4) LA PRIMA GUERRA MONDIALE.
Alla triplice alleanza, che riuniva Italia, Austria e Germania, si era da tempo contrapposta un'altra formazione di potenze: la triplice intesa, stipulata fra Russia, Francia e Inghilterra; i governi austriaco e tedesco erano da tempo decisi a conquistare con le armi un'egemonia sullo schieramento rivale e soprattutto in Germania si era formata
Un'opinione generale
favorevole alla guerra, che confortava gli indirizzi politici dell'imperatore
Guglielmo II, l'occasione del conflitto fu offerta dall'attentato di Sarajevo,
dove l'Arciduca ereditario d'Austria, Francesco Ferdinando rimase vittima di
uno studente ebreo, Princip, il 28 giugno 1914.
L'Austria chiese soddisfazione
alla Serbia, dove l'attentato era stato preparato, con un ultimatum categorico
che significò la guerra; a suo fianco si schierò la Germania, mentre in aiuto
della Serbia scendevano in guerra Russia e Francia, ed in seguito all'invasione
tedesca del Belgio anche l'Inghilterra.
L'Italia dapprima rimase
neutrale, poichè il carattere difensivo della Triplice non le imponeva di
schierarsi a fianco dell'Austria e della Germania che erano le potenze
attaccanti, ma la sua neutralità fu contrastata da quelle correnti irredentiste
che volevano ad, ogni costo la guerra agli imperi centrali nella speranza di
conquistare Trento e Trieste. Favorevoli alla neutralità furono invece coloro
che, con a capo lo stesso Giolitti, pensavano fosse più conveniente una posizione
d'attesa che avrebbe permesso il conseguimento di maggiori vantaggi; tale
posizione era anche confortata dall'idea del pericolo che avrebbe potuto
rappresentare un tracollo degli Imperi centrali che costituivano un elemento
non secondario dell'equilibrio europeo.
I due partiti degli interventisti
e dei neutralisti si fronteggiarono a lungo ed i primi finirono col
prevalere; le proposte degli imperi centrali furono respinte mentre Giolitti,
che aveva ceduto il potere all'interventista Salandra, le giudicava
soddisfacenti: l'Austria si impegnava infatti a cedere, in cambio della
neutralità, le terre trentine di lingua italiana ed una certa autonomia a
Fiume. Non migliore fortuna ebbe il rappresentante tedesco, Principe di Bulow
che invano tentò di negoziare la neutralità italiana.
Il 24 maggio 1915 la guerra
era dichiarata all'Austria, dopo due mesi dalla firma del patto di Londra in
cui le potenze dell'Intesa promettevano all'Italia il Trentino fino alle Alpi,
la Venezia Giulia e parte della Dalmazia, comprese Zara, Sebenico e le isole.
La lotta cominciò crudele e violenta nei territori veneti di confine che furono
teatro di epiche azioni di guerra per tre anni.
Al ministero Salandra,
successe intanto un ministero d'unione nazionale presieduto dal più vecchio dei
deputati, Paolo Boselli il cui primo atto fu quello di dichiarare la guerra
anche all’impero germanico, impegnando l’Italia ancora più a fondo nell’avventura di cui pendevano incerte
le sorti
Il Re dall'inizio della guerra
aveva lasciato Roma, affidando la luogotenenza generale allo zio Tommaso d Duca
di Genova per partecipare fra i suoi soldati alla durissima lotta; per tutta la
durata della guerra egli non lasciò mai le trincee infaticabile animatore della
resistenza ed eroico combattente egli stesso, più di ogni altro convinto della
vittoria del trionfo delle anni italiane. (*)
Il terzo anno di guerra, il
1917, iniziò sotto auspici non lieti: le popolazioni, ormai stanche delle
atrocità belliche e dei gravi sacrifici imposti, desideravano ardentemente la
pace; il vecchio Imperatore Francesco Giuseppe era morto il 21 novembre 1916
dopo un lunghissimo regno di quasi settant'anni lasciando il trono al nipote
Carlo II che non avrebbe mal visto un'azione tendente ad assicurare all'Austria,
una pace dignitosa; la Russia infine sconvolta dalla rivoluzione comunista che
deponeva e trucidava lo Czar Nicola II e la sua famiglia abbandonava la lotta
firmando con gli imperi centrali la pace di Brest Litowsk. La situazione morale
delle potenze dell'Intesa non era neppure rialzata dall'annunzio
dell'intervento degli Stati Uniti d'America al loro fianco.
Il 24 ottobre le truppe
austriache, disimpegnate dal fronte russo concentrarono le loro forze contro il
confine italiano, riuscendo a sfondare le linee a Caporetto e costringendo le
truppe italiane a ritirare la linea di difesa oltre il Piave. Il territorio
nazionale era in preda al nemico, solo Vittorio Emanuele avrebbe potuto
salvare la situazione e così fu: l'8 novembre nel famoso incontro di Peschiera
con i capi dei governi alleati, fu il Re a ricondurre la fiducia nel valore italiano
stabilendo al Piave la linea di difesa; il Primo ministro inglese, Lloyd George
che presenziò all'incontro, scrisse a proposito del Re: Rimasi impressionato
della grande forza d'animo che egli mostrò. In un momento in cui il suo paese e
la sua corona erano in gioco, non diede alcun segno di timore e di depressione.»
Il Capo di Stato maggiore
Generale Cadorna, fu sostituito da Armando Diaz e il presidente Boselli da
Vittorio Emanuele Orlando; seguendo l'esempio del Re, il paese stremato trovò
la forza di resistere per un anno ancora alle armi nemiche e nel 1918 le sorti
della guerra si rovesciarono.
Furono per prime la Bulgaria e
la Turchia, alleate degli imperi centrali a chiedere la pace separata, poi il
30 ottobre a Vittorio Veneto le truppe austriache furono battute ed il 2
novembre fra Italia e Austria veniva firmato l'armistizio di Villa Giusti;
pochi giorni dopo cessava anche la resistenza tedesca. Le potenze dell'Intesa
avevano vinto.
Così fini la prima guerra
mondiale che segnò anche la fine dell'Impero ,austro-ungarico
diviso nei due stati d'Austria e d'Ungheria con pochi milioni d'abitanti,
Privando l'Europa in un punto nevralgico di un prezioso elemento equilibratore;
la p ace con l'Austria fu firmata nel castello di S. Germano presso Parigi il
10 settembre 1919, quello con l'Ungheria,nel palazzo di Trianon, a Versailles,
4 giugno 1920.
L'Italia non fu però soddisfatta
perché parte dei territori di confine a cui essa aspirava, andò con la Serbia a
costituire il nuovo stato iugoslavo; i contrasti per la Dalmazia e per la città
di Fiume furono vivissimi, mentre il presidente americano Wilson prendeva le
parti iugoslave minacciando anche di disconoscere il patto di Londra a cui non
aveva partecipato. Vi fu un tentativo di risolvere la situazione con la forza,
da parte di Gabriele d'Annunzio che occupò con dei volontari, la città di Fiume
ma il governo italiano spaventato dalle gravi conseguenze che tale gesto
avrebbe potuto avere, sottoscrisse con la Jugoslavia il trattato di Rapallo (12
novembre 1920) col quale Fiume era riconosciuta come città indipendente.
In definitiva l'Italia ottenne
il Trentino e la Venezia Giulia, Zara e l'isola di Lagosta in Dalmazia, ed
infine le isole di Cherso e di Lussino quale completamento strategico
dell'Istria. La guerra mondiale era stata la quarta guerra d'indipendenza che
aveva portato i confini politici italiani, quasi a coincidere con quelli
naturali, completando l'opera intrapresa settant'anni prima da Carlo Alberto,
sotto il regno di Vittorio Emanuele III che era salutato con il nome di Re vittorioso.
I problemi europei non erano
però definitivamente risolti e la loro sistemazione alla pace di Versailles non
era stata soddisfacente per tutti; troppa severità era stata adoperata nei
confronti degli imperi vinti e troppe questioni accantonate coi compromessi,
che sarebbero poi tornate a turbare la pace del continente.
L'eroico comportamento di
Vittorio Emanuele III durante la guerra mondiale, fu da tutti, anche dai
repubblicani, riconosciuto e apprezzato. Infiniti sono gli aneddoti che
ricordano le giornate di guerra del Re soldato, e che hanno il valore di
testimonianza di uno stato d'animo della pubblica opinione, profondamente
sentito. Vittorio Emanuele III che fu grande Re in pace, lo fu ancor di più in
guerra meritando l'appellativo con il quale è passato alla Storia.
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