di Emilio Del Bel Belluz
Quello che aveva visto la comunità italiana di New York dopo la vittoria di Carnera, non lo avrebbe mai dimenticato. I connazionali del campione erano al settimo cielo. Le strade erano piene di italiani che festeggiavano, le vetrine delle attività erano tutte accese. Nei negozi si vedevano esposti la bandiera sabauda, dei grandi ritratti del duce Benito Mussolini e del nuovo campione del mondo, Primo Carnera, circondati da nastri tricolori. La stessa sera del trionfo, il nuovo idolo delle folle si trovò a mangiare in un ristorante che era rimasto aperto per tutta la notte proprio per quell’evento. Carnera cenava assieme ai suoi amici e tante persone accorrevano a salutarlo e a complimentarsi con lui. Nello stesso ristorante era arrivato l’ ex campione del mondo. Questi non aveva voglia di cenare, e voleva tornarsene a Boston. Il pugno che lo aveva messo al tappeto era stato davvero un macigno e non stava bene. Carnera si avvicinò al suo tavolo e lo volle salutare accertandosi che stesse meglio. Furono poche parole immortalate dai flash dei fotografi e dalle domande dei giornalisti, che non lasciavano mai Carnera in pace. Tutta questa aria di felicità Primo voleva viverla, perché sua madre gli aveva insegnato che nulla dura nel tempo, e le cose belle si debbono godere fino in fondo. L’emozione di quella notte sul ring era stata immensa, e non l’avrebbe di sicuro dimenticata. Abbracciò lo sconfitto. Carnera, ritornato al suo tavolo, aveva chiesto di mangiare una gigantesca bistecca al sangue, con una montagna di patate al forno. Negli ultimi mesi aveva seguito una dieta molto ferrea e, finalmente, poteva festeggiare. Primo Carnera aveva con sé la cintura di campione del mondo, e non smetteva mai di ammirarla. Era stata un frutto che aveva colto dopo tanti sacrifici, e per questo gli era cara. La giornata era stata molto pesante e chiese al suo allenatore di chiamargli un taxi per tornare in albergo. Nella sua stanza trovò una montagna di telegrammi e di biglietti di congratulazioni che gli avevano mandato. Avrebbe voluto leggerli uno ad uno, ma la stanchezza non glielo permise. Nella sua camera erano stati portai dei fiori, il cui profumo intenso aveva invaso la stanza. Per un attimo gli sembrava d’essere nella sua casa di Sequals, dove sua madre ogni tanto gli metteva dei fiori in camera. L’ultimo pensiero prima di addormentarsi lo rivolse ai suoi familiari, quanto avrebbe voluto essere con loro. Una vittoria andrebbe celebrata sempre con le persone che si amano. Era felice perché aveva telegrafato al duce Benito Mussolini che aveva mantenuto la promessa fattagli. Quando sarebbe tornato in Italia, avrebbe fatto visita a Mussolini, quella era la ricompensa più gradita ed attesa. Mussolini lo aveva sempre incoraggiato, si aspettava proprio un trionfo, e quando aveva vinto l’incontro aveva salutato la folla con il saluto romano. Quante bandiere erano state sventolate con orgoglio dai nostri italiani. La stanchezza lo vinse, si addormentò, per lui era la prima notte da vincitore. L’indomani si risvegliò alle quattro del pomeriggio, dopo che il suo allenatore aveva quasi buttato giù la porta, la gente lo attendeva, e c’erano dei giornalisti che volevano intervistarlo . Carnera aprì la porta sorrise come era solito fare, il suo allenatore Paul Journée gli portò un sacco di posta e molti doni da parte dei suoi ammiratori. Il suo allenatore aveva bevuto molto vino la notte precedente, ma la sua faccia era riposata e ben rasata. Alla porta bussò e poi entrò una cameriera molto carina che portava la colazione. Carnera intravide un vassoio di paste alla crema, le sue preferite, e chiese che gli fosse servito del caffè. Aveva bisogno di farsi la barba, e di mettersi in ordine. La cameriera lo pregò di farle un autografo su un giornale che era uscito dopo la vittoria. In prima pagina si vedeva una gigantesca foto di lui assieme al pugile che aveva battuto.
C’era pure un’altra foto che raffigurava Carnera con la cintura mondiale tra le mani e la bandiera. Quelle foto gli piacquero e subito firmò la copia del giornale per la cameriera che lo guardava con occhi dolci; prima di andarsene gli diede un bacio molto affettuoso. Il suo allenatore lo pregò di fare presto, la giornata sarebbe stata lunga. A Primo sembrava di vivere un grande sogno, e per accertarsi che tutto era reale, prese in mano la cintura di campione del mondo, e la baciò. I giornalisti continuavano ad attendere che scendesse per la conferenza stampa. Alcuni non gli erano così simpatici, spesso lo avevano attaccato ingiustamente, ma Primo li aveva perdonati. Alle domande rispose con tranquillità, scusandosi per non essere in ottima forma, a causa dell’insufficiente riposo. Gli piacque la domanda che gli fu posta sul duce, e rispose che era felice d’aver un tifoso così importante, e che non vedeva l’ora di stringerli la mano. Parlò anche dell’amicizia che aveva coni figli di Mussolini, e di quelle volte che si era incontrato con loro. Un giornalista sportivo gli pose una domanda sulla morte di Ernie Shaaf, fu allora che il suo volto divenne più serio, disse con estrema sincerità che spesso pensava a quel match del 10 febbraio, al boxeur scomparso e alla sua mamma.
Disse, inoltre, che l’avrebbe incontrata nei giorni che seguivano, perché questo desiderio lo sentiva con il cuore. La morte di Ernie lo faceva star male, nessuno gli avrebbe mai tolto quel dolore dal cuore, anche se le parole del Papa gli avevano arrecato un lieve sollievo. La conferenza con i giornalisti si protrasse per quasi due ore. Carnera aveva molti impegni quel giorno, ma non rinunciò a leggere i tanti giornali che parlavano di lui. Il direttore dell’albergo gli fece firmare il libro degli ospiti illustri, in cui vi aveva collocato una sua foto molto bella che Primo autografò con piacere. Ogni volta che doveva firmare aveva con sé quella pregiata penna stilografica che si era regalato e che si perdeva nella sua mano. Quello stesso giorno riuscì a sentire sua madre al telefono, e la commozione, da parte di entrambi, a volte arrestava il loro discorso. Primo non trattenne le lacrime, era la seconda volta che piangeva, dopo la morte di Ernie.
La madre si volle informare
su come stesse il suo avversario e disse che aveva pregato molto per entrambi.
Mamma Carnera raccontò che al paese era arrivata tanta gente che aveva
festeggiato fino a tarda notte e che attendeva con ansia, il suo ritorno in
patria per abbracciarlo. Riferì anche che il vecchio parroco lo mandava a
salutare. . Gli ricordò, inoltre, di essere attento, perché la gente non ama
quelli che vincono. Sua madre vorrebbe che tornasse subito a casa, ma il figlio
le spiega che aveva molti programmi in America. Gli organizzatori del match,
infatti, volevano che presenziasse ad alcune manifestazioni. Il momento magico
che stava vivendo, poteva finire presto e la fortuna va cavalcata.
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