NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 25 settembre 2010

"Porterò sempre nel cuore il vento e le onde di Cascais"


da www.ilgiornale.it


La principessa Maria Gabriella di Savoia, affascinata dai velieri, racconta la tradizione marinara dei Savoia ma anche le sue esperienze in mare. E ricorda il mitico "Iela"
di Michele Caracciolo di Brienza

Maria Gabriella di Savoia risiede da anni a Ginevra. Giustamente ritenuta la figlia più bella di re Umberto e della regina Maria Josè, è altissima, elegante in modo estremamente naturale e senza nessuna ostentazione. Ma anche disponibile e molto cortese. Nel suo salotto notiamo subito le fotografie in bianco e nero dei genitori nel giorno del loro matrimonio e le gouaches napoletane a ricordo della città che le diede i natali.
Qual è il suo rapporto con il mare?
«In Portogallo ho praticato spesso la vela perché da quelle parti c’è sempre un vento fortissimo, l’ideale. Andavo con alcuni amici portoghesi e, insieme, ci univamo ai Conti di Barcellona (Juan di Borbone, padre dell’attuale re di Spagna Juan Carlos, ndr). Loro erano appassionati di vela. Mi veniva sempre un po’ d’angoscia quando perdevo di vista l’orizzonte e poi ero trattata malissimo perché per via della mia altezza urtavo spesso il boma... Mi manca tanto il mare, so che va rispettato e amato. Qui a Ginevra mi manca soprattutto il rumore delle onde in sottofondo».
Crociere e traversate?
«Ne ho fatte diverse su alcuni grandi yacht, sia a vela sia a motore. Ancora ragazzina ero stata con mio padre nei Paesi scandinavi. Ci eravamo imbarcati ad Amsterdam e poi siamo andati in Norvegia, Svezia, Danimarca proseguendo per San Pietroburgo che allora si chiamava Leningrado. Poi siamo tornati via Tallinn, Riga, Danzica. Indimenticabile».
Quali erano gli intrattenimenti a bordo?
«Durante la crociera praticavo il tiro al piattello. Una volta mio padre prese il mio fucile e ricordo che durante la navigazione riuscì a colpire tutti i piattelli lanciati. La crociera fu molto interessante, i panorami erano fantastici. Ricordo che andammo al mercato del pesce vicino a Oslo. C’erano specie diverse da quelle che io vedevo in Portogallo. Già da piccola, 10-12 anni, ero affascinata dal mercato del pesce di Cascais e conoscevo le varie specie della costa portoghese».
È mai stata in Sardegna?
«Sì, tante volte. Con i Conti di Barcellona partimmo da Napoli per Ponza. Una traversata con tappa in Sardegna prima di finire in Corsica. Non c’era un soffio di vento e facevamo un nodo all’ora in barca a vela. Mi mettevo a prua dove c’è quella rete sospesa sulle onde e leggevo i libri di Pierre Teilhard de Chardin, un noto gesuita che mia madre patrocinava».
Casa Savoia è sempre stata legata alla tradizione marinara. Tanto che c’è anche un famoso nodo...
«Quel nodo arriva da Amedeo VI, il Conte Verde (1334-1383). All’epoca era chiamato “laccio d’amore” perché simbolicamente legava Amedeo VI a una delle sue damigelle. Lui aveva un bracciale con tanti “nodi Savoia” fatti con i capelli della sua amata. Da lì è cominciato l’uso».
Nell'archivio della Fondazione Umberto II e Maria José c’è un bellissimo disegno del panfilo Iela.
«Sì, è il panfilo di mio nonno, Vittorio Emanuele III. Lui e la regina Elena amavano il mare. Infatti, Iela vuol dire Elena in serbo. Lo presero poco prima che morisse Umberto I. I miei nonni erano in navigazione quando da Monza arrivò la notizia dell’attentato al mio bisnonno. Erano in Grecia e sbarcarono a Taranto per proseguire poi in treno fino Monza».
Qual è la barca più elegante su cui è salita?
«Senz’altro il Créole, un veliero dell’armatore greco Stavros Niarchos. I velieri hanno un fascino particolare. Ricordo che nel 1982 ero in Portogallo per stare qualche giorno con mio padre e vidi entrare nel Tago una flotta di straordinari quattro alberi. Saranno stati una dozzina. C’era l’Amerigo Vespucci. Ricordo anche le navi-scuola dell’Unione Sovietica e della Danimarca. Era una meraviglia. Era l’alba quando le imbarcazioni si apprestavano a entrare nell’estuario del Tago. Per via della foschia e delle vele spiegate sembrava un quadro di William Turner. Non ho più visto uno spettacolo così».

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