NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 12 luglio 2012

La Monarchia Sabauda ed i problemi sociali VIII parte


VIII -  IL QUINQUENNIO DI PROSPERITA' (1883-1887) E LA CRISI ECONOMICA (1888-1894) - ASSASSINIO DI UMBERTO I, IL RE BUONO

Il 1876 segna il passaggio del governo del Paese dalla Destra alla Sinistra storica.

La Destra storica, che tanto aveva contribuito all'edificazione della Patria, era costituita da «un'aristocrazia dalle bellissime tradizioni, per cui potere e dovere, autorità e sacrificio, responsabilità verso il popolo e verso Dio erano le due facce di un'unica medaglia...», e da «alcuni uomini di una borghesia, se non agiata non povera (Minghetti, Sella, Lanza; tra i più giovani, Visconti-Venosta): dedicatisi alla vita pubblica quando sembrava non offrire che pericoli, quando non aveva alcun significato ironico il termine di sacrificio, usato a designare l'abbandono dei propri affari, della, propria professione, per le candidature politiche o gli uffici -di governo » (26). Seppure «il minor scrupolo, il marcio di approfittare della posizione politica per ottenere agevolazioni economiche... allignasse soprattutto negli "homines novi", negli appartenenti alla Sinistra: restandone salvi i veterani della Destra» (27), alla Sinistra, che prometteva riforme e progresso, si dovettero: l'introduzione del. l'obbligatorietà dell'istruzione elementare (legge Coppino); l'allargamento del diritto elettorale alla media e alla piccola borghesia; l'abolizione di alcune tasse, tra le quali quella impopolare del macinato; una grande attività di lavori pubblici soprattutto nel sud.

L'aumento delle spese pubbliche, conseguente a tali lavori e alle altre iniziative del governo, fece riapparire il disavanzo, la cui eliminazione era stato un grande merito della Destra; un nuovo aumento delle tasse condusse al pareggio, benemerenza del ministero Crispi-Sonnino (1893-1896).

Sotto l'aspetto economico, l'età « umbertina » vide succedere al quinquennio di prosperità, iniziato nel 1883, la crisi economica del periodo 1888-1894.

La rinascita degli anni dal 1883 al 1887, in parte causata dalla abolizione del corso forzoso (1882), che determinò il ritorno in Italia dei capitali stranieri allontanatisi dopo il 1866, ebbe come riflesso l'eccedenza attiva del bilancio e l'aumento continuo delle entrate statali.

I primi segni della crisi vennero dalle campagne e furono conseguenza della discesa dei prezzi: la tariffa doganale del 1887, mentre difendeva i settori industriali, lasciava scoperti quasi tutti i settori agricoli, deprimendo le condizioni di quella che era la più importante fra le attività economiche nazionali. Peggio fu quando la guerra commerciale con la Francia colpì disastrosamente le nostre esportazioni di vino, seta greggia e ritorta, riso, bestiame e prodotti del caseificio: tutte le regioni italiane ne soffrirono ed il numero degli emigrati, che dal '76 all'83 era salito da 196,10 a 63388, continuò a salire per raggiungere nel 1888 la cifra elevatissima di 204264 e mantenersi negli anni successivi sempre nettamente al di sopra delle centomila unità. Fini con il soffrirne anche l'industria, nonostante le protezioni doganali, per il diminuito consumo interno di manufatti, conseguenza del peggioramento notevole delle condizioni economiche generali. Agli scioperi agrari, quasi tutti localizzati nella bassa Valle padana, dove era numerosissimo il bracciantato, si aggiunsero quelli industriali, saliti da una media annua di 35, negli anni dal 1879 all'82, ad una media annua di 151 nell'88-92 (28).

Su Re Umberto I così scrisse, nelle sue memorie, il più grande ministro italiano dopo Cavour: 
« Nei rapporti che ebbi col Re, egli mi apparve come un uomo molto semplice, molto cortese e correttissimo dal punto di vista costituzionale; non notai in lui prevenzioni di -sorta contro una politica liberale e democratica. Egli intendeva con allo senso di responsabilità la sua funzione e s'informava moltissimo delle cose di Stato, interessandosi di tutto, ma in particolar modo della politica estera e delle cose militari » (29).

Il quadro, per quanto favorevole e lusinghiero, non è però completo. E non giova certo a comprendere la figura del Re ricordare che firmò lo stato d'assedio in seguito alle manifestazioni popolari del 1893, con Crispi al governo, e del 1898, con di Rudinì; firmò, perché era suo dovere di Sovrano costituzionale, ma ai governi e non a lui risale la responsabilità delle severe repressioni.

Giova invece rammentare il suo prodigarsi in occasione di eventi dolori, che gli procurò l'appellativo di « Re buono »: le inondazioni del Veneto del 1882; il terremoto di Casamicciola del 1883; il colera del 18,84 nel cuneese e a Napoli; lo scoppio di Porta Portese a Roma.

Cadde, come altri capi di Stato del tempo: Alessandro Il di Russia, il presidente degli Stati Uniti Giacomo Garfield, il presidente della repubblica francese Sadi Carnot e l'imperatrice Elisabetta d’Austria, vittima di un folle anarchico, espiatore di colpe che non erano sue, ma che la propaganda sovversiva, in quegli anni particolarmente attiva, falsamente gli attribuiva. Il cordoglio della nazione fu immenso e profondo, come nei confronti di un padre.

Si è accennato, nel capitolo VI, che dalla teoria della « colpa soggettiva », nel campo degli infortuni sul lavora, si era passati gradualmente a quella, molto più favorevole al prestatore d'opera del «rischio professionale». Altri fondamentali progressi furono compiuti con la legge 8 luglio 1883, sul l'assicurazione facoltativa, e soprattutto con la successiva 17 marzo 1898, n. 80, che istituì l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro nella industria, con contributi a carico dei datori di lavoro.

Non passeranno molti anni che la tutela sarà estesa ai lavoratori agricoli, per i quali già nel 1892 si era costituita l'Associazione mutue di assicurazione contro gli infortuni agricoli di Vercelli, seguita presto da analoghe associazioni in altre provincie.

Altro importante provvedimento fu costituito dal riconoscimento giuridico delle Casse di mutuo soccorso, costituite in Piemonte attorno alla metà del secolo e poi estesesi in tutta Italia, con lo scopo di assicurare i lavoratori contro il rischio di malattia, disoccupazione, invalidità e vecchiaia, morte: il riconoscimento avvenne con la legge n. 3818 del 15 aprile 1886.

Si ricordi ancora che, con la legge 17 luglio 1898, n. 350, creatrice della Cassa di previdenza per gli operai, il governo introdusse il principio dell'assicurazione sussidiata di invalidità e vecchiaia, consistente in un contributo statale onde invogliare i lavoratori ad assicurarsi spontaneamente. L'assicurazione facoltativa contro l'invalidità e la vecchiaia era già stata introdotta con la legge 15 luglio 1859, proposta il 9 febbraio dell'anno precedente dal Conte di Cavour. 
Di pari passo ai progressi della nostra economia e all'estendersi della questione sociale, i governi della Monarchia perfezionavano e aumentavano le provvidenze a favore dei lavoratori, ai quali si schiudeva un avvenire meno oscuro, più libero e socialmente giusto.


(26) ARTURO -CARLO JEMOLO: « Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni », Einaudi, Torino, 1952, pagg. 407, 408.

(27) ARTURO CARLO JEMOLO, opera citata, pag. 408. 

(28) GINO LUZZATTO: « Storia economica d!ell'età moderna e contemporanea - Parte seconda: l'età contemporanea », CEDAM, Padova, 1948, da pag. 389 alla fine del volume.

(29) GIOVANNI GIOLITTI: « Memorie della mia vita », Treves, 1929.

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