NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 25 dicembre 2023

La Regina Elena, racconto di Natale

 di Emilio del Bel Belluz

Lo scrittore che ho sempre molto amato, Henry David Thoreau  scrisse “La bontà è l’unico investimento che non fallisce mai”. Sono queste le parole che ho nel cuore nel momento in cui mi appresto a scrivere un racconto sulla donna che fece importante e bella la sua vita con l’amore verso il prossimo: la Regina Elena. 

In questi giorni d’autunno in cui le foglie cadono formando un tappeto multicolore e lasciando gli alberi spogli, mi vengono in mente le riflessioni che un caro amico mi ha scritto: “Quando furono create le quattro stagioni, l’autunno protestò dicendo: “Non mi pare giusto: mentre alle altre stagioni hai dato le cose meravigliose come il sole in estate o i campi in fiore in primavera e la neve candida e soffice in inverno, a me hai dato solo nebbie e pioggia”. 

A quel punto il Creatore disse: “Hai ragione ma non preoccuparti. A te darò i colori più belli “. La stagione dell’autunno è stata quella che ha visto partire per il lungo ed ultimo viaggio una donna che era stata la mamma di tutti gli italiani: la Regina Elena. Dalla finestra della stanza dove si trovava ricoverata, chiese di poter guardare il cielo per l’ultima volta, poi chiudendo gli occhi pronunciò le sue ultime parole che erano rivolte ai suoi figli e alla amata Italia. Il 28 novembre 1952 si spense a Montpellier. È una data che non sarà mai dimenticata da coloro che l’hanno conosciuta ed amata. 

La Regina d’Italia andò in esilio con il consorte, Re Vittorio Emanuele III nel 1946, ospiti del Re Faruk, e dopo essere rimasta vedova nel 1947 si recò dopo alcuni anni a Montpellier, in Francia, con la malattia che già si era impossessata di Lei. La sua forte tempra non si arrese al male, e volle combatterlo tenacemente.  Nel tempo in cui visse in Francia, in compagnia della sua fedele cameriera, Rosa Gallotti, volle continuare a fare quello che nella sua vita aveva sempre svolto: aiutare gli ammalati, i diseredati, gli ultimi e gli orfani. Era una donna molto pragmatica: non si tirava mai indietro di fronte alle necessità altrui. Pur vivendo in Francia il suo cuore era rimasto vicino agli italiani e li aiutò sempre con spirito di abnegazione. 

A Montpellier venne a conoscenza che vi era un istituto di suore sarde che ospitavano dei bambini orfani. Allora volle andare a visitarlo. Fu accolta in quel posto da tante bambine festanti che le cantarono delle canzoni e le recitarono delle poesie. La commozione della Regina Elena fu davvero intensa, le scesero le lacrime perché in quel posto incominciò a sentirsi come in Italia. Si intrattenne con le bambine e ad ognuna fece una carezza.

 Le orfanelle percepirono l’affetto dimostrata dalla Regina che veniva chiamata la - Signora in nero -. Era una donna che aveva un sorriso per tutte e quando questo accadeva, il suo volto si illuminava. Le piccole ospiti sentivano che era una persona speciale. Avevano udito pronunciare la parola regina solo nelle favole, ma ora l’avevano davanti. La Regina si sedeva accanto a queste piccole orfane e ad ognuna donava una caramella e dei cioccolatini. In quel momento per la Regina era come se fosse in Italia, dove spesso andava a trovare quelli che non erano stato fortunati, e a cui la vita aveva negato il calore di una famiglia. 

Quei bambini che nei loro volti si era insinuata la tristezza di non essere come gli altri, non avendo una famiglia. La Regina in quella prima visita si accorse di una bambina che la osservava intensamente, ma non riusciva a dire una parola. La Regina allora le andò vicino e le chiese il suo nome. La bambina rispose che si chiamava Elena, come Lei. La Sovrana le fece un sorriso, le accarezzò la guancia dalla quale scendeva una lacrima. Poi con dolcezza la prese tra le sue braccia e le chiese di esprimere un desiderio, qualunque le venisse in mente. La bambina non rispose subito, l’emozione l’aveva avvolta ma prendendo coraggio disse: “Vorrei che tu fossi la mia mamma”. 

Le suore che le erano vicine sorrisero, la Regina che non aveva più la forza per tenerla in braccio la pose a terra e le disse: “Da oggi in poi sarò la tua mamma, e queste bambine che sono presenti saranno tutte mie figlie”. Quello che accadde fu davvero commovente, ogni bambina circondò la Regina, e in quel collegio fu un giorno di festa. Si era vicini al S. Natale: infatti, mancavano solo due settimane al grande evento. La Sovrana salutò con tutto il cuore le bambine, promettendole che sarebbe tornata al più presto e con loro avrebbe preparato il presepe. Quella promessa la fece anche alle suore che le avevano chiesto di tornare al più presto e, in qualsiasi momento, sarebbe sempre stata accolta con gioia. Mentre la porta si stava chiudendo la piccola Elena Le corse incontro e Le diede un bacio come una figlia fa con la propria mamma. Nei giorni che seguirono la Regina Elena, assieme alla sua fedele cameriera, girò per la città di Montpellier alla ricerca di quei negozi che vendevano statue del presepe. La loro attenzione fu attratta da una bottega ove un vecchio artigiano si dedicava alla costruzione dei presepi. 

L’anziano falegname dalla bianca barba ed un po’ ingobbito dal tempo, riconobbe subito la Regina di cui aveva letto nei giornali gli elogi per i suoi atti di carità e di bontà verso gli altri.  Il vecchio artigiano aveva nel suo cuore la bontà e questa attività l’aveva scelta perché amava il S. Natale.  La Regina che si esprimeva molto bene in francese disse che cercava un bel presepe con delle statue alte almeno una quarantina di centimetri. Il vecchio allora le chiese di attendere, ed andò nel retrobottega per prendere le statue, e tutto il resto che sarebbe servito per allestire un presepio. Dopo poco ritornò, e gliele mostrò, ma mancava quella della Madonna. La Regina osservò le statue una ad una e si congratulò con il falegname per la bravura con cui le aveva scolpite.  

Il vecchio disse che la statua della Madonna l’avrebbe fatta nei giorni successivi: gli sarebbero bastate solo due giornate. Al momento del pagamento, l’artigiano rifiutò qualsiasi somma di denaro e pregò la Sovrana di offrirla a qualche bisognoso. La Regina lo ringraziò, il vecchio le fece un grande inchino, era felice che una persona così importante fosse venuta nella sua bottega e non vedeva l’ora di dirlo a sua moglie.  Il mestiere di falegname lo svolgeva da anni, conosceva ogni tipo di legno, e spesso diceva alla gente che faceva lo stesso lavoro di San Giuseppe. Quella mattina, complice l’emozione, non riuscì a creare nulla. Decise di andare a casa e quel giorno non volle più lavorare. La mattina dopo decise di cercare una foto dei Sovrani tra dei vecchi giornali che aveva custodito in un baule. Il falegname si sedette in cucina davanti al caminetto la cui luce si rifletteva sulle pareti. Lesse a voce alta l’articolo, e rimase colpito dal volto dei Sovrani, a tal punto che li osservò a lungo con attenzione. Il giorno dopo, l’uomo si mise subito al lavoro, aveva trovato due pezzi di legno dolce che si sarebbero fatti scolpire con facilità. Iniziò a modellare il volto della Madonna e poi quello di S. Giuseppe. Gli sembrava che una forza superiore guidasse la sua mano e a lavoro ultimato i volti di Maria e di Giuseppe avevano le stesse sembianze dei Sovrani. Quella stessa sera mostrò i lavori alla moglie che si complimentò per come li aveva fatti. 

Qualche giorno dopo venne la Regina Elena accompagnata dalla fedele Rosa. Quando vide che le due statue avevano le sembianze sue e quelle del suo consorte, una grande felicità si sprigionò dal suo volto. La Regina volle ringraziare l’uomo che nel frattempo aveva chiamato la moglie, che si commosse davanti alla Sovrana. Il falegname si sentiva felice d’aver lavorato per una donna molto buona di cui si parlava in paese: una Regina che aveva amore per i poveri, per gli ultimi, che si prodigava nell’aiutare gli ammalati, era una buona cristiana e sicuramente Dio l’avrebbe tenuta nel suo cuore. La Regina Elena ringraziò l’uomo e la moglie e se ne andò direttamente al collegio dove aveva promesso alle bambine che sarebbe tornata per allestire il presepe. Quando arrivò all’orfanatrofio le suore e le bambine l’accolsero in modo festoso e tutte assieme iniziarono ad allestire il presepe. Dopo un giorno d’intenso lavoro, fu finito. Tutte le bambine attorno ad esso ammiravano le statue dei vari personaggi e la loro attenzione era soprattutto rivolta alla capanna che dava asilo al Bambinello, a Giuseppe e Maria che venivano riscaldati dal bue e dall’asinello. 

La bambina che aveva chiesto alla Sovrana di diventare la sua mamma, si metteva sempre vicina Lei e non La lasciava mai. Fu costei che s’accorse che la Madonna assomigliava alla Regina e da quel momento anche tutte le altre bambine dissero che ciò era vero. Poi tutte esclamarono:” La Regina è la Madonna”. Le orfanelle si strinsero attorno alla Sovrana, volevano baciarla e abbracciarla.  In tutta quella commozione la Regina sorrideva e si sentiva felice, stava vivendo un momento di pura gioia.   Il giorno di Natale la Sovrana e la sua fedele Rosa andarono all’istituto per festeggiare assieme alle piccole ospiti questa grande solennità. 

Dopo la celebrazione della messa, che si svolse nella piccola cappella del collegio, e fu allietata dalle voci angeliche delle bambine, la Regina diede ad ognuna di loro un dono contenuto in una scatola avvolta con della carta dorata. La gioia che si era creata era davvero incommensurabile. La Regina d’Italia quel giorno non si sentì ospite, ma appartenente a una grande famiglia. Fu una festa che se ne parlò per molto tempo. La Regina Elena visse solo un anno dopo quel Natale, ma non mancò mai di far arrivare alle orfanelle molteplici aiuti. Volle andare a salutarle per l’ultima volta pochi mesi prima di morire. In quel posto si sentiva una mamma, e percepiva il calore della famiglia che Le faceva dimenticare i tormenti dell’esilio e della malattia. Alla sua morte le piccole ospiti piansero non la Regina ma la loro Mamma che non le aveva mai abbandonate e non avrebbero mai dimenticato la sua bontà ed il suo affetto dimostrati nei loro confronti.  Mi auguro che la Madre dei poveri possa essere al più presto innalzata agli onori dell’altare.

1 commento:

  1. LA BONTA' DELL'ANIMO NON CONOSCE CONFINI...UN BELLISSIMO RACCONTO ! ! ! W LA REGINA ELENA ! ! ! SERGIO BRIZIO CONDIVIDE I NOBILI SENTIMENTI DI QUESTO DELICATO RACCONTO

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