NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 12 aprile 2025

Effetto-Carlo III. Il complesso monarchico della Repubblica. Un messaggio pedagogico

 


di Fabio Torriero

 

Archiviato il viaggio di Stato in Italia di Re Carlo III, qualche riflessione dobbiamo pur farla. Non si tratta, infatti, di ricordare la semplice cronaca di un viaggio (da Roma a Ravenna), che è stato un indubbio successo. E non solo per l’amore che il sovrano ha per il nostro paese, ma anche e soprattutto per un messaggio universale che resterà scolpito nella nostra memoria collettiva.

Carlo, durante il lunghissimo periodo di eterno erede, sembrava un uomo insulso, astratto, privo di personalità; totalmente emarginato e condizionato dalla leadership pesante, pressante e carismatica della madre, la regina Elisabetta.

La sua “postura regale” si limitava a suggestive quanto vuote dissertazioni intellettuali, ambientaliste, umanitarie, artistiche. Una sorta di fuga dotta dalle incombenze e competenze pratiche di futuro re.

Per non parlare poi, della tragica vicenda che lo ha legato al “matrimonio farsa” con Lady D, dove è uscito con le ossa rotte, apparendo come un padre irresponsabile, ambiguo, plagiato dalla “strega”, ora regina Camilla, che, al contrario di ogni previsione, ha avuto il merito di risalire la china mediatica, trasformandosi con discrezione e compostezza, da dannata a consorte degna di rispetto e ammirazione pubblica. Della serie, il vero amore (non quello pianificato a tavolino per ciniche ragioni dinastiche), alla fine vince sempre, come una bella fiction.

Nel suo viaggio tricolore, dove politica, cultura, rappresentanza e divertimento, l’hanno fatto da padroni, Carlo ha ben rappresentato la vocazione europeista del Regno Unito; una strategia dialogante, conciliante, moderatrice, che gli stessi governi inglesi, sia laburisti, sia conservatori, non sono mai riusciti a comunicare bene. Sia per la Brexit, sia per finalità geo-economiche.

Specialmente ora, in una fase storica estremamente delicata, in cui si odono clamori bellici, si paventano crisi economiche, finanziarie e migratorie, un “ambasciatore dell’identità” come lui, è stato un flusso benefico.

Ma la cosa che è emersa nel suo intelligente, gentile quanto erudito discorso (in parte in italiano), nel nostro parlamento riunito, è stato lo stile sobrio, elegante che ha saputo trasmettere.

E non è solo il risultato di una sua capacità individuale, ma è il Dna stesso della monarchia.

Carlo III, grazie al suo intervento, tra l’altro molto apprezzato, ha restituito agli italiani, alla politica e agli osservatori, un dono che stiamo smarrendo: il rispetto della dialettica parlamentare, la sacralità delle istituzioni, la mistica dello Stato-persona, l’importanza dei simboli identitari viventi che uniscono le nazioni, oltre le ideologie e le contrapposizioni.

Tutto in poche ore. Tutto in una visita. E l’abbraccio della gente, gli applausi sperticati e trasversali dei parlamentari, accorsi in massa, emozionati, interessati, qualcuno pure con la cravatta rosso-blu in omaggio ai colori della Corona inglese, hanno costituito la prova più evidente della “voglia di monarchia in repubblica”, o quanto meno, del bisogno da noi di una monarchia come quella inglese.

Una tale opzione sarebbe un buon correttivo e uno deciso stop alla nostra attuale becera politica e comunicazione politica. Dove regnano non sovrani, che hanno studiato per questa funzione arbitrale, ma guitti, populisti, spot-man, deputati e senatori volgari, ignoranti, impreparati. Forse la gente è stanca di risse mediatiche e di slogan vuoti. Da Trump a Putin, passando per Macron e la Von Der Leyen. E ci siamo limitati ai generali. I caporali si commentano da soli.



Fonte:

Effetto-Carlo III. Il complesso monarchico della Repubblica. Un messaggio pedagogico » LO_SPECIALE

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