui  ad  opera  di  un giovane  ufficiale , il  conte  Luigi  Filippo  Benedettini  e  di  un  altro   ex-ufficiale  Augusto  De  Pignier. E  dal  Sud   approdava  a  Roma, dandone  la  Presidenza  al  senatore  Alberto  Bergamini, figura  prestigiosa  di  liberale  antifascista, già  Direttore  del  “Giornale  d’Italia”, la  Concentrazione  Democratica  Liberale,con  Segretario  Emilio  Patrissi  e  Vice  Segretario  Alfredo  Covelli. Questa  presenza  giovanile  era  senza  dubbio  significativa  ed  apprezzabile, ma  logicamente   mancava  di  esperienze , con  nomi  praticamente  poco  conosciuti, mentre  i  “grandi  vecchi“, ad  eccezione  di  Bergamini , ovvero  Ivanoe  Bonomi, Benedetto  Croce, Enrico  De  Nicola, Luigi  Einaudi, Francesco  Saverio  Nitti, Vittorio  Emanuele  Orlando, si  erano  tutti  piuttosto  defilati  di  fronte  al  problema  istituzionale, anche  se  successivamente, prima  del  Referendum, fecero  esplicite  dichiarazioni  a  favore  del  mantenimento  della  Monarchia  dei  Savoia, avendo   abdicato  il  9  maggio  1946, Vittorio  Emanuele, ed  essendo  divenuto   Re, il  Principe  Umberto,  che  aveva  bene  operato  nei  due  anni  di  Luogotenenza.

Vi   erano  quindi  politicamente  dei  giovani  “generali”, ma  mancavano  i  “quadri”, né  questi  esistevano  nel  Partito  Liberale, l’unico  dei  sei  partiti  del  CLN, che, a  maggioranza  si  fosse  pronunciato  a  favore  della  Monarchia, essendo  sorto  come  partito, proprio  quando  si  stava  affermando  il  fascismo, e  quindi   non  aveva  potuto   costituire  quella  struttura  organizzativa  che  avevano  i  “popolari”  ed   i  socialisti, e  che , rimasta  “dormiente “  nel  ventennio, permise  agli  stessi, ed  al  Partito  Comunista  di  riprendere  l’attività  dopo  il  1944, in  tutto  il  territorio  nazionale, via  via  che  lo  stesso  venisse  “liberato” dalle  forze  anglo-americane, alle  quali  si  erano  aggiunti  anche  reparti  del  Regio  Esercito, e  nelle  regioni   ancora  occupate  dai  tedeschi  di  operare  clandestinamente  con  la  Resistenza.
La  situazione  non  cambiò   molto  nei  due  anni  dal  1944  al  1946 , per  cui  la  campagna  elettorale  del  Referendum  Istituzionale, e  per  la  Costituente, fu   condotta  in  ordine  sparso. 

Per  la  Costituente  vi  era  una  sola  lista  nazionale  dichiaratamente  monarchica, il  Blocco  Nazionale  della  Libertà, con  simbolo  una  “Stella  a  Cinque Punte”, che  non  aveva  però  qualcosa  che  richiamasse  la  Monarchia, e  che  non  era  presente  in  tutte  le  circoscrizioni, ed  alcune  liste  altrettanto  dichiaratamente  monarchiche   anche  nei  simboli , ma  su  scala  locale, che  nel  complesso  presero   75.000  voti , ma  nessun  seggio, disperdendo  perciò  il  voto   che  con  i  680.000, pari  al  2,8%,  del  Blocco,  avrebbe  fatto  eleggere  più  di  16  Costituenti. In  ogni  caso  la  propaganda  per  la  monarchia  ricadde  quasi  esclusivamente  sui  candidati  del  Blocco  nazionale   della  libertà, che  vide  eletti   i giovani  Covelli, Selvaggi, Lucifero, Benedettini, e  tra  quelli  più  anziani  il  generale  Roberto  Bencivenga, tra  i  più  attivi  patrioti  a  Roma, nei  nove  mesi  della  occupazione  tedesca,  l’industriale  Tullio  Benedetti, presidente  dell’ UMI , l’avvocato  Francesco  Caroleo  (padre  dell’avv. Nunzio  Caroleo , eletto  al  Parlamento  per  il  PNM , nel  1953), l’avvocato  Gustavo   Fabbri, il  senatore  Bergamini  ed   il  professore  Orazio  Condorelli,dell’ Università   di  Catania   figura  storica  dei  monarchici  siciliani, e  che  fu  successivamente  eletto  senatore  per  il  PNM, nel  1953, al  quale  si  deve  una  amara  frase  pronunciata  già  nel  marzo  1947  e  che  spiega  tante  cose  del  mondo  monarchico  da  allora  ad  oggi: “ Le  mie  speranze  per  la  Monarchia   si  attenuano  quando  partecipo  alle  riunioni  politiche  monarchiche!”

Ritornando   alla  campagna   per  il  Referendum, nella  quale  specie  al  Nord  fu  anche  in  molti  casi  impossibile  riuscire  a  tenere  comizi   monarchici  per  l’azione   violenta  ed  intimidatoria  della  sinistra  social comunista, dobbiamo   ricordare  in  Piemonte   l’opera  del  “Gruppo  Cavour”, dotatosi  di  un  battagliero   settimanale, il  “Cavour“, ed  i  comizi  di  un  avvocato  milanese, Cesare  Degli  Occhi , di  una  famiglia  di  antica  tradizione  politica  cattolica, che  dopo  aver  militato  da  giovane  nel  Partito  Popolare  e  dopo  la  caduta  del  fascismo  nella  Democrazia  Cristiana, ne  era  uscito  dopo  la  scelta  congressuale  repubblicana   che  lui  aveva  combattuto   con  tutte  le  sue  forze. Anche  Degli  Occhi, dopo  essere  stato  eletto  consigliere  comunale  di  Milano, fu  successivamente   mandato  nel  1953  in  Parlamento, dai  monarchici  della  circoscrizione  Milano –Pavia, ed  attorno  a  Lui, a  Milano, crebbero  dei  giovani  monarchici  tra  i  più  qualificati  intellettualmente  e  di  indirizzo  cattolico  e  liberale, quali  Mario  Foresio, Angelo  Domenico  Lo  Faso, Achille  Aguzzi, tutti  oggi  scomparsi, alcuni  prematuramente, e  l’avvocato  Lodovico  Isolabella, ed  in   epoca  successiva  Massimo  De  Leonardis,  senza  dimenticare  Guido  Aghina  e  due  esponenti   della  sinistra  monarchica, Mario  Artali, poi  deputato  del  PSI, e  Tebaldo  Zirulia, divenuto  importante  esponente  sindacale.

La  propaganda  monarchica  poté  avvalersi   come  giornali  della  già  citata  “Italia  Nuova”  , del  “Giornale  della  Sera”, di  qualche  altro  di  minore  diffusione  nel  Centro-sud,  ed  al  Nord  del  “Mattino    d’Italia”, diretto  da  Massimo  Mercurio, di  estrazione  Partito  Democratico,  e  fu  conclusa  il  30  maggio, alla  radio, dal  Ministro  della  Real  Casa, Falcone  Lucifero, con  un  messaggio  di  grande  apertura  democratica  e  sociale, che  delineava   le  linee  di  una  rinnovata  Monarchia  ed  interpretava  il  pensiero  di  Umberto  II, come   possiamo  vedere  dai  messaggi   che  il  Re   inviò  dall’esilio  agli  italiani, sintetizzati “Autogoverno  di  popolo  e   giustizia  sociale”, che  il  PNM, riportò  sulla  sua  tessera  d’iscrizione.

La  sconfitta  della  Monarchia, portò  logicamente  ad  una  diversa  impostazione   della  battaglia  politica, mirante  a  riproporre  il  problema  istituzionale, con  la  nascita  di  vari  partiti  monarchici, in  primo  luogo, il  22  luglio  1946, a  Roma, il  Partito   Nazionale  Monarchico, simbolo  “ Stella  e  Corona “ , ma  non   vide, ad  esempio, la  confluenza  nello   stesso, del  Partito  Democratico  Italiano, che  preferì  entrare  nel  PLI, rafforzandone  la  componente  monarchica, tanto  che  l’onorevole  Roberto  Lucifero, ne  divenne  Segretario  nazionale, sia  pure  per  un  breve  periodo. Nel  nuovo  partito, PNM, di  cui divenne  Segretario  Nazionale  l’ onorevole  Alfredo  Covelli, che  conservò  ininterrottamente  tale  carica, anche  nel  successivo   PDI   e  PDIUM, (Partito  Democratco  Italiano  di  Unità  Monarchica), fino  al  1972, data  della  scomparsa  del  partito  stesso, confluito  nel  Movimento  Sociale  Italiano, eccettuato  un  numeroso  gruppo, particolarmente  giovani , con  un  Vice  Segretario  del  PDIUM, dr. Alfredo  Lisi, entrarono  subito  diversi  ex-militari, che  avevano  lasciato  il  servizio  attivo, per  non  riconoscere  la  repubblica, ma  che  certo  non  avevano  preparazione  politica. E  questa  fu  prima  forma  di  monachismo, cioè  la  fedeltà  al  giuramento  prestato  a  suo  tempo  al   Re, malgrado  che  Umberto  II, nel  messaggio   lasciato  alla  partenza  per  l’ esilio, li  avesse  nobilmente  sciolti  dallo  stesso, insieme  con  lo  sdegno  per  come  si  era  svolto  il  referendum  ,  ed  i  ragionevoli  dubbi   sul  suo  risultato, che  per   anni  furono   tra  i  principali  motivi, più  che  giustificati, della  propaganda   monarchica. In  ogni  caso   vi  erano, tra  gli  ex-militari,  persone  dotate   di  capacità    organizzative , come  ad  esempio  il  colonnello  De Carli, che  resse  per  anni  l’ ufficio  organizzazione   del  PNM. Fondato  il  PNM , bisognava  coprire    il  territorio  nazionale  con  Federazioni  Provinciali  e  con  le  Sezioni  Comunali, molteplici  nel  caso  delle  grandi  città, aprendo  sedi   dignitose, così  da  poter  effettuare  un  regolare  tesseramento  e  poter   presentare  liste  alle  varie  elezioni  amministrative  che  si  tennero  dopo  il  referendum, particolarmente  nel   Centro-Sud, volutamente  escluso  da  Romita, Ministro  dell’ Interno, nel  primo  turno  elettorale   svoltosi  volutamente al  Nord, prima  del   fatidico   2  giugno  1946, ed  alle  famose  elezioni  politiche  del  18 aprile  1948. In  questo  primo  banco  di  prova  il  giovane  partito  ottenne   il  2,8%  dei voti   e   14  deputati  ,tutti  concentrati  tra  Campania, Puglie  e  Sicilia , tra   i  quali  , riconfermato   Covelli, entrarono   i  siciliani  Alliata  e  Marchesano   ed  il  napoletano  Gaetano  Fiorentino, del  gruppo  del “comandante”  Lauro, che  si  era  avvicinato  al  PNM, di  cui  poi  divenne  Presidente  e  finanziatore  moderato, per  cui, nei  movimenti  monarchici, non  vi  è  stata  mai  ricchezza  di  mezzi  finanziari, malgrado  le accuse, le  dicerie  ed  altre  insinuazioni  dei  nostri  avversari   di  centro  e  di  sinistra.

Il   consolidamento   elettorale  del  PNM  negli  anni  successivi  al  1948, iniziato  con  le  elezioni  regionali  sarde  del  1949, con  oltre  l’11%  di  voti, e  con  quelle  siciliane, dove  entrò  nel  governo  dell’isola  con  importantissimi assessorati, l’industria  con  l’on. Bianco  e  l’ istruzione  con  l’on.Castiglia,  e  con  alcune  importanti  elezioni  amministrative, culminato  con  i  risultati  del  7  giugno  1953, ed  i  40  deputati  e  16  senatori,  fu  accompagnato  logicamente  dal  rafforzamento  della  struttura  organizzativa, con  un  Movimento  Giovanile, la  cui  importanza  non  fu  mai  apprezzata  a  sufficienza, ma  che  oggi   in  una  visione  storica  costituisce  il  maggiore  titolo  di  vanto  del  partito  monarchico. Infatti  nel  decennio  1948 – 1958  si  costituirono  in  numerose  città, oltre  ai  gruppi  universitari  dove  esistevano  Atenei, dei  nuclei  di  giovani  validi, oltre  al  già  citato  gruppo  milanese, i  cui  esponenti, se  in  vita, perché  molti  sono  mancati  prematuramente, partecipano  ancora  oggi  alla  battaglia  monarchica. A  titolo  indicativo  e  non  esaustivo, ricordiamo  a  Torino, i  fratelli  Giancarlo  e  Roberto  Vittucci, e  Vincenzo  Pich, a  Biella Gustavo  Buratti e  Mario  Coda, A  Padova, Giulio  De  Renoche, Paolo  Cadrobbi e  Carlo  Crepas, a  Pisa, Bruno  Brunori, Ettore  Mencacci e  Nino  Bergamini, a  Roma, oltre  al  gruppo  più  anziano  dei  Nicola  Torcia, Giovanni  Semerano, Renato   Ambrosi  de  Magistris, Michele  Pazienza, Vito  Andriola, Enzo  Mauro, Riccardo  Papa, Edoardo  Albertario, Gabriella  Cro, i  più  giovani   Domenico   Giglio, Antonello  Delcroix, Gianvittorio  Pallottino, Amedeo  De  Giovanni, Mario  Pucci, Manuel  Miraglia, Camilla  Sibilia, Marzio  di  Strassoldo, divenuto  successivamente  Magnifico  Rettore  ad  Udine.   A  Napoli, Gustavo  Pansini, Luca  Carrano, Mario  Miale, Carlo  Antonio  del  Papa, a  Bari Waldimaro  Fiorentino ( oggi  a  Bolzano) e  Carlo  Alberto  Dringoli, a  Genova, Domenico  Fisichella, Arduino  Repetto, Luciano  Garibaldi, Giulio  Vignoli   e  Pippo  Tarò, a   Catania, Enzo  Trantino  ed  Antonio  Paternò  di  Roccaromana,  e  poi  alcuni  singoli  come  Sergio  Boschiero   a  Vicenza, Enzo  Barbarino  a  Trieste,  Edilberto  Ricciardi   a  Salerno, Bruno  Melis  a  Cagliari  ed  a  Pescara Vincenzo  Vaccarella .
Ritornando  al  PNM , a  rafforzarne  la  base  storico –poiltica,  sempre  dopo  il  1948 , entrarono, forse  su  segnalazione  superiore, un  nutrito  gruppo  di  ambasciatori  da  Roberto  Cantalupo, che  pubblicava  un  periodico  “ Governo”  di  notevole  spessore  culturale,  a  Raffaele  Guariglia, Guido  Rocco, Armando  Koch, Emanuele  Grazzi, che  se  rafforzarono  i  vertici, non  coprirono  il  fabbisogno  di  quadri  operativi, dove  si  stavano  avvicinando  diversi  professionisti  e  funzionari  dello  stato, ma  rimanevano  numerosi  gli  ex-militari, fra  cui  molti  carabinieri, nella  sezioni  comunali  e  periferiche. I  quadri  invece,  lo  si  constatò  nelle  elezioni  del  1958, si  stavano   costituendo  proprio  con  i  giovani, mancanti  ancora  di  adeguata  istruzione  politica  ed  elettorale, in  quanto  non  era  mai  esistita  una  “scuola  di  partito”, ed  il  primo  ed  unico  “Manuale  dell’ attivista”, scritto  da  Angelo  Domenico  Lo  Faso, uscì  solo  nel  1957, ben  undici  anni  dopo   la  fondazione  del  partito. Malgrado  quanto  affermato  dagli  antimonarchici  e  dalla  stampa  di  “regime”, nel  PNM  la  presenza  della  nobiltà  era  limitata, basti  guardare  i  vertici  del  partito  e  gli  stessi  gruppi  parlamentari, per  cui  si  può  serenamente  affermare  il  suo  carattere  interclassista, maggiormente  riscontrabile  tra  i  giovani.

Un  notevole  contributo  storico-politico-culturale , a  Roma, fu  dato  dalla  fondazione  nel  1947 , da  parte  di  monarchici  dichiarati, di  un  “Circolo  di  Cultura  ed  Educazione  Politica”, denominato “REX”, indipendente  da  partiti  ed  associazioni, aperto  a  tutti, ma  non  legato  a  nessuno, ancora  oggi  operante  e  giunto  al  suo  67°  ciclo, che  inizialmente   riuniva  per   venti  domeniche  all’anno, monarchici  e  simpatizzanti, con  conferenze  affidate  a  relatori  ed  oratori  di  grande  prestigio  e  cultura, dato  che, allora, il  mondo  monarchico  in  genere, dal  PNM , all’ UMI, ed  altri  gruppi, era  ricco  di  personalità, dai  Rettori  d’Università, quale  Allara  a  Torino, Menotti  De  Francesco  a  Milano, Origone   a  Trieste, Papi  a  Roma, al  grande  latinista  Ettore  Paratore, agli  storici  Ghisalberti, Levi  e  Volpe, che  ne  fu  anche  Presidente  Onorario, elenco  anche  questo  indicativo, ma  non  esaustivo.
Quanto   poi  agli  esponenti  nei  comuni  e  nelle  provincie, vi  furono  personalità  locali  che  occupavano  tutti  gli  spazi, dal  caso  più  clamoroso  di  Achille  Lauro , eletto   Sindaco  trionfalmente  a  Napoli  nel  1952, e  nel  1956  con  la  maggioranza  assoluta  dei  voti, ad  un  Oronzo  Massari, che  conquistò  il  Comune  di  Lecce, con  “Stella  e  Corona”, senza  bisogno  di  alleanze.

Il  volere  “tutti  i  monarchici  in  un  solo  partito”, slogan  iniziale  del  PNM, se  fece  affluire  subito  numerosi  iscritti, guadagnando  nel  numero, non  facilitò  la  realizzazione  di  una  omogenea  linea  storico   culturale,che   incominciando  dal  Risorgimento, ne  attualizzasse  i  suoi  valori  di  libertà  e di  democrazia, e  proseguisse  fino  alla  Guerra  di  Liberazione, ricordando  e  rivendicando   la  fedeltà  al  Re, dell’Esercito, della  Marina  e  dell’Aviazione, e  la  presenza  numerosa  e  qualificata  di  monarchici  nella  Resistenza, forse  per  la  necessità  degli  “apparentamenti”, imposti  dalla  legge  elettorale  per  le  elezioni  amministrative, dal  1952, con  il  Movimento  Sociale  Italiano, ma  che  videro  la  conquista  dei  Comuni  di  Bari, Foggia, Avellino, Benevento, Salerno  e  Napoli, con  sindaci  tutti  del  PNM, risultato  il  partito   maggioritario  dell’ alleanza.

Il  successivo  evolversi  della  situazione  partitica  dopo  il  1954, con  scissioni  dolorose  e  riunificazioni tardive, se  non  influì  sull’ organizzazione, che  vide  defezioni, ma  anche  il  raddoppio   del  numero  di  sedi  e dirigenza, acquisendo   qualche  nuovo  interessante  esponente, fu  però  negativa  per  i  giovani  che  non  affluirono  più  numerosi   dopo   il  1961 ma , fortunatamente, trovarono  nuovi  spazi  nel  Fronte  Monarchico  Giovanile  dell’ UMI, dove  alla  dirigenza  del  professore  Ernesto  Frattini, giovane  ricco  di  una   grande  cultura, successivamente  prematuramente  scomparso,  al  quale  si  deve  la  pubblicazione  di  una  serie  di  quaderni, oggi  introvabili, di  argomenti  storici  e  politici, ma  meno  ricco di  doti  organizzative, era  seguita  la  dirigenza  dinamica  di  Sergio  Boschiero, con  la  quale  abbiamo  una  ulteriore  qualificata  generazione  di  giovani , da  Antonio  Tajani ,a  Domenico  De Napoli, Antonio  Galano, Massimo  Mazzetti, Michele  D’ Elia, Antonio  Ratti, Salvatore  Sfrecola,Antonio  Maulu, Pier  Carlo  De  Fabritiis, Fabio  Torriero, Marco  Grandi  ed  il  caro, sfortunato  amico  Gian  Nicola  Amoretti.

La  diaspora  del  partito  monarchico  degli  anni  ‘60  di  cui  si  avvantaggiarono  democristiani  e  maggiormente  i  liberali  portò   alla  infelice  decisione  del  1972, di  cui  abbiamo  fatto  precedente  cenno , e  la  residua  organizzazione, malgrado  i  nobili  tentativi  della  “Alleanza  Monarchica”, per  coloro  che  avevano  rifiutato  la  confluenza  nel  MSI  di  mantenerla  regolarmente  in  vita, grazie  al  valoroso  periodico  mensile  di  Roberto  Vittucci, e  del  C.A.M. ( Centri  Azione  Monarchica), per  coloro  che  invece   avevano  aderito  al  MSI, per  non  esserne  schiacciati, si  andò  assottigliando  di  anno  in  anno , anche  se  vi  sono  state  alcune  interessanti  adesioni, ed  una  successiva  fioritura  spontanea  di  giovani  monarchici.

Nella  diaspora  sopra  citata  ed  in  altre  vicende  di  separazioni   e  scissioni  qualcuno  vede  la  causa  anche  in  un  deficit  di  democrazia  interna   e  nell’assenza  di  un  dibattito  politico  ed  ideologico, che  non  ha  consentito  di  fidelizzare  l’ elettorato,  razionalizzandone  le  convinzioni  monarchico  sabaude, lasciando  spazi  solo  ad  encomiabili  sentimenti, che  l’andare  dei  tempi  e  l’evolversi  generazionale  non  hanno  più  la  presa  emotiva  che  pure  aveva  costituito  la  base  dell’ iniziale   discorso  politico.

Domenico  Giglio 

Bibliografia  :
  1. Cesare  Degli  Occhi – Piero  Operti:  “Il  Partito  Nazionale  Monarchico” poi  cambiato  in  “Il  Movimento  Monarchico“ - editrice  Nuova  Accademia – Milano ( senza  data-1955?)
  2. Domenico  De  Napoli: “Il  Movimento  Monarchico  in  Italia  dal  1946  al  1954” –    Editore  Loffredo –Napoli – 1980
  3. ”Grande  Enciclopedia  della  Politica – I  Monarchici – volume   1 – settembre  1993 ; volume  2 –marzo  1994 – edizioni  Ebe  s.r.l.- Roma
  4. Andrea  Ungari: “ In  nome  del  Re – i  monarchici  italiani  dal  1943  al  1948” –edizioni  “Le  Lettere”-Firenze -2004 – Biblioteca  di  Nuova  storia  Contemporanea- Collana  diretta  da  Francesco  Perfetti.
  5. Andrea  Ungari –Luciano  Monzali: ”I  monarchici  e  la  politica  estera  italiana  nel  Secondo   dopoguerra “ – editore  Rubbettino - 2012  

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