La situazione è diventata via via sempre più evidente e in
queste festività ha raggiunto l'apice. Qualcosa nella comunicazione di papa
Francesco si è ingolfata. Le numerose polemiche sull'omelia di Natale, dove il
vescovo di Roma ha affiancato l'inospitalità vissuta da Giuseppe e Maria la
notte in cui Gesù venne al mondo alle recenti traversate del Mediterraneo, è
solo l'ultimo vespaio in ordine di tempo scatenato sui sacri Palazzi. Che la
predicazione sui migranti sia uno dei temi qualificanti del pontificato
bergogliano – una «fissazione» per citare Antonio Socci – lo si era inteso fin
dal viaggio pastorale a Lampedusa. Un tema, per carità, nelle piene corde del
cattolicesimo sociale.
Tuttavia,
è proprio su questo argomento che il flusso di consenso attorno a Francesco ha
subìto una brusca interruzione, spaccando in due il suo uditorio. Più dei suoi
predecessori, il papa argentino gode di una vasta attenzione anche fuori dal
recinto ecclesiale. Più ad extra, probabilmente. Ed è da questo dato che
bisogna partire. Un cortocircuito bello e buono che rivela una delle
contraddizioni più profonde di questo momento storico, almeno sotto il profilo
credente. Francesco piace ad Eugenio Scalfari, piace ai redattori di Rolling
Stones, come a quelli di Wired. Ma la sua credibilità fra i cattolici è
attraversata da sempre più frequenti fibrillazioni che neanche l'obbedienza e
il lealismo riescono più a calmierare.
La questione è appunto di credibilità. Perché, restando sempre al tema dei migranti, Bergoglio è venuto meno a una delle regole che egli stesso si era imposto una volta intronizzato: quella cioè di non intervenire nel dibattito politico dei singoli Paesi. Almeno in Italia – e forse anche negli Stati Uniti – la sensazione è invece assai diversa. La coincidenza della sua uscita con la discussione sul disegno di legge sullo Ius soli e le relative polemiche per la mancata approvazione a seguito dello scioglimento delle Camere, hanno disegnato il quadro entro cui le riflessioni del pontefice non potevano non risultare incendiarie. Incendio che tuttavia non è esploso quando il Senato ha definitivamente approvato il testo sul testamento biologico. Perché al netto di alcune ricostruzioni giornalistiche un po' affrettate, il mondo cattolico – a partire dai suoi vertici – non ha eretto alcuna barricata.
Inutile
ribadire anche in questa sede che il diritto alla cittadinanza tanto caro al
pontefice è un espediente tanto artificioso quanto ingenuo. È semmai il
rispetto della dignità della persona umana a dover essere preminente sia in
termini di teologia morale, sia di assunto costituzionale, che di argomento che
merita una risoluzione politica. Soltanto alle luce di questo principio la
condizione migrante è illuminata, e non di per sé. Ha ragione Andrea Tornielli
quando rievoca le riflessioni natalizie di Ratzinger e l'utilizzo da parte del
pontefice tedesco delle stesse figure usate dall'argentino. La differenza è che
nella predicazione benedettina la centralità della persona umana era più
evidente e meglio scolpita nell'antropologia cristiana.
Che la condizione peregrinante goda della benedizione divina, lo si può apprendere sia dal Nuovo che dall'Antico testamento. Che gli ultimi godano di un primato esistenziale alla luce del Vangelo, è un fatto. Ma la questione va ancorata al campo teologico e alla disciplina spirituale, altrimenti è impossibile comprendere dove stia la beatitudine nel migrante che pochi giorni fa ha scippato una signora a piazza Garibaldi a Napoli. Senza una valida riflessione, sarà quella stessa vittima a non comprendere dove voglia parare il Santo padre. Tra il mistero cristico e l'assunto politico, ci vogliono delle mediazioni che mirino all'interesse generale di una comunità accogliente: che badino a degli equilibri allo stesso tempo economici, sociali e culturali. Altrimenti ci troveremmo dinnanzi a forzature disastrose.
Insomma, tra il dovere dell'accoglienza a cui ogni singolo cristiano è chiamato e le esigenze di gestire un fenomeno, ce ne passa. Soprattutto se assistiamo al travaso di metà dell'Africa in Europa. Ragionare sulla questione migranti glissando sul realismo storico, campo in cui un tempo i gesuiti erano maestri, rischia di essere un ideologismo utile – come denunzia Diego Fusaro – a mere logiche di mercato e che neanche al papa può essere abbuonato. Non senza tenere in considerazione che altri pontefici hanno parlato senza tentennamenti del principio che ad ogni uomo va riconosciuto il diritto di vivere in pace e nella propria terra di appartenenza. Ovvero, del diritto ad avere una patria ove seppellire i propri padri.
Che la condizione peregrinante goda della benedizione divina, lo si può apprendere sia dal Nuovo che dall'Antico testamento. Che gli ultimi godano di un primato esistenziale alla luce del Vangelo, è un fatto. Ma la questione va ancorata al campo teologico e alla disciplina spirituale, altrimenti è impossibile comprendere dove stia la beatitudine nel migrante che pochi giorni fa ha scippato una signora a piazza Garibaldi a Napoli. Senza una valida riflessione, sarà quella stessa vittima a non comprendere dove voglia parare il Santo padre. Tra il mistero cristico e l'assunto politico, ci vogliono delle mediazioni che mirino all'interesse generale di una comunità accogliente: che badino a degli equilibri allo stesso tempo economici, sociali e culturali. Altrimenti ci troveremmo dinnanzi a forzature disastrose.
Insomma, tra il dovere dell'accoglienza a cui ogni singolo cristiano è chiamato e le esigenze di gestire un fenomeno, ce ne passa. Soprattutto se assistiamo al travaso di metà dell'Africa in Europa. Ragionare sulla questione migranti glissando sul realismo storico, campo in cui un tempo i gesuiti erano maestri, rischia di essere un ideologismo utile – come denunzia Diego Fusaro – a mere logiche di mercato e che neanche al papa può essere abbuonato. Non senza tenere in considerazione che altri pontefici hanno parlato senza tentennamenti del principio che ad ogni uomo va riconosciuto il diritto di vivere in pace e nella propria terra di appartenenza. Ovvero, del diritto ad avere una patria ove seppellire i propri padri.
http://chartaminuta.farefuturofondazione.it/ius-soli-e-forzatura-di-natale-a-francesco-si-e-ingolfata-la-comunicazione/
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