NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 29 giugno 2021

Il Libro azzurro sul referendum Cap XXII - 1

 


XXII.

La questione istituzionale

esiste ed è aperta

 

a)    giuridicamente;

b)    politicamente.

1) L'art. 139 della Costituzione.

2)    L'On. Reggio d'Aci.

3)    L'On. Bruno Villabruna.

4)    L'Avv. Roberto Cravero.

5)    L'On, Gennaro Patricolo.

6)    Il Comandante Lauro.

7)    L'On. Corbino e l'On. Tonengo.

8)    L'On. Spano e l'On. Scelba.

9)    «La Gazzetta del Popolo », « Il Tempo », Il Senatore Luigi

Sturzo ne « La Stampa ».

10) L'On. Alcide De Gasperi e una nota ufficiosa sul problema istituzionale.

 

 

« Una nazione non può spogliarsi della facoltà di mu­tare, con mezzi legali, le sue leggi politiche, né in alcun modo abdicare al suo potere costituente ».

C. di Cavour (« Il Risorgimento », 10 marzo 1848).


«Non ho pensato e non penso a complotti, a congiure, a ritorni di romanzi politici; ciò non rientra né nel mio stile né nelle nostre tradizioni.. Potrei ritornare soltanto se chiamato da tutti gli Italiani.. La Monarchia deve servire l'Italia e non l'Italia la Monarchia.. Suo massimo titolo di onore è di aver aumentato l'unità della Peni­sola.. Non potrebbe mai macchiarsi di manifestazioni fa­ziose.. L'onore conta più della gloria..».

UMBERTO II

L'art. 139 della Costituzione

L'art. 139 della Costituzione stabilisce: «La forma repubbli­cana non può essere oggetto di revisione costituzionale».

Nella formula originaria era detto che la forma repubblicana era «definitiva»; successivamente su proposta dell'On. Nobile e in se­guito a relazione dell'On. Gronchi la dizione accettata dall'On. Paolo Rossi, a nome della Commissione, e approvata fu «la forma repub­blicana non è soggetta a revisione costituzionale».

Vari deputati fra i quali gli on. Damiani, Rodi, Condorelli, Codacci-Pisanelli e Russo-Perez avevano proposto la soppressione del­l'articolo come gesto di pacificazione.

L'on. Gronchi ha precisato il significato dell'articolo: «La que­stione del regime repubblicano è stata decisa da una consultazione del popolo attraverso il «referendum»; essa non può essere quindi pa­ragonata ad alcun'altra questione e norma che durante la discussione è stata formalmente discussa e decisa dall'Assemblea Costituente. È’ evidente che data l'origine attraverso la quale l'attuale forma dello Stato è nata e va consolidandosi, non potrebbe essere modificata che da una consultazione diretta della stessa forza con la quale è sorta» (1).

«L'art. 139 della Costituzione inibisce ancora la revisione della forma repubblicana dello Stato. Questa disposizione ha un valore essenzialmente politico, poiché nessuna disposizione può impedire la abrogazione pura e semplice d'un tale articolo». (2).

 

«Non può essere a termine dell'articolo 139 della costituzione oggetto di revisione costituzionale, e pertanto oggetto di una proposta di legge, la forma repubblicana dello Stato. Questa disposizione, che si trova anche nella costituzione francese del 1946, è uguale a quella introdotta nella costituzione francese della terza repubblica con la revisione costituzionale del, 14 agosto 1884: «la forme républicaine du Gouvernement ne peut faire l'objet d'une proposition de révision», identica pertanto all'art. 139: «la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale».

«Tale disposizione per l'aspetto giuridico, come avevamo notato nella prima edizione del nostro trattato, per la norma francese, costituisce una garanzia politica ma non è tale da garantire l'integrità della forma repubblicana, per la ragione molto semplice che se risulta illegittima qualsiasi forma di revisione, e quindi tale articolo limita la competenza di iniziativa di tutti gli organi ed enti che hanno tale competenza, non può impedire la proposta di abrogazione pura e semplice della norma stessa, dato che l'abrogazione pura e semplice della norma non si identifica per l'oggetto con la revisione della forma di governo, e quindi è da applicarsi il principio generale per cui una norma eccezionale è da interpretarsi restrittivamente, cosicché tale norma può spiegare il suo effetto sulla iniziativa della revisione della forma repubblicana e rendere pertanto incostituzionale qualsiasi legge che tale revisione contempli, ma non può significare che sia inibita la abrogazione pura e semplice dell'articolo.

 

«  Vi è ancora da aggiungere che l'inibizione della revisione di una norma incide sulla competenza dell'organo che ha competenza per la legislazione costituzionale di cui viene a limitare i poteri e tale limi­tazione proviene non già da un organo gerarchicamente superiore, ossia capace di limitare la competenza di un organo subordinato come sarebbe il Parlamento di fronte all'organo costituente, ma da un or­gano di pari natura e perciò di pari competenza.

«  Né d'altra parte può ammettersi né giustificarsi, sia in linea teorica che in linea politica, che un organo che detiene la suprema po­testà legislativa dello Stato, quella costituente, abbia la sua compe­tenza limitata indefinitamente, limitazione incompatibile con la pie­nezza di competenza che l'oggetto di questa presume. Non si può tut­tavia escludere, che l'organo costituente, rimanendo ferma la propria suprema ed indefinita competenza, si autolimiti e tale autolimitazione è perfettamente consentibile, dato che l'organo costituente ha la com­petenza della propria competenza ed è perciò arbitro delle proprie de­cisioni, e può pertanto definire limiti della propria attività. Ma perciò stesso tale limitazione non può significare mai limitazione di competenza, e pertanto essa non impegna gli organi costituenti che sino al momento in cui essi non esprimeranno una diversa decisione.

«  Non è da confondere inoltre la limitazione o specificazione di attività con la limitazione di competenza. Gli organi costituenti non possono cioè soffrire limitazioni di competenza per l'attività costituente loro propria, ma ciò non può significare che essi, come avvenne in più casi, possano esercitare altra attività quali quella esecutiva e giurisdizionale od anche legislativa. Queste limitazioni di attività non incidono sulla competenza degli organi costituenti che è quella e quella sola delle norme costituzionali e non altre.

«  L'articolo 139 della costituzione costituisce pertanto una ga­ranzia politica, i cui effetti si spiegano sulla limitazione della com­petenza di iniziativa e sull'incostituzionalità di una legge che diret­tamente concernesse la revisione della forma repubblicana». (3)

«...È parimenti manifesto che lo stesso art. 139 non ha un grado di validità superiore vero e proprio delle altre norme costitu­zionali, ed una volta che esso fosse stato abrogato mediante la procedura prescritta dall'art. 138 non sussisterebbe nessun ostacolo giu­ridico alla proposizione di un eventuale emendamento costituzionale diretto a mutare la forma repubblicana di governo» (4)

La storia costituzionale degli Stati Uniti (Ordinamento costitu­zionale rigido) è concorde nel dimostrare come non si sia mai ufficialmente ritenuto che la potestà di revisione della costituzione fede­rale dovesse incontrare dei limiti assoluti: ponendo invece in piena evidenza il principio che le stesse autorità preposte ad emendare la costituzione fossero sempre pienamente arbitre della entità delle mo­difiche da apportarvi» (5).

1. «Alla mentalità pratica dei Nord-Americani sembra una vera stupidità cercare di mettere un intero continente in una rigida ca­micia di forza proprio nell'epoca delle relatività e dell'atomo n (6).

«Risulta un principio fondamentale per i giuristi inglesi che il Parlamento può fare ogni cosa fuorché mutare le donne in uomo e l'uomo in donna». De Lolme citato dal Dicey (7).

«Parliament cannot bind his successors » (8).

 

«Non dissimile.. risulta essere l'insegnamento desumibile dalle complesse vicende superate dalla costituzione flessibile italiana durante il suo movimentato secolo di vita, fino alla sua trasformazione. all'inizio del 1948, nell'attuale costituzione rigida n (9).

«Occorrerà che la modificazione avvenga effettivamente nell'or­dine positivo, perché essa possa acquistare tutto il suo valore, per quanto anche se l'opposizione incontrata di fatto ne impedisse la rea­lizzazione ciò non pertanto la revisione costituzionale resterebbe sempre giuridicamente deliberata e si presenterebbe invece antigiu­ridica, anche se successivamente legalizzata, l'attività che ne avrebbe comunque impedita la effettiva realizzazione» (10).

*

«L'assemblée nationale constituente déclare que la N ation a le droit imprescriptible da changer la constitution » (Costit. francese del 1791 tit. VII a. I).

Un peuple a toujours le droit de revoir, de refdrmer et de changer sa. constitution. Une génération ne peut assujettir a ses lois les générations futures » (Dichiarazione dei Diritti del 1798 a. 28) (11).

«  La rigidità può essere spinta fino al punto del divieto di qual­siasi proposta che tenga a modificare una o più disposizioni della co­stituzione: così la legge costituzionale francese del 14 agosto 1884 stabiliva che «la forma repubblicana del Governo non poteva formare oggetto di una proposta di «revisione». Divieto così commentato dallo stesso Presidente del Consiglio che ne aveva proposta la approvazione : «Non ci illudiamo che un testo inserito nella costituzione possa assicurarle l'eternità; ciò che richiediamo è di dichiarare che la repubblica è la forma definitiva di governo, che ha diritto di difendersi come i regimi che l'hanno preceduta». Disposizione analoga è inse­rita nella nostra costituzione secondo la quale (art. 139) la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale » (12).

*

Si è già visto ampiamente che la rigidità della nostra costitu­zione non esclude la sua modificabilità: e sia lecito qui per inciso os­servare che la modificabilità non è esclusa neppure per quanto con­cerne la forma repubblicana dello Stato, ad onta dell'art. 139 che sembra non consentirla, giacché il valore .giuridico di tale norma, - qualunque possa essere stata la volontà dei costituenti nell'inserirla nella costituzione, giacché al riguardo gli atti della costituzione ri­velano, in talune dichiarazioni, propositi giuridicamente e storica­mente irrealizzabili - altro non è e non può essere se non questo: che una procedura di revisione costituzionale relativa alla forma repub­blicana dello Stato non sarà possibile, se non sarà preceduta da un'altra procedura di revisione costituzionale, giunta regolarmente a conclusione attraverso la quale venga abrogato l'art. 139.

Contrariamente quindi a quanto è stato da taluni sostenuto, una eventuale restaurazione monarchica potrebbe essere effettuata da un punto di vista strettamente giuridico, con pieno rispetto della costi­tuzione vigente e con osservanza delle forme da essa stabilite» (13).

La costituzione afferma in ultimo, che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale (art. 139). Si tratta di una affermazione di carattere prevalentemente politico e che tende a perpetuare la volontà della maggioranza della assemblea costituente; questa affermazione non potrebbe, di per sè, escludere una diversa deliberazione dei futuri parlamenti i quali, sia pure rispettando i pro­cedimenti per le revisioni costituzionali ora vigenti, avrebbero sempre la potestà di abrogare l'art. 139 e susseguentemente decidere una di­versa forma istituzionale dello Stato. In altri termini mentre ai sensi dell'art. 139 sarebbe reputata illegittima una proposta di legge di­retta a modificare la forma istituzionale dello Stato, sarebbe invece legittima la proposta di legge diretta semplicemente a richiedere la abrogazione dell'art. 139. D'altra parte l'art. 139, mentre inibisce ai futuri parlamenti di addivenire alla modificazione della forma repub­blicana dello Stato con il normale procedimento di revisione costitu­zionale, nulli dice invece sulla possibilità di reperire al riguardo un nuovo a referendum». Ritengo pertanto che le due camere senza ignorare formalmente l'art. 139, potrebbero deliberare, con legge co­stituzionale, di demandare la decisione circa un'eventuale trasforma­zione istituzionale dello Stato (per esempio il ripristino della Mo­narchia)' all'esito di un " referendum " popolare» (14).

 

(1) Il Popolo nuovo, 4 dicembre 1947.

(2) Emilio Crosa, ordinario di diritto costituzionale all'Università di Torino, Corso di diritto costituzionale, parte II «La Costituzione», ed. E. Giappichelli, Torino, pag. 15-16.

(3) Diritto costituzionale, Unione tipografica torinese, 1951. Ved. anche La Constitution italienne du 1948 (Cahiers de la fondation nationale des sciences politiques), librairie Armand Collin, pag. 50 e seg.

4) Paolo Piscaretti          Ruffia, ordinario di diritto Costituzionale all'Università cattolica di Milano, Sui limiti della revisione costituzionale, Casa Ed. Dottor Eugenio Jovene, Napoli. (5) Id. Sui limiti della revisione costituzionale, Casa Editrice Dott. Eugenio Jovene, Napoli, 1949.

(6), (7), (8), (9) e (10) Id. Sui limiti della revisione costituzionale, Casa Editrtice Dr. Eu¬genio Jovene, Napòli, 1949 c Fires: T he theory and practice of modemrn Governement, I, 242, rist., Londra, 1946.

(11) Id. Sui limiti della revisione costituzionale, id., già citata pag. 43.

(12) Carlo Cereti, Rettore e prof. ordinario. di diritto costituzionale dell'Università di Genova, Corso di diritto costituzionale italiano, G. Giappichelli ed., Torino, 1948, pag. 17.

(13) Roberto Lucifredi, Ordinario di istituzioni di diritto pubblico nell'Università di Genova, deputato al parlamento, La nuova Costituzione italiana raffrontata con lo Statuto Alber-tino e vista nel primo triennio di sua applicazione, Società editrice libraria, Milano, 1942, pag. 214

(14) Giorgio Cansacchi, Vice Rettore dell'Università di Torino e Riccardo Monaco, già Ordinario di diritto pubblico all'Università di Torino, Consigliere di Stato, La nuova Costituzione italiana, IV ed. (dispense), ed. Giappichelli, Torino, 1951, parte III, pag. 119.

domenica 27 giugno 2021

Capitolo XXXII:​ L’incontro con Paulino Uzcudum​ a Roma

di Emilio Del Bel Belluz

I giornali scrissero che la prima difesa del titolo mondiale dei pesi massimi Primo Carnera l’avrebbe fatta a Roma. Tra gli uomini che gravitavano attorno a Primo c’era una grande preoccupazione. L’incontro era vicino, mancavano solo poche settimane e Carnera doveva assolutamente vincere. ​ Come già detto, Primo aveva deciso di devolvere l’intero suo guadagno all’Opera Balilla. 

La generosità di Carnera era davvero grande nei confronti della gente del suo Paese,​ l’amava a tal ​ punto di fare qualsiasi ​ cosa.​ ​ Nei suoi allenamenti quotidiani Carnera aveva la compagnia del suo allenatore, che lo seguiva in ogni momento, sceglieva persino i cibi che doveva mangiare, eliminando qualsiasi alcolico. Primo aveva una alimentazione iperproteica e la dieta era seguita alla lettera. Solo una sera all’inizio di ottobre , il campione fu invitato da alcuni suoi amici alla trattoria al Bottegon, perché volevano che li fosse raccontato qualche episodio vissuto in America. Si presentarono in molti, c’era anche il suo allenatore. Carnera chiese se quella sera avesse potuto brindare con i suoi amici, e dopo il permesso accordato, poté degustare un ottimo merlot. 

Il campione con la sua voce roca si mise a raccontare di una visita che aveva fatto in un carcere americano. Eravamo nel 1930, Carnera aveva fatto molti incontri in America ed era quindi molto conosciuto. Il direttore del carcere di Sing Sing​ aveva chiesto al suo manager di​ invitare Carnera a visitare il carcere, questo avrebbe rincuorato molto i detenuti​ che vi si trovavano a scontare la pena. Erano stati proprio loro a chiedere se era possibile conoscere il gigante buono. Il giorno della visita il direttore del carcere accolse Carnera in una stanza dove aveva imbandito un rinfresco con ogni ben di Dio. Primo fece onore al banchetto. Gli rimase impresso nella mente il rumore dei cancelli che si chiudevano e delle chiavi che ​ giravano. Era un mondo che non aveva mai conosciuto. Carnera aveva chiesto al direttore se nel carcere vi fossero dei detenuti d’origine italiana. Gli sarebbe piaciuto conoscerli e questa richiesta gli fu subito accordata. 

La visita del carcere iniziò. Gli vennero mostrati il refettorio, la cucina, la biblioteca e i laboratori. Carnera si intratteneva a parlare con quel poco d’inglese che sapeva. Si sentiva come una persona che era fiera di fare del bene al prossimo, d’aiutare quelli che stavano in difficoltà. Il giro di Carnera procedeva, ogni tanto qualche detenuto gli allungava la mano tra le feritoie della cella, e Primo salutava con molta tranquillità, senza paura. In cuor suo gli dispiaceva che ci fossero così tanti detenuti. Il direttore ne andò a chiamare due, erano italiani, avevano meno ​ di vent’anni. Carnera li strinse la mano e si mise a parlare finalmente in italiano. Uno dei due aveva commesso un​ terribile fatto di sangue e doveva scontare ancora sette anni. L’altro invece sarebbe uscito tra poche​ mesi. Carnera incominciò a conversare con il cuore in mano, come era sua abitudine.​ Volle conoscere la storia delle loro famiglie e come trascorrevano il tempo durante la detenzione. Conobbe​ anche il vecchio sacerdote che si occupava delle anime dei ragazzi. Era d’origine italiana e raccontò che la vita in carcere era molto dura , ma c’era la possibilità di imparare un mestiere che li avrebbe permesso di trovare un’occupazione, una volta scarcerati.​ 

Uno dei due detenuti trasse dalla tasca una lettera indirizzata alla madre e chiese a Carnera se poteva scriverle qualche riga. Primo si sedette a un tavolo e scrisse qualche parola di conforto.​ Quando li salutò Carnera prese a cuore la loro situazione, e senza dire nulla a loro chiese al sacerdote se era possibile che potessero studiare in carcere. Il direttore capì che la richiesta di Carnera era quella di un buon padre di famiglia che vorrebbe fare qualcosa per i suoi figli. Primo senza esitare, estrasse dal portafoglio una somma considerevole di denaro, la consegnò al prete perché comprasse loro dei libri.​ 

La scuola rappresentava una forma di riscatto per coloro che avevano sbagliato. Il buon pugile non conosceva che parole di conforto, per lui a tutti doveva essere data una seconda possibilità.. La visita al carcere riprese ed ebbe modo di conoscere tanti detenuti che gli battevano le mani. Carnera volle vistare anche i detenuti che erano rinchiusi nelle celle di rigore,​ in isolamento. Il campione si avvicinò ad una di quelle celle​ e volle entrarvi a fare qualche parola con il detenuto. Il suo cuore era invaso da una pena e una tristezza indicibili. Infine, volle visitare la stanza della morte, dove c’era la sedia elettrica. Carnera chiese di sedersi, come avrebbe fatto un bambino. 

Subito gli misero addosso il casco, pieno di fili elettrici, gli legarono le mani, e quindi provò per un attimo cosa aspettasse ai condannati a morte. Con Primo Carnera c’era un pugile, un certo Abe Attell, che era stato campione del mondo dei pesi leggeri. Questi, dopo che era legato come un salame pronto per l’esecuzione, gli punse il sedere con una spilla. In quell’istante aveva pensato che quello fosse l’ultimo giorno della sua vita, ma le risate di quelli che erano con lui, gli avevano fatto capire che si trattava di uno scherzo. Alla fine della visita salutò il direttore che lo ringraziò per le parole che aveva detto ai detenuti, che non le avrebbero dimenticate. 

Le guardie vollero fare una foto con il pugile, e gli chiesero un autografo.​ ​ Gli amici gli erano grati del suo racconto, nessun altro di Sequals era mai stato in America. La serata si concluse con le melodie della sua vecchia fisarmonica. Carnera amava suonarla, lo aveva fatto tante volte, anche nei momenti tristi della sua vita. L’aveva suonata in Francia, in Spagna e soprattutto in America.​ Gli dava il senso della famiglia e il calore del fuoco acceso.​ Il giorno dopo si alzò all’alba e riprese gli allenamenti, incominciava a fare freddo. Suo madre lo attendeva in cucina e gli regalò un bacio e una carezza, di cui le era molto grato. Il suo allenatore era divenuto ancora più esigente, voleva il massimo. Carnera conosceva molto bene il basco che non era un atleta facile da superare ed era conscio che bisognava impegnarsi davvero tanto. Il match che aveva sostenuto in Spagna gli aveva fatto conoscere un puglie che non mollava mai. 

A Roma, poi, c’era in palio il titolo mondiale dei pesi massimi. Un match al quale sarebbe stato presente anche il duce assieme alla sua famiglia. Un incontro che non poteva in nessun modo fallire, perché gli avrebbero tolto ​ un titolo così importante. Agli allenamenti c’era sempre il pugile Martin, che in quel periodo doveva fare la sfida al titolo italiano dei massimi. Martin era un osso duro anche in allenamento, instancabile ed aveva un fisico come quello di Paulino. Durante i guanti, che faceva quotidianamente,​ la gente assisteva ad un vero e proprio match. Giovanni Martin con gli anni era anche diventato un grande amico di Primo. Gli piaceva stare a Sequals, anche perché la mamma di Carnera era un’ ottima cuoca, e questo non guastava. I giorni si susseguivano, tutti si svolgevano con il maggior impegno possibile. L’unica distrazione di Carnera era rappresentata dalle persone che venivano a Sequals, e volevano intrattenersi con lui. Il campione aveva un sorriso per tutti, e non si sottraeva a nessuno.​ Al Bottegon, dopo quella sera, non vi era più ritornato; non poteva permettersi alcuna distrazione se voleva arrivare a Roma nella forma migliore. Carnera non combatteva dal 29 giugno in cui conquistò il titolo mondiale, erano stai mesi faticosi e da allora erano passati ben quattro mesi. Il campione non temeva il giorno del combattimento, aveva fiducia in sé stesso, aveva fatto degli allenamenti duri e una dieta adeguata. La madre doveva cucinare per tutti, ma lo faceva volentieri.​ Qualche giorno prima della partenza per Roma venne a trovarlo da Udine in bicicletta un uomo, che ​ gli fece mille auguri per il match, ma la frase che colpì Carnera fu quella che l’uomo gli disse sorridendo: “ Salute e felicità finché vivrà”. Il buon Carnera fu felice di queste parole,​ ​ gli chiese cosa facesse nella vita ​ e venuto a sapere che era disoccupato, si tolse di tasca il portafoglio e gli allungò cinquanta lire. 

L’uomo lo ringraziò tanto e prima di lasciare Sequals volle andare all’osteria a bersi un bianco in onore del puglie. Raccontò a tutti la gentilezza dimostratagli e l’oste volle donargli un panino ben farcito. Carnera per tutti era ormai diventato una leggenda. ​ Primo raggiunse​ Roma con l’ aereo Savoia​ Marchetti in due ore, con sé aveva portato la cintura di campione del mondo che il fratello aveva prelevato a Udine alla banca dove​ era stata depositata. Primo, ogni volta, che prendeva tra le mani la preziosa cintura s’emozionava fino all’inverosimile. Sia alla partenza, che all’arrivo, una folla di tifosi acca lamava il suo nome, sventolando la bandiera Sabauda: era questa genuina popolarità che amava. Carnera pensava, costantemente, che durante il match avrebbe avuto puntati gli occhi magnetici del Duce Benito Mussolini. Aveva fatto anche dei sogni su quell’incontro, ma non voleva parlarne. “ Vennero organizzati treni speciali, i cosiddetti “popolari”, Enti sindacalistici accettavano un deposito settimanale, tratto dalle paghe operaie, sino a raggiungere la somma del prezzo del viaggio a Roma, compreso l’ingresso a Piazza di Siena e il posto assicurato. Molte altre facilitazioni furono rilasciate in favore di tutto il popolo d’Italia. Anch’io feci parte di una delle migliaia di colonne di spettatori che partirono alla volta della Capitale: mi trovavo a Milano, e il Dopolavoro del mio Gruppo Sportivo mi fece pagare otto lire, tutto compreso…​ Dico: otto lire. T

anto più era attraente la manifestazione indetta in Piazza di Siena, in quanto molta gente, a causa delle ristrettezze finanziarie, non aveva mai visto Roma. (Qualcosa di analogo è successo nel 1967 e 1968 per gli italiani che furono a New York col prezzo tutto compreso del viaggio aereo dall’Italia, per assistere all’incontro per il titolo mondiale dei pesi medi fra Emil Griffith e Nino Benvenuti). Nel programma della grandiosa riunione a Piazza di Siena figuravano, oltre all’incontro mondiale​ Carnera - Uzcudun , anche un titolo per il campionato d’Europa ed un altro per il campionato d’Italia. In più, combatteva il laziale Vittorio Tamagnini, bravissimo pugile di Civitavecchia, contro un pugile straniero. Per il titolo italiano si misuravano Viottorio Venturi e Vincenzo Rocchi, per quello europeo Cleto Locatelli ed il belga Sjbille. Il piatto era veramente forte, il che lascia capire come quel giorno arrivarono nell’Urbe fiumane di ospiti da tutta Italia ed anche da varie altre parti d’Europa e del mondo. Gli spettatori paganti furono sessantacinquemila, cifra che costituì​ un primato, rimasto poi in piedi ​ fino al 1960, epoca dell’incontro milanese Loi- Ortiz . Ho detto “ paganti”, giacché in Italia ed in poche altre Nazioni latine vi sono più “ Portoghesi” ( non cittadini di quella nobile Nazione, ma NON​ paganti) i quali vanno gratis al pugilato che in nessuna altra parte del mondo. 

Ebbene, nell’occasione del match Carnera- Paulino, Benito Mussolini dispose che non fosse ammesso​ nessuno gratis (peccato che quel saggio provvedimento valse per quella volta sola) e lui, per primo, diede l’esempio : il Duce, con i suoi due figli Vittorio e Bruno, muniti di biglietti acquistati per loro conto dall’allora segretario del partito on. Starace, era tra la folla ad assistere al trionfo di Primo Carnera. Ahimè, talvolta lo sportivo è cattivo. Quando vide il coriaceo Paolino rimanere davanti a Primo Carnera per tutte ​ le quindici riprese, all’annuncio della vittoria di Primo, il pubblico manifestò il suo disappunto mediante una fischiata che durò oltre mezzo’ora. Tecnicamente non vi era di che recriminare. Paulino era rimasto in piedi davanti ai più grandi e ai più forti campioni, da George Godfrey , a Max Schmeling, da Max Baer a Mickey Walker. …​ Al termine della riunione, Primo Carnera e tutti gli altri pugili che avevano combattuto a Piazza di Siena, furono ricevuti a Palazzo Venezia dal Duce, il quale si congratulò personalmente con ciascuno. Mancava solamante Paulino, che era corso all’albergo a fare impacchi alla faccia tanto era gonfia…​ Quando il Duce si congratulò​ con Primo ( e stavolta ero presente anch’io ), gli disse : “ Primo, non devi scoraggiarti se il pubblico pretende di più di quanto dovrebbe. Ma, oltre ad essere duro, il pubblico è anche volubile. Cambia opinione sovente , e non è da escludere​ che se oggi ti ha fischiato, domani ti applaudirà ”. 

Infatti l’indomani all’albergo dove Primo era alloggiato e che distava pochi passi da Piazza Venezia, di buon mattino, mentre Primo stava ancora riposando dalla dura fatica di avere picchiato Paulino per quasi un ‘ora, ​ un gruppo di giovani che sotto le finestre gridavano: “ Viva Carnera! Viva il campione del mondo!”. continuarono per molto tempo, fino a che Primo, stropicciandosi gli occhi e indossato l’accappatoio, ​ si espose alla finestra. Alla vista del gigante, la manifestazione assunse toni ancor più chiassosi. Primo, soddisfatto, dovette agitare il suo enorme braccio destro per almeno venti minuti. Quando si decise a ritirarsi, i giovani ancoragridavano il suo nome, con gli occhi volti alla finestra ormai chiusa. Non potrà minimante diminuire la popolarità di Primo Carnera, né offuscare il suo merito dio avere​ sconfitto Paulino,​ se sveleremo che quei giovani scalmanati che urlavano “ Viva Carnera! Viva il campione del mondo!”, altri non erano che Giovani Fascisti, inviati dal loro comandante su ordine del Duce. 

Egli volle che si rendesse pubblico omaggio a Primo Carnera, che il giorno prima era stato trattato male dalla folla di Piazza di Siena. Fatti ingenui forse, ma che rapportati al loro tempo hanno un significato importante”. (Aldo Spoldi- Io e Primo – La vita de IL GIGANTE BUONO). La maggioranza dei tifosi voleva assistere a un combattimento che si concludesse con il ko. Carnera aveva vinto quasi tutti i suoi match per Ko, e in quel caso si diceva che l’avversario era debole, se invece l’incontro finiva ai punti, sentenziavano che non era stato un buon spettacolo. La mattina seguente al match il campione vestito come un principe si concedeva una passeggiata per il centro di Roma con i suoi parenti. L’immancabile fratello gli era sempre accanto ed entrambi erano fieri di vivere dei momenti davvero unici. Carnera si diresse in un’ edicola vicina all’albergo e comprò tutti i giornali che parlavano dell’avvenimento, alcuni di essi lo raffigurano sul ring in camicia nera mentre faceva il saluto al Duce. Primo ​ pensava a sua madre che si trovava al paese e che aveva sentito la cronaca del match alla radio, e ai suoi paesani che avrebbero festeggiato fino a notte inoltrata. Purtroppo, nel momento del trionfo si trovava lontano da casa. La mamma, alla quale aveva dedicato la vittoria mondiale, lo aveva veduto una sola volta combattere a Milano e ricordava l’abbraccio che le aveva dato. 

Quanti ricordi lo accompagnavano mentre camminava per Roma. La gente lo fermava, si formavano spesso dei capannelli di persone e doveva intervenire la forza pubblica per permettergli di proseguire. Carnera volle andare a vedere l’Altare della Patria, per molti anni aveva sognato il momento di osservare il luogo dove era sepolto il Milite Ignoto. Una volta aveva visto una foto della donna che aveva scelto il corpo di un caduto a ricordo di tutti i soldati deceduti durante la Grande Guerra. La donna aveva immaginato che quel caduto fosse suo figlio. Carnera davanti al monumento si era commosso. L’altare della Patria era simbolo dell’Italia. Nel suo giro turistico gli era capitato di incontrare i corazzieri del Re, ed ​ aveva fatto una foto con loro,​ e vista la sua altezza non aveva sfigurato. ​ ​ Il corpo dei Corazzieri del Re gli era sempre piaciuto, era gente forte che difendeva il sovrano. Gli sarebbe piaciuto vedere il Re Vittorio Emanuele III, suo padre, che aveva combattuto nella guerra 1915-1918, l’aveva incontrato al fronte. La vacanza di Primo a Roma durò oltre due settimane, la gente lo seguiva in ogni parte dove andasse, in cuor ​ suo ​ sapeva che prima o poi tutto sarebbe finito. L’ultima volta che era stato a Roma aveva visto il Papa, si ricordava quelle parole che gli aveva detto, consolandolo dopo la morte di Ernie Shaaf. In quei​ giorni intensi aveva potuto ammirare molte bellezze artistiche della città ed aveva fatto tanti acquisti da portare alla famiglia e agli amici. Per lui era prioritario donare qualcosa alla​ gente, e rendere felice qualcuno. Il giorno stesso della sua partenza, ​ entrò in una libreria e trovò una splendida edizione del libro Cuore, con la firma dell’autore. 

Non ebbe dubbi, l’acquistò, era ora di rimettersi a leggere il libro che aveva caro al cuore. L’edizione trovata era molto curata, con dei bei disegni a colori e ​ se fosse stata viva la maestra gliela avrebbe di sicuro donata. Per lui era stato il libro più importante della sua vita, quello che gli aveva fatto conoscere i valori morali di riferimento. Era un bellissimo novembre quando arrivò a Sequals. Alla madre non sembrava vero d’avere in casa il suo bambino, che era alto oltre due metri. A Primo piaceva stare in casa, vedere sua mamma che cucinava, e osservare il suo sorriso. Gli ricordava, talvolta, di pensare al suo futuro, di trovarsi una brava ragazza con cui formare una famiglia. Ma a Primo non sembrava giunto ancora il momento di mettere radici, c’era ancora la boxe ad impegnarlo totalmente; anche se aveva conosciuto una ragazza in Francia, che le aveva voluto bene.​ Carnera non aveva più ricevuto sue notizie, forse lo aveva dimenticato, come capita nella vita o forse lo pensava ancora. Gli sarebbe piaciuto sapere qualcosa di lei. 

Pensava con nostalgia alla giovane che lavorava in quel bistrot a Parigi. Di lei non aveva nulla, neanche una foto, ma la ricordava, la sentiva vicina.​ Le loro passeggiate lungo il fiume e qualche bacio furtivo, erano stati dei momenti indimenticabili. In quei giorni Carnera pensò molto ai suoi amici del circo e si chiedeva come avessero appreso la notizia della conquista del titolo mondiale. Primo aveva incominciato ad allenarsi, perché la festa non poteva durare a lungo. C’era da pensare a una seconda difesa del titolo e questa volta non si sarebbe svolta in Italia: lo aspettava ancora una volta l’America. Per questo era arrivato dalla Francia il suo allenatore Paul Journée, che aveva​ deciso di passare il Natale con Carnera. Al campione piaceva incontrare la gente che veniva a Sequals, la sua porta era aperta a chiunque, e questo era sempre stato il suo modo di comportarsi. Primo passò le feste natalizie serenamente. Non mancava mai alla Santa Messa, né aveva dimenticato quelli che erano in condizioni più sfavorevoli delle proprie. Una sera il suo allenatore gli confermò che avrebbe disputato il suo prossimo incontro in America contro Tommy Loughran.

domenica 20 giugno 2021

Capitolo XXXI :Il ritorno in Italia da Campione del mondo di


Emilio Del Bel Belluz


Dopo 2 mesi dalla conquista del titolo Carnera fa ritorno in Italia.​ Quando era ancora in America non aveva avuto un momento di tranquillità. I suoi amici gli organizzarono ogni tipo di avvenimento, a cui era presente sempre tanta gente che lo voleva conoscere, farsi fare un autografo o una fotografia, anche molte attrici lo corteggiavano per farsi pubblicità: tutto ciò non sarebbe stato possibile se non fosse diventato il campione del mondo. A Primo piaceva ​ sentirsi ripetere che il suo successo aveva onorato l’Italia nel mondo e che molti italiani emigrati in altri Paesi si sentivano fieri di essere un loro connazionale. Alcuni di loro avevano preso un cognome straniero ed ora ne erano pentiti. Carnera era diventato un fenomeno mondiale. I giornali riportavano delle sue note biografiche, gli americani​ volevano sapere tutto sulla sua vita. La sua storia era quella di un uomo venuto dal nulla. Se solo pochi anni prima fosse venuto in America come lavoratore​ lo avrebbe fatto come uno dei tanti italiani che viaggiavano in terza classe. Molte volte pensava al suo arrivo in Francia con la valigia di cartone. ​ Nella sua mente però c’era un pensiero che lo assillava: sapeva che tutto questo sarebbe finito e la consapevolezza che tanta di quella gente si sarebbe dimenticata di lui. Una sera davanti a una buona bottiglia di vino si era confidato con un’ attrice che gli aveva fatto mille domande, davanti a un giornalista. La donna era molto bella, i capelli ​ biondi che le scendevano sulle spalle, il viso dai lineamenti dolci e gli occhi azzurri che sembravano dipinti da un pittore. Quella sera si sentì trasportare in un mondo effimero. La ragazza raccontava della sua vita, delle difficoltà di fare dei film in quel periodo difficile che coinvolgeva anche il mondo del cinema. ​ Carnera l’ascoltava anche se l’ora s’era fatta tarda, ma la stanchezza non lo aveva ancora sopraffatto. Il giornalista che era con loro, ad un certo punto, li lasciò, doveva tornare al giornale. Carnera stringendogli la mano, gli chiese per quale testata giornalistica lavorasse​ e se sarebbe uscito l’articolo. Il giornalista gli diede il suo biglietto da visita e lo salutò con un sorriso, anzi con una pacca sulle spalle e un augurio, sapeva che tra qualche giorno sarebbe ritornato in Italia.​ Quella sera la passò con la giovane dai capelli d’oro, e dal sorriso che sapeva essere unico.​ Nei giorni successivi iniziò i preparativi per il ritorno in Italia. All’inizio di settembre s’imbarcò sulla nave Conte di Savoia.​ Con sé aveva portato tante casse di regali​ e tra queste ve ne era una ripiena di giornali che parlavano di lui. Vi aveva accluso anche l’articolo uscito qualche giorno prima di quel giornalista che lo aveva intervistato con la ragazza dai biondi capelli di cui sentiva ancora addosso il profumo della sua pelle, e i suoi baci. Nell’articolo si vedeva anche una bella foto dei due, che faceva pensare ad una possibile storia sentimentale. Tra le tante cose che aveva deciso di portare in Italia c’era anche ​ una Lincoln Limousine, che​ gli era piaciuta molto. Per un solo attimo pensò allo stupore dei suoi paesani alla vista della grande ed elegante auto, acquistata con i proventi della boxe. Il viaggio in nave non fu diverso dal solito, la gente lo voleva salutare e gli chiedeva cosa c’era nel suo cuore ora che tornava in Italia. Carnera con il suo solito modo affabile, rispondeva che era molto felice nel poter tornare in patria e che la nostalgia lo possedeva quotidianamente . Gli sembravano eterni i giorni che avrebbe dovuto fare per giungervi. Nel suo cuore era rimasto un bambino, e pensava spesso a sua madre e a cosa gli avrebbe detto. Quando giunse in Italia venne accolto da tanta gente che lo amava e lo acclamava. Dopo qualche tempo fu ricevuto dal Duce e dai suoi figli che lo ammiravano. Primo davanti al Duce si commosse, soprattutto, quando quell’incontro fu immortalato dai fotografi. Mussolini si sentiva fiero che la camicia nera Primo Carnera avesse onorato l’Italia, portando alta la bandiera del suo Paese. Il Duce espresse i suoi sentimenti di stima e gli fece mille raccomandazioni per il proseguimento della sua impresa. Il pugile gli disse che si sarebbe distinto con il massimo impegno.​ I giornali riportavano tanti articoli sulla visita fatta a Mussolini. ​ La Gazzetta dello Sport​ scriveva: “ Il primo pugilatore italiano che abbia conquistato un campionato mondiale riceve con questo encomio uno dei più grossi premi cui possa aspirare un soldato del Fascismo: l’elogio solenne​ del Comando Generale della Milizia, che della camicia nera della LV Legione Alpina friulana addita ad esempio soprattutto la tenacia e la volontà di vittoria, le qualità che maggiormente debbono onorare gli italiani nuovi”. ​ Carnera che era una persona molto generosa disse che, se la sua prossima difesa si fosse svolta a​ Roma, avrebbe donato tutto l’incasso​ all’ Opera Balilla. Questa sua decisone fece capire a Mussolini che era fedele al popolo italiano e che gli voleva bene. ​ Al Duce volle raccontare che dopo la sua conquista del titolo mondiale, i negozi di alcune città avevano collocato in vetrina le loro foto e che molti italiani migrati in America gli chiedevano notizie su di lui. La visita al Duce si concluse nel migliore dei modi. Mussolini gli consegnò una medaglia d’oro che era stata coniata per ricordare un martire del fascismo e veniva data a quelli che onoravano il Paese, e lui era uno di quelli. Lasciata la sede del governo Carnera non vedeva l’ora di andare da sua madre a raccontarle le grandi emozioni che aveva provato. Si fermò ancora alcuni giorni nella capitale per partecipare ad alcune manifestazioni. Raggiunse Sequals con la sua fiammante Lincon, fatta guidare dal suo amato fratello. I tanti regali acquistati a Roma sarebbero giunti a parte. La festosa accoglienza che ricevette il campione non l’avrebbe mai​ dimenticata, anche se fosse vissuto mille anni. Le strade del paese erano addobbate da bandiere tricolori con lo stemma del Re. Il constatare di essere considerato, nonostante i lunghi periodi di assenza, ancora parte integrante della comunità di Sequals, lo rendeva molto felice. Il primo abbraccio affettuoso davanti a Villa Carnera lo ebbe dalla mamma. Questa donna lo attendeva da mesi, perché dal giorno della vittoria era passato molto tempo. La gente avvertita dell’arrivo di Carnera si era riversata in strada per raggiungere​ la villa del campione. Nel parco davanti​ casa erano stati posti dei tavolini con sopra delle damigiane di vino e del cibo che molti avevano portato di loro spontanea volontà. Carnera, nel sentire le voci della sua gente, era l’uomo più appagato del mondo. Alla festa non poteva mancare il prete, che lo abbracciò raccontandogli subito che l’immagine della Madonna della chiesa non era mai stata così illuminata, sia prima del suo combattimento, che dopo l’esito positivo. Il vecchio parroco gli disse subito che lo aspettava domenica per la Santa Messa e che non poteva mancare. Primo gli fece un sorriso e lo rassicurò sulla sua presenza e gli riferì che in ogni posto del mondo in cui s’era trovato, aveva sempre presenziato alla celebrazione della santa messa​ e che ciò lo faceva sentire a casa. L’immagine del crocefisso, del Gesù sofferente, lo commuoveva sempre. La gioia non dura sempre, ma l’emozione di un momento dura per tutta la vita. Carnera gli porse del denaro da destinare ai ​ poveri, era a conoscenza di ciò, perché sua madre gli aveva scritto che c’erano della famiglie nel bisogno e nel dolore. Il vecchio curato lo abbracciò e gli disse che se la sua maestra fosse viva lo avrebbe ancora di più amato. Quella cara maestra, che era stata l’angelo di loro ragazzi, li aveva istruiti con una pazienza davvero unica. Carnera nei prossimi giorni l’avrebbe ricordata andando al cimitero. Così faceva ogni volta che tornava a casa, un fiore non poteva mancare assieme a una lacrima. Primo trascorse i giorni successivi ​ con gli amici, che venivano a trovarlo e con i giornalisti che volevano intervistarlo.​ Riuscì a fare una visita a Udine, dove era stato invitato ad inaugurare una scuola, dedicata a un caduto della Grande Guerra sul Grappa. La gente era numerosa ed entusiasta della sua presenza, s’intrattenne​ con le autorità e con tutti quelli che desideravano conoscerlo. Carnera in ogni posto dove andasse, cercava un regalo per sua madre. Quella donna lo aveva cresciuto con molti sacrifici. Qualche giorno dopo, mentre si trovava con gli amici al​ Bottegon a giocare a carte, vennero a trovarlo il suo manager e il suo allenatore Paul​ Journée,​ dicendogli che avevano concluso un accordo per farlo combattere a Roma, nel mese di ottobre. L’avversario sarebbe stato il basco Paulino Uzcudum. Nell’incontro lo sfidante metteva in gioco la cintura europea dei pesi massimi che aveva strappato a Spalla. Primo ribadì ancora che l’incasso fosse devoluto all’Opera Balilla. Questa scelta non aveva soddisfatto il suo manager ma se questo era il suo desiderio non voleva contraddirlo. Primo era arrivato a Sequals da due settimane, la buona cucina della adorata mamma lo aveva fatto ingrassare di alcuni​ chili che dovevano essere smaltiti, in breve tempo.​ Gli allenamenti sarebbero iniziati l’indomani mattina. Alle cinque, indossando alcuni maglioni pesantissimi, iniziava la nuova avventura.​ Bisognava ritrovare la forma perduta. All’incontro avrebbe presenziato il Duce assieme ai figli e non si poteva deluderli per nessun motivo.

mercoledì 16 giugno 2021

Della Monarchia: dal sentimento alla ragione. Dal passato al futuro. II parte

 

 

dell' On.le Avv. Enzo Trantino

Testo stenografico della conferenza tenuta al Capranica il 21 gennaio 1996

per il Circolo Rex


Bene!!! Se è scelta dal popolo, che la giudichi il popolo: se al popolo viene sottratto il giudizio è violenza incostituzionale!

Ed ecco allora che l'inganno è smascherato e trovo un'ulteriore ragione per convincermi che le repubbliche finiscono nell'edicole, le monarchie nelle biblioteche. È tutto qui il passaggio. Perché le repubbliche alimentano te cronache, le monarchie vertebrano la storia. Perché uomini educati al regno sono più affidabili, per disinteresse, da inquilini settennali; perché passa la stessa diffe­renza tra il padrone di casa e chi è inquilino, senza timori di sfratto per la illegittima protezione dell'art. 139! Immaginate voi l’istituto nasce dal broglio non dal voto. Questa è la Repubblica mai proclamata, senza certificato di nascita, in tutto somigliante ai suo legittimo genitore Romita; una Repubblica che non ha avuto in termini giuridici, non in termini polemici - io sono un uomo di diritto e non voglio dire nessuna arditezza che non sia riscontrala dalla norma - non ha avuto il passaggio dei poteri che la debellasse, per cui neppure un Consiglio Comunale, il più sparuto Consiglio Comunale dell'entroterra romano, può insediarsi se non c'è il passaggio dei poteri, se non c'è la “traditio", se non c'è la continuazione. Questa è una Repubblica mai proclamata, perché quando si aspettava la proclamazione, invece dì uscire in ermellino, la Corte di Cassazione nell'aula "della lupa" usci in toga nera per dichiarare i risultati e non per proclamare la Repubblica perché non riconosceva il fondamento giuridico, essendo in corso pesanti, fondanti contestazioni.

Perché dicevo, uomini traditi non dal voto, ma uomini traditi dall'imbroglio, non scatenano, pur potendolo, guerre civili, ma donano invece, ecco lo stile, collezioni tenute in musei per le gerarchie dei valori, perché come ci insegnava il Sovrano, un grande Re, forse uno dei più grandi Re di Casa Savoia, Umberto Il: "L'Italia innanzitutto".

E allora, vi dicevo, io sarei un pessimo avvocato delta Causa, se non mi prospettassi, ed è questo il momento più intrigante di questa nostra relazione, se non mi prospettassi come si difende la Repubblica, che io non posso portare avanti le mie ragioni senza valutare, perlustrare, fare ricognizione della ragione altrui. La Repubblica deve pure opporre degli argomenti e si difende anzitutto nel modo più violento cioè col bando. E fulmina ogni ragione con l'editto: "Tu devi uscire da questa Terra perché io non voglio parlare con te, perché la tua presenza è stabilità di Confronto, permanenza di confronto". Molto grave! Se è vero che   la Monarchia è colpevole di crimini in questo Paese, non c'era Migliore occasione che tenere in Italia i responsabili per essere un processo pubblico, popolare, storico; la Repubblica avrebbe avuto in altre occasioni permanenti di confronto e di confronto nella storia, nelle cose.

 

E invece si attiva l'istituto del bando. Badate! Vi dico una cosa terribile! Noi siamo in tragica solitudine in   questo. Non c'è Paese al mondo, dico al mondo, neppure fra     le tribù africane, alcune delle quali usano le ordalie barbariche, che si avvalga di questo istituto disumano, perverso, ingiusto e violatore di ogni principio. E che queste affermazioni rispondono a verità, non avete bisogno di sentirlo da un cuore monarchico; persino l'attuale Presidente della Repubblica, in un antico discorso quando era Ministro dell'Interno, il 14 febbraio 1987 - correggo il 4 febbraio del 1987 - ­definisce la disposizione nociva per l'immagine stessa della Repubblica rappresentandone, sentite "un segno non di debolezza ma di inesistenza e di paura".

Quindi se persino quelli che diventeranno dopo Presidenti della Repubblica osano dire queste cose, allora il fondamento è sacro; perché nella storia stramba di questa Repubblica, due soli grandi Presidenti vi sono stati a giudizio unanime: Einaudi e De Nicola, entrambi monarchici. E ci è ancora viva un'immagine pubblicata sul vecchio e glorioso "Candido", dove appare in una nuvoletta il Sovrano, Vittorio Emanuele III verso cui i due si scusano: "Maestà, che colpa ne abbiamo noi se abbiamo votato per la Monarchia e ci hanno eletti Presidenti della Repubblica"...

Quindi questa è la storia d'Italia che continuiamo a visitare gui­dati da due illustri costituzionalisti (perché il mio vuole essere un viaggio il più profondo possibile), vale a dire Crisafulli e Paladin, che hanno considerato proprio l'esilio il volto tipico delle "società arcaiche". Ci sono i costituzionalisti per grazia ricevuta, il Prof. Zagabrescki, per esempio, che essendo stato nominato giurista di fiducia dell'attuale Presidente della Repubblica, ha messo subito le alucce repubblicane e ha puntato dicendo che net ripudio della Monarchia sarebbe un segno della rifondazione dell'ordinamento in senso democratico, cioè la Repubblica è democratica, la

Monarchia non lo è. Prof. Zagabrescki lei è sicuramente un giurista, ma lei è un uomo che si mostra attivo nell'odio Contro l'istituzione e, mi consenta, con poche letture a sostegno.

Io mi permetto non supplire, non oserei tanto, ma mi permetto contribuire

perché lei si ponga degli interrogativi e si chieda: “Se è vero o non è vero che Roma antica nei millenni ha avuto e Repubblica fino a quando ha avuto una aristocrazia… Si chieda per scendere all'Italia, perché lei sta in alto sul colle, se è vero a o non è vero che le Repubbliche che noi conosciamo, e cioè le Repubbliche Marinare di Venezia, Pisa, Amalfi e Genova si ressero con oligarchie burocratiche prima. nobiliari dopo ... Si chieda se è vero o non e vero che la Repubblica del 1948 fu considerata un debole episodio di politica estera periferica ... Si chieda infine se è vero o non è vero che in Italia vi è stata una sola repubblica democratica, quella nata dal "tumulto dei Ciompi", il 1328, in Firenze, quando il cardatore di lana, Michele Di Lando, divenuto Presidente della Repubblica per 14 giorni, li impiegò tutti a procacciare le doti alle cinque figlie di cui disponeva, e dopo sparire dalla scena politica. A missione compiuta ...

Allora Prof. Zagabrescki, la sua teoria sul fondamento demo­cratico della epubblica è una teoria che si schianta da sola, senza spinte ... Ma c'è di più! Il giurista si pone l'interrogativo: che cosa sia la norma transitoria? Perché se è una norma transitoria, non c'è bisogno di essere giuristi, il guardiamacchine di questa piazza dice: se è transitoria significa provvisoria. Difatti c'è la sosta e c'è la fermata, e quindi la transitorietà è come la fermata. legata cioè alla momentaneità. Se si stabilizza il transitorio, vi siete mai chiesti, sicuramente ve lo sarete chiesti, s'instaura l'emergenza. Ma l'emergenza, per sua natura, è eccezionale. Se c'è un evento eccezionale, si provvede con un sistema eccezionale, con un rimedio eccezionale. Ma se norma transitoria ancora resiste dopo oltre mezzo secolo, il guasto tecnico-giuridico lo intuisce chiunque abbia a cuore un minimo di fondamento sulla certezza del diritto.

Ma ho detto diritto. Andiamo per l'ultima parte di questo nostro viaggio ad interrogarci in diritto: Che cosa l'esilio? Questo esilio per i Savoia!

È una pena senza crimine! Così si prende a sassate la responsabilità personale!

E allora chiudiamo gli occhi, chiudiamo gli occhi per un momento ed immaginiamo che l’ultimo Regnante di Casa Savoia abbia commesso dei crimini nefandi. Egli ha un figlio. Il quale, all'epoca in cui egli commetteva questi crimini, aveva qualche anno. C'è una legge che sancisce: “sicco­me tuo padre ha commesso dei crimini io li imputo a tua respon­sabilità". Si, c'è una legge. L'ha stabilito Fedro col lupo e l'agnel­lo: -tu mi intorbidisci l'acqua", dice il lupo, "me l'hai fatto questo anche sei mesi la", continua. "Ma io sei mesi fa non c'ero”. ­risponde l'agnello. Incalza il lupo: "beh, sarà stato tuo padre, Paghi tu per lui". Ma questa è una favola, una favola perversa ma è una favola. In diritto è pensabile che vi sia il principio della responsabilità non personale, ed è pensabile per come abbiamo detto che c'è una norma immodificabile scritta nella costituzione?

C'è una norma dove la paura che diventa panico resiste a tutto e dice 'bene, che nessuno osi toccare, perché se si torca si sfa­scia", cosi statuendo la ... illegittima difesa! Allora congiungo due estremi, entrambi perversi: da un lato la immodificabilità dell'art. 139, dall'altro il mantenimento della transitorietà, e in questa pro­gressione illegittima io realizzo il diritto imperfetto, vale a dire la negazione del diritto. Si va oltre l'ergastolo, si va oltre l'ergastolo signori che mi ascoltate, perché l'ergastolo ha rimedi correttivi, l'ergastolo può alla fine essere convertito in una pena diversa dalla perpetuità, l'ergastolo può avere la grazia, mentre l'art. 139 per legge - attenzione, per legge - non è soggetto a modifiche.

Ma io ho detto immaginiamo per un momento una responsabi­lità: vogliamo chiederci di che cosa sono responsabili finalmente questi Savoia. Eh si, responsabilità immensa! Sono responsabili di aver dato all'Italia, nessuno faccia riferimenti politici. parliamo con la storia e di storia, di aver dato all'Italia l'Impero, le colonie, la terza Marina Militare del mondo, la lira che batteva la lira-oro, un prestigio all'estero di grande potenza, non scritto sulla carta. enfatizzato da storici ruffiani: il mondo è testimone!

E se si vuole esiliare tutto questo, si accomodino pure gli altri da noi. Perché da "costoro" noi siamo diversi' Non è questa una elegia nostalgica. No, no! Stiamo parlando di diritto ...

Per scoprire una malcelata e tremebonda autotutela dell'istituto repubblicano.

Se così è, è conseguenziale affermare che a reggere la Repubblica c'è una costituzione ... incostituzionale. Perché l’art 139 sancisce la dittatura di una forma istituzionale ... Basti osservare - sentite i riferimenti - che con la dodicesima disposizione che ricordava la ricostituzione del partito fascista, i cosiddetti gerarchi del regime passato potevano ritornare nelle loro cariche per fatti di non eccessiva gravità dopo cinque anni. Quindi c'è un limite temporale che per l'art. 139 non è previsto: per i rappresentanti del precedente regime c'è una sanzione temporale per un'ipotetica responsabilità; nel caso degli eredi dei Savoia, per non esserci nessuna responsabilità si stabilisce la perpetuità!

Ancora! C'è un fatto particolare, devastante, di cui i costituzionalisti non si sono preoccupati - ecco perché io sto provocando riflessioni per una scrittura a più mani, uomini di cultura, colleghi parlamentari - un documento a più mani per chiederci, attenzione al quesito: ma se è vero che devono essere banditi gli istituti voluti dalla Monarchia, si sono mai posti carico i signori repubblicani dl chiedersi come questa Repubblica si sia attuata. Lasciamo stare l brogli, chiudiamo gli occhi - la risposta è perentoria: "con referendum!". E chi l'ha firmati i referendum? Umberto Il di Savoia. Strano! Questa è una Repubblica dove si devono bandire gli istituti, ma si dimentica che se dobbiamo noi globalizzare questo ragionamento per portarlo alle estreme conseguenze, cominciamo col dire che il vizio inficia le origini, perché una Repubblica che nasce da un provvedimento legislativo di un Re indegno di restare, neppure rappresentato da future o lontane generazioni, è malformata per contagio … genetico.

E allora ci sono rimedi? Due! E ci avviamo alla conclusione.

Un rimedio cogente è l’abrogazione della tredicesima disposizione, come atto di civiltà giuridica, oltre che riparazione nei confronti della storia. Ma c’è un altro rimedio tecnico giuridico: caro Gustavo Selva, a ben guardare potrebbero superare l’autorità della tua presidenza alcuni cittadini che ci ponessero e in carico questo problema… Non c’è bisogno di modifiche, basterebbe una presa d'atto della cessazione degli effetti per decorso del tempo e degli eventi ed il Consiglio di Stato potrebbe considerare decaduta la norma transitoria, senza che sia sottoposta al vaglio delle Camere. E se le Camere dovessero mantenere una sordità al problema, escludendo il momento storico dove a Camere ferme evidentemente nessuna legge può essere portata avanti, comin­cio a parlare delle nuove Camere sperando finalmente che gli italiani abbiano il Governo che si meritano - se le nuove Camere non avvenissero l'urgenza di una riflessione su questo punto, sappiano di potere essere messe in mora, perché possono esse­re -scavalcate" da un rimedio giuridico, che potrebbe essere atti­vato dai monarchici in Italia, istanti avanti il giudice amministrativo superiore!

A riparazione e testimonianza di un crimine costituzionale, giu­ridico e morale, io voglio ricordare - qualcuno di voi sarà stato pure presente - quella notte quando si è discussa l'abrogazione della tredicesima disposizione.

Oggi c'è una corsa da parte di tutti a dire "... non se n'è mai parlato, ma noi siamo pronti..". La prima Commissione ha avuto il consenso di tutti i gruppi politici, persino Rifondazione Comunista ha detto "... Ma, a pensarci bene, via, non è che ci siano grandi problemi e grandi veti..". E tutti vogliono far credere, rivolgendosi con rimorso alla grande platea dei monarchici, che queste speri­mentazioni non siano state mai concluse perché mai tentate.

lo quella notte c'ero, ed ho parlato quella notte, e quella indi­menticabile notte molti di voi c'erano ad affollare le tribune del pubblico, una cosa mai vista in Parlamento. Erano stracolme le tribune del pubblico, era quasi vuota l'aula. Parlava un uomo non intendo occuparmi, perché già da vivo portava appresso di suo cadavere, il quale intervenendo, era un socialista oltranzista disse che era questa una immagine desolante - quelle delle tribune affollate - e usò questa espressione: "Le tribune sono popolate di fantasmi di vecchie contesse e colonnelli in pensione".

Io mi permetto di dire a quest'uomo, sperando che il tribunale di Dio Io abbia assolto anche da questo crimine, che un fantasma c'era, ma era nell'aula, un fantasma pesante che aleggiava, ed era il fantasma dell'onore. In quel momento c'erano 63 Parlamentari, perché tutti questi, e solo questi.. votarono la proposta.., quelli del vecchio Movimento Sociale, più alcuni generosi, ricordo Costamagna ed altri, e poi c'era il deserto, perché l'onore non poteva in quell'occasione essere presente nell'aula, in quell'aula tappezzata di odio.

Ecco perché, italiani di Roma, Monarchici d'Italia io voglio concludere - chiamando a raccolta nel dibattito tutti gli Italiani, e non solo i Monarchici - (ancora il Profeta della Patria, Umberto II: "Non intendo essere il re dei Monarchici, ma il Re degli Italiani"). Riflettano quelli che si accontentano di un voto in più per avere un Presidente perché quando la maggioranza non è più "qualificata", basta un voto per spaccare il Paese ed esprimere un Presidente della Repubblica.. Un solo voto! Chi si chiede perché siano fragili i rami, osservi l'albero.. Si interroghi chi giustamente esige stabilità istituzionale.

Noi, ad altro educati, ricordiamo: c'è chi colloquia con i secoli, c'è chi litiga con i giorni. A pensarci bene è solo problema di stile! Grazie!