I giornali scrissero che la prima difesa del titolo mondiale dei pesi massimi Primo Carnera l’avrebbe fatta a Roma. Tra gli uomini che gravitavano attorno a Primo c’era una grande preoccupazione. L’incontro era vicino, mancavano solo poche settimane e Carnera doveva assolutamente vincere. Come già detto, Primo aveva deciso di devolvere l’intero suo guadagno all’Opera Balilla.
La generosità di Carnera era davvero grande nei confronti della gente del suo Paese, l’amava a tal punto di fare qualsiasi cosa. Nei suoi allenamenti quotidiani Carnera aveva la compagnia del suo allenatore, che lo seguiva in ogni momento, sceglieva persino i cibi che doveva mangiare, eliminando qualsiasi alcolico. Primo aveva una alimentazione iperproteica e la dieta era seguita alla lettera. Solo una sera all’inizio di ottobre , il campione fu invitato da alcuni suoi amici alla trattoria al Bottegon, perché volevano che li fosse raccontato qualche episodio vissuto in America. Si presentarono in molti, c’era anche il suo allenatore. Carnera chiese se quella sera avesse potuto brindare con i suoi amici, e dopo il permesso accordato, poté degustare un ottimo merlot.
Il campione con la sua voce roca si mise a raccontare di una visita che aveva fatto in un carcere americano. Eravamo nel 1930, Carnera aveva fatto molti incontri in America ed era quindi molto conosciuto. Il direttore del carcere di Sing Sing aveva chiesto al suo manager di invitare Carnera a visitare il carcere, questo avrebbe rincuorato molto i detenuti che vi si trovavano a scontare la pena. Erano stati proprio loro a chiedere se era possibile conoscere il gigante buono. Il giorno della visita il direttore del carcere accolse Carnera in una stanza dove aveva imbandito un rinfresco con ogni ben di Dio. Primo fece onore al banchetto. Gli rimase impresso nella mente il rumore dei cancelli che si chiudevano e delle chiavi che giravano. Era un mondo che non aveva mai conosciuto. Carnera aveva chiesto al direttore se nel carcere vi fossero dei detenuti d’origine italiana. Gli sarebbe piaciuto conoscerli e questa richiesta gli fu subito accordata.
La visita del carcere iniziò. Gli vennero mostrati il refettorio, la cucina, la biblioteca e i laboratori. Carnera si intratteneva a parlare con quel poco d’inglese che sapeva. Si sentiva come una persona che era fiera di fare del bene al prossimo, d’aiutare quelli che stavano in difficoltà. Il giro di Carnera procedeva, ogni tanto qualche detenuto gli allungava la mano tra le feritoie della cella, e Primo salutava con molta tranquillità, senza paura. In cuor suo gli dispiaceva che ci fossero così tanti detenuti. Il direttore ne andò a chiamare due, erano italiani, avevano meno di vent’anni. Carnera li strinse la mano e si mise a parlare finalmente in italiano. Uno dei due aveva commesso un terribile fatto di sangue e doveva scontare ancora sette anni. L’altro invece sarebbe uscito tra poche mesi. Carnera incominciò a conversare con il cuore in mano, come era sua abitudine. Volle conoscere la storia delle loro famiglie e come trascorrevano il tempo durante la detenzione. Conobbe anche il vecchio sacerdote che si occupava delle anime dei ragazzi. Era d’origine italiana e raccontò che la vita in carcere era molto dura , ma c’era la possibilità di imparare un mestiere che li avrebbe permesso di trovare un’occupazione, una volta scarcerati.
Uno dei due detenuti trasse dalla tasca una lettera indirizzata alla madre e chiese a Carnera se poteva scriverle qualche riga. Primo si sedette a un tavolo e scrisse qualche parola di conforto. Quando li salutò Carnera prese a cuore la loro situazione, e senza dire nulla a loro chiese al sacerdote se era possibile che potessero studiare in carcere. Il direttore capì che la richiesta di Carnera era quella di un buon padre di famiglia che vorrebbe fare qualcosa per i suoi figli. Primo senza esitare, estrasse dal portafoglio una somma considerevole di denaro, la consegnò al prete perché comprasse loro dei libri.
La scuola rappresentava una forma di riscatto per coloro che avevano sbagliato. Il buon pugile non conosceva che parole di conforto, per lui a tutti doveva essere data una seconda possibilità.. La visita al carcere riprese ed ebbe modo di conoscere tanti detenuti che gli battevano le mani. Carnera volle vistare anche i detenuti che erano rinchiusi nelle celle di rigore, in isolamento. Il campione si avvicinò ad una di quelle celle e volle entrarvi a fare qualche parola con il detenuto. Il suo cuore era invaso da una pena e una tristezza indicibili. Infine, volle visitare la stanza della morte, dove c’era la sedia elettrica. Carnera chiese di sedersi, come avrebbe fatto un bambino.
Subito gli misero addosso il casco, pieno di fili elettrici, gli legarono le mani, e quindi provò per un attimo cosa aspettasse ai condannati a morte. Con Primo Carnera c’era un pugile, un certo Abe Attell, che era stato campione del mondo dei pesi leggeri. Questi, dopo che era legato come un salame pronto per l’esecuzione, gli punse il sedere con una spilla. In quell’istante aveva pensato che quello fosse l’ultimo giorno della sua vita, ma le risate di quelli che erano con lui, gli avevano fatto capire che si trattava di uno scherzo. Alla fine della visita salutò il direttore che lo ringraziò per le parole che aveva detto ai detenuti, che non le avrebbero dimenticate.
Le guardie vollero fare una foto con il pugile, e gli chiesero un autografo. Gli amici gli erano grati del suo racconto, nessun altro di Sequals era mai stato in America. La serata si concluse con le melodie della sua vecchia fisarmonica. Carnera amava suonarla, lo aveva fatto tante volte, anche nei momenti tristi della sua vita. L’aveva suonata in Francia, in Spagna e soprattutto in America. Gli dava il senso della famiglia e il calore del fuoco acceso. Il giorno dopo si alzò all’alba e riprese gli allenamenti, incominciava a fare freddo. Suo madre lo attendeva in cucina e gli regalò un bacio e una carezza, di cui le era molto grato. Il suo allenatore era divenuto ancora più esigente, voleva il massimo. Carnera conosceva molto bene il basco che non era un atleta facile da superare ed era conscio che bisognava impegnarsi davvero tanto. Il match che aveva sostenuto in Spagna gli aveva fatto conoscere un puglie che non mollava mai.
A Roma, poi, c’era in palio il titolo mondiale dei pesi massimi. Un match al quale sarebbe stato presente anche il duce assieme alla sua famiglia. Un incontro che non poteva in nessun modo fallire, perché gli avrebbero tolto un titolo così importante. Agli allenamenti c’era sempre il pugile Martin, che in quel periodo doveva fare la sfida al titolo italiano dei massimi. Martin era un osso duro anche in allenamento, instancabile ed aveva un fisico come quello di Paulino. Durante i guanti, che faceva quotidianamente, la gente assisteva ad un vero e proprio match. Giovanni Martin con gli anni era anche diventato un grande amico di Primo. Gli piaceva stare a Sequals, anche perché la mamma di Carnera era un’ ottima cuoca, e questo non guastava. I giorni si susseguivano, tutti si svolgevano con il maggior impegno possibile. L’unica distrazione di Carnera era rappresentata dalle persone che venivano a Sequals, e volevano intrattenersi con lui. Il campione aveva un sorriso per tutti, e non si sottraeva a nessuno. Al Bottegon, dopo quella sera, non vi era più ritornato; non poteva permettersi alcuna distrazione se voleva arrivare a Roma nella forma migliore. Carnera non combatteva dal 29 giugno in cui conquistò il titolo mondiale, erano stai mesi faticosi e da allora erano passati ben quattro mesi. Il campione non temeva il giorno del combattimento, aveva fiducia in sé stesso, aveva fatto degli allenamenti duri e una dieta adeguata. La madre doveva cucinare per tutti, ma lo faceva volentieri. Qualche giorno prima della partenza per Roma venne a trovarlo da Udine in bicicletta un uomo, che gli fece mille auguri per il match, ma la frase che colpì Carnera fu quella che l’uomo gli disse sorridendo: “ Salute e felicità finché vivrà”. Il buon Carnera fu felice di queste parole, gli chiese cosa facesse nella vita e venuto a sapere che era disoccupato, si tolse di tasca il portafoglio e gli allungò cinquanta lire.
L’uomo lo ringraziò tanto e prima di lasciare Sequals volle andare all’osteria a bersi un bianco in onore del puglie. Raccontò a tutti la gentilezza dimostratagli e l’oste volle donargli un panino ben farcito. Carnera per tutti era ormai diventato una leggenda. Primo raggiunse Roma con l’ aereo Savoia Marchetti in due ore, con sé aveva portato la cintura di campione del mondo che il fratello aveva prelevato a Udine alla banca dove era stata depositata. Primo, ogni volta, che prendeva tra le mani la preziosa cintura s’emozionava fino all’inverosimile. Sia alla partenza, che all’arrivo, una folla di tifosi acca lamava il suo nome, sventolando la bandiera Sabauda: era questa genuina popolarità che amava. Carnera pensava, costantemente, che durante il match avrebbe avuto puntati gli occhi magnetici del Duce Benito Mussolini. Aveva fatto anche dei sogni su quell’incontro, ma non voleva parlarne. “ Vennero organizzati treni speciali, i cosiddetti “popolari”, Enti sindacalistici accettavano un deposito settimanale, tratto dalle paghe operaie, sino a raggiungere la somma del prezzo del viaggio a Roma, compreso l’ingresso a Piazza di Siena e il posto assicurato. Molte altre facilitazioni furono rilasciate in favore di tutto il popolo d’Italia. Anch’io feci parte di una delle migliaia di colonne di spettatori che partirono alla volta della Capitale: mi trovavo a Milano, e il Dopolavoro del mio Gruppo Sportivo mi fece pagare otto lire, tutto compreso… Dico: otto lire. T
anto più era attraente la manifestazione indetta in Piazza di Siena, in quanto molta gente, a causa delle ristrettezze finanziarie, non aveva mai visto Roma. (Qualcosa di analogo è successo nel 1967 e 1968 per gli italiani che furono a New York col prezzo tutto compreso del viaggio aereo dall’Italia, per assistere all’incontro per il titolo mondiale dei pesi medi fra Emil Griffith e Nino Benvenuti). Nel programma della grandiosa riunione a Piazza di Siena figuravano, oltre all’incontro mondiale Carnera - Uzcudun , anche un titolo per il campionato d’Europa ed un altro per il campionato d’Italia. In più, combatteva il laziale Vittorio Tamagnini, bravissimo pugile di Civitavecchia, contro un pugile straniero. Per il titolo italiano si misuravano Viottorio Venturi e Vincenzo Rocchi, per quello europeo Cleto Locatelli ed il belga Sjbille. Il piatto era veramente forte, il che lascia capire come quel giorno arrivarono nell’Urbe fiumane di ospiti da tutta Italia ed anche da varie altre parti d’Europa e del mondo. Gli spettatori paganti furono sessantacinquemila, cifra che costituì un primato, rimasto poi in piedi fino al 1960, epoca dell’incontro milanese Loi- Ortiz . Ho detto “ paganti”, giacché in Italia ed in poche altre Nazioni latine vi sono più “ Portoghesi” ( non cittadini di quella nobile Nazione, ma NON paganti) i quali vanno gratis al pugilato che in nessuna altra parte del mondo.
Ebbene, nell’occasione del match Carnera- Paulino, Benito Mussolini dispose che non fosse ammesso nessuno gratis (peccato che quel saggio provvedimento valse per quella volta sola) e lui, per primo, diede l’esempio : il Duce, con i suoi due figli Vittorio e Bruno, muniti di biglietti acquistati per loro conto dall’allora segretario del partito on. Starace, era tra la folla ad assistere al trionfo di Primo Carnera. Ahimè, talvolta lo sportivo è cattivo. Quando vide il coriaceo Paolino rimanere davanti a Primo Carnera per tutte le quindici riprese, all’annuncio della vittoria di Primo, il pubblico manifestò il suo disappunto mediante una fischiata che durò oltre mezzo’ora. Tecnicamente non vi era di che recriminare. Paulino era rimasto in piedi davanti ai più grandi e ai più forti campioni, da George Godfrey , a Max Schmeling, da Max Baer a Mickey Walker. … Al termine della riunione, Primo Carnera e tutti gli altri pugili che avevano combattuto a Piazza di Siena, furono ricevuti a Palazzo Venezia dal Duce, il quale si congratulò personalmente con ciascuno. Mancava solamante Paulino, che era corso all’albergo a fare impacchi alla faccia tanto era gonfia… Quando il Duce si congratulò con Primo ( e stavolta ero presente anch’io ), gli disse : “ Primo, non devi scoraggiarti se il pubblico pretende di più di quanto dovrebbe. Ma, oltre ad essere duro, il pubblico è anche volubile. Cambia opinione sovente , e non è da escludere che se oggi ti ha fischiato, domani ti applaudirà ”.
Infatti l’indomani all’albergo dove Primo era alloggiato e che distava pochi passi da Piazza Venezia, di buon mattino, mentre Primo stava ancora riposando dalla dura fatica di avere picchiato Paulino per quasi un ‘ora, un gruppo di giovani che sotto le finestre gridavano: “ Viva Carnera! Viva il campione del mondo!”. continuarono per molto tempo, fino a che Primo, stropicciandosi gli occhi e indossato l’accappatoio, si espose alla finestra. Alla vista del gigante, la manifestazione assunse toni ancor più chiassosi. Primo, soddisfatto, dovette agitare il suo enorme braccio destro per almeno venti minuti. Quando si decise a ritirarsi, i giovani ancoragridavano il suo nome, con gli occhi volti alla finestra ormai chiusa. Non potrà minimante diminuire la popolarità di Primo Carnera, né offuscare il suo merito dio avere sconfitto Paulino, se sveleremo che quei giovani scalmanati che urlavano “ Viva Carnera! Viva il campione del mondo!”, altri non erano che Giovani Fascisti, inviati dal loro comandante su ordine del Duce.
Egli volle che si rendesse pubblico omaggio a Primo Carnera, che il giorno prima era stato trattato male dalla folla di Piazza di Siena. Fatti ingenui forse, ma che rapportati al loro tempo hanno un significato importante”. (Aldo Spoldi- Io e Primo – La vita de IL GIGANTE BUONO). La maggioranza dei tifosi voleva assistere a un combattimento che si concludesse con il ko. Carnera aveva vinto quasi tutti i suoi match per Ko, e in quel caso si diceva che l’avversario era debole, se invece l’incontro finiva ai punti, sentenziavano che non era stato un buon spettacolo. La mattina seguente al match il campione vestito come un principe si concedeva una passeggiata per il centro di Roma con i suoi parenti. L’immancabile fratello gli era sempre accanto ed entrambi erano fieri di vivere dei momenti davvero unici. Carnera si diresse in un’ edicola vicina all’albergo e comprò tutti i giornali che parlavano dell’avvenimento, alcuni di essi lo raffigurano sul ring in camicia nera mentre faceva il saluto al Duce. Primo pensava a sua madre che si trovava al paese e che aveva sentito la cronaca del match alla radio, e ai suoi paesani che avrebbero festeggiato fino a notte inoltrata. Purtroppo, nel momento del trionfo si trovava lontano da casa. La mamma, alla quale aveva dedicato la vittoria mondiale, lo aveva veduto una sola volta combattere a Milano e ricordava l’abbraccio che le aveva dato.
Quanti ricordi lo accompagnavano mentre camminava per Roma. La gente lo fermava, si formavano spesso dei capannelli di persone e doveva intervenire la forza pubblica per permettergli di proseguire. Carnera volle andare a vedere l’Altare della Patria, per molti anni aveva sognato il momento di osservare il luogo dove era sepolto il Milite Ignoto. Una volta aveva visto una foto della donna che aveva scelto il corpo di un caduto a ricordo di tutti i soldati deceduti durante la Grande Guerra. La donna aveva immaginato che quel caduto fosse suo figlio. Carnera davanti al monumento si era commosso. L’altare della Patria era simbolo dell’Italia. Nel suo giro turistico gli era capitato di incontrare i corazzieri del Re, ed aveva fatto una foto con loro, e vista la sua altezza non aveva sfigurato. Il corpo dei Corazzieri del Re gli era sempre piaciuto, era gente forte che difendeva il sovrano. Gli sarebbe piaciuto vedere il Re Vittorio Emanuele III, suo padre, che aveva combattuto nella guerra 1915-1918, l’aveva incontrato al fronte. La vacanza di Primo a Roma durò oltre due settimane, la gente lo seguiva in ogni parte dove andasse, in cuor suo sapeva che prima o poi tutto sarebbe finito. L’ultima volta che era stato a Roma aveva visto il Papa, si ricordava quelle parole che gli aveva detto, consolandolo dopo la morte di Ernie Shaaf. In quei giorni intensi aveva potuto ammirare molte bellezze artistiche della città ed aveva fatto tanti acquisti da portare alla famiglia e agli amici. Per lui era prioritario donare qualcosa alla gente, e rendere felice qualcuno. Il giorno stesso della sua partenza, entrò in una libreria e trovò una splendida edizione del libro Cuore, con la firma dell’autore.
Non ebbe dubbi, l’acquistò, era ora di rimettersi a leggere il libro che aveva caro al cuore. L’edizione trovata era molto curata, con dei bei disegni a colori e se fosse stata viva la maestra gliela avrebbe di sicuro donata. Per lui era stato il libro più importante della sua vita, quello che gli aveva fatto conoscere i valori morali di riferimento. Era un bellissimo novembre quando arrivò a Sequals. Alla madre non sembrava vero d’avere in casa il suo bambino, che era alto oltre due metri. A Primo piaceva stare in casa, vedere sua mamma che cucinava, e osservare il suo sorriso. Gli ricordava, talvolta, di pensare al suo futuro, di trovarsi una brava ragazza con cui formare una famiglia. Ma a Primo non sembrava giunto ancora il momento di mettere radici, c’era ancora la boxe ad impegnarlo totalmente; anche se aveva conosciuto una ragazza in Francia, che le aveva voluto bene. Carnera non aveva più ricevuto sue notizie, forse lo aveva dimenticato, come capita nella vita o forse lo pensava ancora. Gli sarebbe piaciuto sapere qualcosa di lei.
Pensava con nostalgia alla giovane che lavorava in quel bistrot a Parigi. Di
lei non aveva nulla, neanche una foto, ma la ricordava, la sentiva vicina. Le
loro passeggiate lungo il fiume e qualche bacio furtivo, erano stati dei
momenti indimenticabili. In quei giorni Carnera pensò molto ai suoi amici del
circo e si chiedeva come avessero appreso la notizia della conquista del titolo
mondiale. Primo aveva incominciato ad allenarsi, perché la festa non poteva
durare a lungo. C’era da pensare a una seconda difesa del titolo e questa volta
non si sarebbe svolta in Italia: lo aspettava ancora una volta l’America. Per
questo era arrivato dalla Francia il suo allenatore Paul Journée, che aveva
deciso di passare il Natale con Carnera. Al campione piaceva incontrare la
gente che veniva a Sequals, la sua porta era aperta a chiunque, e questo era
sempre stato il suo modo di comportarsi. Primo passò le feste natalizie
serenamente. Non mancava mai alla Santa Messa, né aveva dimenticato quelli che
erano in condizioni più sfavorevoli delle proprie. Una sera il suo allenatore
gli confermò che avrebbe disputato il suo prossimo incontro in America contro
Tommy Loughran.
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