NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 16 settembre 2024

Saggi Storici sulla sulla Tradizione Monarchica - VIII

 


3) LA FINE DEL MEDIO EVO.

Dopo la morte di Corradino restarono sospesi per molto tempo i legami fra l'Italia e l'impero e cessata ogni possibilità di unione fra questo e regno di Sicilia, i due stati divennero naturalmente antagonisti. Le lotte interne delle altre regioni italiane favorivano in­tanto la sottomissione dei comuni minori ai maggiori e l'accentra­mento del potere nelle mani dei signori più potenti che diede origine alla formazione delle signorie.

In alta Italia, sempre maggiore Importanza veniva assumendo lo stato sabaudo, che sotto sovrani illustri come Umberto       beato, (*) (1129-1189) Tommaso I (1178-1233) e Amedeo IV (1197-1253) ave­va avuto parte non indifferente nelle lotte politiche acquistando nuo­ve città come Pinerolo e Cuneo. In Lombardia cresceva la potenza di Milano, presto dominata dai Torriani mentre a Verona si consolida­va la signoria degli Scaligeri, più a sud la famiglia degli Estensi con Obizzo II acquistava la signoria ereditaria e perpetua di Ferrara, Modena e Reggio. A Venezia crebbe il potere della nobiltà di fronte al Doge, concretandosi con   l'istituzione del Maggior Consiglio (1172) e di altri organi collegiali: i Pregadi, la Quarantia e il Senato e in seguito al tentativo rivoluzionario di Baiamonte Tiepolo, il Consiglio dei dieci, incaricato della sicurezza dello stato e dell'inquisizione politica.

Firenze fu in quell'epoca insanguinata e divisa dalle lotte fra guelfi e ghibellini, poi fra guelfi bianchi e guelfi neri, sempre seguite da vendette e proscrizioni e tutte le città principali parteciparono a tali lotte fra le due fazioni, mentre Carlo d'Angiò assumeva il ruolo di capo della fazione guelfa in Italia contro i ghibellini fautori dell'Impero governato da Rodolfo d'Asburgo. (1273)

Le lotte italiane continuarono acerbe nonostante l'intervento pacificatore dei Papi, alcuni dei quali furono favorevoli ed altri contrari a Carlo d'Angiò, finché una rivolta scoppiata in Sicilia contro gli Angioini non provocarono la scissione del suo regno perché un parlamento siciliano proclamò re dell'isola Pietro Re d’Aragona, genero di Manfredi; ne nacque un’aspra guerra tra Angioni e Aragonesi che fu combattuta soprattutto per mare e che terminò con la pace di Caltabellotta conclusa fra Carlo II figlio di Carlo D’Angiò e Federico figlio di Pietro III, la quale la Sicilia sarebbe restata a Federico fino alla sua morte dopo di che sarebbe tornata agli Angioini che mantenevano i territori continentali. (1302)

Si verificò in quel tempo, l'importantissimo evento storico conosciuto con il nome di cattività avignonese, cioè lo spostamento della residenza dei Papi da Roma ad Avignone, città della Francia meridionale già appartenente agli Angioni e da questi poi venduta al Patrimonio di San Pietro; questo periodo durato dal 1309 al 1376 fu considerato in Italia di schiavitù per il Papato tenuto prigioniero dai re di Francia, ma in realtà fu non differente da altri periodi, anche se l'influenza francese si fece sentire spesso specie per l'elezione dei cardinali e del pontefice. L'assenza del papa dall'Italia provocò però uno stato pietoso di abbandono in Roma, ridotta a poche migliaia di abitanti e nocque a tutto l'equilibrio politico della penisola. Roma abbandonata e ribelle ai rappresentanti pontifici, si eresse a comune e in essa dominò per qualche tempo il tribuno Cola di Rienzo, vittima poi delle sue stesse follie e crudeltà che ne provocarono la caduta e la morte a furore di popolo.

L'Impero in questo periodo fu praticamente assente e quando l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo scese in Italia per prendere la corona imperiale e sedare in qualche modo le lotte delle fazioni, trovò l'ostilità dei Torrigiani a Milano che furono cacciati e sostituiti dal vicario imperiale Matteo Visconti, di Firenze e del re Roberto di Napoli. L'imperatore, in cui il grande. Dante Alighieri cacciato da Firenze dall'avversa fazione dei guelfi neri tanto sperava per un riordinamento della situazione italiana, si accinse a marciare contro gli Angioini ma morì a Buonconvento presso Siena il 24 agosto 1313, lasciando l'Italia nell'anarchia. Il suo successore Ludovico il Bavaro si pose in contrasto con il papa Giovanni XXII e aggravò le condizioni d'Italia con la sua discesa e con la nomina di un antipapa, da lui chiamato Nicolò V.

Un qualche ordine venne ristabilito con l'incoronazione dell'imperatore Carlo IV di Lussemburgo, eletto dai principi tedeschi ostili a Ludovico ed alla morte di questo riconosciuto da tutti, ma la sua influenza in Italia fu passeggera poché rimanendo in, pieno accordo con il Papa egli ben poco si occupò delle cose d'Italia, tutto rivolto ai problemi d'oltralpe.     

Nel 1337 venne a morte Federico re di Sicilia ma contrariamente ai patti di Caltabellotta lasciò il regno in eredità al figlio Pietro II a cui successe poi il fratello Luigi; a Napoli invece alla morte di Roberto nel 1343, salì al trono la nipote Giovanna I il cui regno fu funestato dalle guerre fra i partigiani suoi e del marito Principe Andrea d'Ungheria; alla morte di questo la regina fu anzi accusata di assassinio e Re Luigi I d'Ungheria fratello di Andrea la costrinse alla fuga in Francia, con il secondo marito Luigi di Taranto, e prese possesso del regno di Napoli lasciandovi un luogotenente. Successivamente si venne ad un accordo e fu incoronato Re, Luigi di Taranto che regnò insieme alla moglie (1352) e questo permise ai sovrani napoletani d'intervenire nelle vicende siciliane per tentare di riconquistare l'isola, riuscendovi in parte, ma la guerra che ne nacque terminò nel 1372 con il riconoscimento di Federico III d'Aragona a Re di Sicilia, sia pure come vassallo di Napoli e del Papa.

Il fallimento della politica egemonica degli angioini favorì la costituzione e il rassodamento delle signorie italiane; in Lombardia la signoria dei potenti Visconti aveva sostituito i Torrigiani, i della Scala si erano rafforzati a Verona e a Mantova si erano insediati i Gonzaga.

Altre signorie erano quelle dei Carrara a Padova, dei Pepoli a Bologna, dei Manfredi a Faenza, degli Oderlaffi a Forlì, dei da Polenta a Ravenna, dei Malatesta a Rimini e dei Montefeltro ad Urbino. A repubblica continuavano a reggersi solo Genova, Venezia, Lucca e Pisa, sia pure queste ultime spesso insidiate da Firenze, dove dopo violente lotte fra popolo minuto e popolo grasso, cioè borghesia, con un periodo signorile del condottiero francese Gualtiero di Brienne, detto il Duca d'Atene, cominciava a sorgere la potenza dei grossi banchieri.

Agitata la vita dello stato pontificio dove il potere dei comuni si alternava a quello delle grandi famiglie della campagna romana, rese più forti dall'assenza del papato, relegato ad Avignone.

Tale stato di cose provocò la formazione delle Compagnie di ventura, cioè di milizie mercenarie che al servizio dei signori combattevano per loro; dapprima comandate e composte prevalentemente da stranieri, furono poi guidate anche da condottieri italiani, fra cui celebri restarono Bartolomeo Colleoni, Erasmo Gattamelata e il Conte di Carmagnola. La loro presenza rappresentò però uno dei periodi più tristi della nostra storia nazionale perché segno di una deplorevole decadenza politica e morale.

 

(*) Umberto III fu il primo dei principi di Casa Savoia fra quelli elevati agli onori degli altari; egli apre una serie di beati e di venerabili a cui appar­tengono: il B. Bonifacio di Savoia Arcivescovo di Canterbury, il B. Amedeo IX duca di Savoia, la B. Margherita di Savoia Acaia vedova del Marchese di Monferrato e suora domenicana, la B. Ludovica di Savoia figlia del B. Amedeo e suora francescana; sono inoltre morte in concetto di santità, le venerabili Maria Clotilde regina di Sardegna e moglie di Re Carlo Emanuele IV, Maria Cristina figlia di Vittorio Emanuele I e moglie di Ferdinando II re di Napoli, Francesca Caterina e Maria figlie di Carlo Emanuele I e Maria Clotilde figlia di Vittorio Emanuele II comunemente detta « la Santa di Moncalieri ».

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