Due filosofi a confronto.
a cura di Jonathan Fanesi
Premessa al lettore
Il passato è comprensibile per noi soltanto alla luce del presente, e possiamo comprendere il presente unicamente alla luce del passato. Far si che l’uomo possa comprendere la società del passato e accrescere il proprio dominio su quella presente: questa è la duplice funzione della storia. Edward H. Carr, Sei lezioni sulla storia.
Ma per far questo la storia non si deve ridurre ad una mera elencazione di date e di avvenimenti; deve tener in gran conto l’evoluzione culturale dell’uomo, la filosofia, la scienza, la letteratura, l’arte e la musica.
L’uomo è un animale razionale, in quanto ha la capacità di pensare e quindi di elevarsi su tutti gli esseri viventi; in questa sua attività è passivo e attivo allo stesso tempo; passivo poiché riceve molteplici condizionamenti dall’educazione, dalla società e dalla cultura, attivo perché le sue riflessioni sono creazioni che possono influenzare la vita pratica.
Tutta la nostra dignità risiede nel pensare affermava Pascal nei Pensieri; l’uomo è giunco, ma è un giunco che pensa, non c’è bisogno che tutto l’universo si armi per ucciderlo, basta del vapore o una goccia d’acqua; nonostante ciò l’uomo sarà sempre superiore perché a differenza della natura ha coscienza del suo morire.
Sotto forma di colloquio ideale ma allo stesso tempo scontro dialettico sarà svolto questo lavoro finalizzato a far rivivere per quanto è possibile le massime e più importanti teorie dei due pensatori.
Hobbes, è il massimo esponente e teorizzatore dell’assolutismo seicentesco; John Locke del liberalismo e della monarchia moderata.
Con il Leviatano, il filosofo di Westport influenzerà indirettamente attraverso il Bossuet, le decisioni governative del re Sole e tutte le monarchie europee del XVII secolo; la filosofia lockiana troverà la sua massima espressione sia nel sistema costituzionale inglese post – rivoluzionario sia con i pensatori successivi, tanto è vero che verrà apprezzato da numerosi esponenti dell’Illuminismo tra cui D’Holbach e Helvetius
Sul rapporto filosofia e contesto storico – culturale.
La vita e il pensiero hobbesiano appartengono a uno dei periodi più travagliati della storia inglese ed europea. Non appena sventate le mire pensionistiche della Spagna cattolica dalla fermezza del governo di Elisabetta Tudor, mentre sul continente maturavano le premesse politico – religiose della Guerra dei Trent’anni, la monarchia inglese veniva travolta da una crisi che si sarebbe conclusa, dopo lunghi anni di guerra civile con la decapitazione violenta di Carlo Stuart e il regime dittatoriale - repubblicano del Cromwell.
Tutti questi avvenimenti segnarono in maniera decisiva la vita di Hobbes e lo sviluppo del suo pensiero. Si capisce allora come la teoria dello stato pre - politico in cui versava l’uomo prima della nascita dello stato corrisponda ad una situazione simile a quella reale del tempo in cui viveva ; nello stato di natura non vi è un potere comunemente temuto e : <<>>.
Analizzando la struttura del Leviatano composto tra il 1642 e il 1658, possiamo capire molte cose; l’ordine reale del testo doveva essere così: De corpore in cui trattava i problemi riguardi la materia e il corpo; De homine l’uomo, le sue facoltà i suoi sentimenti; e infine De cive, l’ultima parte politica.
L’aggravarsi della situazione spinse Hobbes ad invertire l’ordine delle parti; per due motivazioni, il De cive aveva un funzione pratica ed immediata; in secondo luogo era l’unica parte del libro indipendente dalla altre come egli ci dirà: <<>>.
E’ evidente allora la funzione pratica e pragmatica della sua speculazione, dominare una realtà ribelle violenta mediante calcolo rigoroso, non enim dissero, sed computo come egli afferma.
La violenza che si applica è proporzionata alla violenza che si deve combattere.
Un altro aspetto da analizzare è quello religioso. Il potere religioso deve essere unito a quello statale, al fine di controllare la situazione interna; secondo Hobbes il cristianesimo doveva essere purificato e semplificato, solo compiendo questo lavoro sarebbe possibile evitare dogmi, e per conseguenza indiretta ridurre il potere temporale della Chiesa cristiana.
Rousseau, in un suo scritto ci mostra sotto un’altra angolatura ancora Hobbes, un filosofo anticlericale, che pone in antitesi il potere statale con quello temporale.
Occorre ora evidenziare l’interesse speculativo lockiano e la connessione che nutre con gli avvenimento storici del suo tempo.
Il giovane Locke, nato a Wrington nel 1632 visse in un periodo molto importante della storia inglese e mondiale: quello segnato dagli episodi rivoluzionari che culminarono con la decapitazione del re Carlo I avvenuta nel 1649, la restaurazione monarchica degli Stuart ( 1660 – 1688 ), nella deposizione di Giacomo II ad opera di Guglielmo III d’Orange per mezzo della “ glorious revolution “ .
Questi avvenimenti ebbero una notevole influenza in tutta Europa, basti pensare che in Francia cent’anni dopo scoppiò la rivoluzione tesa inizialmente a cambiare l’assetto politico e costituzionale, ma sfociata poi nel regime di terrore di Robespierre.
Ritornando a Locke, il contesto storico – istituzionale nel quale si svolse la sua vita si caratterizza per la messa in crisi dell’assolutismo monarchico e dalla sua sostituzione rivoluzionaria con una monarchia costituzionale, tanto ammirata da Montesquieu e Voltaire.
Questo cambio di rotta è dovuto a due fattori principali: lo sviluppo lento ma costante della borghesia, iniziato nel 1453 al termine della Guerra dei cent’anni ( 1337 – 1453 ), protrattosi nel 500’ e rafforzatosi nel 600’ con lo sviluppo industriale; e in secondo luogo i conflitti religiosi e sociali e la separazione dalla Chiesa romana.
In questo clima che prende piede la scienza moderna, le nuove metodologie epistemologiche, le scoperte del genio pisano, ma in particolar modo la distruzione della concezione teocentrica , la perdita di centralità da parte dell’uomo, dalle ceneri del vecchio edificio del sapere sorgerà una nuova filosofia.
Tra le opere di maggior importanza spicca il Nuovo Organo di Bacone, il cui fine è di sostituire l’organon aristotelico per sviluppare la scienza e combattere ogni forma di dogmatismo e principio di autorità.
Sempre sul piano culturale non si può non ricordare la scuola neoplatonica di Cambridge, essa inizialmente era avversa a ogni forma di meccanicismo materialistico e alla nuova scienza, simpatizzava per le tesi dei pensatori italiani del 500’ vedi ad esempio Ficino e Pico della Mirandola, ma col passare del tempo spostò l’accento della sua riflessione nel campo dell’esperienza religiosa e morale individuale, in questo modo favoriva un atteggiamento antidogmatico e tollerante che finì per influenzare indirettamente il giovane Locke.
Solo grazie a queste premesse si può capire a fondo lo sviluppo della sua filosofia così altamente influenzata da concezioni liberali e tolleranti prima fra tutte quella di John Owen.
Dialogo tra Hobbes Locke
Al fine di migliorare e semplificare l’argomento trattato, occorre ordinare attraverso sequenze d’analisi i punti focali.
- Empirismo
- Ragione e linguaggio
- Riflessioni sulla metafisica
- Il ruolo della politica nella speculazione filosofica.
Esaurita l’introduzione generale sul loro pensiero, mi soffermerò ad analizzare criticamente la concezione politica:
- Che cos’è e quali sono le caratteristiche della situazione naturale in cui versa l’uomo prima della fondazione della società ?
- Perché nasce lo Stato e quale è la differenza tra il contrattualismo hobbesiano e lockiano?
Empirismo
La riflessione seicentesca verte principalmente tematiche gnoseologiche e metodologiche; all’interno di questo dibattito possiamo rintracciare due filoni di ricerca distinti e contrapposti tra loro: il razionalismo e l’empirismo.
Tipico esempio del razionalismo è la filosofia cartesiana, finalizzata a creare una metodologia universale, una mathesis universalis figlia dell’unione tra la matematica e la filosofia intorno ad un soggetto metafisico, il cogito. Ci troviamo di fronte ad una ragione potenzialmente “ onnipotente “.
Oltre a Cartesio, ci possiamo ricordare di Spinoza con il suo procedere geometrico – deduttivo basti pensare all’Ethica ordine geometrico demonstrata, e di Leibniz con il suo tentativo di conciliare la concezione meccanicistica – logicizzante alla realtà e al finalismo.
L’empirismo mette in luce i limiti della ragione stessa; sia intrinsechi alla sua stessa natura e nello stesso tempo condizionata da numerosi fattori esterni, il linguaggio Locke, le passioni e l’abitudine Hume.
Questa corrente non nasce nel 600’, essa è già presente nella filosofia greca con Democrito ed Epicuro, nel Medioevo con Ruggiero Bacone ed Ockham, all’inizio del XVII con Bacone; però si sviluppa notevolmente in questo periodo e in particolare modo nel siècle des Lumières.
Ragione e linguaggio.
Il linguaggio acquista grande importanza per motivi diversi in relazione alla ragione.
Tutta la speculazione hobbesiana è incentrata sulla determinazione della natura della ragione.
Ogni essere vivente possiede tale capacità ma in maniera molto diversa dall’uomo, ad esempio gli animali riescono ad appagare e conservare la loro vita imparando dall’esperienza, ed in un certo qual modo ad anticipare una possibile azione futura.
La differenza fondamentale tra la ragione umana e quella animale, è che quella umana può fare progetti a lunga scadenza, grazie alla sua maggiore complessità e all’uso del linguaggio.
Il passaggio dalla ragione debole animale alla ragione umana, si attua grazie al linguaggio permette così la conoscenza scientifica.
Il linguaggio ha una funzione convenzionale – comunicativa, da un lato semplifica ed ordina la conoscenza delle cose, già Platone nel Cratilo presentando le famose tre tesi parla del linguaggio così inteso.
<< (…) i nomi sono convenzioni e sono chiari per quelli che li hanno stipulati e conoscono le cose cui corrispondono e che questa è la giustezza dei nomi (…) >>.
Dall’altro permette una facile e semplice comunicazione tra gli uomini; le parole quindi sono segni che hanno una funzione di denominazione delle cose, segni mnemonici e comunicativi.
Il ragionamento si va così a configurare come un calcolo, che può essere espresso attraverso la figura di un sillogismo ipotetico, il cui unico scopo è quello di cercare la causa di un determinato effetto.
Locke nel Saggio, avverte il lettore sulla pericolosità del linguaggio, esso è uno dei tanti tranelli in cui la ragione può cadere.
Nella trattazione delle idee complesse Locke si scaglia contro la violenza dl dogmatismo, se l’uomo ha la possibilità di costruire idee mettendo in relazione più idee semplici, questo processo è altamente condizionato dall’educazione, dalla cultura e dalla tradizioni, non da fattori assoluti.
Nei Pensieri sull’educazione, di stampo anti – innatista diceva che l’uomo per nove decimi è frutto dell’educazione, in esso sono presenti inclinazioni o tendenze, ma si sviluppano in gran parte grazie ad un esercizio rigoroso e costante.
Il linguaggio perde la sua radicalizzazione metafisica e “ dogmatica “ , diviene convenzione utilitaristica finalizzata a semplificare la comunicazione.
Locke, non s’interessa tanto al significato linguistico, ma all’impatto che il linguaggio può avere socialmente, in quanto incatenato a schemi assoluti non permette il dialogo sia culturale ma soprattutto religioso, contribuendo all’intolleranza e al fanatismo.
Possiamo sintetizzare dicendo: il linguaggio per Hobbes è il tassello base per razionalizzare la ragione naturale, per costruire una corretta metodologia sperimentale; per Locke ha una sua utilità se ben usato, ma non deve essere dogmatizzato.
Riflessioni sulla metafisica.
I presupposti gnoseologici hobbesiani e lockiani sono per lo più identici: tutta la nostra conoscenza deriva dall’esperienza e viene rielaborata attraverso la ragione, ciò che differenzia i due pensatori è l’evoluzione successiva intorno alla realtà e alla metafisica.
La domanda a cui bisogna rispondere per prima, è se Hobbes accetti la metafisica? Il pensatore di Westport seguendo la via stoica, asserisce che tutto ciò che esiste è corpo, perché può subire o agire un’azione; non si può pensare qualcosa di immateriale.
La teoria meccanicistica hobbesiana poggia, sul movimento, l’unico termine per esplicare la realtà in questa accezione, è proprio il movimento meccanico dei corpi; si deduce che la metafisica è negata in toto.
Il discorso lockiano è più complesso; il suo empirismo moderato e agnostico pone la metafisica come qualcosa di meta – conoscibile.
L’argomento è trattato nell’ambito delle idee complesse; la sostanza è la seconda categoria delle idee costruite dall’uomo. Il filosofo di Wrington ne parla come di un x sconosciuta. Al fine di comprendere al meglio l’argomentazione, è necessario ricordare che l’uomo secondo gli empiristi può conoscere solo entro la sfera dei sensi e delle percezioni.
La sostanza sia materiale che spirituale si instaura come substratum positivo a livello ontologico ma negativo da un punto di vista conoscitivo.
L’intelletto non potendo concepire più idee semplici distinte è portato a concepire appunto una sostanza, che funge da impalcatura logico – linguistica , essa si pone oltre i limiti della conoscenza.
Locke, segue una via agnostica per ciò che concerne la metafisica e di forte criticismo gnoseologico.
In seguito Locke introdurrà i tre ordini di realtà: io – Dio – mondo.
Locke concepiva i tre ordini di realtà come esigenza di uscire da un constructo mentis, mediante canoni intersoggetivamente validi, l’intuizione del cogito, la dimostrazione a posteriori, e la sensazione attuale.
Il ruolo della politica nella speculazione filosofica.
Come empiristi Hobbes e Locke s’interessano alla ragione, una ragione limitata e altamente condizionata da fattori esterni; il ruolo della politica nella loro speculazione è differente.
Il fine primo hobbesiano è la pace, ristabilire l’ordine e l’armonia dopo lunghi anni di guerra, la sua è un’esigenza pratico – sociale, per adempiere a questa funzione è necessario servirsi di una ragione calcolatrice operante attraverso un corpus politico ferreo e rigido.
Oltretutto lo stesso filosofo di Westport, come abbiamo ricordato in precedenza aveva invertito l’ordine delle parti del Leviatano, mettendo come libro primo il De cive.
Nell’epistola al lettore del Saggio sull’intelletto umano, Locke asserisce espressamente:<<>>.
Queste poche ma intense righe ci mostrano come, l’interesse lockiano non sia diretto unidimensionalmente verso la gnoseologia, anzi è proprio attraverso una corretta teoria della conoscenza che l’uomo può affrontare le varie tematiche, in primis politiche ed etiche.
Possiamo ricordare anche il Trattato sul governo, posteriore rispetto al Saggio, lo scritto era diviso in due libri, il primo si configurava come una par destruens, in quanto criticava aspramente le tesi Patriarca di Robert Filmer, una sorta di Bossuet inglese.
Il secondo libro, il più conosciuto era la parte più nuova ed originale della sua filosofia politica di stampo liberale e costituzionale, che si pone in acceso contrasto al Leviathan.
Che cos’è e quali sono le caratteristiche della situazione naturale in cui versa l’uomo prima della fondazione della società ?
Il punto di partenza della speculazione dei due pensatori è lo stesso: lo stato di natura.
Lo stato di natura è la condizione pre – politica in cui versava l’uomo prima della fondazione della società; tale stato, non allude a una situazione storica o di fatto, ma a una norma ideale che funge da dover essere e criterio di giudizio; è un ipotesi necessaria ed irrinunciabile finalizzata a costruire la base di ogni teoria contrattualistica.
Hobbes concepisce lo stato di natura in senso negativo, dove l’uomo diviene lupo per l’altro uomo ( homo homini lupus ) avendo un diritto assoluto su tutto ciò che lo circonda e creando una guerra totale ( bellum omnium contra omnes ); il presupposto hobbesiano è figlio di un’antropologia pessimista e di determinate condizioni storiche e sociali.
Come egli stesso dice, i postulati certissimi della natura umana sono due: 1) la bramosia naturale per la quale ognuno pretende di godere da solo dei beni comuni, 2)la ragione naturale per cui ciascuno fugge dalla morte violenta.
La concezione hobbesiana in questo tratto risulta di evidente derivazione democritea, già il filosofo greco in un suo scritto diceva: Dicono poi che gli uomini di quelle primitive generazioni, conducendo una vita senza leggi e come quella delle fiere, uscivano alla pastura sparsi chi di qua chi di là, procacciandosi quell’erba che era più gradevole di sapore ed i frutti che gli alberi producevano spontaneamente. Erano continuamente aggrediti dalle fiere, e l’utilità apprese loro ad aiutarsi a vicenda; e, riunitisi in società sotto la spinta del timore, cominciarono a poco a poco a riconoscersi dall’aspetto.
Lo sviluppo di un tale stato bloccherebbe ogni forma di cultura, di tecnica e di economia, ma non si realizza in maniera totale, perché coinciderebbe con la distruzione del genere umano.
La minaccia viene sventata grazie alla natura dell’uomo, poiché esso è l’unico animale dotato di ragione come diceva Aristotele, ed è proprio questa ragionevolezza che suggerisce una legge naturale.
La legge naturale è fondamentalmente una tecnica di auto conservazione, essa si basa su tre norme:
1) bisogna cercare la pace >>> pax est quaerenda
2) bisogna rinunciare al diritto su tutto >>> ius in omnia est retinendum
3) bisogna stare ai patti >>> pactis standum
Ed ecco che la ragione per Hobbes si configura come limitata e condizionata, la sua esplicazione si compie nell’habitus pratico, ci troviamo di fronte ad una ragione machiavellicamente interpretata; in fondo già Machiavelli nel Principe se pur non in maniera sistematica come Hobbes introduceva concetti molto moderni rispetto al suo tempo, basti pensar allo ragion di stato, che poi verrà ripresa da Botero.
Il punto in cui si vedono le maggiori analogie tra i due pensatori è quello che verte sulla concezione dell’uomo, visto da entrambi in maniera negativa.
Con il secondo dei due trattati sul governo abbiamo la par construens della sua speculazione, Locke mostra come vi sia una legge di natura che è la ragione stessa, <<>>.
Anteriormente alla costituzione dello Stato essa è l’unica legge valida; il diritto naturale dell’uomo è limitato alla propria persona. Questo diritto implica la punizione dell’offensore e l’esecuzione della legge di natura; ma nello stesso tempo chi compie la punizione non deve usare la forza in senso assoluto, ma proporzionata al reato.
Lo stato di natura non scaturisce necessariamente in una guerra totale, la guerra scoppia quando l’individuo cerca di andare contro alla ragione naturale.
La differenza fondamentale tra i due stati pre – sociali è questo: in quello hobbesiano la guerra civile è già in atto, in quello lockiano sebbene regolato dalla legge naturale, la possibilità di degenerare è in potenza.
Perché nasce lo Stato e quale è la differenza tra il contrattualismo hobbesiano e lockiano?
HOBBES
"La sola via per erigere un potere comune che possa essere in grado di difendere gli uomini dall’aggressione straniera e dalle ingiurie reciproche, e con ciò di assicurarli in modo tale che con la propria industria e con i frutti della terra possano nutrirsi e vivere soddisfatti, è quella di conferire tutti i loro poteri e tutta la loro forza ad un uomo o ad un’assemblea di uomini che possa ridurre tutte le loro volontà, per mezzo della pluralità delle voci, ad una volontà sola; ciò è come dire designare un uomo o un’assemblea di uomini a sostenere la parte della loro persona, e ognuno accettare e riconoscere se stesso come autore di tutto ciò che colui che sostiene la parte della loro persona, farà o di cui egli sarà causa, in quelle cose che concernono la pace e la sicurezza comuni, e sottomettere in ciò ogni loro volontà alla volontà di lui, ed ogni loro giudizio al giudizio di lui. Questo è più del consenso o della concordia; è un’unità reale di tutti loro in una sola e medesima persona fatta con il patto di ogni uomo con ogni altro, in maniera tale che, se ogni uomo dicesse ad ogni altro, io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso, a quest’uomo, o a questa assemblea di uomini a questa condizione, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile. Fatto ciò, la moltitudine così unita in una persona viene chiamata uno stato, in latino civitas. Questa è la generazione di quel grande Leviatano, o piuttosto (per parlare con più riverenza) di quel dio mortale, al quale noi dobbiamo, sotto il Dio immortale, la nostra pace e la nostra difesa. Infatti, per mezzo di questa autorità datagli da ogni particolare nello stato, è tanta la potenza e tanta la forza che gli sono state conferite e di cui ha l’uso, che con il terrore di esse è in grado di informare le volontà di tutti alla pace interna e all’aiuto reciproco contro i nemici esterni. In esso consiste l’essenza dello stato che (se si vuole definirlo) è una persona dei cui atti ogni membro di una grande moltitudine, con patti reciproci, l’uno nei confronti dell’altro e viceversa, si è fatto autore, affinché essa possa usare la forza e i mezzi di tutti, come penserà sia vantaggioso per la loro pace e la comune difesa.
Chi regge la parte di questa persona viene chiamato sovrano e si dice che ha il potere sovrano; ogni altro è suo suddito.
Si consegue questo potere sovrano in due modi. Il primo è dato dalla forza naturale, come quando un uomo fa sì che i suoi figli si sottomettano insieme con i loro figli al suo governo, in quanto è in grado di distruggerli se si rifiutano o come quando sottomette con la guerra i suoi nemici alla sua volontà, dando loro la vita a quella condizione. Si ha l’altro, quando gli uomini si accordano fra di loro per sottomettersi a qualche uomo o a qualche assemblea di uomini, volontariamente, confidando di essere così protetti contro tutti gli altri. Quest’ultimo può essere chiamato uno stato politico o stato per istituzione e il precedente uno stato per acquisizione."Hobbes, Leviatano
Il vero passaggio tra lo Stato naturale e lo Stato civile, si ha grazie ad un contratto con cui ciascun uomo aliena il proprio diritto e potere ad un sovrano o ad un’assemblea.
Il pensatore inglese fa coincidere il pactum unionis con il pactum subiectionis.
La persona dello Stato è rappresentata dal sovrano (ossia dall’esercizio del potere sovrano) che può anche non essere un monarca, ma un’assemblea di tutti nella democrazia e di pochi nell’aristocrazia. La sovranità detiene in modo unitario e indivisibile tutti i diritti e i poteri dello Stato: diritto di fare le leggi e le norme obbligatorie per i singoli individui.
Lo Stato civile viene chiamata anche persona civile, esso s’incarna a pieno nella figura del sovrano, definito Dio mortale o Leviatano.
Qual è quindi la funzione del Sovrano? La funzione del sovrano è quella di garantire il patto e riunire in sé ogni potere politico e religioso, tanto è vero che nella locandina del libro Leviatano, il monarca è rappresentato con lo scettro del re e il bastone papale. Ma perché paragonare il re a Un Dio mortale o ad un mostro marino? Si vuole evidenziare il potere assoluto secondo solo al potere di Dio, ecco perché Dio mortale, in secondo luogo il mostro marino è una figura metaforica di origine biblica che incarna a pieno l’organicismo – persona dello Stato.
Hobbes è il primo e forse più importante teorizzatore dell’assolutismo politico, le caratteristiche più importanti di tale assolutismo sono: l’irreversibilità e l’unilateralità del patto, ciò sta a significare che il patto è stato sancito dalla collettività degli individui, e non può essere revocato.
L’indivisibilità del potere sovrano, garantisce maggiore sicurezza e stabilità interna; la legge civile come unica regola del bene e del male, questa proposizione sottolinea in maniera inequivocabile due concetti: se l’etica coincide con la legislazione, il sovrano ha un potere assoluto sia in materia politica che religiosa.
Come ultimi due punti, l’obbedienza al sovrano e la negazione del tirannicidio, inoltre il monarca non può obbligare nessuno ad uccidere e a confessare un’eventuale peccato ed la sua libertà d’azione a differenza dei sudditi è totale.
LOCKE
"E’ stato dimostrato che l’uomo nasce con pieno titolo a una perfetta libertà e all’illimitato godimento di tutti i diritti e privilegi della legge di natura, alla pari di qualsiasi altro individuo o gruppo di individui nel mondo. Egli ha dunque per natura il potere non solo di conservare la sua proprietà - cioè la vita, la libertà e i beni - contro le offese e gli attentati degli altri uomini, ma anche di giudicare e punire le altrui infrazioni a quella legge, con la pena ch’egli è convinto quel reato meriti, perfino con la morte nel caso di crimini la cui efferatezza, a parer suo, lo richieda. Ma, poiché nessuna società politica può darsi o sussistere se non ha in sé il potere di salvaguardare la proprietà e, in vista di ciò, punire le infrazioni commesse da tutti coloro che a quella società appartengono, la società politica si dà lì, e solo lì, dove ogni singolo ha rinunciato a quel naturale potere e lo ha affidato alla comunità in tutti i casi in cui non sia impedito dal chiedere protezione alle leggi da essa stabilite. Così, essendo escluso ogni privato giudizio di ciascun uomo particolare, la comunità diventa arbitra, in forza di norme stabili e determinate, imparziali ed eguali per tutti; e, attraverso uomini cui abbia conferito l’autorità per rendere esecutive quelle norme, la comunità decide di tutte le controversie che possano nascere tra membri di quella società in materia di diritto, e punisce le offese commesse da qualsiasi suo membro contro la società con le pene stabilite dalla legge. Da ciò è facile capire quali uomini siano, e quali no, fra loro uniti in una società politica. Coloro che son congiunti in un sol corpo e hanno una comune legge vigente e una sola magistratura cui appellarsi, dotata dell’autorità di giudicare le controversie fra loro insorte e di punire i trasgressori, sono reciprocamente uniti in una società civile; ma coloro che non dispongono di questo comune appello - sulla terra, intendo - sono ancora nello stato di natura, ciascuno essendo, in mancanza d’altri, di per se stesso giudice ed esecutore: il che costituisce, come ho mostrato sopra, il perfetto stato di natura." Locke, Secondo Trattato
Lo stato di natura secondo Locke, << è governato dalla legge di natura, che collega tutti; e la ragione, la quale è questa legge, insegna a tutti gli uomini, purchè vogliano consultarla, che, essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l’altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà >>. Questa condizione, però può potenzialmente degenerare, proprio per questo nasce lo stato: evitare che si creino conflitti interni. Il contratto lockiano è finalizzato a tutelare gli individui in modo tale da garantire i principali diritti: libertà, proprietà, salute. L’uomo, che non possiede alcun diritto sulla propria vita, non può, con un contratto, rendersi schiavo di un altro e porre se stesso sotto un potere assoluto che disponga della vita di lui come gli piace.
Conclusioni
Possiamo sintetizzare le due teorie contrattualistiche dicendo: per entrambi lo stato nasce da un contratto, per Hobbes è la via d’uscita da una bellica situazione di natura mediante un potere assoluto e centralizzato finalizzato alla pace; per Locke invece, gli individui si stringono in una società al fine di evitare la guerra civile e tutelare i diritti principali dell’uomo. Il modello hobbesiano è quello assolutista dove il sovrano è il detentore del potere temporale e spirituale, quello lockiano monarchico costituzionale – liberale, gli individui parlano attraverso un’unica volontà generale: il Governement. Si ha la divisione dei poteri in: legislativo, esecutivo e giudiziario. La costituzione del ‘corpo politico ’ tramite patto nasce dalla volontà di ciascun individuo, considerato come Free and Intelligent Agent, quindi come individuo per natura raziocinante e capace di superare la sfera passionale vivendo in uno stato di natura perfetto, regolato già dal diritto.
Tratto da : www.filosofico.net/
Mi fa piacere che m'abbiate citato!
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