NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 28 dicembre 2013

L’utopia politica reazionaria di Dante che ammalia la sinistra

[...]
Scritto in latino agli inizi del Trecento contemporaneamente alla Commedia, il trattatello costituisce la sintesi estrema del pensiero politico di Dante: l’uomo, composto di corpo e anima, ha bisogno di due guide, l’Imperatore per perseguire la felicità terrena, e il Papa per perseguire quella ultraterrena, secondo l’ordine gerarchico predisposto dalla provvidenza divina. Così si legge nel capitolo conclusivo della “Monarchia”, tanto scomodo da essere dimenticato da Canfora nella sua proposizione di modernità. A conclusione del suo excursus Dante, usualmente celebrato come un campione della critica al potere temporale della Chiesa, sancisce infatti la necessaria reverenza dell’imperatore al papa. Una soggezione che rispecchia la gerarchia obbligata tra ragione e religione: come si sa, e non solo in Dante, la filosofia è ancella della teologia. Ciononostante, l’utopia restauratrice della “Monarchia” non fu ritenuta abbastanza ortodossa dal Santo Uffizio, perché di fatto lesiva del potere temporale della Chiesa: nel 1559 il trattato fu messo all’indice. Ma, venuto meno a Porta Pia il potere temporale della Chiesa, nel 1921 Benedetto XV, nell’enciclica “In Praeclara summorum” dedicata a Dante, indicò il poeta come «validissima guida per gli uomini contemporanei». I Patti lateranensi nel 1929 recepirono l’istanza cattolica, che poi fu ratificata nell’articolo 7 della Costituzione con l’approvazione del PCI di Togliatti.    
[...] 
Non sarà inutile rileggerlo: «L’autorità dell’imperatore deriva dunque direttamente da Dio; ma non si deve escludere ogni vincolo di soggezione al sommo pontefice, dal momento che questa nostra felicità terrena è, sotto un certo rispetto, in funzione della felicità eterna. L’imperatore usi dunque verso il pontefice quella reverenza che il figlio primogenito deve al padre; e il pontefice, benedicendolo, lo illumini con la luce della grazia, acciocché possa più efficacemente esercitare sul mondo quel governo che gli è stato conferito da Dio». Ogni riferimento a persone e fatti della scena politica attuale è del tutto casuale.

Nessun commento:

Posta un commento