NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 1 agosto 2012

La Monarchia Sabauda ed i problemi sociali. IX parte

GLI ANNI PIU' FELICI DELLA STORIA D'ITALIA: VITTORIO EMANUELE III E GIOVANNI GIOLITTI

E' stato scritto:
« Quei ventidue anni del regno di Umberto I non sono certo comparabili al decennio 1904-14, che mi pare di gran lunga il più felice nella storia d'Italia, per fortunate vicende esteriori, per il benessere economico che vide diffondersi, per la pace interna che in esso regnò, e soprattutto per il gran numero d'Italiani che compirono in quegli anni l'ascensione dalla meschina vita, tutta chiusa nella dura fatica materiale, nell'aspra lotta per l'esistenza, a quella vivificata dalla fede in un'idea, da una conquistata concezione della realtà sociale, dalla partecipazione alla lotta politica, che inserisce l'uomo in un più vasto consorzio.
Ma pur gli anni che scorrono tra il 1878 ed il 1900 scorgano una ascesa, segnata in particolare dall'allargarsi della classe politica, dalla cerchia sempre più vasta di coloro che s'interessano della vita pubblica » (30).

Giudizio questo che non può non far proprio chi il progresso concepisca solo sulla strada non sempre facile della libertà e della cristiana elevazione degli umili, senza intolleranze, vana retorica, insensati intenti di conquista e di dominio.

A proposito di Vittorio Emanuele III e di Giovanni Giolitti, che fu di gran lunga il più saggio dei suoi ministri, s'ascolta o si legge ai nostri giorni anche e spesso l'opinione negativa talvolta la frase ingiuriosa (31) ; ma la storia, la storia vera, non quella scritta dai faziosi, ha già fatto giustizia e ancora ne farà di tali iniqui giudizi. A noi ora di esaminare brevemente ciò che fu realizzato in quegli anni di pace gloriosa.

Non propositi di reazione accompagnarono Vittorio Emanuele III all'inizio del, Regno, non rancori per l'uccisione del padre, ma una visione aperta e concreta dei problemi politici e sociali del momento; nell'attuare intenzioni di progresso gli fu di grande ausilio il piemontese Giovanni Giolitti, ministro dell'interno nel 1901, presidente del consiglio, salvo non lunghe parentesi, dal 1903 al 1914.

Gran merito dei governi Giolitti il suffragio universale concesso nel 1911, che allineava il nostro Paese con le democrazie più avanzate.
Altre speranze, altri entusiasmi alimentò la conquista della Libia, iniziata nel 1911. che apriva all'Italia le prospettive allora molto allettanti di un impero africano, di uno sbocco all'eccedenza di popolazione, di lavoro per tante braccia altrimenti dirette verso Paesi stranieri.

Nel trentennio dal 1881 al 1913, la popolazione era aumentata da 28 a 36 milioni, mentre un sccolo prima non superava i 20 milioni: anche negli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, l'emigrazione fu la grande valvola di sicurezza della ricchezza demografica italiana: 1913, 870000 emigranti!

Però le condizioni economiche non erano più quelle di qualche anno e tanto meno di qualche decennio addietro: la produzione granaria, da 35 milioni di tonn. nel 1885, era passata a 50 milioni all'inizio del '900; aumentata la produzione dell'olio, del vino, etc.; incrementata la produzione tessile, metallurgica e meccanica; iniziato lo sviluppo della produzione automobilistica (la FIAT nacque nel 1899); incrementate le importazioni di carbone; iniziato lo sfruttamento dell'energia idroelettrica; grande lo sviluppo dell'industria dello zucchero di barbabietola; salito il valore annuo della produzione agricola, da 5 miliardi nel 1896, a 7 nel 1910, a 10 nel 1914; aumentato il valore complessivo delle importazioni e delle esportazioni da 2,5 miliardi nel 1895 a 6 nel 1913; aumentata la rete ferroviaria, da 13000 chilometri nel 1890, a 16000 nel 1914; aperto nel 1906 il traforo del Sempione; aumentata la flotta mercantile e l'industria delle costruzioni navali, conseguito ancora una volta il pareggio del bilancio: ripresa la politica di grandi opere pubbliche, gettate le basi dell'Acquedotto Pugliese e delle bonifiche di terreni paludosi e malsani; premio sull'oro della moneta cartacca; convertita la rendita dal 5 al 3,5%, a dimostrazione del prestigio del credito dello Stato...

Le memorabilì esposizioni di Milano (1906) e di Torino, Firenze, Roma (1911) dimostrarono i grandi progressi del lavoro e della produzione: si può a ragione affermare che l'Italia, alla vigilia della prima guerra mondiale, occupava uno dei primi posti fra le nazioni europee.

Ecco i principali progressi nel campo della legislazione sociale:

- legge 31 gennaio 1904, che estendeva l'assicurazione obbligatoria, a carico del l'imprenditare, ai lavoratori agricoli occupati in aziende che, facendo uso di macchine e impiegando più di cinque dipendenti, implicassero una quantità rilevante di pericoli;

- 1900: costituzione della « Federazione italiana delle società di mutuo soccorso », incaricata di fornire alle mutue la necessaria assistenza tecnica, di difenderne gli interessi e di svolgere la necessaria opera di propaganda;

- legge 30 maggio 1907, n. 376, che perfezionava la precedente del 1898 sull'assicurazierne sussidiata di invalidità e vecchiaia;

- 1904, 1905, 1906, 1910, 1912: lo Stato iniziò, a favore dei propri dipendenti operai e di altre categorie di lavoratori, l'esperimento dell'assicurazione obbligatoria di invalidità e vecchiaia.

Qual'è ora il ricordo di quel periodo di pacifico progredire in tutti i campi?

«Non credo siano molti anche tra i vecchi italiani, quelli che hanno compiuto i sessant'anni, e ricordano quindi ciò che era l'Italia del 1904-14, a pensare tuttavia a quel tempo come agli anni felici.
Per i più gli anni felici resteranno quelli del fascismo: gli anni delle grandi parate, delle grandi affermazioni verbali, dei roboanti discorsi, dell'auto-ammirazione, dell'esaltazione di tutto ciò ch'era nostro, che doveva essere bello, che doveva essere superiore ad ogni altra cosa, perché era nostro.

Non c'è da stupirsene nè dascandalizzarsene oltremodo. Avviene anche in uomini virtuosi che volgendosi nella vecchiaia indietro a ricercare un periodo felice, non si:soffermino sui lunghi anni trascorsi con un'ottima moglie al fianco, in lavoro fecondo, in prosperità economica, bensì a qualche mese od anno di gioventù passato sotto la malìa di qualche donnetta leggerina. Ciò che significa soltanto, che i sentieri della virtù non sono i più fioriti nè i più ameni a percorrere. L'Italia di Giolitti riporta proprio alla immagine della onesta casa borghese, dove si lavora molto, si fanno economie, non ci si concedono lussi, e nelle rinunce che si compiono si è sostenuti dall'amore per i figli, che delle nostre rinunce godranno » (32).



(30) ARTURO CARLO JEMOLO: « Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni », Einaudi, Torino, 1952, pagg. 406 e 407.

(31) Apprezzamenti ingiuriosi sono contenuti, ad es, nel saggio di NINO D'AROMA su «Vittorio Emanuele III », in « Un secolo di Regno - L'unità nazionale» a cura di « Rivista Romana », 1959.

(32) ARTURO CARLO JEMOLO, opera citata, pagg. 501 e 502.

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