NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 22 gennaio 2022

La Monarchia dal 1922 a .... domani - II parte

IN REGIME FASCISTA


Fin dalla prima seduta della Camera si intravvide però subito il suo vero animo intransigente e minaccioso: gli italiani allibirono all'insulto da lui fatto alla Camera e per conseguenza al Paese che l'aveva eletta, col noto oltraggio: «di. quest' aula sorda e grigia avrei potuto fare un bivacco di manipoli!» (e mi sia lecito aggiungere che quando Mussolini venne a 'Vicenza nel '24 alloggiando in Prefettura, ebbe a gloriarsi, me presente, di tale frase precisando che non gli fosse sfuggita, ma voluta dire espressamente per marcare che, i fascisti erano assai superiori ai Deputati). E la Camera, l'ultima eletta liberamente dal popolo italiano, fu muta e gli diede il suo voto di fiducia.

Se il Re era uscito pienamente giustificato dall'aver commesso (concesso?) le redini del governo a Mussolini, appariva pur troppo chiaro fin d'ora che della Costituzione, cioè libero funzionamento degli organi istituzionali, non sarebbe rimasta che la struttura formale.

E così fu infatti: il Re, sminuito dei suoi poteri dall'invadenza, sempre maggiore di Mussolini, sine a diventare «diarchia» il reggimento dello Stato, come egli scrive nel suo libro «Storia di un anno», mettendo nello stesso piano il Re e se stesso, veniva nella realtà privato del potere sovrano, dovendo la volontà sua estrinsecarsi sempre a mezzo del Capo del Governo.

Non è che mancassero i motivi per rimediarvi, né le occasioni. Non mi tratterrò certo, su tutte le leggi e i provvedimenti in cui Il sistema costituzionale fu, se non sempre apertamente, certo nella sostanza violentato: esaminerò solo i provvedimenti che vi contrastarono in pieno ed ebbero grandissima importanza: le due leggi elettorali, quelle contro la libertà di   stampa, riunione ed associazione; nonché la legge sul Gran Consiglio.

Il primo attentato allo Statuto è stato la legge elettorale del 1923, non tuttavia alla stregua della dicitura letterale: dice l'art. 39: «La Camera elettiva è composta di Deputati scelti dai Collegi elettorali conformemente alla legge» eppertanto, data una legge approvata e sanzionata, violazione formale  non vi era. Ma se si assurge all'essenza della legge, l’offesa alla Carta costituzionale è enorme, in quanto era stabilito che i due terzi dei seggi appartenessero alla lista vincente, fascista, e solo l'altro terzo a tutti gli altri partiti insieme. E la Camera l'approvò e l'approvò il Senato: al Re non restava altra possibilità che di sanzionarla.  Veniva così a mancare l'espressione della «libera» volontà popolare.

 

* * *

È in questo clima di asservimento del Parlamento che fu perpetrato il delitto Matteotti. Già nel maggio 1923 per un coraggioso discorso alla Camera l'on. Misuri eri', stato ridotto in fin di vita; il 30 maggio successivo anno, l'on. Matteotti osava altro discorso; il 10 giugno veniva assassinato. Io non credo che Mussolini avesse prospettato di spingere le cose a questi estremi, che non gli era vantaggioso; ma l'idea di precludergli ogni altra interferenza alla Camera nei pochi giorni prima. delle vacanze estive certo fu sua; complice pertanto nella preparazione del colpo, che poi aveva ecceduto.

L'indignazione fu generale, ma non vi corrispose né la Camera né il Senato. Mussolini aveva bensì tentato di garantirsi di ogni evenienza chiedendo al Re un decreto di scioglimento della Camera colla data in bianco, ma il Re vi aveva opposto reciso rifiuto; così Malacoda (1). Allora Mussolini giocò di audacia chiedendo il 3 gennaio alla Camera di tradurlo davanti l'Alta Corte, di Giustizia ai sensi del l'art. 47 dello Statuto. La Camera, alle cui sedute aveva continuato ad essere assente il cosiddetto Aventino malgrado il Re avesse ben due volte fatto sapere ad Amendola - uno dei suoi Capi più autorevoli - che era il momento buono per il ritorno nell'aula» (2) era il 3 gennaio ancora assente, sì che nessuno si mosse all'intimazione di Mussolini, e neppure il Senato nella successiva seduta: tre soli Senatori — fra cui mi piace ricordare Abbiate — parlarono contro e i voti contrari furono 21!

Gli è che il Parlamento sapeva che la partita era perduta d'avanzo e che Mussolini aveva con sé le masse popolari, aveva la Milizia, aveva la grande riserva dello squadrismo padano e toscano» (3). Che cosa potava fare il Re? Egli che, come abbiamo visto, aveva inutilmente chiesto nel secondo semestre 1924, all'opposizione «di restare al suo posto e di provocare un voto che potesse dargli modo di constatare un mutamento nella maggioranza... sì da poter invitare il Presidente del Consiglio a ritirarsi, come aveva assicurato a Giolitti (4), tentò un ultimo espediente chiamando a Consiglio gli ex capi gabinetti liberali Giolitti, Salandra e Orlando, i quali opinarono essere inopportuno di avventurarsi in un cambio che preludesse ad un governo dominato da socialisti o popolari » (5). Di fronte a queste negative, ripeto, cosa poteva fare da solo il Re? Rincalza Silva: (6) «Poteva il Re solo contro tutti affrontare la lotta? Con quali possibilità, e con quali mezzi?... Privato dell'appoggio del Parlamento non aveva aperta altra via che quella della forza e della guerra civile per liberarsi del fascismo liberarne l’Italia»; e Mussolini stesso l'aveva chiaramente prospettalo in Senato: «La Corona dovrà servirsi dell'Esercito per disperdere la Camera che non le piace» (7).

E detta da lui, non era minaccia vana, che «sciogliere» la Camera, come in tempi normali quando si trattava di contrasti fra la medesima e il Governo in questioni sia pur gravi, non era certo rimedio da potersi sperare in quelle circostanze. Senza contare che sarebbe stato provvedimento quanto mai incostituzionale e il più antidemocratico cui si potesse pensare, in `quanto non era certa dai mormorii a due o dalle barzellette o dai giochi di parole che si potesse giustificare il dissenso del Paese.

Di fronte pertanto alla certezza della guerra civile con tutti gli orrori, che. era facile: prevedere, il Re non si sentì di gettare il Paese a tanto sbaraglio, tanto più non potendosi lusingare- di vincere tanto facilmente la partita, poco sicuro di aver rappoggio del Paese dei cui sentimenti i voti del Parlamento erano stati tutt'altro che rassicuranti indizi. Chi gli può dar torto?

E così l'occasione tragicamente favorevole del delitto Matteotti passò... inasprendo invece purtroppo' l'assolutismo di Mussolini.

Già subito dopo detto delitto, nel luglio: erano stati presi provvedimenti per «impedire polemiche intemperanti e propalazioni tendenziose per denigrare sistematicamente il Governo» (8), e nel novembre successivo altre disposizioni che «vietavano fino a nuovo ordine qualsiasi adunata, comizio o corteo con carattere politico»; e nel dicembre altre ancora per hi massima vigilanza su tutti i giornali per poter provvedere tempestivamente ed efficacemente a sequestro e diffida, per qualsiasi pubblicazione che potesse comunque arrecare turbamento all'ordine pubblico». Tali provvedimenti affidati ai Prefetti furono dopo il 3 gennaio legalizzati, quanto alla stampa colla. legge 24 giugno 1925, approvata dalla Camera con 261 voti favorevoli e 5 contrari, e dal Senato con 150 favorevoli e 46 contrari; è quanto al resto con la legge 12 dicembre successivo sui nuovi poteri a Prefetti, alla quale avevano invano tentata di opporsi soli trenta deputati, fra cui mi piace ricordare, Giolitti e Soleri, con una mozione ché Mussolini... rimandava a sei mesi tra applausi generali.

Lo stesso dicembre altro colpo ancora allo Statuto con la legge che sostituiva il Capo del Governo al Presidente del Consiglio, sì che i Ministri cessarono di essere collegialmente responsabili verso il Re, il quale perdeva il diritto di sceglierli, dipendendo essi d'ora innanzi direttamente dal Capo del Governo.

E prosegue ancora l'opera di Mussolini a scalzare l'autorità regia: il 1928 - 27 maggio - vede approvata la nuova legge elettorale che sostituisce ai Deputati i Consiglieri Nazionali tutti scelti dal Gran Consiglio. È la più completa violazione dello Statuto che li voleva scelti dai collegi elettorali. Da questo momento cessa la libertà in Italia e il Re resta solo e disarmato di fronte al Fascismo, perché viene a cessare in Lui la possibilità, che è garanzia di libertà, di cambiare il Ministero messo in minoranza dalla Camera ed anche di sciogliere la Camera se più non risponda alla volontà del Paese: il fascismo ebbe dalla Camera dei Deputati lo strumento per alterare deformare la volontà del popolo.

E nel dicembre successivo altro attentato alla dignità *della Monarchia in data del 9, che conferiva al Gran Consiglio — creato nel 1923 ma fino allora pressoché ignorato — straordinari poteri. Fu questo uno degli atti più rimproverato al Re; esaminiamone la portata. Scrive Mussolini nel suo libro «Il Gran Consiglio rivendicava, a sé il diritto di intervenire nella successione della Corona... ciò voleva dire un colpo mortale allo Statuto che regolava automaticamente questo problema (vedremo che mentiva). Taluni arrivarono ad insinuare che quell'articolo fosse di ispirazione repubblicana e che si volesse in ogni caso ostacolare l'assunzione al trono del Principe Umberto e proporre l'allora Duca delle Paglie. (Ambe insinuazioni tutt’altro che contrarie alle aspirazioni di Mussolini, se pur messe a carico di anonimi «taluni»).

Seguita Mussolini «da quel giorno — 1928 — Vittorio Savoia cominciò a detestare Mussolini e a covar un odio tremendo contro il Fascismo. Il regime, disse un giorno il Re, non deve entrare in questa materia che una legge fondamentale ha già regolato. Se un Partito in regime monarchico vuole decidere contro la successicene al trono, la Monarchia non è più tale; il grido della successione non può essere che il tradizionale: il Re è Morto! Viva il Re!».

Non è il caso di rilevare la perfetta argomentazione del Re; invece è tutt'altro che fuor di luogo notare che di fronte all'opposizione del Re, la legge fu alla fine conformata in modo da non urtare, sia pur solo formalmente, alla Costituzione. A parte che il Gran Consiglio dà solo parere su tutte le questioni aventi carattere costituzionale: la successione al trono e le attribuzioni e le prerogative della Corona, è precisato in modo inequivocabile che si deve trattare di questioni; ora 'questione' non vi può essere quando si tratti della normale successione al trono, essendo questa regolata dall'articolo 2 dello Statuto in modo preciso e tassativo con la disposizione: «il trono è ereditario secondo la legge salica». È pertanto evidente che il caso previsto, stando alla lettera della disposizione, non avrebbe, potuto essere quello normale ma altro eventuale non previsto dalla legge salica, per esempio la mancanza di maschi nell'agnazione o impedimenti a regnare nei sucessibili secondo la legge medesima. E questo fu più esplicitamente riconosciuto dallo stesso Mussolini, come è precisato nel diario Ciano sotto la data 11 febbraio 1939.

Finezze di interpretazione, certamente ma è appunto in grazia, ad esse che vien chiarita la reale portata della disposizione, resa letteralmente costituzionale per non urtare contro il 'persistere del Re e rifiutarne la sanzione; mentre a Mussolini essenzialmente importava quello che poteva apparire ai più e cioè un colpo alla Dinastia, una messa in guardia per il Re e una sfida al Principe Ereditario, che si sapeva contrario al Fascismo. E contemporaneamente gli dava in Mano l'arma da far agire, forzandone l'interpretazione, quando si fosse sentito tanto forte da osare sul sicuro del colpo mancino, non essendo allora più il caso di occuparsi della costituzionalità ma non volendo perdere il vantaggio che gli sarebbe venuto dalla legalità specie di fronte a quelli che sarebbero stati allora beni felici di avere un pretesto legale, perché sancito a suo tempo dallo stesso Re interessato, per mancare alla loro fede monarchica.

Queste le leggi che più offesero la costituzione e poche altre minori; tutte però nella loro applicazione inquinate da spirito di parte, favoritismi, imposizioni, soprusi, corruzioni. Ma i pericoli ed i danni che man mano questo stato di cose andava preparando alla Nazione, non si, prospettarono che lentamente alla generalità degli Italiani, vuoi per il fervore di numerose opere pubbliche, vuoi per la novità stella legislazione corporativa, tanto poi tralignata nell’applicazione, ma che al suo apparire ha indubbiamente dato delle speranze, vuoi per un certo benessere generale, e normale andamento di vita sociale, nonché per la fortunata conclusione dei Patti Lateranensi..., sì che per un certo periodo, che sì può calcolare sino nel corso del 1940, fu generalmente riconosciuto da scrittori e uomini politici d'Italia e all'estero che « il Fascismo fosse un complesso fenomeno che si era imposto anche agli spiriti meno benevoli e più saldi ».

E allora conclude P. Silva (9) i non si scaglino anatemi alla Monarchia se ha dovuto accettare questo fenomeno. È ingiusto pretendere che essa con

un gesto magico potesse dissolvere il regime indovinando, quando tutti lo esaltavano, la rovina che avrebbe prodotto.

Fu, è vero, anche durante questo periodo rimproverato al Re questo o quest'altro atto di assai ridotta importanza, ma pur ostico alla popolazione - visita a Predappio, il «Voi», alcuni telegrammi al Duce, il saluto e il passo romano... -. hanno questi critici pensato a quant' altri atti gli sarà riuscito di opporsi, a quante pressioni morali invece costretto in altri casi sì da giustificare se valesse la pena - qualche volta di opporsi in vista del minor male?

 

(1)  Secondo Malacoda: Popolo, Fascismo e Monarchia pagg 44

(2)   Giornale « L'Epoca »: La verità sull'Aventino

(3)   Pietro Silva, op cit pag 98,

(4)   Pietro Silva, op cit pag 102,

(5)   Pietro Silva, Op cit, pag 98

(6)   Pietro Silva, Op cit, pag 100

(7)   L. Sturzo:  L’Italia e l'ordine internazionale da Malacoda op. cit. pag. 48'

(8)   Circolari ai Prefetti

(9)   Pietro Silva, Op cit, pag 124

Nessun commento:

Posta un commento