NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 27 ottobre 2019

Centodieci anni fa il Trattato segreto di Racconigi

Re Umberto II conserverà per sempre il ricordo della visita dello Zar , ricordando gli altissimi cosacchi e le "isbe" giocattolo, più grandi di lui, ricevute in dono.



24 ottobre 1909 –
 Nei piccoli e grandi eventi della storia c’è spazio anche per il Castello dei Savoia a Racconigi (Cuneo), dove 110 anni fa venne firmato un patto politico segreto tra i Savoia d’Italia e i Romanov di Russia


Nei piccoli e grandi eventi della storia c’è spazio anche per il castello dei Savoia a Racconigi (Cuneo), dove 110 anni fa, il 24 ottobre 1909, venne firmato un patto politico segreto tra i Savoia d’Italia e i Romanov di Russia.
Gli onnipotenti zar di tutte le Russie e il piccolo Stato sabaudo hanno da sempre buoni rapporti di reciproco rispetto. L’assassinio del re Umberto I a Monza da parte dell’anarchico Gaetano Bresci, il 29 luglio 1900, apre la strada del trono al figlio Vittorio Emanuele III, che il 24 ottobre 1896 ha sposato Jelena Petrović-Njegoš, nata a Cettigne in Montenegro, figlia del futuro re Nicola I Mirkov Petrović-Njegoš: in gioventù aveva studiato nella capitale San Pietroburgo; aveva frequentato i Romanov;   della Russia conosceva bene lingua, costumi e letteratura. Da serba-ortodossa diventa cattolica per sposare Vittorio Emanuele con cerimonia civile al Quirinale e religiosa nella basilica romana Santa Maria degli angeli. Torino festeggia con l’ostensione della Sindone organizzata dal cardinale arcivescovo Agostino Richelmy: in 9 giorni (25 maggio-2 giugno 1898) oltre 800 mila visitatori. L’evento fa drizzare le antenne agli studiosi, accende i fari della scienza, calamita l’interesse della gente perché la Sindone è fotografata per la prima volta, con sorprendenti risultati, dall’avvocato torinese di origini astigiane Secondo Pia.
[...]
fonte: vocetempo

venerdì 25 ottobre 2019

Conferenza del Senatore Fisichella per il Circolo Rex


27 ottobre
– Sen. Prof. Domenico FISICHELLA

“Crisi nella o della democrazia? Il caso italiano
dal 1946 ad oggi”



Sala delle Associazioni Regionali
Via Aldrovandi 16-16/b
SECONDO PIANO
(vicino Viale Rossini e Bioparco)
ORA INIZIO CONFERENZE: 10,30

MESSAGGIO DI S.A.R. LA PRINCIPESSA MARIA GABRIELLA DI SAVOIA


Con un po' di ritardo pubblichiamo il messaggio di S.A.R. la Principessa Maria Gabriella per il convegno su Re Vittorio Emanuele III.
Noi continuiamo a sperare che non sia "per sempre". Lo Staff

PER IL CONVEGNO “CORONA E REGIME, GLI ANNI DEL CONSENSO (1922-1937)” VICOFORTE, CN, 8 OTTOBRE 2019

Al cav. Alessandro Mella, Presidente dell'Associazione di Studi Storici Giovanni Giolitti
Ai Presidenti e ai Soci del Rotary Club “Cuneo 1925” e del Rotary Club di Mondovì
A tutti i partecipanti al Convegno

                   LE SALME DEI MIEI NONNI A VICOFORTE PER SEMPRE

     Sono molto rammaricata di non potere presenziare al Convegno di studio “Corona e Regime: gli anni del consenso, 1922-1937”, secondo incontro sul “lungo regno di Vittorio Emanuele III”. Esprimo il mio apprezzamento per il suo coordinatore, prof. Aldo Mola, per organizzatori, aderenti e relatori, tutti prestigiosi, e per Vicoforte, tra i Comuni più suggestivi del Vecchio Piemonte. Uno speciale pensiero va all'Associazione Nazionale ex Allievi della Nunziatella (Napoli è la mia città nativa) e al Gruppo Croce Bianca di Torino, nella persona del suo presidente, il conte Alessandro Cremonte Pastorello.

    Il Vostro è l'unico convegno scientifico organizzato nel 150° della nascita di mio Nonno, Vittorio Emanuele III, Re d'Italia dal 1900 al 1946: mezzo secolo di vicende travagliate, che meritano di essere studiate e conosciute alla luce dei documenti.

   Sono lieta che l'incontro si svolga a Vicoforte, ove riposano i miei Nonni, ricongiunti in Italia nel dicembre 2017. Il Santuario voluto da Carlo Emanuele I quale Mausoleo dei Savoia, circondato da immenso spazio incontaminato, invita alla meditazione. Risponde perfettamente allo spirito dei miei Nonni, sempre partecipi alla vita degli Italiani nelle gioie e nei dolori (non posso non ricordare mia zia Mafalda, morta il 28 agosto 1944 in un campo di deportazione in Germania) e al tempo stesso inclini alla riservatezza, al raccoglimento, nel Palazzo del Quirinale come a Racconigi, nelle valli del Cuneese, ovunque in Italia.

  Furono e rimangono esempio. Le loro Tombe nel Santuario di Vicoforte, lì per sempre, sono un messaggio di pace, un invito alla concordia dei cittadini, come ricorda l'Altare della Patria. 

  Invio partecipi saluti al Rotary Club “Cuneo 1925” e a quello di Mondovì che oggi lo affianca. Del Club “storico” mio Padre fu Socio d'Onore dal 1927; a mia volta ne sono Socio d'Onore. Memore del nostro primo incontro al Castello di Villanova Solaro il 13 giugno 2006, mi riprometto e Vi prometto di tornare tra Voi nella prossima primavera.

  Come diceva mio Padre, ripeto: “Italia innanzi tutto!”.

Ginevra, 8 ottobre 2019
Maria Gabriella di Savoia

                                                               

lunedì 21 ottobre 2019

Circolo Rex 72° ciclo di conferenze - prima parte





PROGRAMMA DELLE RIUNIONI 2019

27 ottobre
– Sen. Prof. Domenico FISICHELLA

“Crisi nella o della democrazia? Il caso italiano
dal 1946 ad oggi”

10 novembre
– Prof. Pier Franco QUAGLIENI
“Vittorio Emanuele III: una riflessione storica”

17 novembre
– Prof. Giuseppe PARLATO
“D’Annunzio a Fiume: la crisi dello Stato Liberale”

1° dicembre
– Ambasciatore d’Italia Roberto FALASCHI
“La dittatura del politicamente corretto”


Le conferenze della seconda parte, riprenderanno domenica 26 gennaio 2020
nello stesso orario e sede.

Sala delle Associazioni Regionali
Via Aldrovandi 16-16/b
SECONDO PIANO
(vicino Viale Rossini e Bioparco)
ORA INIZIO CONFERENZE: 10,30

domenica 20 ottobre 2019

Carlo Emanuele I di Savoia torna a Savigliano


Il Grande e... la Granda

Pare che Nostradamus avesse predetto la morte di Carlo Emanuele I "sulla via di Gerusalemme". Vissuto tra il 1562 e il 1630 "il Grande" rinunciò forse volentieri a pellegrinaggi in Terra Santa ma incontrò comunque la morte nella "sua" Savigliano, a Palazzo Cravetta, che ancora oggi si affaccia -guarda caso- su Via Jerusalem.
Il bellissimo loggiato decorato con i busti marmorei di 12 principi e principesse della dinastia sabauda e arricchito dagli affreschi di Francesco e Costanzo Arbaudi (1624 circa) è il punto di partenza ideale per immergersi nella mostra "Ars Regia. La Granda alchemica" organizzata dall'associazione Le Terre dei Savoia e curata da Enzo Biffi Gentili.


Prima infatti di entrare nel mistero della morte di Carlo Emanuele I (colpito dalla peste), proprio nella sala che ospitò le sue spoglie, Loredana De Robertis su incarico del Múses ha curato un'introduzione storica che aiuta il visitatore a ripercorrere le tappe salienti dello speciale rapporto tra il Duca detto "il Grande" e soprannominato "Testa di Fuoco" per lo spirito battagliero.

[...]


Conferenza sulla Corte dei Savoia allaFondazione "G. Pariani" di Oleggio


  
Perché la cultura sia di tutti, ma soprattutto fruibile a coloro che per malattia o impedimenti motori non possono uscire dal luogo di cura: 
la Casa di Riposo "G. Pariani" di Oleggio, con il patrocinio del Comune di Oleggio, in collaborazione con il Museo Civico, organizza una conferenza, aperta a tutta la popolazione, a cura di Maria Rosa Marsilio, storica, autrice e conduttrice televisiva:
"Madame reali, intrighi, potere, passione alla corte sabauda del 1600"

Il pubblico sarà accompagnato in un vero e proprio "viaggio nel tempo" alla scoperta della Corte Ducale dei Savoia del 1600. Due Principesse francesi che diventeranno non soltanto motivo di scandali e pettegolezzi "licenziosi" ma che daranno alla città di Torino, al Piemonte, quelle innovazioni stilistiche, culturali, sociali, capaci di traghettare lo Stato Sabaudo da un pigro Rinascimento allo splendore opulento del Barocco. Attraverso i dipinti dell'epoca, le foto di meravigliose residenze reali, verranno svelati gli amori, gli intrighi, i pentimenti delle principesse reali che legarono il loro destino al Piemonte del 1600.

Sabato 26 ottobre alle ore 15 presso la Fondazione "Dott. G. Pariani", via Dante 93 Oleggio. Ingresso gratuito.


fonte: Novara Today

sabato 19 ottobre 2019

Un doveroso riconoscimento su Umberto II



Lunedi 16 settembre, ore 23,30 su RAI 1  è stato trasmesso un documentario “1948. L’anno che cambiò l’ltalia” affidato a Bruno Vespa, che si è avvalso per i commenti dello storico Gianni Oliva. 
Nel documentario interviste a Napolitano, De Mita, Ciccardini e Segre ed altri. Dovendo inquadrare le elezioni politiche del 1948 si è dovuto logicamente partire dalle elezioni di due anni prima, il 2 e 3 giugno 1946 per il referendum istituzionale e l’Assemblea Costituente. 
Oliva sul referendum, oltre ai dati ufficiali per la affermazione repubblicana, di stretta misura, ha ricordato il quesito posto alla Corte di Cassazione, su gli elettori “votanti”, senza però approfondire il problema ed ha dato atto del comportamento corretto e lineare del Re Umberto, di evitare la guerra civile, dato che a Napoli già era scorso il sangue di giovani monarchici, concludendo che il Re, andando in esilio, tra l’interesse per la Dinastia e quello per l’Italia, “aveva scelto l’Italia”. 
Riconoscimento doveroso, di uno storico non monarchico, che è stato anche obiettivo in altri punti del documentario, con una decisa condanna del comunismo, pur riconoscendo a Togliatti, dopo il famoso attentato di Pallante che lo aveva colpito gravemente, di aver bloccato la rivolta che altri del suo partito, avrebbero voluto scatenare. 
Un documentario da meditare, anche per il ricordo degli aiuti statunitensi e del Piano Marshall.

Domenico Giglio

venerdì 18 ottobre 2019

A Vicoforte con la Guardia d'onore che veglia le tombe dei Savoia


Confessiamo che la Chiesa politicamente corretta, debole coi forti, forte con noi che forti non siamo, ci sta causando qualche mal di pancia.
Vedere testo in grassetto.
Lo staff

"E' il più antico ordine combattentistico d'Italia. E' nato nel 1878 per volontà di veterani e ufficiali che parteciparono al Risorgimento italiano". A parlare è Giovanni Seia, delegato provinciale di Cuneo delle guardie d'onore delle reali tombe del Pantheon, associazione nata alla morte di Vittorio Emanuele II al fine di mantenere viva la memoria legata a casa Savoia e al Risorgimento.

Nell'Artcolo su "Las Stampa" un bel video.

[...]

La diocesi di Vicoforte, tuttavia, non condivide la nostalgia monarchica della Guardia, tanto che come spiega Seia, il vescovo ha tenuto a sottolineare come il Santuario non sia un mausoleo ma un luogo di culto invitando i membri dell'associazione ad astenersi dal picchetto d'onore.

Articolo completo qui:

www.lastampa.it

Video di Costanza Bono 
Servizio di Chiara Viglietti

mercoledì 16 ottobre 2019

Le Guardie a Vicoforte


 “Non siamo monarchici: chi si accanisce con noi conosce poco la Storia”
Polemica sul raduno nazionale delle guardie d’onore delle reali tombe del Pantheon: Vicoforte, Mondovì e la Provincia negano il patrocinio

Le guardie d’onore ieri davanti alla cappella con le tombe reali al santuario di Vicoforte

di CHIARA VIGLIETTI

Ci stanno lavorando in gran segreto e sotto traccia: le grandi manovre per riportare in Italia le ultime teste coronate di Casa Savoia, il re Umberto II e la regina Maria Josè, sepolti in Alta Savoia potrebbero condurre, presto, a una svolta.
«Solo così si chiuderà il cerchio di una storia indegnamente travisata», confermano Giovanni Seia e Riccardo Moia delle guardie d’onore delle reali tombe del Pantheon, in questi giorni sono alle prese con i preparativi del raduno nazionale del 16 novembre a Vicoforte.
Tenuta elegante scura, affusolati guanti bianchi, indossano il basco con sù lo stemma di Casa Savoia e il labaro da 41 medaglie. Sono quelle d’oro - le prime due le conquistò Garibaldi - dell’associazione nata nel 1878, in pieno post Risorgimento, per vegliare sulla morte del primo re d’Italia. Sembrano appartenere a una stagione lontana. Fuori dal nostro tempo.
Invece il loro raduno promette di non essere facile. Perché ha già incassato il «no» al patrocinio di alcuni enti, come la Provincia e i Comuni di Vicoforte e Mondovì. Mentre la Diocesi ha detto «no» alla richiesta degli angeli custodi di Casa Savoia di vegliare sulle spoglie di Vittorio Emanuele III e della regina Elena sepolti al Santuario. «Contro di noi un accanimento ingiustificato», spiegano Seia e Moia. Amareggiati soprattutto dal comportamento di quelle Amministrazioni, come Mondovì, che «a parole si sono dichiarate entusiaste del raduno, poi ci hanno voltato le spalle». Il sindaco Paolo Adriano: «Ci siamo confrontati sulla possibilità di concedere questo patrocinio in due riunioni di maggioranza. Al termine del confronto, la maggioranza non ha ritenuto opportuno concederlo. E questa è anche la mia opinione personale».
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martedì 15 ottobre 2019

Neoborbonici a convegno: non offendere la storia.



Sul Corriere della Sera di domenica 13 ottobre un lungo articolo è dedicato ad un convegno dei neo o vetero borbonici in quel di Cosenza. 
Ora, a prescindere da alcune inesattezze del promotore del convegno riportate dal giornale, come quella della famosa prima ferrovia, indicata del 1836, ma che è invece del 1839 ( questo potrebbe essere un normale refuso tipografico), e collegante Napoli a Nocera, mentre invece era Napoli - Portici,( e questo non questione di battitura), la cosa veramente offensiva e scandalosa per la locale memoria storica, è avere scelto proprio Cosenza per questa riunione. 
Se c’è stata infatti nel regno delle Due Sicilie una regione apertamente e risolutamente antiborbonica, insieme con la Sicilia, il cui Parlamento nel 1848 proclamò decaduta la dinastia “spergiura”, questa è stata proprio la Calabria e Cosenza in particolare aveva dato prova ripetutamente di un sentimento ribelle nei confronti di un governo dispotico e poliziesco. 
Le continue sollevazioni sanguinosamente represse risalgono agli anni ’20 del 1800, si rinnovano nel 1837, hanno un ulteriore episodio, ancor più sanguinoso nel 1844 e poi ancora nel 1847 e 1848 insieme con Reggio Calabria. 
Ora recarsi a Cosenza o è prova che questi “neo” non conoscono la storia,il che può anche essere, oppure che abbiano volutamente punito la Calabria per questi “peccati” liberali, come se nella Vandea oggi si tenesse un convegno su Marat e Robespierre! 
E vicino a Cosenza non vi è forse il vallone di Rovito dove furono fucilati due giovani ufficiali della Marina Austriaca, figli di un ammiraglio della stessa marina, i fratelli Bandiera, destinati ad una brillante carriera se non fossero stati conquistati dalla passione unitaria, oltre tutto non sudditi borbonici, e con loro proprio dei cosentini, tra cui Nicola Corigliano e Antonio Raho. Cosa hanno a che vedere tutti questi morti con i neo o vetero borbonici ?

Domenico Giglio 

lunedì 14 ottobre 2019

Il libro azzurro sul referendum - XV cap - 5 - 9


Fermento popolare a Napoli

Fermento popolare a Napoli aumentato per le sanguinose repressioni: 19 morti, 114 feriti di cui 41 in gravi condizioni... Feriti a Piazza del Popolo a Roma... Censura preventiva sul giornale « Corriere espresso » di Palermo...

Fratture: determinazione dei Comitato Indipendentisti (1), (14 giugno)

Durante la riunione tenutasi ad Enna, il Comitato Nazionale Indipendentisti ha preso la seguente determinazione: «Il vincolo che ha finora unito il popolo siciliano al popolo italiano è stato il plebiscito del 1870, i cui termini furono: la Sicilia vuole l'Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale e suoi discendenti. Annuendo a questa proposizione la Sicilia dimostrò il suo diritto di autodecisione e la sua piena sovranità. Il « referendum » decidendo in difformità alla maggioranza del popolo siciliano l'eliminazione dinastica, che per plebiscito costituì vincolo d'unione della Sicilia col Regno dei Savoia, ha sciolto di diritto il vincolo medesimo. Conseguentemente  la Sicilia con la caduta della Monarchia ha riacquistato la propria sovranità e il diritto della autodecisione non sussistendo più i presupposti dell'unione allora stabilita. Pertanto spetta alla Sicilia il diritto al plebiscito affinché liberamente e sovranamente si pronunci sui termini e sulla forza di una nuova unione con i popoli italiani ».

Commento del "Time and Tide" (15 giugno 1946)

«Un cambiamento e specialmente un drastico cambiamento istituzionale non è cosa da intraprendersi in fretta e furia; si deve ben ponderare la più antica massima conservatrice: " Quando non è necessario cambiare, è necessario non cambiare -. Particolarmente ciò vale nel caso dell'Italia, perché è innegabile che la Casa Savoia è stato il vincolo e il simbolo dell'unità del Paese » (2).

Il trapasso non fu legale

« Non possiamo non rilevare che la Corte di Cassazione viola apertamente la legge, facendo il computo dei voti e proclamando i risultati non definitivi, quando ancora addirittura mancavano i dati di molte sezioni ed anche quelli trasmessi erano variamente incompleti » (3).

« Nella mancanza dei processi verbali di quelle sezioni, la Corte di Cassazione non avrebbe dovuto per legge fare quella proclamazione (4).

Quasi una metà dei popolo italiano per il Re

« Nelle generose rinunzie... può servire di esempio luminoso la condotta di Umberto Il che tanta gravosa eredità ha assunto sulle sue spalle Del lungo periodo della sua luogotenenza e in quello così fugace ed amaro del suo regno... Tutti gli italiani devoti o avversi alla causa della Corona, dovranno altamente apprezzare questo gesto magnanimo suggerito dalla più pura carità di Patria, nel quale rivive il carattere generoso della stirpe dei Savoia, nobilitata dalla virtù eroica dei suoi Santi. Partendo in volontario esilio, egli lascia dietro a sé quasi una metà del popolo italiano, che pure in impari lotta, si è liberamente espresso in suo favore. Perché questa più che minoranza non divenga un elemento di congenita debolezza nella nuova forma dello Stato nascente, è imprescrittibilmente necessario che la relativamente esigua maggioranza ne sappia comprendere l'atteggiamento spirituale, rispettosa della legittima preferenza altrui, ne accolga la leale cooperazione e ne tuteli i diritti, come richiede un sano ordinamento democratico, secondo gli impegni pubblicamente e solennemente assunti a nome della corruzione governativa da parte del Presidente del Consiglio » (5).



(1) Da Storia segreta..., pag. 205 e seg.

(2) « In Europa, forse per la lunga tradizione, la forma di governo che ha dato in generale miglior prova è quella monarchica... La democrazia non postula necessariamente una determinata forma per le supreme istituzioni dello Stato... Monarchia o Repubblica o Governo presidenziale, parlamentare, convenzionale, unicameralismo e bicameralismo sono istituzioni che possono pienamcnte conciliarsi con l'ideale democratico... La forma che meglio s’addice ad un popolo dipende  dalle sue profonde esigenze storiche e sociali in uno  con le tradizioni dell'ambiente tradizionale in cui vive... Illusione di quanti credono di riparare alle deficienze constatate di un ordinamento ricorrendo al miraggio di forme nuove... » (Emilio Crosa, Lo Stato democratico. Presupposti costituzionali, Unione ed., Torino 1946, pagg. 134, 1,135, 136, 137).

(3) M. T. Zanzucchi, Preside della Facoltà Giuridica dell'Università Cattolica di Milano, Istituzioni di diritto pubblico, 1948, pag. 12Z.

(4) O. Ranelletti, Istituzioni di diritto pubblico, parte I. fase. 2, 1947, pag. 5.

(5) La Civiltà Cattolica, 15 giugno 1946. pag. 403.

domenica 13 ottobre 2019

Italia sempre più senza storia


di Antonio Biella
[...]

Ritengo vergognosa la decisione  dei vertici del calcio italiano che hanno deciso di far giocare la Nazionale con una assurda maglia verde al posto di quella azzurra. La maglia verde una volta riguardava il Gran Premio di Montagna del Giro d’Italia  ( dal 2012 diventata azzurra). Il colore dell’Italia è l’azzurro perché questo è il colore di Casa Savoia sin dal 14. Secolo. Quella Casa Savoia che realizzò il sogno di una Italia unita trasformandola da semplice espressione geografica  - come la definì il ministro austriaco Metternich – nel grande Paese al quale ci onoriamo di appartenere. Una  unità – mi permetto di ricordare – che costò migliaia di vite di patrioti. E azzurra – per lo stesso motivo - è la fascia che indossano gli ufficiali di ogni Arma nelle cerimonie. Si può argomentare storicamente in mille modi l’operato dei vari regnanti ma oggi è più facile  buttare lì una frase fatta letta su facebook che approfondire (con libri su libri) i contesti storici. Insomma, se il “sogno green” di Conte e del suo governo era di mettere una maglia verde marcio ai calciatori, ora aspettiamoci che si sostituisca  l’Inno di Mameli con qualche tarantella.


[...]

http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=109367

venerdì 11 ottobre 2019

Per i Poliziotti caduti a Trieste


  Il quattro ottobre di quest’anno, Trieste, una delle città più belle d’Italia è stata colpita al cuore, due giovani poliziotti, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, sono stati uccisi nell’adempimento del loro dovere. La notizia ha sconvolto i cittadini italiani.
A uccidere questi agenti di polizia è stato un giovane dominicano che viveva con la madre e il fratello a Trieste.
Qualcuno un giorno scrisse che chi muore a vent’anni, ha sempre vent’anni. Questi due cari ragazzi avevano trent’anni, una vita ancora tutta davanti. Erano orgogliosi di indossare la loro divisa, come fieri erano le loro fidanzate e i loro familiari. Nel cuore di questi giovani, di questi figli d’Italia, c’era la volontà di sposarsi, di avere dei figli, cosa che ora li è stata strappata con il sangue, in una bella giornata a Trieste, la città che amavano. Un caro amico militare stamattina mi ha detto che questi poliziotti avevano riferito alle loro famiglie che erano felici di lavorare a Trieste.
Quando un dramma ci coglie, quando il sangue di questi eroi ha bagnato la terra, si pensa al cielo degli eroi che è ancora più luminoso, perché ci sono  aggiunte altre due stelle. Nel cuore di una madre e di un padre, si crea una ferita, che non guarirà mai. 
Questo dolore non avrà consolazione, perché non si troverà mai una motivazione a questo crimine efferato. 
Quando penso a loro, e a tutti i caduti tra le forze dell’ordine per il bene del Paese, mi auguro che non siano mai dimenticati.  
La notte del 4 ottobre, nella tristezza per il tribolato evento di sangue, ho guardato la volta del cielo stellato e mi sono venute in mente le parole che scrisse Giovannino Guareschi, noto scrittore italiano: “Ai nostri caduti“.  Quando un soldato muore, il suo corpo rimane aggrappato alla terra, ma le stellette  della sua  giubba si staccano e salgono in cielo ad aumentare di due piccole gemme il firmamento. Per questo, forse, il nostro cielo è il più stellato del mondo. “Le stellette che noi portiamo“ non rappresentano soltanto “la disciplina di noi soldà ”, ma rappresentano le sofferenze e i dolori miei, di mio padre, dei miei figli e dei miei fratelli. Per questo le amo come parte di me stesso, e con esse voglio ritornare alla mia terra e al mio cielo”.

giovedì 3 ottobre 2019

Giovanni Burocchi, l’eroico Carabiniere Reale che morì obbedendo agli ordini


di Emilio Del Bel Belluz.

Un tempo a Villanova di Motta, in provincia di Treviso, dove abitavo, avevo conosciuto il Signor Antonio, una persona molto distinta che aveva indossato con orgoglio la divisa di carabiniere reale e mi parlava spesso della sua vita militare. Questo avveniva nella vecchia osteria di mio padre, dove ogni tanto mi trovavo a far compagnia al genitore. L’uomo aveva simpatia per me e i suoi racconti mi affascinavano. 
Leggevo nei suoi occhi una commozione vera, specialmente quando mi parlava del Re che aveva conosciuto, Vittorio Emanuele III, il Re soldato. I suoi racconti mi sono tornati in mente in questi giorni perché ho trovato alcune righe che mi aveva trascritto su un foglio dedicate all’Arma dei Carabinieri. 
“ Valore e disciplina”, “Disciplina e Dovere”, “ Usi ad obbedir tacendo e tacendo morir ”: questo è lo spirito dei Carabinieri. Antonio per farmi comprendere questo, mi raccontò la storia eroica di un Regio Carabiniere: Giovanni Burocchi, che si era immolato alla patria, rimanendo fedele al suo giuramento al Re. Aveva combattuto nella Grande Guerra e dopo aver compiuto il suo dovere di soldato, era ritornato a casa sano e salvo. 
Era nato nel 1881 da una famiglia di contadini marchigiani, originario di Penna San Giovanni in provincia di Macerata. Si arruolò nei Carabinieri Regi nel 1901, destinato alla Legione di Ancona. Giovanni si distinse negli anni meritandosi il rispetto dei suoi superiori. L’amore per la Patria era dentro di lui ben radicato. 
In questi giorni si è ricordata la presa di Fiume da parte di Gabriele D’Annunzio, si è scritto molto, e anche molto si è polemizzato. Quest’anno, Trieste ha onorato Gabriele D’Annunzio con un monumento. Il 1° ottobre del 1919 il carabiniere Reale, della Legione Ancona, Giovanni Burrrocchi e il Carabinere Altobordo De Luca ricevettero l’incarico dal comando di scortare il mercantile Presidente Becker che era diretto nella città croata di Sebenico con un carico di derrate alimentari. 
Durante la traversata, alcuni ufficiali dell’intendenza militare di Ancona, che si erano imbarcati con falsi documenti, con le armi in pugno costrinsero il comandante dell’imbarcazione a dirigersi verso il porto di Fiume. Nonostante avesse le armi puntate addosso, il Carabiniere Burocchi ordinò al suo collega di non consegnare il moschetto ed eroicamente volle rimanere al suo posto. 
Il 3 ottobre 1919 il piroscafo Presidente Beker arrivò a Fiume, due Arditi del 22° Reparto d’Assalto salirono a bordo con l’intento di costringere i due Carabineri Reali a non intralciare le operazioni di scarico della merce. 
Dopo una colluttazione, furono sparati alcuni proiettili che colpirono al petto il fedele servitore del Re che ligio al suo dovere non intendeva disobbedire agli ordini. Al petto fu colpito a morte il Carabiniere Giovanni Burocchi. 

Il Re Vittorio Emanuele III, venuto a conoscenza dell’ eroica morte del suo fedele Carabiniere Reale, volle conferirgli motu proprio la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: 

“Fulgido esempio di incomparabile fermezza e del più elevato sentimento del dovere, di scorta con un solo compagno ad una nave mercantile che in seguito ad audace colpo di mano era stata costretta a cambiar rotta replicatamente fatto segno, quale capo servizio, ad intimazioni e minacce anche armata mano, con contegno calmo deciso ed eroico si dichiarò disposto ad affrontare, come affrontò di fatti, anche la morte piuttosto che venir meno alla ricevuta consegna”.

mercoledì 2 ottobre 2019

Vittorio Emanuele III – Re d’Italia dal 1900 al 1946


Castellanza, Varese
Il presidente del Gruppo Savoia risponderà alle domande del giornalista Marco Linari. 

L’Associazione Culturale Il Prisma invita i cittadini all'incontro dal titolo:

Vittorio Emanuele III – Re d’Italia dal 1900 al 1946”.


I relatori della serata saranno l’avvocato Santino Giorgio Slongo, presidente nazionale Gruppo Savoia e Marco Linari, giornalista de La Prealpina. 

L’appuntamento è per venerdì 4 ottobre 2019 alle ore 21.00 in Villa Pomini, Via Don Testori 14, a Castellanza.
L’autovettura del Re, una Fiat Torpedo 2.8 del 1939, sarà esposta nel parco della Villa Pomini dalle ore 17,00.



La solitudine del Re

Una bella sorpresa in libreria...



L'epistolario costituisce l'anello mancante del periodo immediatamente post bellico, poiché capace di far comprendere e meglio completare la storia che va dal primo dopoguerra a oggi. Il referendum tra monarchia e repubblica fu molto tormentato e poco chiaro. Presentazione di Francesco Perfetti e con un contributo di Alfredo Lucifero.

Il lungo Regno di Re Vittorio Emanuele III: un convegno a Vicoforte (8 ottobre 2019)


L'italia durante il regime fascista: gli anni del consenso (1922-1937)

Dopo aver esaminato l'età giolittiano-emanuelina (1921-1922), la Associazione Giolitti affronta gli “anni del consenso” (1922-1937). In un'Europa inquieta (affermazione del comunismo sovietico in Russia e del nazionalsocialismo in Germania e a fronte dell'impotenza della Società delle Nazioni, cui rimasero estranei gli USA) l'Italia passò da democrazia parlamentare a regime di partito unico. Al governo di unione costituzionale presieduto da Benito Mussolini (31 ottobre 1922), grazie alla legge Acerbo, fortemente maggioritaria, nel 1925 seguì un Esecutivo di soli fascisti. Il Parlamento approvò le leggi fascistissime, mettendo a tacere le opposizioni, che dal “delitto Matteotti” (10 giugno 1924) disertarono quasi al completo la Camera.

La legge elettorale Rocco (1928) conferì al Gran Consiglio del Fascismo la designazione dei deputati da approvare o respingere in blocco. Partiti e politici liberali, socialisti, cattolici, demo-radicali furono completamente spazzati via. Solo alcuni loro esponenti avevano o avrebbero trovato riparo in Senato. L'11 febbraio 1929 il Concordato Stato-Chiesa costituì corposo successo del regime, rafforzato negli anni seguenti con l'imposizione del giuramento di fedeltà al duce per tutti i pubblici impiegati (a eccezione dei Militari).

Il rilancio della stabilità monetaria (“quota 90”), della produzione cerealicola e di quella industriale, orchestrata dall'Istituto per la Ricostruzione Industriale, presieduto dal già socialista Alberto Beneduce, suscitò ampio consenso a Mussolini, forte di “pieni poteri”. Nel 1936 la lunga e costosa guerra contro l'Etiopia, sorretta da abili operazioni di propaganda (l'offerta di “oro alla Patria”, la lotta contro le “inique” e inefficaci sanzioni” deliberate dalla Società delle Nazioni) e l'intervento in Spagna a sostegno dei nazionalisti guidati da Francisco Franco contro la Repubblica rafforzarono il potere personale del Duce e la liquidazione delle residue opposizioni all'interno e all'estero.

Il Convegno, realizzato con il concorso di prestigiosi sodalizi e centri di studio, passa in rassegna aspetti poco noti del lungo “braccio di ferro” tra la Corona e il regime. Mussolini  si valse di formidabili strumenti per soggiogare l'opinione nazionale: lo sport, la cinematografia, la radio di stato e i maggiori quotidiani, allineati alle sue direttive anche tramite il Ministero per la Stampa e la Propaganda (1935), poi Cultura popolare. 

Il Re via via rimase isolato.

Il Convegno è promosso di concerto con il Rotary Club 1925 di Cuneo e si conclude con la presentazione del volume di Aldo A. Mola, Giolitti. Il senso dello Stato, nella conviviale seguente.
                                                                  
Associazione di Studi Storici Giovanni Giolitti (Cavour)



 

Convegno a Bologna: "Identità e libertà dei popoli"

Sabato 5 ottobre 2019 alle ore 18:30, in Via Marsala, 12, 40126 Bologna, il Club Reale Italiano, insieme al Circolo Monarchico Dante Alighieri e all'Associazione d'Arma Nastro Azzurro di Bologna, organizzano una Conferenza dal titolo 

"Identità e libertà dei popoli"
 l'Italia, l'Europa e le sue Monarchie.




Relatore il Prof. Fabio Torriero, Giornalista, Scrittore e fra i massimi conoscitori dei vari passaggi della Monarchia attraverso la Storia.
L'evento è gratuito, la partecipazione gradita.
Al termine della Conferenza sarà possibile cenare al Ristorante del Circolo Unificato dell'Esercito insieme all'illustre Prof, Fabio Torriero e agli esponenti delle Associazioni organizzatrici.

martedì 1 ottobre 2019

«La Monarchia porta stabilità»


Intervista al Principe Ereditario Alois del Liechtenstein.

Il principato del Liechtenstein ha festeggiato il suo 300° compleanno. Un paese vicino e nello stesso tempo lontano. 

Vostra altezza, lei è principe ereditario del Liechtenstein, uno stato con meno di 40.000 abitanti. Nonostante le modeste dimensioni, possiamo parlare di stato sovrano?
Direi di sì, se definiamo il concetto di sovranità dal riconoscimento degli altri stati. Siamo membri dell’ONU con gli stessi diritti degli stati più grandi e facciamo parte dello Spazio economico europeo. Certo, non abbiamo lo stesso influsso, economico o militare, dei grandi stati, ma il Principato del Liechtenstein è riconosciuto globalmente.
A proposito di influsso militare, il Liechtenstein non ha un esercito proprio. Come si spiega con la sovranità?
Ci sono anche altri paesi, come il Costa Rica, che non hanno un esercito. Abbiamo una forza di polizia armata che garantisce la sicurezza interna. La difesa militare non è mai stata un’opzione per uno stato piccolo come il nostro. Abbiamo sempre lottato per il rispetto, il riconoscimento e una buona rete di contatti. Così abbiamo passato tre secoli molto bene.
Quest’anno il Principato celebra il 300° compleanno. È soddisfatto dei festeggiamenti, che hanno permesso sicuramente di sottolineare l’identità del paese?
Il Liechtenstein ha già una forte identità. Solo tra alcuni anni potremo dire se questa identità sia aumentata. Nel contesto europeo, siamo un vecchio stato, soprattutto considerando che i nostri confini sono gli stessi da 300 anni. Un fatto straordinario in Europa.
Cosa significa per lei appartenere a un’antica famiglia nobile?
Un sentimento di orgoglio. Ma allo stesso tempo la grande responsabilità di trasmettere il nostro patrimonio alle generazioni future. Ciò vale per la famiglia e i discendenti in senso stretto, ma anche, in caso di una Monarchia ereditaria, per l’intero stato.
Una Monarchia ereditaria è ancora compatibile con una concezione dello stato nel XXI secolo?
È certamente raro che oggi si parli dei possibili vantaggi di una Monarchia ereditaria. Ma ci sono buoni argomenti a favore. Nel Liechtenstein abbiamo una forma particolare che unisce democrazia parlamentare con forti elementi monarchici e di democrazia diretta. L’elemento monarchico porta stabilità e una prospettiva a lungo termine in ambito politico. Grazie agli elementi di democrazia diretta, siamo molto vicini ai cittadini. Il monarca, grazie alla democrazia diretta, deve sempre pensare agli interessi del popolo. Inoltre, esiste la possibilità di un voto di sfiducia e nella costituzione si trovano persino le regole per l’abolizione della Monarchia.
Questo è davvero curioso. Il principe ha il diritto di veto, ma i cittadini possono abolire la Monarchia.
Siamo gli unici al mondo. Abbiamo inserito l’articolo nella costituzione nel 2003, valutando i vantaggi e gli svantaggi di una Monarchia. E lo svantaggio principale della Monarchia può verificarsi quando una persona non è più accettabile nella sua funzione. La gente può quindi, in un simile frangente, “tirare il freno di emergenza”.
Lei è cresciuto e vive con la sua famiglia nel castello di Vaduz. Qui, la vita è così romantica come si immagina un normale cittadino?
Ha molto fascino, ma ci sono anche degli svantaggi. Abbiamo un giardino, ma devi lasciare il castello e camminare per cinque minuti. È un po’ complicato, specialmente con i bambini piccoli. È anche importante ricordare che la manutenzione del castello è costosa e richiede molto personale.
La sua famiglia è molto ricca. Che significato ha per lei la ricchezza?
Per la casa regnante e per me personalmente, il vantaggio principale della ricchezza risiede nell’indipendenza economica. Nel mio caso significa anche indipendenza politica. Tuttavia, nella nostra famiglia non sono validi solo i valori materiali. Ciò è molto importante nell’istruzione dei figli, che devono imparare che la ricchezza può scomparire rapidamente. Un’amministrazione responsabile è necessaria per garantire pari condizioni alle generazioni future.
Secondo le leggi della casa regnante, il principe deve dare il suo consenso al matrimonio dei figli. Una regola applicata ancora oggi?
Formalmente è così. Ma, a differenza di altre famiglie aristocratiche, le nostre regole non sono mai state interpretate in modo restrittivo.
Solo gli uomini possono diventare principi nella Monarchia ereditaria del Liechtenstein. Come spiega questo divieto contro le donne?
Per noi non è una questione di uguaglianza. Per noi domina la prospettiva del miglior governo. Uno dei punti di forza del nostro Paese è l’elevata stabilità politica, che verrebbe a mancare se vi fosse anche una successione femminile al trono. Una tale estensione attraverso la linea femminile comporterebbe un aumento esponenziale dell’adesione alla Casa regnante, il che comprometterebbe la stabilità. In una Monarchia ereditaria non c’è un’uguaglianza completa, perché una persona è già predestinata a divenire capo di stato.
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https://www.cooperazione.ch/temi/incontri/intervista/2019/monarchia-235389/