LA FORMAZIONE DELLO STATO
UNITARIO
SOMMARIO: Carlo Alberto e
la prima guerra d'indipendenza - Vittorio Emanuele II e la
proclamazione del Regno d'Italia - L'espansione coloniale - La prima guerra
mondiale - Conclusione.
1) CARLO ALBERTO E LA PRIMA
GUERRA D'INDIPENDENZA.
I vecchi sovrani che
rientrarono nei loro regni dopo il congresso di Vienna trovarono gravi
cambiamenti, avvenuti durante la loro assenza; soprattutto la borghesia che
tanta parte aveva avuto nella rivoluzione francese, non si sentiva di
riassumere un ruolo subordinato all'alto clero ed alla nobiltà, e a questo
fermento tendente ad ottenere una costituzione che contemplasse degli organismi
rappresentativi che partecipassero al governo dello stato, si univa in alcuni
il desiderio di vedere l'Italia libera dall'influenza austriaca e governata
soltanto da principi italiani; tali sentimenti antiaustriaci erano
particolarmente vivi in Piemonte anche negli ambienti della Corte, perché l'Austria
dominava nella Lombardia che da secoli era costante miraggio della politica
sabauda e perché un predominio austriaco sulla penisola avrebbe ostacolato la
tradizionale politica della « foglia di carciofo » cioè della conquista dei
territori confinanti, poco alla volta, perseguita dai Re di Casa Savoia.
Antiaustriaco era lo stesso Re Vittorio Ernauele I, figlio di Vittorio Amedeo
III e successore del fratello Carlo Emanuele IV che aveva preferito abdicare al
trono per ritirarsi in un convento di Roma ove poi mori santamente, ma i suoi
sentimenti non avrebbero mai permesso a lui di allearsi con la rivoluzione alla
quale doveva la rovina dei suoi stati, per combattere l'Austria.
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Poiché i governi non
intendevano in alcun modo favorire esperimenti costituzionali, vennero
formandosi delle società segrete, la più importante delle quali fu la
carboneria, che tentò con un'intensa propaganda di diffondere il desiderio di
novità fra l'alta e media borghesia e il primo tentativo di rivoluzione fu
quello organizzato a Napoli nel 1820 che si estese anche alla Sicilia che
sempre aspirando all'autonomia, approfittò della situazione per tentare di
ottenerla. Si opposero però risolutamente le potenze della Santa Alleanza, che
avevano a Vienna stabilito di rimanere unite per schiacciare ogni conato,
rivoluzionario, ovunque si manifestasse. Un primo congresso tenuto a Troppau
nell'ottobre del 1820, con l'intervento dell'Inghilterra, dell'Austria, della
Russia e della Prussia ne stabili un altro a Lubiana per il dicembre
invitandovi Ferdinando I di Napoli. Il Re che, costretto dagli avvenimenti
aveva concesso una costituzione, appena, libero la ritirò e con l'aiuto delle
truppe austriache rientrò a Napoli dove appoggiandosi al consenso del popolo
minuto colpì severamente gli esponenti della classe borghese, fautori della
costituzione.
Nel 1821 scoppiò invece un
tentativo dei liberali piemontesi fiduciosi nella solidarietà del Principe
Carlo Alberto di Savoia Carignano (1), capo di un ramo secondario della Casa ed
erede presuntivo al trono giacché né il Re, né suo fratello Carlo Felice duca
del Genevese, ormai vecchi, avevano figli maschi ed il ramo principale andava
così estinguendosi. L'insurrezione scoppiata nel marzo si concretizzò il 12 con
l'occupazione della cittadella di Torino da parte degli insorti e con la minaccia
di bombardamento della città e mise il Re Vittorio Emanuele I ché invano aveva
tentato di pacificare gli insorti promettendo il perdono, di fronte ad un
crudele dilemma: o versare il sangue dei suoi sudditi, o subire la violenza
concedendo riforme che riteneva dannose e che avrebbero provocato l'immediato
intervento militare austriaco. Preferì allora abdicare in favore del fratello
Carlo Felice e poiché questi si trovava in quei giorni a Modena, il Principe
Carlo Alberto di Carignano fu nominato reggente.
Carlo Alberto si trovò in una
situazione terribile; da una parte i congiurati lo premevano, dall'altra Carlo
Felice mai avrebbe tollerato un atteggiamento liberale. Le circostanze lo
costrinsero a concedere una costituzione contro la sua volontà ma il
nuovo Re, saputo questo gli intimò di recarsi con le truppe fedeli a Novara e
di porsi agli ordini del Conte Vittorio Sallier de la Tour che in breve schiacciò
la rivolta dando inizio ad una reazione mite e, salvo tre casi, incruenta. Carlo
Alberto fu mandato presso il Granduca di Toscana suo suocero, a Firenze colpito
dallo sdegno del reale zio per il tentativo di conciliazione condotto fra i
diritti sovrani e l'istanza costituzionale.
Alla morte di Carlo Felice,
nel 1831, Carlo Alberto gli successe al trono (2); la sua successione non fu
pacifica poiché ad essa aspirava il duca di Modena Francesco IV genero di
Vittorio Emanuele benché a favore dei diritti del ramo Carignano si fosse nel
1814 solennemente pronunciato il congresso di Vienna. Lo sdegno di Carlo Felice
aveva ridestato le speranze del duca modenese, ma Carlo Alberto era riuscito a
conquistare parte delle simpatie dello zio in seguito alla vittoriosa battaglia
del Trocadero, in difesa del re Ferdinando VII di Spagna e ad essere
reintegrato nei suoi diritti.
I primi anni del regno di
Carlo Alberto furono tranquilli e fecondi; il Re che pur non essendo liberale,
aveva sempre inteso profonda avversione per la supremazia austriaca in Italia,
sapeva bene quale pericolo poteva rappresentare per la sua Casa e per il suo
Regno un atteggiamento intempestivo e badava, in attesa di tempi più propizi, a
rafforzare e riorganizzare il suo Stato attraverso importanti riforme
giuridiche, finanziarie e amministrative; in quel tempo il Regno di Sardegna fu
lo stato in condizione più prospere fra i minori d'Europa ed una tradizione di
capacità e di onestà dominava incorrotta nella magistratura, nell'esercito e
nella diplomazia, mentre sotto l'esperta guida del ministro Clemente Solar°
della Margarita il prestigio sardo cresceva anche all'estero ed un'abile rete
di relazioni veniva stesa con tutte le nazioni, anche estraeuropee.
Poi i tempi si fecero di nuovo
burrascosi; i fermenti antiaustriaci e costituzionali crebbero in Italia ad
opera dei federalisti giobertiani che propugnavano una federazione italiana
sotto la presidenza del Papa, dei repubblicani e degli unitari che prima di
ogni altra cosa volevano la cacciata degli austriaci e si volgevano a Carlo
Alberto come naturale capo; fra i capi del movimento erano uomini come Massimo
d'Azeglio e Cesare Balbo.
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Premuto dagli avvenimenti e
dall'esempio di papa Pio IX che aveva concesso un'ampia amnistia ai
condannati politici, Carlo Alberto il 4 marzo 1848 concesse ai suoi
popoli uno Statuto; lo aveva preceduto l'11 febbraio il Granduca di Toscana, lo
seguiva il 15 marzo Pio IX. Intanto gli avvenimenti incalzavano; il 23 marzo
era dichiarata la guerra all'Austria e tutti i principi italiani mandavano soldati
rispondendo all'invito di Carlo Alberto: ecco le prime vittorie Goito,
Pastrengo, Manzambano, Valeggio, poi il 10 luglio Vicenza cade nelle mani degli
austriaci. I principi italiani, temendo che la vittoria tornasse a solo
vantaggio del regno di Sardegna, ritirarono le loro truppe e, mentre Carlo
Alberto metteva in giuoco corona e regno contro la preponderante forza
austriaca, Mazzini a Milano promuoveva una campagna antimonarchica e
antipiemontese. Il 22 luglio l'esercito piemontese fu battuto a Custoza e il 4 agosto
a Milano; Carlo Alberto è costretto all'armistizio di Salasco e, mentre vede
tramontare un sogno di grandezza e d'indipendenza, i nemici della corona
continuano la campagna di odio e di fango contro di lui e contro l'esercito
piemontese, di cui avrebbe dovuto rimanere indiscusso il valore e il prestigio
militare.
Pure l'anno seguente, allo
scadere dell'armistizio, Carlo Alberto passa ancora il Ticino, a capo di un
esercito di 120.000 uomini e dopo qualche scaramuccia impegna la battaglia
risolutiva a Novara, il 23 marzo 1849. I piemontesi sono sconfitti, è la fine.
Carlo Alberto la sera stessa abdica al trono in favore del figlio Vittorio
Emanuele duca di Savoia e parte per Oporto in Portogallo, per spegnersi il 28 luglio
dello stesso anno (3) in volontario esilio.
Molteplici furono i motivi
della tragica fine di questa prima guerra dell'indipendenza nazionale, ed in
primo luogo la sproporzione di forze fra l'Austria, potenza di prima grandezza
ed il Regno di Sardegna, che si trovò praticamente solo nella modestia dei suoi
mezzi e delle sue possibilità militari, non certo paragonabili a quelle della rivale;
in secondo luogo c'è però da considerare la campagna denigratoria svolta
all'esterno dai gruppi repubblicani, specialmente milanesi, l'azione non sempre
unita e concorde dell'opinione pubblica italiana, sovente sbandata e confusa,
ed anche la situazione interna dello Stato, dove la turbolenta Camera dei
deputati spesso si mostrava più di impaccio che di aiuto alla grande impresa
del Re.
Carlo Alberto, che credette di
porsi a capo di una crociata italiana contro l'austriaco, In realtà fu solo,
ché tutti lo abbandonarono, dai principi italiani al repubblicani, dai deputati
al popolo milanese non conscio della sua missione.
Fu solo con quelle forze che nella storia dei
secoli erano state il sostegno della sua Casa: la diplomazia e l'esercito; con
quei generali che sul campo di Novara, da Perrone a Passalacqua, si trascinarono ai piedi del
Sovrano per baciare la sua mano e morire.
Restavano in Italia le
repubbliche di Venezia, insorta, contro l’Austria sotto la guida del dittatore
Daniele Manin e di Roma dove fuggito il Papa a Gaeta, era stato insediato un
triumvirato diretto da Mazzini; ma entro l'anno cadevano e Venezia, tornava
all'Austria mentre Pio IX rientrava a Roma, protetto dalle truppe francesi e
fermamente deciso a non cedere in futuro a nessuna lusinga costituzionale che avrebbe
segnato la fine del dominio temporale. Il prestigio austriaco in Italia
permaneva intatto, come era stato sancito a Vienna trent'anni prima.
(1) Carlo Alberto apparteneva
al ramo sabaudo dei Principi di Carignano, discendenti da Tommaso, primo
principe di Carignano, figlio di Carlo Emanuele I; derivazioni del ramo
Carignano furono i Savoia Soisson estinti con la morte di Eugenio il Grande,
generalissimo degli eserciti imperiali, e i Savoia Villafranca estinti con la
morte del principe Eugenio di Carignano, nel 1888. Al ramo Carignano appartenne
Maria Teresa prozia di Carlo Alberto e sposa del Principe di Lamballe, che fu
una delle vittime più illustri della rivoluzione francese.
(2) Carlo Felice fu l'ultimo
dei sovrani sabaudi sepolto nell'antica Abbazia di Altacomba, la necropoli sabauda abbandonata dal secolo XVIII
per la basilica di Superga. L'Abbazia, devastata sotto la rivoluzione
francese, fu restaurata da Lui, che volle qui avere la sua tomba.
(3) Carlo Alberto si ritirò ad
Oporto in Portogallo, sotto il nome di Conte di Barge, senza permettere nemmeno
alla moglie, Regina Maria Teresa, di seguirlo.
Dopo pochi mesi morì
santamente e della sua fine edificante restano diverse interessanti relazioni.
Il suo corpo fu poco dopo trasferito a Torino e tumulato nella Basilica di
Superga.
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