NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 30 gennaio 2022

Capitolo XLV: La morte della madre e l’incontro con il Presidente degli Stati Uniti d’America


di Emilio Del Bel Belluz

 

Nel 1947 Carnera si trovava da un anno in America, la sua vita era sempre più frenetica, passava da un incontro di lotta libera all’altro. Il grande amico Aldo Spoldi lo accompagnava come un’ ombra. La gente lo amava, si identificava in lui, e i suoi tifosi più  fedeli erano gli italo-americani che lo seguivano in ogni occasione. Quando Carnera riusciva a scappare dalle grinfie di  Spoldi, che non  lo mollava mai, gli capitava di essere ospitato da qualche italiano. Nelle case di costoro ritrovava il sorriso, e gli pareva d’essere in famiglia. Riusciva a dimenticare la solitudine che lo assaliva nelle camere d’albergo. Vi trovava esposta  la bandiera del Re  con lo stemma Sabaudo. 

Erano dispiaciuti che il Re avesse dovuto lasciare il Paese, condividevano il dolore di essere emigrati in un Paese straniero. Carnera spesso aveva parlato della sua amicizia che aveva con il sovrano, del loro incontro e della gentilezza che aveva dimostrato nei suoi confronti.  Primo si sentiva anche lui in esilio, e gli mancava la famiglia. Carnera scriveva a casa spesso e in ogni posto dove andava a combattere inviava una cartolina ai familiari: un segno per far capire che li pensava. Aldo Spoldi gli era sempre vicino, provvedeva a ogni bisogno,  e sapeva ormai tutto del suo amico. Ogni tanto si vedeva con Philip  la Barba, che non mancava mai di fargli visita quando era in quelle zone. L’America lo aveva salvato dalla disperazione e dalla paura del domani. Carnera accumulava denaro più che poteva. In quel  periodo gli giunse la terribile notizia della morte della mamma, comunicatagli da Aldo. Quella sera Carnera doveva combattere in una riunione importante, non poteva mancare, ma disse subito al suo amico Spoldi che sarebbe ritornato in Italia per assistere ai funerali della madre.  Carnera quella notte pianse, come non aveva mai fatto in vita sua.

La madre era stata la persona che gli aveva dato tutto l’amore che una donna possa dare ad un figlio, e si sacrificò moltissimo per tutta la famiglia. Arrivò a Sequals giusto in tempo per assistere al  funerale. Si unì al dolore dei suoi cari per la scomparsa della madre.  Il giorno del funerale sembrava strano vedere un grande uomo, un colosso, con le lacrime agli occhi. Carnera aveva il cuore affranto, lo consolava l’affetto di coloro  che lo conoscevano. Al funerale la gente gli si strinse attorno per manifestargli la loro vicinanza. Carnera passò solo pochi giorni in famiglia perché doveva ritornare subito in America. Quei giorni che trascorse con i suoi furono un balsamo per le sue ferite. Pina era ancora più bella, e i bambini si stringevano al collo del loro papà per consolarlo.  La sera prima di partire, parlò con Pina del desiderio che potessero vivere tutti assieme in America e che avrebbe compiuto tanti sacrifici perché ciò si avverasse. 

La famiglia era la cosa più  bella che un uomo potesse avere. Carnera ritornato in America riprese la via del ring, combatteva ogni giorno, ogni incontro lo avvicinava alla meta che si era prefisso: stare assieme ai suoi familiari. Una sera particolarmente triste, fu invitato a casa d’amici e dopo cena si mise a suonare la fisarmonica, uno strumento che amava molto e le cui melodie accompagnate dalla sua voce tenorile e da quella dei presenti riuscivano a rincuorarlo. Alla fine suonò la Marcia reale per ricordare la sua cara patria.  Aldo Spoldi, nel suo libro - Io e Primo- La vita de il gigante buono-  racconta: “ Un altro curioso avvenimento si verifica nel 1947. Ci trovavamo nel New Jersey e precisamente nella città di Newark, dove Primo doveva incontrare in serata un ex pugile chiamato “barile di birra”e precisamente Tony Galento. Stiamo entrando nello stadio. Il solito gruppo di appassionati attende Carnera per l’autografo. Mentre Primo ne sta firmando una certa quantità, un signore distinto porge la mano a Primo e gli rivolge un cordialissimo saluto: “ Rammenti, Primo molti anni fa, qui in Newark, quando eri campione del mondo?”. - Mah!- Risponde Primo. Poi, per rimediare, soggiunge : - Altroché, si che mi ricordo … Ti vedo bene, Primo. Tanti auguri! Come era da aspettarsi, Primo mi chiede: “ Mi potresti dire chi era quel signore?”. -Io lo conosco - Rispondo- Ma tu lo ricordi? – No! Replica franco, il sincero Primo. -Quello é il sentore Hartley, rappresentate al Senato dello Stato del New Jersey. - Davvero ? - Dice Primo. Senza  frapporre indugio, prontamente ad alta voce egli richiama il senatore e, avvicinandosi a lui gli porge le sue scuse per non averlo ben riconosciuto. Ora , si, gli può anche rammentare che, quando Primo era campione del mondo, Hartley era presidente della Commissione di Boxe di quello Stato. - Dovrebbe farmi un grande favore, senatore - continua Carnera, Lei dovrebbe cortesemente interessarsi per farmi  entrare definitivamente negli Stati  Uniti, con la possibilità che diventino cittadini americani anche mia moglie  e i due miei figlioli. – Con ogni gentilezza, il senatore invita Primo ad andarlo a trovare quando sarà di passaggio nella Capitale, cioè Washington; in attesa di quella visita si informerà a mezzo del suo segretario per conoscere la procedura da seguire per venire incontro al desiderio di Carnera. Passano due o tre settimane, e siamo nel territorio di Washington. Abbiamo si e no avuto il tempo di depositare le nostre valige   all’Hotel Book-Caddilac, che Primo di corsa m’afferra per il braccio ed esclama: “ Andiamo alla Casa Bianca a trovare il senatore Hartley e sentire se ha potuto fare qualcosa per la mia famiglia”.   Andiamo alla White House. Lì c’è il Senato di una nazione democratica, per cui non è difficile entrare e chiedere del senatore che rappresenta lo Sato del New Jersey. E’ altrettanto facile trovare il suo ufficio… Cerchiamo l’insegna del New Jersey, ed entriamo. Uno dei segretari di Mr.  Hartley ci prega di attendere perché il sentore si trova in conferenza col presidente Truman nella piccola Sala del Consiglio. Passano i minuti. Dopo quasi un’ ora, Primo si spazientisce, anche perché doveva cenare più presto del solito: alle ore 21 era impegnato a lottare con Tony Galento,  il “ barile pieno di birra”.

Trascorrono altri venti minuti e Primo chiede al segretario di chiamare il sentore, oppure di fargli sapere che è lì ad attenderlo. Il segretario risponde che non può fare niente. Allora, perduto completamente il controllo, non senza gentilezza, ma con energia, Primo prende per il braccio il segretario e, conducendolo fuori dall’ufficio, gli impone di avvicinare il senatore e di informarlo della sua presenza. Ci troviamo così davanti alla porta della sala dove è in corso il piccolo Consiglio. L’usciere si fa avanti, mentre il segretario spiega il desiderio di Primo. Era logico che tutto dovesse essere inutile, giacché il piccolo Consiglio era radunato con il Presidente e non era possibile disturbare. Primo, però, sempre gentilmente, ma più che mai deciso, apre la porta che immette nella sala del Consiglio e vi spinge dentro il segretario. Carnera resta dietro l’uscio, in attesa del risultato. Quel che è avvenuto nella sala, si può immaginare.

 Il fatto é che pochi minuti dopo, la porta si riapre ed appare il senatore Hartley. Questi ci accoglie, Primo ed io, con sincero entusiasmo. In pari tempo, dietro di lui esce il presidente Truman seguito da altri senatori. A questo punto, Carnera viene presentato al presidente Truman. Avviene quel che sempre avviene: e cioè che Truman si dice impressionato dalle mani enormi di Primo. Il nostro gigante, come abitualmente gli accade quando la persona gli è gradita, chiude la mano del presidente tra le sue mani, con un gesto largo e rumoroso, ma innocuo, anzi affettuoso. Per il presidente Truman, è stato come se avesse appreso d’essere rieletto per un altro quadriennio. Gioiva al solo guardare Primo dal basso in alto, e gioì quando Primo, sempre con gesti vistosi ma gentilissimi, finse di dare un manrovescio allo stomaco del Presidente, sfiorando però delicatamente il bottone della giacca. Non credo che mai Harry Truman sia stato tanto contento, quando gli è stato presentato un atleta, come lo è stato con Primo Carnera. Anche per gli altri senatori lì presenti deve essersi trattato di un momento  piacevole e memorabile, perché Primo fu veramente spassoso ed allegro nella breve conversazione con ciascuno dei presenti. Fra l’atro dirò che il sentore Hartley riuscì poi ad ottenere che l’intera famiglia di Primo entrasse  negli Stati Uniti. Lui, la moglie e i figli, divennero cittadini americani. Nella vita di Primo si verificarono molti altri fatti curiosi ed umoristici, come quelli ora narrati”. Carnera dovette attendere oltre un anno per poter ricongiungersi con la famiglia. Quando Primo si ritirava nella triste stanza d’albergo, il momento più bello era quando scriveva delle lunghe lettere piene d’amore alla cara Pina e delle cartoline ai suoi figli in cui esprimeva il grande affetto per loro. Sperava che venissero mostrate ai loro compagni di classe per portarli a conoscenza delle tante città che il loro padre visitava.

 Anche Carnera  riceveva delle lettere da Pina a cui accludeva dei disegni dei figli e veniva sempre aggiornato sui loro progressi scolastici.  Carnera considerava  lo studio essenziale per il futuro dei figli, e lui ne era ben a conoscenza, non avendo potuto studiare. Questo veniva confermato ogni volta che sentiva parlare una persona istruita, perché usava un linguaggio forbito. Un esempio era il suo avvocato che sapeva conversare in modo appropriato di ogni argomento. Costui  lo aveva difeso in modo impeccabile ed era diventato un suo amico. Primo desiderava che i suoi figli diventassero avvocati o medici: professioni che erano degne di rispetto e stima. Carnera aveva girato il mondo per lungo e per largo, aveva acquisito tante esperienze, ma l’istruzione gli mancava. Cercava di ovviare a questa mancanza, leggendo i quotidiani e dei libri. In quel periodo voleva molto bene al suo angelo custode: Aldo Spoldi, degno di massima stima, che lo accompagnava in ogni posto, e lo tranquillizzava. Con lui parlava dell’Italia, una terra che mancava a tutti e due. Aldo sentiva la sua stessa nostalgia, anche se da anni si trovava in America dove aveva combattuto a lungo. Una vita che gli aveva dato delle grosse soddisfazioni, ma che non poteva colmare la nostalgia per il suo Paese natio. Nei tanti posti in cui andavano a combattere, Aldo e Primo cercavano sempre di alloggiare dove c’erano degli italiani.

Quando si è all’estero la lontananza è davvero un peso, ma stare con qualcuno che parla la tua stessa lingua è davvero molto importante. La gente italiana che lo vedeva combattere era fiera di lui e lo voleva conoscere, ma in quel caso era Aldo Spoldi che cercava di evitare a Carnera che andasse nelle famiglie di italiani, perché era facile abbuffarsi con ripercussioni negative sul fisico. Carnera aveva superato i quarant’ anni, che per un atleta incominciavano ad essere tanti, ma il suo fisico possente lo aiutava a gareggiare ancora.  Carnera  aspettava il momento in cui sarebbero arrivati in America i suoi figli e la moglie, la cui mancanza era davvero insostenibile. Il suo amico Spoldi gli comunicò la bella notizia che avrebbe svolto dei combattimenti in  Italia, e in Spagna che lo fece  letteralmente fatto impazzire di gioia perché finalmente dopo  tanto tempo avrebbe rivisto la sua famiglia e c’era la possibilità di trascorrere un breve periodo di vacanza a Sequals. Quella stessa sera scrisse alla moglie che  sarebbe arrivato in Italia tra qualche settimana.  I suoi impegni si sarebbero svolti  tra Milano, Torino e  Udine. Giunto in Italia aveva ritrovato tanti amici, e nei suoi combattimenti aveva dato spettacolo contro dei forti avversari che avevano fatto del loro meglio, ma Carnera trionfò su  tutti. L’incontro con Pina avvenne  a Milano, che rappresentava l’ultima tappa in Lombardia. Pina era arrivata in treno con suo cognato. Carnera la vide in albergo e fu un momento che non dimenticherà mai.

L’abbraccio tra i due commosse tutti, tra cui anche Aldo Spoldi.  Anni prima questo abbraccio, sempre a Milano, Carnera lo aveva dato alla mamma. Carnera era felice, gli tremavano le gambe davanti alla moglie, e non smetteva più d’essere affettuoso. La felicità ha breve durata, pertanto va assaporata fino in fondo. Il giorno dopo, avrebbero fatto rientro in Friuli, dove a  Udine si sarebbe esibito in alcuni incontri e poi sarebbe stato libero da ogni impegno agonistico per una settimana.  Appena arrivato nella città di Udine  volle andare subito al Collegio femminile Ucellis, dove si trovava sua figlia Maria Giovanna, e fu per lui molto toccante vedere la bambina che gli buttava le braccia al collo e piangeva dalla gioia. Carnera sapeva che la commozione lo avrebbe colto, e per questo cercò di nascondere le lacrime.  Era da quando era partito che aveva sognato di vivere questo momento.  I figli gli mancavano da morire. Carnera aveva dei doni per la piccola, ma non aveva dimenticato di portare un sacco di caramelle che le suore distribuirono a tutte. Quel giorno in collegio ci fu una grande festa, e Maria Giovanna si sentiva orgogliosa e felice di poter stare in compagnia del padre che la teneva sempre in braccio.

Tra quelle forti  braccia la bambina si sentiva protetta, e fiera del padre che tutte le bambine acclamavano a gran voce.  Quella stessa sera doveva combattere e aveva bisogno di riposare, e il suo angelo custode Aldo Spoldi cercò di fargli capire che era ora d’andare. Alla sua bambina promise che la mamma l’avrebbe andata a prendere nei prossimi giorni per trascorrere una settimana assieme. La sala  dove si sarebbe  svolto il combattimento era molto grande, il pubblico  numerosissimo, che questa volta avrebbe visto Carnera combattere contro un lottatore ungherese, un marcantonio che era più alto di lui. Quando Primo incrociò lo sguardo severo del suo avversario,  comprese che non si sarebbe trattato di una passeggiata, ma le cose andarono meglio del previsto. Carnera voleva fare bella figura davanti al suo pubblico e ci riuscì. La gente, mentre raggiungeva lo spogliatoio, lo coprì con mille applausi, e il nome di Carnera veniva urlato da molti.  La gente del suo Friuli non lo aveva mai dimenticato, era sempre il suo campione. I giorni trascorsi a Sequals furono pieni di gioia, poteva finalmente stare in famiglia e condividere del tempo con i suoi cari amici. In quel periodo si era recato al cimitero per  trovare i suoi genitori, e i vecchi amici che lo avevano preceduto, come non poteva mancare una preghiera sulla tomba della sua cara maestra. Carnera sentiva un grande affetto verso coloro che gli erano stati accanto nei momenti difficili e non avevano mai smesso di credere in lui. I giorni passarono velocemente. Pina era sempre più bella e Carnera si accorgeva che lo amava  sempre di più.

Gli sarebbe piaciuto rimanere con la famiglia in Italia, ma la lotta libera era più diffusa e remunerativa in America. Nei mesi che seguirono combatté in tanti stati americani, sempre in presenza e in compagnia del suo allenatore e caro amico Aldo Spoldi.  La sera prima di addormentarsi osservava le foto della sua famiglia, e pregava. Finalmente arrivò la notizia che la sua famiglia avrebbe potuto raggiungerlo. Avevano ottenuto i documenti necessari. Con somma gioia comunicò la notizia alla moglie  e le disse di partire al più presto.  Nel frattempo fece costruire una villetta per la famiglia, a Los Angeles, non lontano da Hollywood. Carnera non badò a spese, la casa era bella e accogliente,  e sua moglie avrebbe avuto una vita meno difficile. Il suo sogno s’era realizzato: la famiglia riunita, anche se sapeva che molto spesso si sarebbe dovuto assentare per i suoi combattimenti.  I figli, ormai, dovevano frequentare la scuola americana, e con molta premura trovò un professore che insegnasse loro l’inglese.

Come si sa, i bambini hanno una capacità diversa dagli adulti nell’apprendere una lingua straniera, e dopo qualche tempo la parlavano correttamente.  La vita del campione era condotta in modo frenetico, si doveva spostare da uno stato all’altro, i combattimenti erano molto ravvicinati; ma tutto ciò gli permetteva di accantonare delle grandi somme per il mantenimento della famiglia. Trovava, comunque, del tempo da dedicare ai figli, era un padre esemplare. Li leggeva delle fiabe, giocava con loro, li trasmetteva i valori importanti della vita, come non mancava mai di parlare del paese natio, della propria patria affinché anche loro se ne innamorassero. Voleva insegnarli anche le tradizioni culinarie, tra cui la preparazione della polenta su una stufa a legna che in casa Carnera non doveva mai mancare. La gente di Sequals spesso gli mandava delle cartoline dal paese, a cui rispondeva sempre, non voleva che le amicizie si rompessero. Aldo Spoldi spesso era ospite nella sua casa, e si sentiva  uno di famiglia. Anche lui aveva nostalgia dell’Italia e avrebbe voluto tornare a vivere la vecchiaia nel suo paese natio.

Le sue parole arrivavano dritte al cuore di Primo. Con il passare del tempo i figli si erano inseriti bene nel nuovo mondo,  studiavano con profitto e con ottimi risultati.  A Sequals avevano ancora la loro casa, e ogni tanto vi tornavano. Primo sognava anche di notte di poter far rientro in Italia. Carnera aveva cominciato a fare dei combattimenti in Europa, dove era famoso per la sfide pugilistiche con Paulino Uzcudum.  In Spagna si rivide con Uzcudum, erano invecchiati tutti e due, ma l’amicizia che li legava era rimasta quella di un tempo. La vita di Uzcudum dopo aver lasciato la boxe, era più tranquilla. Parlarono dei vecchi tempi, e di quanta storia erano riusciti a scrivere nelle pagine della boxe. Primo gli confidò che la vita che faceva non era facile e che incominciava a sentire il peso degli anni e degli acciacchi fisici. Ogni incontro era sempre più duro, e si affidava alla Madonna perché l’aiutasse. La vita del lottatore ricordava quella  del circo, in cui non ci si poteva fermare mai e c’era il dispiacere di dover perdere delle amicizie che si erano create negli anni.  Carnera confidò a Paulino che spesso pensava al momento in cui si sarebbe ritirato dall’agonismo ed era preoccupato che il patrimonio accumulato non bastasse per vivere e per far studiare i suoi figli che amava tanto. Carnera continuava a parlare con Paulino che lo ascoltava come fa un caro amico.   La  Spagna era lontana dal tempo della guerra civile, ma la lotta per andare avanti non era meno dura e dolorosa. Carnera salutò il suo amico con un abbraccio e sperava di rivederlo ancora, ma comprendeva bene che quella poteva essere l’ultima volta.


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