XXII.
La questione istituzionale
esiste ed è aperta
a) giuridicamente;
b) politicamente.
1) L'art. 139 della
Costituzione.
2) L'On. Reggio d'Aci.
3) L'On. Bruno Villabruna.
4) L'Avv. Roberto Cravero.
5) L'On, Gennaro Patricolo.
6) Il Comandante Lauro.
7) L'On. Corbino e l'On. Tonengo.
8) L'On. Spano e l'On. Scelba.
9) «La Gazzetta del Popolo », « Il Tempo », Il Senatore Luigi
Sturzo ne « La Stampa
».
10) L'On. Alcide De
Gasperi e una nota ufficiosa sul problema istituzionale.
« Una nazione non può spogliarsi
della facoltà di mutare, con mezzi legali, le sue leggi politiche, né in alcun
modo abdicare al suo potere costituente ».
C. di Cavour (« Il Risorgimento », 10 marzo
1848).
«Non ho
pensato e non penso a complotti, a congiure, a ritorni di romanzi politici; ciò
non rientra né nel mio stile né nelle nostre tradizioni.. Potrei ritornare
soltanto se chiamato da tutti gli Italiani.. La Monarchia deve servire
l'Italia e non l'Italia la Monarchia.. Suo massimo titolo di onore è di aver
aumentato l'unità della Penisola.. Non potrebbe mai macchiarsi di
manifestazioni faziose.. L'onore conta più della gloria..».
UMBERTO II
L'art. 139
della Costituzione
L'art. 139 della Costituzione
stabilisce: «La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione
costituzionale».
Nella formula
originaria era detto che la forma repubblicana era «definitiva»;
successivamente su proposta dell'On. Nobile e in seguito a relazione dell'On.
Gronchi la dizione accettata dall'On. Paolo Rossi, a nome della Commissione, e
approvata fu «la forma repubblicana non è soggetta a revisione costituzionale».
Vari deputati fra i quali gli on.
Damiani, Rodi, Condorelli, Codacci-Pisanelli e Russo-Perez avevano proposto la
soppressione dell'articolo come gesto di pacificazione.
L'on. Gronchi
ha precisato il significato dell'articolo: «La questione del regime repubblicano è stata
decisa da una consultazione del popolo attraverso il «referendum»; essa non può essere quindi paragonata ad alcun'altra
questione e norma che durante la discussione è stata formalmente discussa e
decisa dall'Assemblea Costituente. È’ evidente che data l'origine attraverso la
quale l'attuale forma dello Stato è nata e va consolidandosi, non
potrebbe essere modificata che da una consultazione diretta della stessa forza
con la quale è sorta» (1).
«L'art. 139 della Costituzione inibisce ancora
la revisione della forma repubblicana dello Stato. Questa disposizione ha un
valore essenzialmente politico, poiché nessuna disposizione può impedire
la abrogazione pura e semplice d'un tale articolo». (2).
«Non può essere a termine
dell'articolo 139 della costituzione oggetto di revisione costituzionale, e
pertanto oggetto di una proposta di legge, la forma repubblicana dello Stato.
Questa disposizione, che si trova anche nella costituzione francese del 1946, è
uguale a quella introdotta nella costituzione francese della terza repubblica
con la revisione costituzionale del, 14 agosto 1884: «la forme républicaine du
Gouvernement ne peut faire l'objet d'une proposition de révision», identica
pertanto all'art. 139: «la forma repubblicana non può essere oggetto di
revisione costituzionale».
«Tale disposizione per l'aspetto giuridico, come avevamo notato nella prima edizione del nostro trattato, per la norma francese, costituisce una garanzia politica ma non è tale da garantire l'integrità della forma repubblicana, per la ragione molto semplice che se risulta illegittima qualsiasi forma di revisione, e quindi tale articolo limita la competenza di iniziativa di tutti gli organi ed enti che hanno tale competenza, non può impedire la proposta di abrogazione pura e semplice della norma stessa, dato che l'abrogazione pura e semplice della norma non si identifica per l'oggetto con la revisione della forma di governo, e quindi è da applicarsi il principio generale per cui una norma eccezionale è da interpretarsi restrittivamente, cosicché tale norma può spiegare il suo effetto sulla iniziativa della revisione della forma repubblicana e rendere pertanto incostituzionale qualsiasi legge che tale revisione contempli, ma non può significare che sia inibita la abrogazione pura e semplice dell'articolo.
« Vi è ancora da aggiungere che l'inibizione della revisione di una
norma incide sulla competenza dell'organo che ha competenza per la legislazione
costituzionale di cui viene a limitare i poteri e tale limitazione proviene
non già da un organo gerarchicamente superiore, ossia capace di limitare la
competenza di un organo subordinato come sarebbe il Parlamento di fronte
all'organo costituente, ma da un organo di pari natura e perciò di pari
competenza.
« Né d'altra parte può ammettersi né giustificarsi, sia in linea
teorica che in linea politica, che un organo che detiene la suprema potestà
legislativa dello Stato, quella costituente, abbia la sua competenza limitata
indefinitamente, limitazione incompatibile con la pienezza di competenza che
l'oggetto di questa presume. Non si può tuttavia escludere, che l'organo
costituente, rimanendo ferma la propria suprema ed indefinita competenza, si
autolimiti e tale autolimitazione è perfettamente consentibile, dato che
l'organo costituente ha la competenza della propria competenza ed è perciò
arbitro delle proprie decisioni, e può pertanto definire limiti della propria
attività. Ma perciò stesso tale limitazione non può significare mai limitazione
di competenza, e pertanto essa non impegna gli organi costituenti che sino al
momento in cui essi non esprimeranno una diversa decisione.
« Non è da confondere inoltre la limitazione o specificazione di
attività con la limitazione di competenza. Gli organi costituenti non possono
cioè soffrire limitazioni di competenza per l'attività costituente loro
propria, ma ciò non può significare che essi, come avvenne in più casi, possano
esercitare altra attività quali quella esecutiva e giurisdizionale od anche
legislativa. Queste limitazioni di attività non incidono sulla competenza degli
organi costituenti che è quella e quella sola delle norme costituzionali e non
altre.
« L'articolo 139 della costituzione costituisce pertanto una garanzia
politica, i cui effetti si spiegano sulla limitazione della competenza di
iniziativa e sull'incostituzionalità di una legge che direttamente concernesse
la revisione della forma repubblicana». (3)
«...È parimenti manifesto che lo stesso art.
139 non ha un grado di validità superiore vero e proprio delle altre norme
costituzionali, ed una volta che esso fosse stato abrogato mediante la procedura prescritta dall'art. 138 non sussisterebbe nessun ostacolo
giuridico alla proposizione di un eventuale emendamento costituzionale diretto
a mutare la forma repubblicana di governo» (4)
La storia
costituzionale degli Stati Uniti (Ordinamento costituzionale rigido) è
concorde nel dimostrare come non si sia mai ufficialmente ritenuto che la
potestà di revisione della costituzione federale dovesse incontrare dei limiti
assoluti: ponendo invece in piena evidenza il principio che le stesse autorità
preposte ad emendare la costituzione fossero sempre pienamente arbitre della
entità delle modifiche da apportarvi» (5).
1. «Alla mentalità pratica dei
Nord-Americani sembra una vera stupidità cercare di mettere un intero
continente in una rigida camicia di forza proprio nell'epoca delle relatività
e dell'atomo n (6).
«Risulta un principio fondamentale per i
giuristi inglesi che il Parlamento può fare ogni cosa fuorché mutare le donne in uomo e l'uomo in
donna». De Lolme citato dal Dicey (7).
«Parliament cannot bind his successors » (8).
«Non
dissimile.. risulta essere l'insegnamento desumibile dalle complesse vicende
superate dalla costituzione flessibile italiana durante il suo movimentato
secolo di vita, fino alla sua trasformazione. all'inizio del 1948, nell'attuale costituzione rigida n (9).
«Occorrerà che la modificazione avvenga effettivamente nell'ordine
positivo, perché essa possa acquistare tutto il suo valore, per quanto anche se
l'opposizione incontrata di fatto ne impedisse la realizzazione ciò non
pertanto la revisione costituzionale resterebbe sempre giuridicamente
deliberata e si presenterebbe invece antigiuridica, anche se successivamente
legalizzata, l'attività che ne avrebbe comunque impedita la effettiva
realizzazione» (10).
*
«L'assemblée nationale constituente déclare que la N ation a le droit
imprescriptible da changer la constitution » (Costit. francese del 1791
tit. VII a. I).
Un peuple a
toujours le droit de revoir, de refdrmer et de changer sa. constitution. Une génération ne peut assujettir a ses lois
les générations futures » (Dichiarazione dei Diritti del 1798 a. 28) (11).
« La rigidità può essere spinta fino al punto
del divieto di qualsiasi proposta che tenga a modificare una o più
disposizioni della costituzione: così la legge costituzionale francese del 14
agosto 1884 stabiliva che «la forma repubblicana del Governo non poteva formare
oggetto di una proposta di «revisione». Divieto così commentato dallo stesso
Presidente del Consiglio che ne aveva proposta la approvazione : «Non ci
illudiamo che un testo inserito nella costituzione possa assicurarle
l'eternità; ciò che richiediamo è di dichiarare che la repubblica è la
forma definitiva di governo, che ha diritto di difendersi come i regimi che
l'hanno preceduta». Disposizione analoga è inserita nella nostra costituzione
secondo la quale (art. 139) la forma repubblicana non può essere oggetto di
revisione costituzionale » (12).
*
Si è già visto
ampiamente che la rigidità della nostra costituzione non esclude la sua
modificabilità: e sia lecito qui per inciso osservare che la modificabilità
non è esclusa neppure per quanto concerne la forma repubblicana dello Stato,
ad onta dell'art. 139 che sembra non consentirla, giacché il valore .giuridico
di tale norma, - qualunque possa essere stata la volontà dei costituenti
nell'inserirla nella costituzione, giacché al riguardo gli atti della
costituzione rivelano, in talune dichiarazioni, propositi giuridicamente e
storicamente irrealizzabili - altro non è e non può essere se non questo: che
una procedura di revisione costituzionale relativa alla forma repubblicana
dello Stato non sarà possibile, se non sarà preceduta da un'altra procedura di
revisione costituzionale, giunta regolarmente a conclusione attraverso la quale
venga abrogato l'art. 139.
Contrariamente quindi a quanto è
stato da taluni sostenuto, una eventuale restaurazione monarchica potrebbe
essere effettuata da un punto di vista strettamente giuridico, con
pieno rispetto della costituzione vigente e con osservanza delle forme da essa
stabilite» (13).
La costituzione afferma in ultimo,
che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale
(art. 139). Si tratta di una affermazione di
carattere prevalentemente politico e che tende a perpetuare la volontà della
maggioranza della assemblea costituente; questa affermazione non potrebbe, di
per sè, escludere una diversa deliberazione dei futuri parlamenti i quali, sia
pure rispettando i procedimenti per le revisioni costituzionali ora vigenti,
avrebbero sempre la potestà di abrogare l'art. 139 e susseguentemente decidere
una diversa forma istituzionale dello Stato. In altri termini mentre ai sensi
dell'art. 139 sarebbe reputata illegittima una proposta di legge diretta a
modificare la forma istituzionale dello Stato, sarebbe invece legittima la
proposta di legge diretta semplicemente a richiedere la abrogazione dell'art.
139. D'altra parte l'art. 139, mentre inibisce ai futuri parlamenti di
addivenire alla modificazione della forma repubblicana dello Stato con il
normale procedimento di revisione costituzionale, nulli dice invece sulla
possibilità di reperire al riguardo un nuovo a referendum». Ritengo pertanto
che le due camere senza ignorare formalmente l'art. 139, potrebbero deliberare,
con legge costituzionale, di demandare la decisione circa un'eventuale
trasformazione istituzionale dello Stato (per esempio il ripristino della Monarchia)'
all'esito di un " referendum " popolare» (14).
(1) Il Popolo nuovo, 4 dicembre 1947.
(2) Emilio Crosa, ordinario di diritto costituzionale all'Università di
Torino, Corso di diritto costituzionale, parte II «La Costituzione», ed. E.
Giappichelli, Torino, pag. 15-16.
(3) Diritto costituzionale, Unione tipografica torinese, 1951. Ved. anche
La Constitution italienne du 1948 (Cahiers de la fondation nationale des
sciences politiques), librairie Armand Collin, pag. 50 e seg.
4) Paolo Piscaretti Ruffia,
ordinario di diritto Costituzionale all'Università cattolica di Milano, Sui
limiti della revisione costituzionale, Casa Ed. Dottor Eugenio Jovene, Napoli.
(5) Id. Sui limiti della revisione costituzionale, Casa Editrice Dott. Eugenio
Jovene, Napoli, 1949.
(6), (7), (8), (9) e (10) Id. Sui limiti della revisione costituzionale,
Casa Editrtice Dr. Eu¬genio Jovene, Napòli, 1949 c Fires: T he theory and
practice of modemrn Governement, I, 242, rist., Londra, 1946.
(11) Id. Sui limiti della revisione costituzionale, id., già citata pag.
43.
(12) Carlo Cereti, Rettore e prof. ordinario. di diritto costituzionale
dell'Università di Genova, Corso di diritto costituzionale italiano, G.
Giappichelli ed., Torino, 1948, pag. 17.
(13) Roberto Lucifredi, Ordinario di istituzioni di diritto pubblico
nell'Università di Genova, deputato al parlamento, La nuova Costituzione
italiana raffrontata con lo Statuto Alber-tino e vista nel primo triennio di
sua applicazione, Società editrice libraria, Milano, 1942, pag. 214
(14) Giorgio Cansacchi, Vice Rettore dell'Università di Torino e Riccardo Monaco, già Ordinario di diritto pubblico all'Università di Torino, Consigliere di Stato, La nuova Costituzione italiana, IV ed. (dispense), ed. Giappichelli, Torino, 1951, parte III, pag. 119.
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