NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 14 maggio 2023

Capitolo XXXX: La nascita di Felice


di Emilio del Bel Belluz


Nei giorni che seguirono la vita si svolgeva come sempre, non ci fu nessuna novità di rilievo. Andai a pescare con Ludovico e la pesca fu abbondante. La fortuna ci aveva assistito perché avevamo preso un luccio davvero grande, pesava 10 chili, e lo catturammo dopo una lotta serrata. Quando lo issammo nella barca  potemmo capire che la pesca era stata davvero fortunata, anche se due reti si erano rotte e così le ore del pomeriggio erano state programmate per la loro riparazione.  Nella tarda mattinata iniziò a piovere e pertanto decidemmo di rientrare a casa. Quando fummo arrivati, vedemmo  Genoveffa in stato d’agitazione. La povera donna mi disse che Elena era entrata in travaglio e con lei c’era questa volta la levatrice. Il medico sarebbe intervenuto se ci fossero state delle complicazioni. Dalla stanza dove si trovava Elena sentivo provenire dei lamenti che non riuscivo a sopportare e, pertanto, decisi di andare con Ludovico a vendere il pesce alla trattoria del paese. L’oste poi, si mise a sedere con noi chiedendoci del frate che era morto. Quella storia lo aveva incuriosito e volle  chiedermi altri particolari a riguardo. Quel frate mi aveva commosso ed ero convinto che la sua  vita non fosse stata facile ma che aveva dentro di sé quella fede che lo sosteneva.  
Aveva dedicato gran parte della sua vita a restaurare i capitelli e a porsi a servizio dei più bisognosi. La vita delle persone buone è paragonabile alla pioggia che cade sulla terra e la fa diventare  più fertile; ogni attimo vissuto con amore é il seme che viene piantato e che poi darà frutto. Gli uomini non hanno mai smesso di fare del male, ma il buon Dio manda sulla terra degli angeli capaci di fare del bene. Fra Felice era stato uno di questi. Avevo avuto l’impressione che avesse chiesto a Dio il permesso di morire, e il buon Dio lo ha chiamato a sé. L’oste mi chiese se avevo una foto del frate e se addosso gli avessi trovato dei documenti. 
Allora trassi dalla mia tasca una foto che avevo recuperato nella sua sacca militare. Lo si vedeva in compagnia di un suo fratello davanti a un capitello. I nomi: Fra Felice  e Fra Leopoldo erano riportati in fondo alla foto. Il secondo proveniva  dal Montenegro, il Paese dove era nata anche la Regina d’Italia, Elena, moglie di Re Vittorio Emanuele III. Fra Felice aveva conosciuto al convento di Bassano il frate degli umili e degli ultimi :Fra Leopoldo. 
L’oste volle a tutti costi, dopo averci pagato il pesce, offrici il piatto tipico della giornata. Aveva pure saputo da una vicina che mia moglie stava aspettando una creatura, e aveva visto che ero molto emozionato: si trattava del quarto figlio. Gli dissi che non avevo voluto stare a casa perché non potevo sopportare i lamenti di Elena che, invece, ero riuscito a tollerare le volte precedenti. L’oste ci versò dell’ulteriore vino che ci fece diventare più loquaci. Nell’osteria stavano giocando a carte dei vecchi. Uno di essi, sentendo che stavo per diventare padre per la quarta volta, mi disse che lui aveva ben nove figli, e che se fosse stato per lui ne avrebbe voluti degli altri. Ci raccontò che durante la Grande Guerra aveva avuto l’esperienza d’essere ferito e che fu soccorso da un suo camerata. Questi lo aveva aiutato a mettersi in salvo, e di questo gli era grato. Era, inoltre, molto riconoscente ad un frate che nei momenti del dolore  lo invitava a pregare e ad avere fede nel Signore e confidare nell’aiuto della Madonna. Il frate era talmente buono che spesso gli portava qualcosa da mangiare, specialmente, ricordava molto bene di aver ricevuto un pezzetto di cioccolato che non aveva mai assaggiato nella sua vita. Quei piccoli gesti lo avevano fatto guarire sia dalle cicatrici del corpo sia da quelle dell’anima. Anche lui era rimasto sconvolto della tragica fine del frate. L’uomo fece segno a Vittorio di stare tranquillo, anche il parto di sua moglie sarebbe andato molto bene. Quelli che fanno del bene agli altri, prima o poi, saranno ricompensati.  L’uomo che aveva una barba bianca riprese a giocare a carte con i suoi amici. Si era ormai fatto tardi ed era ora di tornare a casa. L’oste ci strinse la mano come non aveva mai fatto e ci volle donare un vasetto di miele d’acacia di sua produzione che avrebbe fatto del bene ad Elena.   Nella strada di ritorno ci fermammo davanti alla chiesa, dove c’era una statua della Madonna, per recitare qualche preghiera. Di lì a poco, arrivò il sacerdote, uscito dalla canonica all’abbaiare del suo cane. Chiese se Elena avesse partorito..Quella mattina era stata Genoveffa che gli aveva chiesto di pregare per la nuova creatura che doveva nascere. Il prete osservò il volto di Vittorio e senza che lui parlasse gli disse di andare a casa. Il sacerdote sentiva che l’evento era vicino. Vittorio e Ludovico non persero dell’altro tempo e si avviarono verso casa. Alla porta c’era Genoveffa che disse  che era nato uno splendido maschietto, e che sarebbe diventato un tenore, da quanto aveva strillato nel momento di nascere. Vittorio entrò nella  camera di Elena e la vide che aveva il bambino tra le braccia avvolto in un asciugamano. 
Elena era commossa, la stanza era stata abbelita da Genoveffa con un bellissimo mazzo di fiori di campo. M’avvicinai a Elena e la baciai, presi in braccio il nascituro e fui travolto da un’immensa gioia. Elena propose di chiamarlo Felice, come il frate che avevamo conosciuto.  La famiglia si allargava, una nuova creatura era venuta a farne parte. Chiesi al buon Dio che la proteggesse, e che  diventasse una persona buona e sensibile. Il Livenza ora aveva una storia in più da raccontare. 
Qualche giorno dopo il buon Felice veniva battezzato nella chiesa di Villanova. Mamma Elena voleva dividere la gioia di quel giorno con più gente possibile, ma non avevamo molte disponibilità economiche. La festa del battesimo era la più bella, nostro figlio entrava nel nostro cuore e di quello della comunità di cui facevamo parte. 
Per questo decidemmo che si sarebbe organizzato un banchetto, aperto a tutte le persone del paese. Il pranzo sarebbe stato a base di pesce accompagnato da della polenta e da un buon vino. Il pesce lo avremmo pescato io e Ludovico, per quanto riguardava la polenta avremmo chiesto ad un mugnaio della farina, possibilmente, ad un prezzo modico. Il padrone del mulino  era un buon uomo di settant’ anni, senza figli, amico del parroco. L’uomo ci assicurò che anche due donne, sue conoscenti, ci avrebbero aiutato per fare la polenta. Il mugnaio ci avrebbe dato pure una capiente pentola che aveva comprato dopo la guerra da un militare e con la quale si poteva preparare la polenta per cento persone.  Tutti questi preparativi furono possibili grazie  alla buona volontà di molte persone che  ci aiutarono. Il pesce che avevamo preso nei due giorni che precedevano la festa era abbondante  e lo avevamo lasciato dentro una grande rete immersa nel fiume. Almeno cento persone vennero al banchetto, allestito con dei tavoli davanti alla casa. Le donne del paese aiutarono Genoveffa a preparare. 
L’oste del paese volle donarci una damigiana di vino.  La festa ebbe inizio. La presenza di Felice si faceva sentire con dei pianti prevedibili. A quella festa il parroco volle essere della compagnia, e raccontò la parabola dei due pani e dei cinque pesci. 
Qualcuno del paese disse che la pesca era stata così abbondante che di sicuro c’era lo zampino di Fra Felice che dal cielo aveva guidato la buona pesca. Quel giorno il frate  venne ricordato con le parole del parroco, che commossero molta gente. Alla festa qualcuno suonò la fisarmonica e molti ballarono fino a notte inoltrata. Era  il 1° luglio del 1939. La vita di  Vittorio, di Elena e dei loro quattro figli era intrecciata a quella del fiume e a coloro che lo amavano…

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